LA “ACCUSE” DI HOCHHUTH E LE “RISPOSTE” DELLA STORIA
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C) LE QUESTIONI POLITICHE
1) Il “Rapporto Bérard” e
2) i “due telegrammi” del Weizsâcker
Il 7 agosto 1941, il maresciallo Pétain incaricava il sig. Bérard di “informarsi sulle reazioni avvenute in Segreteria di Stato per la recente legislazione francese sulla condizione degli ebrei”.
Bérard stese un lungo rapporto2 in cui afferma che lo Statuto francese «non sollevava né critica né disapprovazione, né avrebbe suscitato alcuna protesta» da parte del Vaticano.
È bene che ricordiamo, subito, che lo “Statuto francese”fu “redatto” per volontà espressa del Governo di Berlino. Lo stesso Poliakov rileva che Bérard scrisse il suo “rapporto” in modo da non aver fastidi personali.
La “Storia”, però, non finisce qui. Il 13 settembre 1941, il maresciallo Pétain, presenti gli Ambasciatori di Spagna e Brasile, chiese al Nunzio Apostolico, Mons. Valeri, il suo giudizio sullo Statuto. Questi, expressis verbis, lo disapprovò. Pétain reagì, affermando che i “suoi Superiori” (Pio XII e Segreteria di Stato) non la pensavano così. Ma il Nunzio continuò a disapprovare, rincarando, anzi, come lo Statuto era ispirato ai princìpi nazisti del razzismo, ripetutamente condannato dalla Chiesa. Il maresciallo, smascherato, promise di dargli, in visione, il “Rapporto Bérard”.
Il Nunzio, ipso facto, gli lasciò una “nota di protesta”, sui punti che riguardavano direttamente le prescrizioni ecclesiastiche.
Riferì, poi, a Roma, l’episodio, e se ne ebbe un lar go elogio per il suo operato e l’assicurazione che i “due Prelati”, interpellati dal sig. Bérard, non avevano dato quella facil “assicurazione”, come, invece, Bérard aveva riferito nel suo “Rapporto”.
Poco tempo dopo, radio-Londra, e altre emittenti, trasmettevano la “notizia” che la Santa Sede aveva mandato una “protesta ufficiale” al Governo di Vichy!
Anche qui, dunque, è evidente o l’ignoranza o la mala fede dell’Autore.
2) Per i “due telegrammi” di Weizsâcker, del 17 e del 28 ottobre 1943, prima bisognerebbe rievocare quelle spasmodiche giornate di terrore, per le razzìe continue e la caccia all’uomo, fatte dai nazisti, a Roma, il 16 ottobre.
La prima prodezza degli occupanti tedeschi fu di estorcere, dagli ebrei, residenti in Roma, 50 chili di oro, con un vero e proprio ricatto. «In caso diverso - sono parole testuali di Kappler - 200 tra voi verranno, presi e deportati in Germania, alla frontiera russa, o, altrimenti resi innocui»3. Pio XII, appreso il fatto, fece sapere, immediatamente, al Presidente della Comunità ebraica, che, se non fossero riusciti a raccogliere, entro le 36 ore stabilite, i 50 chili d’oro, avrebbe supplito la Santa Sede.
Il Presidente, dott. Ugo Foà, scrisse: «... non si rese necessario di approfittare di questa generosa of ferta, ma il nobile gesto del Vaticano non resta, perciò, meno significativo; né minore fu il sollievo che durante la ansiosa giornata della rac colta ne derivò a tante migliaia di persone, sulle quali incombeva la minaccia di Kappler».
Nell’opuscolo, intitolato: “Ottobre 1943”, sotto il titolo “Cronaca di una infamia”, si legge: «Non fu questo il solo atto col quale, schierandosi, anche in Italia, dalla parte degli Ebrei oppressi, la Santa Sede, apertamente, dimostrò di disapprovare la crudele ed aberrante persecuzione contro di essi, intrapresa dai tedeschi, in pieno secolo XX, facendo impallidire, al confronto, - tanti e tanti furono gli orrori da loro commessi!
- le più atroci cronache medioevali... Ogni qualvolta le circostanze lo permisero, l’azione moderatrice della Chiesa Cattolica, e quella personale del Sommo Pontefice Pio XII, si spiegarono, spesso, con efficacia, e sempre, con alta nobiltà d’intenti, a favore degli Israeliti italiani, perseguitati».
Di più: il Santo Padre diede ordine immediato per una duplice azione: l’una, incaricando Mons. Hudal4 e Padre Pancrazio Pfeiffer5 perché agissero presso il comandante militare, il generale Stahel; l’altra, contemporanea, convocando, presso il Segretario di Stato, Card. Maglione, l’Ambasciatore di Germania, Weizsâcker.
Così, mentre Mons. Hudal faceva pressioni e domandava la cessazione, immediata, degli arresti, il Cardinal Maglione protestava, con parole forti, presso l’Ambasciatore tedesco, per quella iniquità, chiedendone la fine immediata. 6
Solo inquadrati così, i due telegrammi sono comprensibili.
Il primo, del 17 ottobre chiedeva la cessazione delle razzie, per evitare, soprattutto, le complicazioni che sarebbero sorte dopo una “probabile protesta” di Pio XII; il secondo, del 28 ottobre, voleva scongiurare una ripresa delle razzie, e, specialmente, quella più temuta: la “deportazione del Papa da Roma”, come era in animo di Hitler.
Anche tutto questo fu “ignorato” da Hochhuth!
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1P. Leiber, gesuita, fu segretario di Pio XII durante tutto il Suo Pontificato.
2 Il “Rapporto” venne trovato, poi, tra le carte di Vichy, e pubblicato dalla “Documentation Juive”, nel 1945, e riportato, in seguito, dal Poliakov , nel suo volume: “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei”.
3 A questa prima spoliazione ne seguirono altre. Il 29 settembre 1943 i tedeschi invasero gli Uffici della Comunità ebraica; ne asportarono tutti i registri, e portarono via 2 milioni di lire che trovarono in cassa. Il 3 ottobre successivo, saccheggiarono la Biblioteca della Comunità, una delle più ricche d’Europa, e quella del Collegio Rabbinico Italiano. Il 16 ottobre prelevarono e deportarono, in massa, gli ebrei trovati in casa loro, senza riguardo né all’età, né al sesso, né alle condizioni di salute. I deportati furono 2.091 (1.077 uomini, 743 donne, 281 bambini). Quelli che ritornarono furono 101; 73 uomini e 28 donne.
4Mons. Hudal, tedesco, era rettore di Santa Maria dell’Anima.
5Nato a Brunner (Baviera) nel 1872, P. Pfeiffer fu per 30 anni consecutivi Generale dei Salvatoriani. All’occupazione di Roma, da parte dei tedeschi, conobbe il comandante Sthael, connazionale. Questi ammirò, subito, l’uomo colto, intelligente, illuminato, lo studioso profondo e di vasto impegno. Ma P. Pfeifer pensò, subito, invece, di giovarsi della simpatia suscitatasi nel suo connazionale a suo riguardo, per scopi di pura carità. Per questo Pio XII, saputa la cosa, gli lasciò mano libera di trattare; lo fece intermediario tra la Santa Sede e il Comando tedesco. Cominciò, così, l’opera del santo sacerdote, assidua, diuturna. E fu un frequente pellegrinare presso il Comando e presso la Santa Sede.
Fu lui a smontare il mostruoso progetto di fare di Roma una piazzaforte del sistema difensivo tedesco, che avrebbe fatto dell’eterna Città un cumulo di macerie! Fu lui che operò tutti quei “salvataggi”, di ebrei, in città e fuori. Fu lui che trattò col generale Kesserling per ottenere la dichiarazione di “città ospedaliera” per Ascoli e di tutta la zona a sud e a ovest del Tronto. Fu lui che salvò Chieti, Ascoli Piceno, Aquila, Orvieto... Fu lui che ottenne, ancora all’ultimo istante prima della partenza dei tedeschi da Roma, un altro “regalo” dal comandante della piazza: la vita ed un uomo!
Quante vite ha salvato? Nessuno saprà mai quanti ebrei, all’ordine del Papa, egli abbia salvato, nascosto, protetto. Prima di morire, distrusse molti documenti del suo archivio privato.
P. Pancrazio Pfeifer aveva lavorato per Dio, non per la Storia! Ma il suo ardente spirito di carità era stimolato e sorretto dalla carità inesausta di Pio XII! Quanta fiducia avesse Pio XII in lui, lo si può vedere, anche, in questo altro episodio; uno dei tanti! Quando l’arcivescovo di Chieti S.E. mons. Giuseppe Venturini, si rivolse a Pio XII per implorare un Suo intervento, il Papa gli consigliò di rivolgersi a P. Pfeiffer. Ecco il testo originale della lettera del 28 maggio l945, da cui stralcio il brano a “testimonianza”: «... quando la mia città di Chieti doveva assolutamente sfollare ed essere saccheggiata e distrutta, io ricorsi al Santo Padre; e più con le lagrime che con le parole Lo supplicai di venirmi in aiuto. E Pio XII, dopo avermi confortato, «Vada - mi disse - dal Padre Pancrazio Pfeiffer che può tutto, e farà tutto!». E così fu. Per opera di questo buon Padre noi fummo salvi».
6E questa “fine” sarebbe avvenuta, forse, se le razzie non fossero dipese dalla polizia segreta, nazista, che riceveva gli “ordini” solo dal servizio di sicurezza della Cancelleria del partito.
Da richiamare, ancora, il principio di Pio XII, in questi frangenti politici:
«salvare, per primo, la vita!»... «senza lasciarci andare a pericolose prese di posizioni che potessero esasperare i nazisti, e finire di scatenare la loro bestialità» (P. Leiber).
sac. Luigi Villa
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