martedì 26 novembre 2019

Le grandezze di Gesù



Invocazione a Gesù Cristo

È la necessità delle circostanze, o Gesù, mio Signore, Figlio unico di Dio, Figlio unico di Maria, che mi obbliga e questa pubblicazione. Mi spinge inoltre il consiglio di persone, le quali onorando le vostre grandezze e i vostri misteri, vogliono appartenervi per sempre con un omaggio particolare; persone delle quali debbo dirvi come S. Agostino: Hi sunt servi tui Fratres mei quos Filios tuos esse voluisti Dominos meos, quibus jussisti ut serviam si volo tecum de te vivere. Sono vostri servi, e in questa qualità miei fratelli. Voi avete voluto che fossero i vostri Figli, e in questa qualità sono i miei Maestri, e mi avete comandato di servirli se voglio vivere di Voi con Voi.
Perdonatemi dunque, Sovrano Signore degli uomini e degli Angeli, se dietro il loro ordine e per tale occasione rompo il silenzio ed ardisco parlare di Voi, di Voi che siete la Sapienza adorabile, la Parola ineffabile, lo Splendore ammirabile dell’Eterno Padre, e il suo Verbo divino per il quale Egli parla a se stesso ed alle sue creature. Degnatevi pertanto di accettare questo dono, benché vi sia offerto da una mano sì indegna e da uno spirito così debole nel pubblicare le vostre grandezze e le vostre lodi.
Permettetemi pure, o Signore, di rivolgervi le parole del Dottore più umile e più dotto, più santo e più prudente, più modesto e più pio, che abbiate dato alla terra ed alla vostra Chiesa. Con le parole elevate, sante e divine ch’egli scriveva al termine di una delle sue opere1, vi dirò al principio di questa mia:
«Dio Signore, mio Dio, mia unica Speranza, esauditemi, affinché, per la stanchezza delle noie di questa vita, io non rifiuti di cercarvi. Voglio cercare la vostra faccia, e cercarla sempre con vivo ardore. Voi che mi avete dato la grazia di trovarvi e la speranza di trovarvi sempre più, datemi pure le forze necessarie per cercarvi sempre. Voi vedete la mia costanza e insieme la mia fragilità, conservatemi la prima e sorreggete l’altra; vedete la mia scienza e la mia ignoranza: dove mi avete aperto la porta, accoglietemi perché possa entrare; dove me la tenete chiusa, degnatevi di aprirla alla mia umile supplica. Ch’io vi tenga sempre presente alla mia memoria, vi conosca e vi ami: accrescete in me questi doni, affinché mi rendiate perfetto. Noi ci perdiamo in molte parole, ma non raggiungiamo lo scopo cui miriamo; Voi stesso, o Signore, siete il colmo e il compimento perfetto dei nostri discorsi. Quando arriveremo a Voi, allora avrà fine la molteplicità delle nostre sterili parole, e Voi solo resterete tutto in tutti, e senza fine diremo tutti una cosa sola, lodandovi nella unità; e in Voi saremo pure tutti raccolti nella unità, in perfetta unanimità.
O Signore mio Dio, ciò che dirò di Voi, se viene da Voi, approvatelo e l’approvino pure i vostri fedeli; e se in questi miei discorsi qualche cosa si trovi che venga da me e non da Voi, scusatelo Voi stesso e lo scusino i vostri fedeli.

Card. Pietro de Bérulle

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