Mons. Giovanni Battista Montini
Data l’indole del presente lavoro, non entreremo nell’esame dettagliato di altre sortite “montiniane”, effettuate alle spalle del Papa e contro ogni sua direttiva: come ad esempio la lettera di elogio al modernista Maurice Blondel, spedita dalla Segreteria di Stato con firma del Sostituto Montini ma a nome di Pio XII, e con tanto di auguri, sempre a nome del Papa, per un buon prosieguo della sua opera filosofico-apologetica, definita per l’occasione addirittura come “un prezioso contributo alla migliore intelligenza (...) del messaggio cristiano”.27
Oppure, l’altra sortita del Montini che, ad insaputa e contro la proibizione di Pio XII era stato scoperto ad intrattenere, sempre a nome della Santa Sede, rapporti diplomatici col Governo sovietico di Stalin a Mosca.28
Dopo quest’ultimo tradimento, Pio XII, amareggiato, allontanò mons. Montini dalla Segreteria di Stato spedendolo a Milano come Arcivescovo, ma senza nominarlo Cardinale, nonostante quella fosse, da secoli, sede cardinalizia.
Che si fosse trattato di un promoveatur ut amoveatur, ossia di una sorta di promozione-rimozione, è un fatto ormai ammesso anche da studiosi neomodernisti, come ad esempio p. Giacomo Martina, gesuita e docente all’Università Gregoriana di Roma, il quale è costretto ad ammettere che si trattò di un «allontanamento del sostituto Montini, “promosso” arcivescovo di Milano, mai nominato cardinale e mai una sola volta ricevuto dal papa (con cui per anni aveva avuto contatti giornalieri) in udienza privata».29
E il p. Martina annota:
“Il significativo episodio non è ancora del tutto chiarito.
Influirono sulla rimozione vari fattori, la scarsa simpatia di cui Mons. Montini godeva in Segreteria di Stato, l’irritazione di Pio XII per una certa indipendenza di giudizio del suo collaboratore, il ritardo del Montini nel comunicare alcuni fatti, per la speranza che nel frattempo le cose si fossero appianate”.30
Tuttavia, anche da Arcivescovo di Milano e nonostante il chiaro monito del Papa, Mons. Montini continuava imperterrito a disobbedire appoggiando i “nuovi teologi” ed il progressismo in genere. Come abbiamo già visto, «dall’“Arcivescovo Montini” - riferiva il von Balthasar - vennero parole di adesione e di incoraggiamento” al de Lubac e ai suoi “amici”.
Con tanti saluti a Pio XII.
La subdola diffusione della “nouvelle théologie” alle spalle del Papa
Gli ultimi anni del Pontificato di Pio XII si chiusero in un singolare isolamento, sottolineato da tutti gli storici e interpretato in vario modo.
Ma il fatto è che il Papa non poteva più fidarsi di nessuno.
La Chiesa era ormai piena di troppi Montini e di troppi de Lubac di vario calibro e a tutti i livelli, mentre nonostante i suoi interventi Pio XII vedeva crescere sempre più la marea del neomodernismo, ipocritamente propagato alle sue spalle.
Di questi maneggi sleali e sotterranei degli adepti della nouvelle théologie ha dato un’eloquente testimonianza, in tempi recenti, il già citato e autorevole p. Henrici S.J. con un articolo pubblicato sulla rivista “Communio” organo di stampa ufficiale dell’ala “moderata” della nuova teologia (confondatori: Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar e... Joseph Ratzinger).
Ed ecco come egli descriveva la tattica subdola adoperata, in quegli anni, dai “nuovi teologi” che insegnavano negli Studentati dei Gesuiti di alcuni Paesi dell’Europa del centro-nord, nei quali egli aveva studiato (cioè in Svizzera, Germania, Francia e Belgio):
“Nelle esercitazioni seminariali si leggevano Kant, Hegel, Heidegger e Blondel; Kant e Heidegger, in particolare, costituivano i punti di riferimento costanti, onnipresenti. “Geist in Welt” di Karl Rahner (...) e tutte le opere della cosiddetta scuola di Maréchal venivano lette come bestsellers”.31
“A Lovanio, per esempio, l’Henrici studiò “una teologia fortemente appoggiata agli autori della cosiddetta “théologie nouvelle”, più storica che sistematica, e arricchita dagli apporti della teologia biblica ed ecumenica”.32
E ancora:
«A coloro che avevano interessi teologici particolarmente spiccati, il prefetto degli studi consigliava, come prima lettura, i primi due capitoli del “Surnaturel” di Henri de Lubac - il più proibito dei libri proibiti! - e poi il suo “Corpus Mysticum” e questo al fine di arrivare ad acquisire una sensibilità per il fatto che enunciati teologici uguali in tempi diversi e in contesti diversi possono avere un significato diverso»,33 ossia al fine di instillare negli animi degli studenti il più sfacciato relativismo ed evoluzionismo dogmatico.
Certo, tanto per salvare le apparenze, dai professori “per ogni trattato era proposto un manuale vecchio stile (scolastico) che, tut tavia, al massimo veniva solo sfogliato”.34
Dopo di che, però, i medesimi docenti si dedicavano anima e corpo alla diffusione tra i loro studenti del neomodernismo più sfrontato in campo biblico e teologico:
“Nuovo, anzi sorprendente - continuava infatti a ricordare il p. Henrici - per chi iniziava gli studi di teologia, era soprattutto il modo di accostarsi alla Sacra Scrittura.
Era necessario abituarsi a non prendere più del tutto alla lettera non solo l’Antico Testamento ma anche i Vangeli (ad esempio i Vangeli dell’Infanzia)”.35
E ancora:
“Anche nello studio della Bibbia, ci si rivolgeva in continuazione, e del tutto naturalmente, ad autori non cattolici” mentre, neanche a dirlo, la teologia che si studiava (...) era interamente ecumenica”.36
***
Pio XII moriva a Castelgandolfo il 9 ottobre 1958, lasciando una Chiesa che, ad occhi inesperti, poteva sembrare ancora salda e tranquilla nella sua Tradizione apostolica. Ma era la calma che precede la tempesta.
sac. Andrea Mancinella
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