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giovedì 13 agosto 2020

Moneta del popolo TASSE ZERO!



Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini


L’USURA 

A questo punto, furono i banchieri a rendersi conto di un singolare fenomeno, al quale occorre prestare la massima attenzione, perché costituisce il punto di partenza della “grande usura”. Poiché, dunque, per loro comodità, i cittadini preferivano pagare ed essere pagati con le ricevute bancarie (banconote), invece che con le monete metalliche depositate in banca, i banchieri, essendosi perciò accorti che i depositi erano ritirati in una percentuale molto bassa (diciamo il dieci per cento), escogitarono un “trucco” tanto semplice quanto ingegnoso: emisero un numero di “ricevute”, di gran lunga superiore a quello dei depositi, le quali, sebbene prive della copertura delle monete metalliche, e quindi di ogni garanzia, circolarono con le prime ricevute, funzionando anch’esse da moneta, in quanto accettate dai cittadini. È chiaro che, mentre le prime ricevute rappresentavano il controvalore di monete metalliche depositate, le altre, invece, non rappresentavano nulla. I banchieri così, cominciarono a creare moneta dal nulla, senza alcun costo se non quello meramente tipografico, ma, ciononostante, pretendevano ed ottenevano i relativi interessi. Ancora oggi succede, mutatis mutandis, la stessa cosa in un duplice ordine di livelli: a) ad un livello più basso, avviene che le banche, confidando nel fatto che la massa di moneta depositata da clienti non verrà mai ritirata tutta contemporaneamente, prestano, a chi ha bisogno, denaro per un valore enormemente superiore al valore dei depositi; prestano, cioè, denaro che non hanno e, dal nulla, percepiscono interessi; b) ancor più grave è quanto succede ad un livello più alto, vale a dire a quello delle Banche Centrali, le quali prestano allo Stato (per i suoi bisogni istituzionali) ed al sistema bancario (e quindi, attraverso questo, al sistema economico nazionale) la moneta che esse stesse creano dal nulla, richiedendo non solo i relativi interessi, ma anche un importo pari alla moneta prestata, perché questa, al momento della restituzione, acquista valore nel corso della circolazione; quel valore che, invece, non aveva al momento della emissione, cioè del prestito (essendo l’unica passività di tutta l’operazione rappresentata dal costo di fabbricazione della moneta). Ognuno può facilmente rendersi conto che, in entrambi i casi, si fa esercizio di “usura”. Mentre nel primo caso, le vittime sono soltanto quei cittadini costretti a ricorrere alle banche per ottenere i finanziamenti necessari alle loro imprese e, qualche volta, alle loro stesse esigenze personali, nel secondo caso, la vittima è l’intera struttura economica dello Stato, costretto a indebitarsi, per ottenere le necessarie risorse finanziarie, con un Ente privato (qual è la Banca d’Italia), al quale ha trasferito la propria sovranità monetaria e, con essa, il potere di controllare tutta la politica economicosociale della Nazione.  “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014

a cura del dott. Franco Adessa

martedì 11 agosto 2020

Moneta del popolo, TASSE ZERO



(Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini)


LA MONETA

Il libro, che è fondamentalmente diviso in due parti: la prima, che tratta della Banca d’Italia e del Trattato di Maastricht, e la seconda, della moneta del popolo, si apre con una limpida introduzione che, in poche pagine, e con un linguaggio accessibile a tutti, svela “quell’aspetto della finanza e dell’economia che è sempre rimasto nascosto, nei luoghi oscuri del palazzo, come qualcosa che non convenisse svelare al popolo”. Non esiste argomento più interessante e stimolante della moneta, a condizione che se ne colga l’esatto significato e, quindi, se ne conosca l’unica funzione a cui essa dovrebbe essere destinata. È moneta ciò che è convenzionalmente usato come mezzo di scambio e come misura del valore. 

Quindi, non è importante, perché una “cosa” acquisti dignità di moneta, che essa sia fatta di una o di un’altra materia: la storia ricorda come i popoli abbiano conferito valore e funzione di moneta non solo ai metalli preziosi, ma anche ai più disparati beni che fossero di difficile o faticoso reperimento; è importante, invece, porre in evidenza come la nostra moneta debba avere, come “causa”, la “convenzione” e, come “effetto”, la funzione di “misurare il valore” dei beni, perciò, lo “strumento per lo scambio” di questi beni. Se questo secondo requisito sembra abbastanza comprensibile, perché l’intermediazione della moneta evita il ricorso all’antico e non pratico sistema del baratto, il primo requisito, quello della “convenzione”, ha bisogno di una breve riflessione: una moneta può adempiere la propria funzione in quanto è accettata dai cittadini: sono infatti costoro che, accettandola, le danno valore. Per dimostrare questo assioma, si ricorre all’esempio dell’isola deserta, dove, evidentemente, il possesso di moneta da parte dell’unico abitatore equivarrebbe a possesso di nulla, proprio per l’impossibilità che quella moneta possa essere accettata. 

Quindi, il valore della moneta è la conseguenza di una “convenzione”: se non c’è accettazione, da parte dei cittadini, la moneta non acquista valore, oppure lo perde, e perciò, venendo meno la sua funzione caratteristica, cessa di essere moneta. Questo significa che il “concetto di moneta” ha radice nello spirito dell’uomo e che, perciò, appartiene ad una categoria spirituale. La moneta fu pensata dall’uomo, onde poter servire come strumento per lo scambio dei beni, in un tempo in cui, ampliatisi i commerci, il baratto, fino allora utilizzato, cominciò a denunciare la propria inadeguatezza. All’inizio, la moneta veniva emessa dal sovrano, in pezzi di metallo prezioso (oro, argento, rame, ecc.), appositamente “coniati” perché fosse garantita la sua provenienza ed il suo peso, e quindi, il suo valore. In una seconda fase, quando sorsero le prime banche, sia il sovrano, sia i cittadini, preferirono depositarvi il loro capitale monetario, soprattutto per motivi di sicurezza, ricevendo in cambio una ricevuta (fede di deposito), esibendo la quale ottenevano la restituzione del relativo importo in monete metalliche. 

Successivamente, commercianti e artigiani, al fine di rendere rapidi ed agili i loro affari, si resero conto che, invece di ritirare i loro depositi bancari, potevano utilizzare, per i pagamenti, le stesse ricevute dei banchieri, le quali, in tal modo, cominciarono ad adempiere le stesse funzioni della moneta che rappresentavano (banconote). Poiché venivano accettate dai creditori (rassicurati dalla garanzia rappresentata dai depositi bancari), quelle ricevute acquistarono funzioni e valore di moneta vera e propria, nonostante che non avessero alcun valore intrinseco, essendo di carta. “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014

a cura del dott. Franco Adessa

Moneta del popolo, TASSE ZERO



(Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini)



LA RINUNCIA DELLO STATO  ALLA PROPRIA SOVRANITÀ MONETARIA

La “presentazione” del libro pone in risalto la questione “giuridica” dello svuotamento dell’aspetto economicosociale della Costituzione italiana e la questione “politica” della rinuncia dello Stato alla propria sovranità monetaria. Questo libro, sia pure con un linguaggio molto semplice, ha l’ambizione di far conoscere un aspetto della finanza e dell’economia che è sempre rimasto nascosto nei luoghi oscuri del palazzo, come qualcosa che non convenisse svelare al popolo. Ed è bene, invece, che il popolo sappia, finalmente, che lo Stato ha, da tempo, rinunciato alla propria sovranità monetaria in favore di un ente privato, qual è la Banca d’Italia; ha rinunciato, cioè, ad emettere moneta propria, con la conseguenza che, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, è costretto a chiedere, in prestito oneroso, le necessarie risorse finanziarie, indebitandosi nei confronti dell’istituto di emissione. Ed è bene che il popolo sappia anche che questo inutile indebitamento si trasferisce necessariamente ai cittadini mediante la pressione fiscale. Pertanto, il popolo si ritrova debitore di quella moneta di cui, invece, dovrebbe essere proprietario, anche perché essa acquista valore solo perché i cittadini l’accettano come strumento di scambio e, quindi, solo a causa ed in conseguenza della sua circolazione. Con l’avvento dell’Euro si determina, poi, un altro trasferimento della sovranità monetaria, questa volta dalla Banca d’Italia (così come dalle altre banche di emissione) ad un ente privato sovrannazionale, qual è la Banca Centrale Europea (BCE), che provvederà ad emettere la nuova moneta addebitandola ai popoli europei, secondo la stessa “filosofia” moneta ria utilizzata, fino ad oggi, dalle Banche centrali nei confronti dei rispettivi popoli; ed attuando i princìpi del più sfrenato liberismo, previsto dal Trattato di Maastricht, che sono nettamente inconciliabili con la vigente Costituzione italiana, e che sono riassunti specialmente negli articoli 41, 42, e 43.“Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014

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a cura del dott. Franco Adessa