venerdì 1 novembre 2019

NEL FUOCO ETERNO SENZA AMORE



L’INFERNO E IL MISTERO DEL MALE

Seguendo l'esempio di Cristo, la Chiesa ha ammonito i fedeli, durante tutto il corso della sua storia, "della triste realtà della morte eterna". La Sacra Scrittura parla di questo castigo eterno e ci mette in guardia contro la malizia deliberata che distrugge una persona interiormente e conduce alla morte eterna. C'è un nesso essenziale tra l'inferno e il mistero del male, e in ultima analisi, tra l'inferno e la libertà dell'uomo. Il rifiuto di credere all'inferno equivale al rifiuto di prendere Dio sul serio, e anche al rifiuto di considerare seriamente l'uomo, la sua libertà e la sua responsabilità di compiere il bene. Per questa ragione, una certa conoscenza dell'inferno è necessaria per comprendere come si conviene il senso dell'uomo e il suo posto in questo mondo, secondo il piano di Dio.
Nelle prime tappe della storia della salvezza, la realtà dell'inferno non è stata concretamente intuita come lo fu invece nella rivelazione posteriore. Si concepiva lo "Shéol" come il luogo ove sia i buoni che i cattivi dimoravano dopo morte, e dove avevano una forma di esistenza oscura e insoddisfacente. Si capiva che Dio avrebbe severamente punito chi era ostinatamente cattivo, ma molti restavano perplessi, perché i malvagi parevano prosperare tanto quanto i giusti. La rivelazione che lo "Shéol" fosse un luogo di punizione riservato ai malvagi non avvenne che gradualmente. Da essa deriva una comprensione più piena della responsabilità personale di ciascuno riguardo ai suoi atti. Il castigo divino del male nulla ha a che fare con la vendetta; è piuttosto una questione di giustizia e di misericordia da parte di un Dio amante e onnipotente, che mantiene e ristabilisce un ordine universale che qualunque colpa di qualsiasi uomo scompiglia. L'uomo deve prendere se stesso sul serio, perché Dio lo prende sul serio. Col passare del tempo ci fu una crescente comprensione del genere di castigo dovuto al peccato.
All'inizio del tempo dell'Antico Testamento, il castigo era concepito sotto forma di immagini materiali, come malattie, prove, accorciamento della vita. Solo a poco a poco divenne chiaro che il castigo più grave era implicito nella natura stessa del peccato; che rifiutare Dio voleva dire separare se stesso dalla infinita bontà di cui il cuore ha una fame insaziabile (cf Sal 62, 1). Nell'Antico Testamento, con l'idea dell'inferno, era unita l'immagine del fuoco fisico, con riferimento alla "Geenna", la "Valle di Ben-Hinnom", dove, in sacrifici umani interdetti, alcuni bambini erano stati consumati dal fuoco. Più tardi, i rifiuti della città erano bruciati in detta valle, ove il fuoco era alimentato giorno e notte. Isaia allude a questa valle, senza tuttavia nominarla, come al luogo dove giaceranno i corpi di coloro che si sono ribellati contro Dio (cf Is 66,24). Nella letteratura rabbinica, la "Geenna" divenne il pozzo di fuoco dove i cattivi sono puniti dopo la morte.

Gesù Cristo ha parlato spesso dell'Inferno. Quando parlò "dell'inferno... il fuoco inestinguibile" (cf Mt 25,31), Egli lo fece spinto da un senso di compassione, per mettere in guardia gli uomini da questa tragedia irreparabile, da questa "seconda morte" (Ap 21,8), con la sua permanente separazione dalla vita eterna di Dio, per la quale l'uomo è stato creato.
Cristo parlò energicamente con immagini comuni in quel tempo, di "inferno, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue" (Mc 9,47-48). Usando tali immagini Cristo non stava dandoci una descrizione letterale dell'inferno, perché il male della separazione da Dio non può mai essere adeguatamente descritto. Cristo invece voleva richiamare alla necessità della conversione ed avvertire che quelli, che deliberatamente persistono nel male, andranno alla completa rovina.
Il Nuovo Testamento frequentemente si è riferito al castigo infernale come castigo senza fine. "E se ne andranno, questi al supplizio eterno e i giusti alla vita eterna" (Mt 25,46). Questo ha fatto parte dell'ordinario insegnamento della Chiesa fin dal principio. Alcuni teologi antichi, soprattutto Origene al terzo secolo, hanno affermato che tutti i peccatori, Satana compreso, avrebbero potuto eventualmente essere portati alla salvezza. Ma la Chiesa ha sempre respinto vigorosamente questo modo di pensare ed altri simili come incompatibili con la verità rivelata, ed ha solennemente confermato la dottrina secondo cui il castigo infernale è eterno.

Tratto dalla rivista mensile “Papa Giovani” – Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani)

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