UNA “NUOVA LITURGIA”
Nella Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia vi sono incredibili errori di principio dottrinale; quindi, “... a fructibus eorum cognoscetis eos!..” (Mt. VII, 16-18), e perciò, “omnis arbor, quae non facit fructum bonum... excidetur... et in ignem mittetur...” (Mt. VII, 19).
In un articolo, apparso su “L’Avvenire d’Italia”, in data 23 marzo 1968, mons. Annibale Bugnini, scrisse che la Commissione Conciliare, incaricata di compilare definitivamente il testo della Costituzione sulla Liturgia del Vaticano II, ebbe intenzioni chiare di imbrogliare, mediante un “modo di esprimersi cauto, fluido, talora incerto, in certi casi, e limò il testo della Costituzione per lasciare, nella fase di applicazione, le più ampie possibilità e non chiudere la porta alla azione vivificante dello ‘Spirito’ ” (senza l’attributo divino: “Santo”!).
Uno scritto, quindi, che la dice lunga!
Ad esempio: l’introduzione dell’altare “versus populum” venne presentato con parole mascherate, piene di caute la, nell’art. 91 della Instructio: “Oecum. Concilii”:
“È bene che l’altare maggiore sia staccato dalla parete... per potervi facilmente girare intorno... a celebrare rivolti “versus populum”” (!!).
Da notare subito il modo fraudolento di presentazione. Le Conferenze Episcopali usano, quasi sempre, il “criterio di interpretazione arbitrario”, di mutare, cioè, un “licet”, un “expedit”, un “tribui possit” di una legge liturgica, in un categorico “debet”, togliendo, così, la liceità di alternativa contraria, quando, invece, il “licet” lascia il diritto di libera scelta, riconosciuto in tutti i Codici di diritto.
Ma così si è attuato una vera e propria “aversio a Deo” per una “conversio ad creaturas”, come è avvenuto con l’introduzione dell’altare “versus populum”, e cioè, un vero “avertit faciem Deo”, a quel Dio che è realmente presente, substantialiter, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità nel santo Tabernacolo che custodisce l’Eucarestia.
Oggi, voltate le terga al Signore, il celebrante si “converte” (“conversio ad creaturas”) al “popolo di Dio”, il quale, così, è diventato il protagonista della Liturgia. Lo conferma persino la “Institutio Generalis Missalis Romani” (art. 14), ove si legge:
“... cum Missae celebratio (i.e. “esecuzione” di tutte le cerimonie di rito sacrificale!) natura sua (contro il dogma tridentino!) indolem communitariam habeat” (!!). Quindi, “celebrazione comunitaria”!
Non c’è scappatoia. Qui, il senso ereticale del termine “indolem communitariam”, attribuito alla “Missae celebratio”, trova conferma in quello che segue la pròtesi del periodo:
“dialogis inter celebrantem et coetum fidelium... (omissis)... communionem inter sacerdotem et populum fovent, et efficiunt...”!
Mentre, prima, la celebrazione “versus Deum” rendeva ogni celebrante, “il sacerdote”, “in persona Christi”, ora, con la celebrazione “versus populum”, fa invece concentra re l’attenzione dei fedeli sulla particolare “facies hominis” di un qualsiasi “don Giovanni” di una qualsiasi diocesi aggiornata alle “esigenze dei tempi moderni” ed “ai segni carismatici” del post-concilio, per una concelebrazione comunitaria “versus populum”.
E questo non è maligna ipotesi campata in aria!.. Basti pensare ai moltissimi sacerdoti (oltre 100 mila!..), che hanno buttato alle ortiche la “sottana” di prete, e agli altri che hanno assunto il primo “clergyman” e, poi, l’“habitus civilis”, più livellatore col “popolo di Dio” e, quindi, più “comunitario”, non sarebbe “temerario” pensare che ci sia una relazione stretta di “causa” ed “effetto” anche in questo “livellamento” del sacerdozio ministeriale col “sacerdozio comune” dei fedeli (in virtù del Battesimo), attuato dal Vaticano II a mezzo dell’articolo 27 della “Costituzione Liturgica”, a spregio manifesto della “Mediator Dei” di Pio XII del tutto ignorata in quella Costituzione!
Mentre nella “Mediator Dei” si legge:
«... la Messa “dialogata” (oggi detta “comunitaria”)... non può sostituirsi alla Messa solenne, la quale, anche se è celebrata alla presenza dei soli ministri, gode di una sua particolare dignità, per la maestà dei riti...».
e poi aggiunge:
«Si deve osservare che sono fuori della verità (e, quindi, non solo indisciplinati e disobbedienti!) e del cammino della retta ragione (ma il Vaticano II non se n’è accorto?..) coloro i quali... tratti da false opinioni, “attribuiscono a tutte queste circostanze” tale valore da non dubitare di asserire che, omettendole, l’azione sacra (ossia l’assistere al rito della Messa solenne, l’azione sacra non può raggiungere lo scopo prefissosi...)».
Di contro, invece, la Costituzione Conciliare Liturgica, nell’art. 2 dice:
«... ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria, caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli... si inculchi che “questa” è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e privata...».
Quest’articolo 27, equivoco, reticente, comunque non dice espressamente che la Messa comunitaria deve essere preferita alla Messa solenne, per non mettersi in contraddizione con la “Mediator Dei” di Pio XII che dice espressamente: “La Messa dialogata non può sostituirsi alla Messa solenne”.
Ora, questo esempio ci fa ricordare quanto disse mons. Bugnini, in quel suo articolo del 23 marzo 1968, per illustrare il “Canone Romano”, e cioè che:
1° - la “Costituzione Liturgica... non è un testo dogmatico”;
2° - che è “(invece) un documento operativo”. E difatti fu un’operazione chirurgica radicale che ha “sventrato”, senza tanti riguardi, tutta la Liturgia, ricchissima, della Tradizione, salvando proprio nulla di nulla, ma buttando tutto in pattumiera!
3° - e che “chiunque può vedere (nella Costituzione Liturgica)... la struttura di una costruzione gigantesca... che tuttavia rimette agli organismi post-conciliari di determi nare i particolari, e, in qualche caso, di interpretare autorevolmente quello che, in termini generici, viene indicato ma non detto autorevolmente”...
Come si vede, fu tolto ai Generali (i.e. Vescovi) il comando, l’autorità di stabilire la tattica e la strategia del combattimento, per cui la disfatta non poteva che essere sicura! Ma, imperterrito, Mons. Bugnini continuava:
«Lo stesso modo di esprimersi fu scelto volutamente dalla Commissione Conciliare... che limò il testo della Costituzione... per lasciare, nella fase di esecuzione... le più ampie possibilità... e non chiudere la porta... all’azione vivificante... dello Spirito!» (senza aggiungere “Santo”!).
In concreto: l’introduzione dell’altare “versus populum” fu subito l’applicazione più appariscente dell’uso e abuso della idea “comunitaria” e del termine stesso “comunitario” che sa di “moneta falsa”! L’articolo 27 della Costituzione Liturgica, quindi, è diametralmente all’opposto della “Mediator Dei”, “scomoda, proprio sui punti chiave”! Per questo, mons. Bugnini usò quella formula che ci ha ammannito nel suo articolo del 23 marzo 1968. E così il Vaticano II poté rovesciare la gerarchia dei valori, attribuendo alla “Messa dialogata” un posto di preferenza alla “Messa solenne”, in barba alla “Mediator Dei” di Pio XII che aveva invece stabilito che
«... non può sostituirsi alla Messa solenne, anche se questa fosse celebrata alla presenza dei soli Ministri...».
Perciò, si può concludere che il Vaticano II ha “barato” per sovvertire, da cima a fondo, la liturgia ultra-millenaria della Chiesa romana! Una prova schiacciante la si potrebbe vedere anche addentro il sofisma (il “paralogismo” della “scolastica”) che si cela tra le righe dell’articolo 1°:
«Il Sacro Concilio si propone di far crescere, ogni giorno di più, la vita cristiana dei fedeli».
Ma poi si propone di
«meglio adattare... alle esigenze del nostro tempo, quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti...».
Domandiamoci, allora: in che cosa consistono, in concreto, quelle “esigenze del nostro tempo” nel pensiero del Concilio?.. quali sono, in concreto, quelle situazioni soggette a mutamenti?.. e “in che senso”, e in “quale misura” e con “quali criteri” ci sono soggette?
Qui, tutto è mistero e tenebre!.. Poi, l’articolo 1° continua:
«si propone di favorire ciò che può contribuire alla unione di tutti i credenti in Cristo...».
Anche qui si può chiedere: ma che cosa può contribuire all’unione di tutti i credenti in Cristo?”, e a quale prezzo?..
Silenzio assoluto!..
Continuando, l’art. 1° (si propone) di rinvigorire... ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa. In concreto: che cosa è che giova?.. e in che modo e a quali condizioni legittime?..
Infine, conclude:
«(Il Sacro Concilio) ritiene, quindi, di doversi interessare in modo speciale... anche della ‘riforma’ e dello incremento della Liturgia»... (!!).
Ma nell’art. 21 il Concilio avvertirà che, con la riforma liturgica, la Chiesa butta a gambe all’aria tutte le riforme, tutti i riti della Liturgia pre-conciliare, perché il “fine” è il seguente:
«... per assicurare maggiormente al popolo l’abbondante tesoro di grazie che la Sacra Liturgia racchiude»!
Una vera beffa... liturgica! La Santa Chiesa Cattolica Romana è servita e buttata in quei “turbamenti” che il cocchiere del Concilio, Paolo VI, nel suo discorso del 15 luglio 1970, attribuirà espressamente proprio ad esso. Difatti, in quel suo discorso, il soggetto era proprio “il Concilio che suscitò turbamenti!..”.
sac. dott. Luigi Villa
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