lunedì 14 ottobre 2024

Come sollecitamente ci dobbiamo guardare dalla vanagloria, e da' mali lusinghieri, per desiderio di pervenire a pace e purità di cuore e di mente.

 


Dico dunque che il primo modo si è, che quando ci soffia il vento di questa maladetta adulazione, a ciò che non ci faccia invanire per vanagloria, che noi ci dobbiamo inchinare in terra per umiltà, considerando pure la nostra viltà e i nostri difetti; sicché da Dio solo riconosciamo il bene, se nullo ne regna in noi, e temiamo sempre, però che il possiamo perdere; e anca che forse n'abbiamo molto meno, che noi non crediamo, e che c'è mostrato dagl'ingannatori e falsi lusinghieri. Onde dice Santo Augustino: «E' lodato, o Iddio, l'uomo per alcuno tuo dono, e spesse volte ne cerca la gloria sua, non la tua! Dunque è furo e ladro, chi ti vuole togliere la tua parte». 

   E qui dobbiamo sapere, che delle nostre buone opere, Iddio vuole che noi n'abbiamo il merito, ed egli ne vuole la gloria. E però dice per Isaia profeta: «La gloria mia non darò ad altri». 

   Quelli dunque che usurpano la parte di Dio, desiderando d'essere lodati, e reputati dalle buone opere, che per sua grazia e aiuto e conforto fanno, perdono la sua, ciò è il merito; anzi, che peggio è, ne incorrono nel contrario, ciò è in peccato. E però soggiunge Santo Augustino e dice: «Quei che voglia essere lodato dagli uomini, vituperando Te, non fia difeso dagli uomini, reprobandolo Tu». Diciamo dunque col Salmista: «Non a noi, Signore, non a noi, ma da' gloria al tuo Nome». 

   Or sopra ciò, molto si potrebbe parlare, a biasimo della vana gloria, eziandio ne' doni e beni veri, e a commendazione della umiltà; senza la quale, come dice San Gregorio, «chi avesse tutte le virtù del mondo, è come chi portasse la polvere in mano dinanzi al vento». 

Ciò vuol dire, che tutte si perdono per questo vento vano. 

   Ma se l'uomo è lodato falsamente, più tosto si può e dee confondere e vergognarsi, e ha più tosto cagione di turbarsene che di gloriarsene: come fanno i ribaldi, che hanno giocato ciò ch'egli hanno, quando sono chiamati ricchi mercatanti; e come fa la femmina molto laida, quando l'è detto: Oh, come se' bella! perché sa, che gli è detto per istrazio. Onde si legge di santo Gregario, che rispose ad uno che il lodava, più che non parea a lui che si convenisse, dicendo: «Certo, fratello carissimo, tu fai della scimmia lione, e 'l gatto rognoso chiami lonza». 

   Ma se l'uomo è lodato d'alcuno bene di fortuna o di natura, come se di bellezza, o di fortezza, o d'ingegno, di questo al tutto si de' fare beffe; però che «non è vero e non è nostro bene quello, che noi sol possiamo portare con noi», come dice Santo Ambrosio. Ed anco, come dice Seneca, «il freno d'oro non fa pero migliore cavallo»; e così vuoI dire, che l'oro non fa però migliore l'uomo quanto all'anima. E però, come egli dice, «ogni bene dell'uomo è dentro»; ciò è, le virtù e 'l senno. 

   Onde, quanto a queste altre cose, molte bestie e altre creature l'avanzano, ciò è in bellezza e in altre dote. E se l'anima è buona, non nuoce niente perché l'uomo sia privato di questi beni di natura o di fortuna; e s'ella è ria, poco gli giova, se n'è dotata. Sicché, come dice Salomone, «meglio è il cane vivo, che il lione morto»; ciò vuol dire, che meglio è, appo Dio, uno vile e povero uomo (il quale è reputato dai superbi quasi come cane) se egli è vivo di vita di grazia, che non è uno lione, ciò è uno potente e ricco signore, s'egli è morto di morte di colpa. 

 In somma dunque dico, che la umilità è sommo rimedio con tra alle lusinghe del diavolo, o degli uomini, o vere o false che siano. 

   Il secondo rimedio è pensare alla morte, che viene presto, e converracci lasciare ogni pompa e andremo al giudicio di Colui, il quale solo vede e conosce la verità delle nostre opere. Onde eziandio leggiamo di Ottaviano imperatore, e d'altri molti signori, che, conoscendosi mortali, non vollero essere adorati come iddii, e rifiutarono i superchi e vani onori. 

   Il terzo rimedio è pensare che, come detto è, le lusinghe sono come latte da nutrire i fanciulli; sicché grande disonore ci torna di stare anco a questa poppa. E anche che il lusinghiere, come detto è, è pessimo ingannatore, ed è traditore, il quale ci leva in alto per farci cadere. Onde si legge di Socrate, che essendo lodato da uno, lo cacciò da sé, e disse: «Va' via, che tu non guadagnerai nulla meco, però ch'io t'intendo troppo bene». 

   Il quarto rimedio è, che l'uomo, considerando i molti mali e inganni e danni, i quali da questa adulazione procedono, come di sopra è detto, dee mostrare mala faccia, e non ridere a questi adulatori; però che chi non fa così, e crede loro, guasta sé e guasta loro. E però dice Salomone: «Il principe che volentieri ode le parole delle bugie, tutti li suoi ministri arà empii». 

   Lo quinto remedio si è, pensare che a Dio molto piace che l'uomo fugga questo latte, e fanne letizia e festa. 

   E questo fu bene figurato in ciò, che Abraam fece grande allegrezza, quando Isaac suo figliuolo si levò dal latte. 

   E come le nutrici, per ispoppare i suoi fanciulli, pongono alcuna cosa amara in sulla poppa; così Iddio, per levare ai suoi figliuoli questo latte delle lodi, permette molte volte amaritudini: o altre lingue che 'l biasimino, o che quelle medesime che prima il lodavano, poi il vituperino. E però dice San Bernardo, che, «chi pone il tesoro della sua anima in bocca altrui, or sarà grande or piccolo, or buono or cattivo, secondo che le lingue lo vorranno lodare o vituperare, o esaltare, o dannare, o biasimare». 

   E però ciascuno dee fare come San Paolo, il quale, come detto è, si facea beffe dei giudici i umani, passando virtuosissimamente, come egli disse, per infamie e buona fama. 

   Or questo poco basti aver detto, con tra alle lusinghe, che il diavolo di continuo ci porge negli orecchi della nostra mente, per tentazione, e con tra alli lusinghieri suoi membri, e con tra a coloro che volentieri gli odono. 

   Onde, figliuola mia, conforto la carità vostra, che siate sollecita a guardarvi bene da quelli lodatori, temporali e spirituali: cioè, alle lodi che il demonio del continuo vi loda invisibilmente, nelle vostre buone opere, e in quelle visibili, che vi porgono gli stolti uomini, suoi membri, ciò è istigati da lui a farci lodare: il quale nol fa ad altra intenzione, se non per maculare le nostre buone opere, a ciò non siano sincere e nette. Le quali egli sa, che essendo elleno così mescolate, mai potremo pervenire al terzo grado della pace della mente nostra, della quale il Profeta tanto ci conforta, dicendo: «Cerca la pace». 

   Onde, quando facciamo alcuna nostra buona opera, e il demonio ci tenti di vana gloria, mostrandoci che facciamo gran cose, non gli diamo fede, né non ce ne leviamo; ma sia sempre la nostra intenzione a farle ad onore di Dio; e respondiamo alle nostre cogitazioni che ci mettono la demonia, dicendo loro, come disse una volta San Bernardo; il quale, predicando al popolo molto altamente, il demonio molto lo commendava che egli dicesse bene, nella mente sua; alle quali cogitazioni egli rispose forte, e disse: «Né per te cominciai a predicare, né per te mi partirò». 

E quando le sentiamo dagli uomini, facciamo loro sì mal viso, che chiaramente s'avvegghino che tali lodi non si siano dentro grate. E se così faremo, sempre la nostra 

mente sarà chiara e pacifica; e per questo modo saremo pervenuti al terzo grado della pace. 

Alla quale, se noi perfettamente c'ingegneremo di pervenire, ingegnandoci di fare il bene con purità e semplicità di cuore, senza nulla duplicità o malizia, ad onore di Dio, perverremo per essa alla vera pace di vita eterna. 

   Ora bisogna cercare il quarto del quale dice il profeta, ciò è: «E persevera in essa». 

SAN ANTONINO

Nessun commento:

Posta un commento