lunedì 27 gennaio 2020

PIO IX



La nostra biografia di Pio IX comincia il 16 giugno 1846, giorno dell'elevazione di Giovanni Maria Mastai Ferretti al soglio pontificio.

Sui cinquanta quattro anni precedenti, molto può essere ed è stato scritto ma poco può essere trattenuto dalla storia. Nella vita di Giovanni Maria Mastai Ferretti ciò che conta sono i trentadue anni di pontificato, il più lungo nella storia della Chiesa dopo quello di san Pietro.

Pontificato non solo lungo ma denso di avvenimenti, di lotte, di contrasti. Se è vero che nella storia della Chiesa non esistono pontificati tranquilli, è certo che quello di Pio IX ha qualcosa che lo distingue tra tutti gli altri. Esso riassume lo scontro tra la Chiesa cattolica e la civiltà moderna sorta dalla Rivoluzione francese: uno scontro che, nei primi tre anni di pontificato di Pio IX, il triennio centrale dell'Ottocento, esplode in tutta la sua drammaticità, costringendo il Papa neo-eletto a una difficile scelta, tra i principi e le istituzioni che egli incarna, e le idee del secolo, verso cui sente un'indubbia attrazione.

 La scelta di Pio IX produrrà tra il Papato e la Rivoluzione uno "strappo" che è all'origine della "leggenda nera" destinata ad avvolgere il nome del Pontefice. Egli viene presentato come un "nemico dell'Italia" e contrapposto al quadrilatero dei Padri della patria: Vittorio Emanuele, Cavour, Garibaldi e Mazzini. In realtà Pio IX amò profondamente l'Italia e se, in un primo tempo, pensò che il pensiero politico di Gioberti potesse offrire un fondamento ideologico a questo sentimento, si rese ben presto conto del radicale equivoco del "neo­guelfismo". La rottura, avvenuta a Gaeta nel 1849, con Gioberti, Ventura e Rosmini, tre punti di riferimento del suo triennio filo-liberale, costituì un punto di non ritorno del suo pontificato. Pio IX comprese infatti la portata della posta in gioco, che andava ben al di là dell'unificazione della penisola e rimandava all'essenza del conflitto tra la Chiesa e il risorgimento italiano, e ne trasse le conseguenze.

Un grande filosofo scomparso, Augusto Del Noce 1, descrivendo l'itinerario intellettuale di questa "Rivoluzione italiana", ha mostrato l'esistenza di una linea culturale egemone in epoche storiche e forme politiche diverse quali il risorgimento, il fascismo, l'antifascismo repubblicano. L'elemento di continuità di questo filone culturale è costituito, secondo Del Noce, dall'idea che il processo storico non possa venir altrimenti compreso che come un'inarrestabile tendenza verso l'immanenza e la secolarizzazione, in ogni caso verso la definitiva eliminazione del soprannaturale e del trascendente dalla storia.

 Dall'hegelismo di De Sanctis al neomarxismo gramsciano, tale linea di pensiero ha condizionato non solo la riflessione filosofica, ma anche quella storica in Italia, per lo stretto nesso che l'immanentismo postula tra la storia e la filosofia, tra la praxis e la teoria che in essa si invera. In particolare, l'intera cultura italiana, dominata da quello che Del Noce ha definito il "crocio-gramscismo" accademico 2, fu condizionata, fin dal suo inizio, dal problema delle origini e dello sviluppo del risorgimento e del suo rapporto, storico e ideologico, con la Rivoluzione francese.

Nella prospettiva immanentistica fino a oggi dominante, la Rivoluzione francese è vista infatti come la tappa ineliminabile di un processo di secolarizzazione e di "autoliberazione" dell'umanità di cui Antonio Gramsci ha indicato le altre fasi salienti nel Rinascimento e nella Riforma, nella filosofia tedesca, nella economia classica inglese, nel liberalismo laico e nello storicismo che è alla base di tutta la concezione moderna della vita. «La filosofia della praxis - ha scritto Gramsci - è il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale. (...) Corrisponde al nesso Riforma protestante + Rivoluzione francese» 3.

La prospettiva di Pio IX può dirsi esattamente antitetica a quella gramsciana. Essa si presenta come una visione della storia e della società intimamente contro­rivoluzionaria secondo la quale il Rinascimento, il protestantesimo e la Rivoluzione francese costituiscono le tappe di un processo plurisecolare che si propone come fine la liquidazione della Civiltà cristiana e l'edificazione, sulle sue rovine, di una Repubblica universale, anarchica e ugualitaria 4.

A questo processo rivoluzionario, Pio IX contrappose non solo la sua testimonianza personale di fedeltà alla Chiesa, ma la coerenza di un'azione pubblica vasta e articolata. È questa azione pubblica dopo l'elezione al pontificato, non la vita privata di Pio IX, a costituire l'oggetto del mio studio.

Pio IX venne definito come personalmente santo, ma politicamente sprovveduto. A questo cliché, fondato sulla separazione nell'uomo tra la dimensione privata, santa, e quella pubblica, peccaminosa, si ispira ancora oggi la storiografia più accreditata. Ma Pio IX non può essere scomposto: la politica in lui non si può scindere dalla religione, la vita privata da quella pubblica. Il suo pontificato è intimamente legato agli avvenimenti storici del suo tempo e di essi ci offre una profetica chiave di lettura.

 La sua visione politica, non priva di ingenuità agli esordi del suo pontificato, si fece via via più lucida, soprattutto dopo le "svolte" storiche del 1848 e del 1859. Questa visione politica presupponeva una grande teologia della storia, fondata sull'antagonismo morale delle due città destinate a lottare fino alla fine dei tempi: la Civitas Dei, incarnata dalla Chiesa cattolica, e la Civitas Diaboli, che nel secolo di Pio IX aveva assunto il ruolo della Rivoluzione italiana ed europea.

Pio IX comprese l'impossibilità di una conciliazione tra l'istituzione divina, a cui Gesù Cristo aveva affidato la missione di annunciare la Verità, e quelle forze rivoluzionarie, che si facevano portatrici di una radicale negazione della legge naturale e cristiana. Egli visse questo antagonismo come la scelta inconciliabile tra Cristo e Belial.

Pio IX fu oggetto, durante la vita e dopo la morte, di giudizi disparati, di sentimenti di amore e di ammirazione, e di attacchi passionali, di odio e di disprezzo 5. Nessuna figura storica degli ultimi due secoli può dirsi forse tanto discussa, ma allo stesso tempo tanto poco conosciuta dagli stessi ambienti cattolici.

Per fare conoscere Pio IX occorre discuterlo; discuterlo significa interpretarlo, dare un significato alla sua vita pubblica sullo sfondo degli avvenimenti del suo tempo. Parlare di Pio IX significa dunque, necessariamente, interpretare attraverso la sua figura la storia dell'Ottocento.

Una biografia di Pio IX, oggi, non può che essere una lettura critica del suo pontificato. È questo il fine del mio studio, la cui prima parte consiste in una ricostruzione storica del pontificato di Pio IX sul grande sfondo della lotta tra la Chiesa cattolica e le forze rivoluzionarie nel XIX secolo; la seconda parte si sofferma sul suo magistero, culminato in tre atti supremi: la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione (1854), il Sillaba (1864) e il Concilio Vaticano I (1869-70).

Dei tre atti di Pio IX, quello che ha dato luogo a maggiori polemiche è indubbiamente il Sillabo, di cui pure con ammirevole coraggio non è mancato chi ha reso un pubblico elogio 6.

Il Sillabo appartiene ai documenti destinati a entrare nella storia per il loro carattere simbolico: sancisce l'antitesi tra la concezione cristiana della società e la visione relativista e secolarizzata che poi prese il sopravvento. In questo senso esso può essere considerato un documento profetico. Lo è nella misura in cui la Civiltà moderna, nata dalla Rivoluzione francese, scossa da intime e violente contraddizioni, attraversa oggi una terribile crisi. Le radici del naufragio della nostra epoca stanno nel secolo che l'ha preceduta e il Sillabo ce ne offre una lucida diagnosi su cui occorrerebbe meditare.

Il dogma dell'Immacolata Concezione costituisce la premessa teologica del Sillabo ed è a esso intimamente connesso. Il Concilio Vaticano I apporta la soluzione ai mali denunciati dal Sillabo, presentando il Papato romano come l'unica forza in grado di combattere e vincere la Rivoluzione e di promuovere la rinascita di un'autentica civiltà universale. Questi atti illuminano e giudicano il risorgimento italiano.

Gli eventi dell'ultimo trentennio ripropongono, a distanza di centocinquant'anni, il Magistero e la teologia della storia di Pio IX. La sua figura, apparentemente sommersa dalle rovine del potere temporale nel XIX secolo, grandeggia oggi sulle ben più vaste macerie della civiltà del XX secolo che si chiude. La solenne beatificazione di Pio IX, il 3 settembre 2000, non celebra solo l'eroicità delle sue virtù, ma innesca inevitabilmente un'analisi retrospettiva del ruolo storico del suo pontificato. E se l'eroismo nella vita privata viene chiamato santità, quello nella vita pubblica si chiama grandezza.

Roberto De Mattei

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