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venerdì 11 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


TUTTI IN PARADISO 

Scopo unico della nostra vita terrena è quello di giungere nella patria celeste. Siamo Stati creati per il Paradiso, dove saremo felici in Dio. Dio solo può renderci felici nella sua visione, nel suo amore, nel possesso di Lui, né è possibile una vera felicità lontano da Dio. Chi non si salva si danna. Non vi è via di mezzo. O eternamente beati con [57] Dio nei gaudi del Cielo, oppure eternamente infelici, lungi da Lui, nelle fiamme infernali.  

La salvezza dell'anima ci deve premere moltissimo. In paragone a questo, tutto passa in seconda linea. Che giova all'uomo se conquista anche il mondo intero e perde poi la sua anima? Ognuno deve fare perciò quanto sta nelle proprie forze per salvarla e conservarsi sulla via buona, che conduce al cielo.  

I martiri, per salvare l'anima, hanno sparso il sangue e data la vita; gli eremiti si sono ritirati nel deserto per condurre colà una vita molto austera e ricca di penitenze; gli Apostoli e i messi evangelici, i missionari, hanno fatto all'uopo lunghissimi viaggi e sopportato indicibili fatiche; valga tra tutti il primo e più grande tra i missionari, San Paolo, il quale può dire che per salvare la propria anima e concorrere alla salvezza delle anime altrui, ha sofferto moltissimo: «Da più nelle fatiche, da più nelle prigionie, molto più nelle battiture ricevute, e spesse volte in rischio di morte. Dai Giudei ben cinque volte ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte fui battuto colle verghe; una volta fui lapidato; tre volte naufragai; una notte e un giorno passai nell'abisso. In viaggi [58] sono stato più volte in pericoli di fiumi, in pericoli di pirati, in pericoli da parte della mia schiatta, in pericoli da parte dei gentili; pericoli in città, e nel deserto, e sul mare; pericoli tra i falsi fratelli; in fatiche e pene, nelle veglie tante volte, nella fame e nella sete, nei frequenti digiuni, nel freddo e nella nudità» (2Cor. XI, 33-37). Che cosa non hanno fatto, per salvare l'anima, tanti e tanti servi e serve di Dio: S. Luigi Gonzaga che rinunzia al trono; S. Casimiro, figlio del re di Polonia, che preferisce la morte ad un solo peccato; S. Lodovico, re di Francia, che porta sotto il manto regale il cilicio; S. Francesco d'Assisi, diventato povero per amore di Gesù; il Beato Jacopone da Todi pazzo di amore? E noi non faremo quanto sta nelle nostre forze, per garantirci nel cielo quel posto che Dio ha destinato ad ognuno di noi e giungere a vera santità, come lo vuole Gesù, che ci raccomanda: Siate santi come è santo il Padre vostro che è nei cieli? Non dobbiamo attendere e dire: farò qualche cosa quando mi troverò sul letto di morte. La morte viene spesso improvvisa; può venire improvvisamente anche a me o a te; io non so se vivrò, finché questo libro giungerà nelle tue mani, e tu non sai [59] se arriverai a leggere questa pagina fino al fondo.  

Guai a noi se non fossimo preparati alla morte e questa ci sorprendesse in istato di peccato!  

Ma forse non verremo colpiti dalla morte improvvisa; chi ci dice, però, che Dio ci darà, nei nostri anni senili, se pur arriveremo alla vecchiaia, la grazia di convertirci; se ce la concederà nella nostra ultima malattia, se ce la darà in punto di morte? La conversione non dipende da noi ma dalla grazia di Dio, e Dio non è obbligato a concedercela quando la vogliamo noi, ma ce la concede quando vuole Lui. Chi respinge la grazia quando il Signore gliela offre, e la vuole quando piace a lui; chi pecca e non provvede subito alla sua anima, ma procrastina la propria conversione fino agli ultimi anni, agli ultimi giorni della propria carriera mortale, commette uno di quei peccati contro lo Spirito Santo che non vengono perdonati né in questa né nell'altra vita. Di questi disgraziati si può dire quanto la Scrittura dice di Faraone. Il Signore cercò con nove piaghe di piegare il monarca borioso, e di condurlo a resipiscenza, ma Faraone fece il sordo alla divina chiamata. Finalmente Dio gli rifiutò [60] grazie ulteriori, e s'indurì il cuore del cattivo sovrano.  

Due ladri furono appesi sulla croce con Gesù e furono testimoni della grande tragedia del Calvario. Uno si convertì e l'altro morì impenitente. Uno si convertì, perché tu non disperi: anche se i tuoi peccati fossero senza numero e di una malizia senza fine, sei sempre in tempo di convertirti. Uno morì impenitente, perché tu non presuma e non dica: Mi convertirò quando sarò vecchio, quando piacerà a me.  

Dobbiamo provvedere subito alla salvezza dell'anima. Dobbiamo metterci con una buona confessione in istato di grazia, se ancora non lo siamo; la confessione sia generale, se dubitiamo prudentemente del valore delle altre confessioni; dobbiamo cibare la nostra anima delle immacolate carni del Signore; evitare con cura il peccato, fare buoni propositi e mantenerli, evitare le occasioni prossime di peccato ed esercitarci nelle virtù.  

Non dobbiamo rimanere neppure un minuto nello stato di peccato; ma se, per disgrazia, dovessimo macchiarci di qualche colpa, dobbiamo annullarla colla contrizione perfetta, che monda l'anima e le ridona l'innocenza, pur rimanendo l'obbligo di [61] confessare, nella prossima volta, i peccati così rimessi, e rimanendo pure la proibizione di ricevere la santa Comunione senza aver prima confessato la colpa mortale, annullata colla contrizione.  

Pure anche la persona più attenta e cauta nella propria vita spirituale non sarà mai libera da dubbi e da timori riguardo allo stato della propria coscienza, e più di una volta le si affaccerà il dubbio: mi salverò?  

Il dolce Cuore di Gesù ci ha assicurato con una Grande Promessa la penitenza finale, la morte nel suo santo bacio e la salvezza dell'anima, se faremo la pratica dei nove primi Venerdì del mese. Chi non si assicurerà così la grazia santificante in vita, una buona morte e la gloria nell'al di là?  

E' così poco ed è pur tanto che chiede Gesù. Poco riguardo alla fatica che chiede da noi, molto riguardo al valore reale di ciò che chiede. E' come se un signore dicesse ad un negro dell'Africa meridionale il cui campo è disseminato di diamanti di ogni grandezza: «Regalami nove bei diamanti». Il negro non dovrebbe fare altro che chinarsi per prenderli e la sua fatica sarebbe ben poca; pure egli darebbe a quel signore gemme di un valore inestimabile.  

Allo stesso modo Gesù chiede da noi una [62] cosa che a noi costa poca fatica, ma che è pure la più grande e più nobile che l'uomo possa fare, un'azione più gradita a Dio dell'offerta più cospicua di oro e di gemme: nove sante Comunioni; vuole venire ricevuto da noi nove volte, nel primo venerdì di nove mesi, in nove giorni particolarmente consacrati al culto del suo Cuore divino.  

Gesù chiede una cosa estremamente gradita a Lui ma anche estremamente gradita a noi: di aprirgli il cuore e di riceverlo in quello; di prendere parte a quel grande banchetto «nel quale si riceve Cristo, si ricorda la sua Passione, la mente si riempie di grazie e a noi si dà un pegno della futura gloria»; al grande banchetto celeste pieno di dolcezze e di soavità divine.  

Chi si rifiuterà di fare la pia pratica dei nove primi venerdì di ogni mese e di mettere così al sicuro la propria anima?  

Chi non ha fatto ancora questa pia pratica la faccia subito; chi l'ha già fatta la ripeta, ma, intendiamoci: sono necessarie nove comunioni ben fatte; fatte dunque per amore di Gesù e col desiderio di andare in Paradiso, per vivere con Gesù per tutta l'eternità nella visione del Padre e dello Spirito Santo, che formano col Verbo umanato il solo, vero, unico Dio. [63]  

mercoledì 9 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


ALCUNI ESEMPI 

Perché crediamo nella presenza reale del Corpo e del Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo sotto le specie eucaristiche? Soltanto perché Gesù ce lo ha rivelato. Ci conforta però il sapere, che il Redentore divino si è degnato di fare molti miracoli eucaristici in Italia e all'estero. Questi miracoli non creano la fede nell'Eucaristia; non crediamo perché sono avvenuti questi miracoli, crederemmo egualmente senza di loro, come credettero gli Apostoli e i primi cristiani; pure essi fortificano la nostra fede, e giovano moltissimo per condurre gli erranti e dubbiosi alla divina Eucaristia.  

[44] Allo stesso modo Noi crediamo nella Grande Promessa, perché l'amabilissimo Signore la fece alla sua serva, Santa Margherita Maria Alacoque, e perché il Pontefice Benedetto XV la riconobbe autentica; né dubitiamo che Gesù la manterrà, perché Egli è fedele e mantiene sempre le sue promesse. Pure godiamo delle molte prove che Gesù ha dato di mantenere la Grande Promessa e delle molte grazie e dei molti favori spirituali che Egli ha concesso ai devoti del suo Cuore adorabile; grazie e favori che ci assicurano che Egli manterrà anche verso di noi la Grande Promessa, se gli offriremo le nove Comunioni.

Ecco alcuni di questi prodigi, pochissimi, raccolti tra i molti registrati in numerosi libri e riviste.   

Il massone Gian Battista Ferrari di Ventimiglia era stato da giovanetto molto pio; educato dai Gesuiti nel loro celebre Collegio di Monaco (Principato), aveva fatto più volte con grande devozione la pia pratica dei nove primi Venerdì del mese.  

Uscito dal collegio passò al Liceo di San Remo, dove si lasciò adescare da cattivi compagni, abbandonò la Chiesa, non frequentò più i Sacramenti. Si ascrisse, negli anni di Università, alla massoneria. Combatté i [45] principi religiosi, pur non potendosi liberare da continui, persistenti rimorsi di coscienza.  

Rimase ostile alla Chiesa fino a trentatré anni; fu allora, nel 1905, che la grazia riportò il primo trionfo sul suo cuore; egli fece la confessione generale al Vescovo di Ventimiglia e uscì dalla massoneria. Tre anni più tardi, il 6 maggio 1908, mentre difendeva alla Corte d'Assise un imputato, ebbe un primo sbocco di sangue. Lo portarono in un sanatorio, dove dette mirabili esempi di rassegnazione e di pazienza. Pregava continuamente il S. Cuore di Gesù, ed accettava, quelle pene, quei dolori, in sconto dei suoi peccati e per riparare in qualche modo, col buon esempio, per tutto il male che aveva fatto.   

Morì il 14 aprile 1909, a soli 34 anni, nella natia Ventimiglia, colle immagini dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria tra le mani.  

Il Cuor di Gesù aveva mantenuto così la sua Grande Promessa.   

Riprende la conoscenza e la parola per poter ricevere gli ultimi Sacramenti. - Il signor Giovanni Maiorana, Marchese di Leomaga, colpito da emorragia cerebrale; era agonizzante nella sua abitazione in Palermo. La famiglia, che era consacrata al Sacro [46] Cuore, pregava e lacrimava, addolorata sopra tutto per la impossibilità di far ricevere all'infermo i santi Sacramenti.  

Ma il Cuor di Gesù mantiene la su promessa. Una zelatrice, entrata il 13 febbraio 1928 nella stanza dell'infermo, gli presentò un quadro del S. Cuore, gli disse ad alta voce: «Ecco il Cuore di Gesù!» ed incominciò a recitare la preghiera degli ascritti all'Apostolato.  

Appena terminata la recita dell'Offerta quotidiana si notò, qualche cosa d'insolito nel morente: i suoi occhi incominciarono a versare copiose lacrime e il suo volto si rasserenò. I cuori dei congiunti si animarono a sperare e furono intensificate le preghiere, per ottenere dal divin Cuore la grazia di far riacquistare all'infermo la conoscenza e la parola, almeno per il tempo necessario per ricevere i santi Sacramenti.  

Verso sera il Canonico Gioacchino Bibbia gli amministrò l'Estrema Unzione, e poco dopo l'infermo cominciò a parlare, e fece tali progressi, che l'indomani lo stesso canonico lo poté confessare e amministrargli la santa Comunione sotto forma di Viatico. Dopò di aver ricevuto la sacra Particola il morente si assopì di nuovo, come prima. Visse ancora sette giorni, senza poter [47] proferire parola alcuna; ma dal suo volto traspariva, con consolazione di tutti, la tranquillità della sua anima. Rese il suo spirito a Dio il 21 febbraio 1928, lasciò a tutti colla sua morte il soave ricordo della misericordiosa bontà del S. Cuore di Gesù.  

Date fiori a Gesù . - L'ingegnere Ettore Sarrocci, di Barbara (Ancona), straziato da parecchio tempo da un male terribile, che lo conduceva inesorabilmente al sepolcro, aveva perduto da anni la fede della sua infanzia e parlava di suicidarsi, per mettere fine alle sue sofferenze. Si pregò molto il Sacro Cuore di Gesù; finalmente, commosso da un sogno della nipote, che aveva veduto Santa Teresina del Bambin Gesù, la quale le aveva assicurata la salvezza dell'anima dello zio, risolutamente accettò di ricevere i santi Sacramenti e aggiunse che nulla voleva fare di nascosto; anzi, desiderava che Gesù Sacramento entrasse trionfalmente in casa sua.  

Questo avveniva il 20 luglio 1928. Fu subito chiamato telegraficamente il P. Luigi Rinaldi della Compagnia di Gesù, che immediatamente accorse, confessò l'infermo e gli portò il Viatico in forma solenne, prendendovi parte tutta la cittadinanza, edificata e profondamente commossa. Visse ancora 25 giorni, ricevette tre volte ancora, con rinnovato [48] fervore, Gesù sotto le eucaristiche specie, e l'ultima volta che lo ricevette esclamò: Fiori, date fiori a Gesù Sacramentato!  

Morì interamente conquistato alla grazia, confortato dalla benedizione papale; un grande graziato dal Cuore di Gesù.  

Oh sì, tanto volentieri ! - Teresa Golia ­Cappello di Verona, aveva fatto con tutta la famiglia più volte la pratica dei primi nove venerdì del mese. Il Sacro cuore di Gesù le fece la prima grazia concedendole la consolazione di assistere alla prima Messa di suo figlio Giuseppe, gesuita.  

Durante la guerra, schiacciata dalla fatica e accasciata da pensieri e affanni per i figli che aveva sotto le armi, venne colpita da una grave spinite, che le tolse la conoscenza, facendola passare di delirio in delirio. I membri della sua famiglia erano addoloratissimi al pensiero che la buona donna sarebbe morta senza ricevere i santi sacramenti. Si rivolsero perciò al Cuore di Gesù, ricordandogli la sua grande promessa; e il terzo giorno di un triduo di preghiere, fatto con questa intenzione, nella vigilia della festa del Sacro Cuore di Gesù del 1916, il sacerdote che l'assisteva chiedendole se desiderasse confessarsi, ebbe con generale sorpresa la risposta: «Oh! sì, tanto volentieri!».  

[49] Da quell'istante ritornò pienamente in sé, contro ogni umana speranza; ricevette con piena lucidità di mente quella sera il Viatico e l'indomani festa del Sacro Cuore, di nuovo la santa Comunione. Chiese a Gesù come specialissima grazia di poter morire in quel giorno, consacrato al suo Cuore adorabile, e Gesù la esaudì. Trovandosi circondata, in quel giorno, dai suoi cari, alzò gli occhi al cielo, e mentre le sue labbra, movendosi lievemente, recitavano un'ultima preghiera, Gesù la chiamava a sé.  

Ritorna subito ! - Giuseppina Vasile, di Bivonal (Agrigento), si recò il 15 gennaio 1929 in una bella giornata, in una sua piccola tenuta, non molto lontana dall'abitato. Verso le undici, mentre il cielo era sereno, sentì una voce che le diceva: «Ritorna subito a casa tua!». Girati gli occhi non vide nessuno e ritenendo che quella fosse un'allucinazione continuò a raccogliere le ortaglie; ma la voce facendosi sentire con insistenza, finì per ritornare nella borgata.  

Appena entrata nella casetta, si scatenò un temporale fortissimo accompagnato da scariche elettriche. «Ora comprendo l'origine di quella voce. Era il Cuore di Gesù che mi voleva salva», disse la Vasile. E fu salvata veramente dal S. Cuore, perché, durante [50] quell'uragano: un fulmine schiantò l’ulivo sotto il quale la donna ordinariamente sostava per riposarsi e deponeva le ortaglie che aveva raccolto, e si sarebbe certo rifugiata se l'uragano l'avesse colta all'aperto. Quando vide l'albero schiantato comprese la fine che avrebbe fatto, se il S. Cuore non fosse intervenuto.  

La Vasile stava compiendo allora la devota pratica dei primi nove venerdì del mese. Aveva già fatte otto Comunioni; e fece il primo venerdì di febbraio la nona ed ultima con un senso speciale di pietà e riconoscenza verso il divin Cuore di Gesù, che l'aveva [51] scampata dalla morte per darle occasione di compiere la pia pratica e garantirsi il Paradiso.  

Cecchino . - Nel novembre del 1926 moriva in una città delle Marche (così il Messaggero del S. Cuore del novembre 1928) il giovanetto F. Z. chiamato Cecchino. La sua morte serena e tranquilla mostrò come muoiono santamente coloro, che hanno compiuta la pia pratica dei nove primi venerdì.  

Cecchino era un caro fanciullo. Era ascritto nell' Apostolato della Preghiera e recitava tutti i giorni l'Offerta quotidiana. Quando sentì parlare della Grande Promessa del S. Cuore volle subito praticarla, per assicurarsi la bella grazia di non morire senza i santi Sacramenti. Aveva poi così bene compreso lo spirito di questa pia pratica, che dopo di aver finita la prima serie di Comunioni ne aveva incominciata subito un'altra; ma una malattia venne a interrompere questo novello turno.  

Dopo due mesi di malattia il medico ritenne che il ragazzo corresse il rischio di venir colpito da meningite. La terribile malattia facendo perdere la conoscenza ed essendo generalmente mortale, occorreva dare al ragazzo quanto prima i conforti religiosi. I parenti, afflittissimi per lo stato del [52] piccolo ammalato, non osarono chiamare sacerdote al suo capezzale e temporeggiarono, per il solito sciocco timore di spaventar l'infermo, consigliandolo a ricevere i santi Sacramenti.  

Una zelatrice del S. Cuore, visitando il caro fanciullo, gli suggerì più volte di ricevere Gesù nella S. Comunione, assicurandolo che il Medico divino ne avrebbe alleggerito i dolori; ma Cecchino, ignaro della gravità del suo stato, rispondeva invariabilmente: «Sì, sì, lo farò, ma quando mi sentirò meglio. Ora soffro troppo».  

«Non c'è che fare. Bisogna che intervenga il Sacro Cuore», disse la buona zelatrice, e senz'altro si rivolse a Lui, pregandolo di manifestare anche in questo caso come sia fedele nel mantenere le sue promesse. Né la grazia si fece attendere.  

L'ammalato ricordò improvvisamente i primi venerdì del mese, quando si recava in chiesa e riceveva con tanto fervore Gesù; sentì vivo dispiacere di non poterlo ricevere ora, perché inchiodato al suo letto; ricordò però che quando non possiamo andare da Gesù, Gesù è così buono di venire da noi, purché lo domandiamo, e chiese spontaneamente il santo Viatico.  

La visita di Gesù lo consolò molto, e per [53] meglio santificare gli ultimi giorni della sua vita offrì al Cuore di Gesù i suoi patimenti secondo l'intenzione del mese, che era quella di pregare perché il clero indigeno crescesse di numero, e pregò Gesù di concedere la vocazione sacerdotale a qualche moretto.  

Con questo ideale nobilissimo, veramente apostolico, che gl'irradiava la mente, passò gli ultimi giorni della sua vita; e dopo di aver ricevuta l'Estrema Unzione, assistito fino all'ultimo dal sacerdote, volò al cielo.  

La sua bella morte ci prova quanto sia grata a Gesù la pia pratica dei nove primi venerdì.  

Trionfo completo . - A Roma (così riporta il Messaggero del S. Cuore del 1° gennaio. 1932) un uomo ancora, giovane lottava colla morte in una corsia di ospedale: La malattia faceva rapidi progressi e il malato rifiutava i conforti religiosi. Lo venne a sapere una zelatrice e giacché lo conosceva corse al suo capezzale, lo confortò, lo incoraggiò, e gli disse con dolcezza: «Ti ricordi quando ogni primo venerdì del mese per nove mesi continui facevi la S. Comunione; ed ora»?. Ma non poté continuare, perché in quel momento era entrata una donna ... e si avanzava verso il letto dell'infermo. La zelatrice [54] corse da lei, la condusse in disparte e la giurò di lasciare morire l'infermo in pace. Le sue parole dolci e forti nel medesimo tempo, fecero una profonda impressione sul cuore di quella disgraziata, che rivolse un ultimo sguardo all'infermo e si allontanò.  

La zelatrice sapeva che il giovane era ammogliato, ma la sua povera moglie trovandosi nel manicomio egli si era lasciato trascinare da un altro affetto. La grazia non si fece attendere: l'infermo chiese l'indomani i santi Sacramenti e spirò dopo una settimana serenamente, confortato dal dolce Cuore di Gesù, che aveva mantenuto così la Grande Promessa; ed anche la donna, alla quale egli si era illecitamente unito, ritornò al Signore e diventò una cristiana fervente.  

Erano quarant'anni . - Il Messaggero del luglio 1926 ha da Verona: «Incontravo spesso alla Messa, anche durante la settimana, un mio caro amico, e sapevo pure che era molto lontano dai Sacramenti. Un giorno venne da me a raccomandarsi per avere un posto. L'occasione era propizia, e lo invitai ad un corso di ritiri operai a San Floriano. «Verrò, mi disse, ma prima devi trovarmi un posto». - «Non si può, soggiunse, né si deve ricattare il buon Dio in questo modo». Passarono alcuni mesi, ma per quanto [55] ritornassi alla carica per ritiri operai, tutto era inutile.  

Incontratolo alla metà di marzo u. s. gli chiesi se aveva letto il fogliettino «La Grande Promessa», che gli avevo donato qualche giorno prima. Alla sua risposta affermativa gli dissi: «Il prossimo 3 aprile scade per me il nono venerdì». «E per me sarà il primo», rispose. Feci una smorfia perché mi sembrava una cosa troppo straordinaria. Ma il fatto dimostrò che il Cuor di Gesù aveva già concesso la grazia.  

Il 3 aprile, alle ore 9, l'amico mi aspettava a casa mia per venire alla chiesa del Cimitero, [56] luogo favorito per le grandi risoluzioni, e alle 10,30 tutto era fatto con immensa gioia dell'amico, che abbracciandomi commosso mi disse: «Ti prometto, sai, che mi comunicherò a V. anche negli otto prossimi primo venerdì del mese». «Come a V.? ». «Mi ci reco perché il S. Cuore di Gesù mi ha trovato un buon posto colà. Ed ora indovina quanti anni sono passati da che non mi confessavo». «Dieci!». «Di più», «Venti? ». «Il doppio. Quaranta: cioè quattro anni prima del mio matrimonio».  

La grazia, fatta a quest'anima nel primo dei nove venerdì santificati in onore del S. Cuore è davvero meravigliosa. 

domenica 6 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


IN CHE CONSISTE LA GRANDE PROMESSA 

La promessa . - Il Redentore divino promette a chi si comunicherà nei nove primi Venerdì del mese:  

1) La grazia della penitenza finale; cioè di annullare prima della morte colla penitenza i propri peccati e perciò di salvarsi l'anima, ché questo è il significato della parola «penitenza finale».  

2) Che non moriranno nella sua disgrazia; dunque che moriranno nella sua grazia, e [34] chi muore nella grazia di Dio certamente si salva.  

3) Che non moriranno senza: ricevere i santi Sacramenti, naturalmente quando questi fossero necessari. Non è escluso perciò che chi ha fatto i nove primi Venerdì del mese muoia di morte improvvisa. In tal caso egli era preparato alla morte ed in istato di grazia, oppure Gesù provvide che il colpito cancellasse col dolore i propri peccati.  

4) Che il suo Cuore divino sarebbe stato il loro sicuro asilo negli ultimi momenti della loro vita.  

Promesse meravigliose, e che Gesù motiva, perché gli uomini, trovandole troppo grandi, non si rifiutassero di prestare loro fede. E' per la sua eccessiva misericordia, che Egli si è degnato di fare questa promessa, che è dovuta al suo amore onnipotente. Si noti l'aggettivo onnipotente: l'uomo che ama non può molte volte dare ciò che vorrebbe alla persona amata; non così Gesù, il cui amore è onnipotente; Egli può dare alle anime che ama tutto ciò che vuole loro dare. Per eccesso di misericordia e di amore Egli vuole concedere loro la grazia della penitenza finale e la sua onnipotenza rende possibile l'attuazione della sua divina volontà; perché infinitamente misericordioso fa la [35] Grande Promessa e vuole mantenerla, perché onnipotente può mantenerla, e perché fedele la mantiene.  

Chi ha fatto quanto Gesù chiede nella Grande Promessa ha la certezza morale di fare una buona morte e di salvare l'anima.  

Le condizioni . - Il Signore le ha poste proprio Lui; non possono dunque venir mutate da nessuno, e devono venir poste come Egli le vuole. Il Signore chiede:  

1) Nove Comunioni, da farsi per nove mesi consecutivi nel primo Venerdì di ogni mese. Non si chiedono anche nove confessioni; bastano, per chi è in stato di grazia, nove Comunioni; queste non si possono trasportare in altri giorni, per esempio al sabato, alla domenica, né stabilmente, né in determinato caso; i nove primi venerdì devono essere consecutivi; una interruzione dovuta magari a smemoratezza o a forza maggiore, viaggio in alto mare ecc., obbligherebbe a incominciare di nuovo. Non si ammette che una sola eccezione: quando il primo venerdì del mese è il Venerdì santo, giorno nel quale la S. Comunione è proibita da Gesù stesso, per il tramite della Chiesa, a tutti, all'infuori del sacerdote celebrante e sotto forma di viatico. In questo unico [36] caso le Comunioni volute dal Signore si fanno in dieci invece che in nove mesi. Ne sarebbe eccettuato il solo celebrante che si comunica nel Venerdì Santo, se ha incominciato la pia pratica dei primi nove Venerdì. Egli dovrebbe applicare all'uopo anche la Comunione del Venerdì santo.  

Se qualcuno dunque, per un motivo qualsiasi, dimenticasse la Comunione di un primo Venerdì del mese, durante le nove Comunioni, dovrebbe incominciare da capo, perché le parole del Redentore divino sono tassative: nove sante Comunioni in nove primi venerdì del mese. Gesù non fa nessuna eccezione, non la dobbiamo fare neppur noi.  

Allo stesso modo, se qualcuno venisse in chiesa coll'intenzione di fare b santa Comunione e non trovasse occasione di confessarsi, o perché non c'è nessun sacerdote al confessionale, oppure perché vi sono molti penitenti e non può confessarsi, oppure non trovasse nessun sacerdote che gli amministri la Comunione, deve incominciare di nuovo la serie interrotta. Le persone che hanno bisogno di confessarsi, sanno che al mattino vi saranno molti penitenti e non possono aspettare a lungo, badino di confessarsi possibilmente la sera innanzi o di recarsi molto per [37] tempo in chiesa, in modo da poter essere tra i primi al confessionale.  

Né si dica che quella persona aveva il desiderio di confessarsi; il desiderio non è l'azione. Per lucrare l'indulgenza del giubileo dell'Anno Santo fa d'uopo recarsi a Roma e visitare colà le chiese prescritte; chi avesse da struggersi del desiderio di visitarle, ma per un motivo qualsiasi non potesse andare a Roma, non lucrerebbe l'indulgenza; allo stesso modo dicasi di chi voleva ricevere la Comunione, ma non poté per un motivo magari neppur dipendente da lui. Dicasi allo stesso modo di chi fosse ammalato il primo Venerdì del mese e non volesse ricevere la Comunione a letto o non trovasse un sacerdote volonteroso di portagliela.  

2) Le nove Comunioni devono essere fatte in istato di grazia, perché soltanto così viene onorato il Cuore adorabile del Redentore, mentre la Comunione sacrilega è il maggior oltraggio che si possa recare al Cuore di Gesù e il maggior peccato. Anche una sola Comunione sacrilega tra le nove renderebbe nulla la pia pratica e il fedele non avrebbe fatto quanto chiede il Cuore di Gesù.  

3) Le nove Comunioni devono essere fatte coll'intenzione di lucrare i vantaggi della [38] Grande Promessa. È buona cosa rinnovare l'intenzione esplicita ad ogni Comunione che si fa; ma basta destarla una volta, prima della prima Comunione, ed estenderla a tutte le nove Comunioni. Quest'ultima intenzione esplicita vale per tutta la seria di Comunioni, anche se non viene ripetuta, purché non venga ritirata, oppure si riceva una delle nove Comunioni con un'altra intenzione.  

Obiezioni e difficoltà . - 1) Che dire di una persona la quale facesse le nove Comunioni non solo coll'intenzione di garantire la salvezza della propria anima, ma anche di poter poi usare minor attenzione nella propria vita spirituale, di poter peccare magari mortalmente, avendo la certezza morale di giungere a salvezza?  

Se la persona aveva l'intenzione di fare le nove Comunioni per poter peccare poi venialmente o mortalmente, senza preoccupazioni o timori di spirito, perché certa della salvezza, ha presunto temerariamente della divina misericordia; ha fatto Comunioni sacrileghe; ha voluto approfittare della grazia di Dio per un ignobile motivo, e non ha impegnato il Signore a mantenere la sua promessa. Ma anche chi facesse le Comunioni per essere meno disturbato nella propria vita spirituale, per avere minor bisogno di [39] usare tutte quelle cautele che si richiedono per condurre una vita cristiana, non avrebbe fatto bene le nove comunioni e non parrebbe certo che Gesù abbia da mantenere la sua Grande Promessa.  

2) Come possiamo esser certi che le nostre Comunioni sono ben fatte?  

Una certezza assoluta là possiamo avere soltanto per rivelazione; ma non è questa certezza che si richiede: basta la certezza morale, che si ha quando si cerca di fare bene la Comunione, con purità di coscienza, ottenuta nel lavacro di penitenza, e con quella devozione del cuore che si può destare in un determinato istante della propria vita spirituale. Chi non tace nella confessione maliziosamente nessun peccato, desta il dolore e riceve meglio che può Gesù, ha fatto quanto sta nelle proprie forze per comunicarsi bene, e può starsene tranquillo. Non si richiedono delle Comunioni speciali; bastano le solite buone Comunioni che un'anima che crede e ama certo sa fare e fa.  

3) Se qualcuno, dopo di aver fatto le nove Comunioni, diventasse cattivo e magari si allontanasse dalla fede e da Dio, Gesù manterrebbe la Grande Promessa?  

Possiamo fare due casi. Il primo, che un tale dicesse: Ho fatto bene le mie nove [40] Comunioni e ho perciò la certezza di salvarmi; perciò voglio peccare allegramente: già so che mi salvo. Costui commetterebbe un peccato di presunzione, uno di quei peccati contro lo Spirito Santo, che non vengono rimessi né in questa né nell'altra vita, e non è a questi che il Signore ha fatto la Grande Promessa, la quale, se fosse stata fatta davvero anche a questi, piuttosto che sprone al bene sarebbe occasione e sprone a delinquere. Se invece qualcuno, senza speculare sulla divina misericordia e sulle nove Comunioni già fatte, dovesse traviare e cadere anche molto in basso, avesse magari da apostatare, egli pure sarebbe partecipe della divina promessa, dalla quale il Signore non ha escluso nessuno; per eccesso di misericordia l'amore onnipotente di Gesù non l'abbandonerebbe, la grazia farebbe dolce violenza al suo cuore, questo disgraziato riceverebbe il dono del pentimento finale, e morirebbe riconciliato con Dio.  

Non dobbiamo meravigliarci di questo eccesso di amore: quel Gesù che perdonò al ladrone prossimo a morire, lo canonizzò assicurandogli l'eterna salvezza, e lo volle primo frutto della sua redenzione e suo compagno nella discesa al limbo, non userà, nell'eccesso del suo amore, misericordia a chi lo ha amato, [41] lo ha ricevuto nove volte degnamente nel proprio cuore e fu, un tempo, tanto sollecito della salvezza della propria anima da aver voluto essere partecipe della divina promessa?  

4) Una causa sì esigua: nove Comunioni, può produrre un effetto così sorprendente, e garantire la vita senza fine?  

Non è vero che la causa sia da poco; essa è la più grande nell'ordine della grazia: l'eccesso cioè della misericordia di Gesù e l'onnipotenza del suo amore; abbiamo poi nove Comunioni, nove intime unioni dell'anima a Gesù; e chi sa quale sia il valore di una sola Comunione non si meraviglierà che Gesù abbia chiesto nove Comunioni, cioè il maggior tributo e il più profondo omaggio che la creatura gli possa offrire. Si possono pure applicare alle anime del Purgatorio le indulgenze che si lucrano facendo la S. Comunione e specialmente la plenaria, che è concessa a chi nel primo venerdì del mese medita alquanto, prima o dopo la Comunione, l'infinita bontà del Sacro Cuore di Gesù e prega secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. (S. C. delle Indulg., 7 sett. 1897).  

È consigliabile di ripetere spesso questa pia pratica; i sacerdoti devoti del S. Cuore, [42] e i fedeli che si comunicano tutti i giorni, appena finita una serie di Comunioni ne incomincino un'altra; chi fa la S. Comunione tutti i primi venerdì del mese, offra tutte queste Comunioni per assicurarsi la divina Promessa e perché, se la prima novena non fosse ben riuscita, riesca almeno la seconda od una delle seguenti. Chi poi non fa la Comunione tutti i primi venerdì del mese ripeta almeno una volta le nove Comunioni.  

Ma questo non è un comando; è soltanto un consiglio.  

Norme pratiche . - Chi si comunica tutti i giorni: i sacerdoti che celebrano ogni giorno ed i fedeli che vanno tutti i giorni o almeno assai di frequente alla santa Comunione, adempiono le condizioni poste dal Sacro Cuore colla solita Comunione quotidiana e frequente, e i sacerdoti colla celebrazione della Santa Messa.  

Non occorre che il sacerdote applichi la Messa in onore del Cuore di Gesù; egli può prendere lo stipendio ed applicare per chi vuole, purché faccia la S. Comunione anche per assicurarsi la Grande Promessa; allo stesso modo i fedeli possono applicare la S. Comunione per chi credono, purché vi sia l'intenzione di onorare il Cuore divino di [43] Gesù, in conformità della Grande Promessa. Basta anche una sola serie di nove Comunioni, per aver diritto alla grazia della penitenza finale; diritto non per i nostri meriti, che non ne abbiamo, o perché noi possiamo costringere il Signore a concederci il premio del nostro operato; ma perché Gesù dolce si è legato a noi con questa promessa, ed è Lui stesso divinamente fedele, che vuole mantenere con fedeltà ciò che ci ha promesso con regale generosità. 


sabato 5 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


LA GRANDE PROMESSA 

In una delle primissime apparizioni, il Signore promise all'apostola del suo Cuore «di spargere abbondantemente su tutti coloro che l'onoreranno i tesori di grazie, dei quali il suo Cuore è ricolmo ».  

Nelle molte altre rivelazioni il Signore specificò le grazie e i doni che avrebbe concesso ai devoti del suo Cuore adorabile. La pietà dei fedeli le ridusse a dodici, che sono le principali e alle quali fanno capo le altre; promesse, che il Signore certo mantiene; grazie che certamente concede, perché Dio è sommamente fedele e non può venir meno alle sue promesse.  

1. Concederò loro (ai miei devoti) tutte le grazie necessarie al loro stato.  

2.Metterò la pace nelle loro famiglie.  

3. Li consolerò in tutte le loro afflizioni.  

4. Sarò loro rifugio in vita e specialmente in morte.  

5. Spargerò copiose benedizioni sopra tutte le loro imprese.  

6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l'oceano della misericordia. [30] 

7. I tiepidi diventeranno fervorosi.  

8. I fervorosi saliranno presto a grande perfezione.  

9. Benedirò i luoghi ove sarà esposta ed onorata l'immagine del mio Cuore.  

10. Darò ai sacerdoti la forza per smuovere i cuori più induriti.  

11. Le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, donde non verrà cancellato mai.  

    Quanto è buono Gesù, che promette grazie così numerose, preziose ed abbondanti a chi è devoto del suo Cuore adorabile, e quanto vivo e intenso non dovrebbe essere il nostro desiderio di riceverle; e per riceverle basta contraccambiare con amore Gesù, che tanto ci ha amato, propagare il culto del suo sacratissimo Cuore, e tenere esposta nella propria casa la sua immagine, onorandola, ciò che purtroppo molti non fanno.  

A queste undici promesse va aggiunta l'ultima, la più meravigliosa, la cosiddetta «Grande Promessa ».  

Ecco che cosa scrive la Santa. Il manoscritto è conservato gelosamente nel Convento della Visitazione a Paray le Monial: «Un venerdì, dopo la santa Comunione, [31] Gesù disse, se non erro 5 , queste parole all'indegna sua schiava. Ti prometto, nell'eccessiva misericordia del mio Cuore, che il suo amore onnipotente accorderà a tutti coloro che si comunicheranno il primo venerdì di ogni mese, per nove mesi consecutivamente, la grazia della penitenza finale; essi non morranno nella mia disgrazia, né senza ricevere i santi Sacramenti, ed il mio Cuore sarà il loro sicuro asilo in quegli ultimi momenti».  

Possiamo essere ben certi che questa promessa sia stata fatta realmente da Nostro Signor Gesù Cristo a Santa Margherita Maria Alacoque, e proprio in questi termini e non in altri. Le prove in favore della sua autenticità sono molte. Questa promessa venne esaminata rigorosamente dalla Chiesa ed approvata, e il Romano Pontefice Benedetto XV la riporta per intero nella bolla di canonizzazione di S. Margherita Maria Alacoque facendo notare che «queste appunto furono le parole, che il Signore rivolse alla sua serva fedele».  

La Chiesa non ha definito l'autenticità della Grande Promessa, ma ci ha dato, colla sua autorità, la maggior garanzia che [32] essa sia stata fatta dallo stesso Gesù, e che sia perciò una promessa divina, a cui cioè il Redentore non viene meno.  

V'è chi si meraviglia che questa promessa sia rimasta ignota fino al 1869, quando appena il P. Franuori incominciò a difenderla. Nessun motivo di meravigliarsene: la promessa fu fatta davvero a Santa Margherita Maria, come ce lo attesta lo scritto di suo proprio pugno; ma il Signore, che pur ha rivelato alla sua serva tutto ciò che riguarda il culto del suo Cuore divino, volle che le singole parti, che concorrono a dare forma concreta a questo culto, si sviluppassero e prendessero consistenza nel corso degli anni: le rivelazioni vennero fatte dal 1673 al 1691, ma la festa del Sacro Cuore viene concessa alla Francia soltanto nel 1765; Pio IX la estende al mondo intero, ma è Pio XI appena che le dà il maggior sviluppo liturgico. Allo stesso modo, per la volontà del Signore, mentre il primo Venerdì del mese fu consacrato al Suo Sacro Cuore sin dalle prime manifestazioni, la pratica dei nove primi Venerdì - la Grande Promessa - doveva incominciare appena nel grande meriggio del culto del divin Cuore, in sul declinare del secolo decimonono, quando l'incredulità andava dilatandosi, gli odì [33] nazionali s'intensificavano, la massoneria trionfava, si voleva distruggere la Chiesa e il Papato, si preparavano tristi giorni per la Sposa immacolata del Redentore e per il Pastore supremo del gregge cristiano ed era necessario infondere molto amore nei cuori ed intensificare la vita cristiana, dando alle anime speciali conforti ed aiuti. Fu in questi tristi momenti, alla vigilia dell'infausto 1870, che il Cuore adorabile di Gesù volle ricordare al mondo la sua Grande Promessa.  

venerdì 4 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


IL SACRO CUORE DI GESÙ 

Il culto del Cuore adorabile di Gesù non ha per oggetto il Sacro Cuore soltanto come simbolo ed immagine dell'amore dell'Uomo­Dio; non è dunque il culto dell'amore di Gesù, simboleggiato dal suo Cuore, ma è il culto del Cuore vera e reale dell'umanità assunta del Verbo; di quel Cuore, che palpitò nel corpo passibile del Signore dalla sua concezione di Spirito Santo nel seno purissimo della Vergine fino alle 3 pomeridiane del Venerdì santo, quando cessò di palpitare per la morte di croce; del Cuore trafitto dalla lancia del soldato; di quel Cuore, che si unì al corpo del Redentore nell'istante della Risurrezione, all'anima beata di Gesù reduce dal limbo, ed ora palpita glorioso in cielo e nel Sacramento eucaristico.  

Il culto che si presta al Cuore di Gesù, culto di latria ossia di adorazione, è un culto legittimo e commendevole.

L'umanità di Nostro Signor Gesù Cristo [25] va adorata in tutte e singole le sue parti, anche staccate e divise, col culto supremo di latria; la ragione è, che l'umana natura di Gesù è stata assunta all'unione col Verbo nella stessa persona, che è la seconda persona della santissima Trinità; l'umanità è l'umanità del Verbo; ora quanto esiste e sussiste nel Verbo che è Dio, ha diritto agli stessi onori che spettano al Verbo; l'umana natura di Gesù esistendo nella Persona del Verbo, ne segue, che l'umanità di Nostro Signore e tutte le sue parti vanno adorate. Questa adorazione termina di per sé alla persona del Verbo, ma per ragione del Verbo si riflette sull'umanità e su tutte le sue parti, che vengono coadorate col Verbo. È di fede cattolica che l'umana natura del Redentore deve venir adorata per la sua unione ipostatica al Verbo, oppure, con parole equivalenti, che noi non adoriamo soltanto il Verbo come è sin dall'eternità presso Dio, ma che adoriamo specialmente il Verbo incarnato.  

Benché l'umanità del Redentore sia adorabile in tutte le sue parti, non abbiamo un culto pubblico e liturgico di altre parti del suo Corpo divino, per esempio del Sacro Volto, delle Sacre Mani, dei Sacri Piedi, ma soltanto del suo Cuore adorabile. Questo [26] culto ha la sua ragione di esistere nella posizione speciale del Cuore del Signore, Cuore che è la fornace e il simbolo del suo amore.  

Quanto vuole Gesù e la Chiesa impone a credere e a praticare ha, oltre allo scopo principale di aumentare la gloria di Dio, anche l'altro di giovare alle anime nel raggiungimento della loro mèta, l'eterna beatitudine in cielo. Ora, mentre è certo che il Cuore di Gesù non ha una maggior dignità delle altre parti del Corpo adorabile del Signore, ma è tanto adorabile quanto le mani forate dai chiodi o i piedi piagati, si comprende facilmente quanto giovi ai fedeli il culto di quel muscolo nobilissimo della umanità del Signore, col quale Egli ci ha tanto amato e tanto ci ama; di questo Cuore che palpita e palpiterà fino alla consumazione dei secoli di amore per noi; di questo Cuore, che è una fornace immensa di amore; di questo Cuore che ha voluto subire per nostro amore l'estremo oltraggio del colpo di lancia e spargere per noi sangue ed acqua per aprirci, con quella ferita, un luogo di rifugio e un porto di salvezza.  

È per accendere nel cuore dei fedeli un fuoco sacro di carità e di amore, che il Signore manifestò le grandezze del suo Cuore [27] e ne chiese un culto speciale; perciò Pio IX, nella bolla di beatificazione di S. Margherita Maria Alacoque, dopo di avere accennato che nessuna cosa sta più a cuore a Gesù, che di eccitare nell'animo degli uomini. la fiamma della carità, secondo le parole del Vangelo: «Sono venuto a portare fuoco sopra la terra, e che altro desidero, se non che si accenda»?, soggiunge: «Per aumentare sempre più questo fuoco di carità il Signore volle istituito e promosso nella Chiesa il culto del suo santissimo Cuore».  

Di fatto la carità, ossia l'amore, è il principio della santificazione; è impossibile giungere alla vita della grazia e conservarsi in quella senza l'amore; ora in nessun, modo migliore si desta l'amore altrui che colla manifestazione del proprio amore. Quanto maggiore il nostro amore e quanto più aperta la sua manifestazione, tanto più intenso è l'amore che destiamo negli altri; perciò la mamma che nutre il più intenso amore e lo manifesta nel modo più aperto ai propri figli, viene tanto amata da loro.  

Qual miglior via poteva scegliere perciò il Redentore divino per destare una fiamma di carità nel cuore degli uomini, che mettere loro dinanzi in forma visibile la sua infinita carità sotto il simbolo del suo Cuore [28] fiammeggiante; richiamare costantemente alla loro memoria i tormenti e le agonie sofferte per loro vantaggio, col simbolo della corona di spine che ne circonda il Cuore, e ricordare colla croce piantata nel suo Cuore, tra le fiamme, che ad esso è dovuta la maggior prova del suo amore indicibile, la sua morte dolorosa di Croce, mentre la ferita aperta nel suo Cuore insegna che da esso sgorgarono quel sangue e quell'acqua che mondarono tutte le anime e sono il prezzo del nostro riscatto e il simbolo di tutti i Sacramenti a che quella ferita ci apre, nel suo Cuore, un luogo di rifugio, dove abbandonarci nel nostro sconforto, nei nostri affanni, nei nostri dolori?  

Perciò il culto del Sacro Cuore, voluto da Gesù e manifestato dalla sua aralda, trovò una eco così grande nel cuore dei fedeli, accese un incendio che si dilatò nel mondo, si comunicò da anima in anima, da cuore in cuore, un incendio di carità e di amore, di grazie e di benedizioni; perciò il culto del Sacro Cuore è diventato la devozione più cara alle anime e quella che maggiormente giovò alla rigenerazione del mondo. [29] 

giovedì 3 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


Santa Margherita Maria Alacoque.

Il culto del Sacro Cuore si diffuse rapidamente; le anime pie lo compresero; le immagini del Sacro Cuore si moltiplicarono, la pia pratica del primo Venerdì del mese si divulgò; nel 1715 incominciò la causa di beatificazione di Margherita Maria, che dette grande autorità alle sue rivelazioni; la Compagnia di Gesù impegnò tutte le sue forze per difendere questo culto; Clemente XIII concesse nel 1765 la festa del Sacro Cuore alla Francia e a tutti i monasteri della Visitazione; sul principio del secolo decimonono incominciò l'opera dell'Apostolato della Preghiera; il 1° gennaio 1872 la Compagnia di Gesù si consacrò al Sacro Cuore e Leone XIII consacrò a questo Cuore divino il mondo intero.  

Il grande Pontefice si era deciso a questo atto in seguito ad un comando formale che la pia Superiora delle Suore del Buon Pastore a Oporto, nel Portogallo, suor Maria del Sacro Cuore Droste zu Vischering, aveva ricevuto dall'adorabile Signore, perché lo comunicasse al Pontefice. La rivelazione, benché privata, presentava tutti i caratteri dell'autenticità, e il Pontefice vide in quella [22] la volontà del Signore. Il 9 giugno 1899, quando le campane di tutte le chiese dell'Orbe suonavano a festa e dovunque Vescovi, Sacerdoti e fedeli pronunziavano la formola della Consacrazione prescritta dal Papa, la pia suora rendeva la sua anima a Dio, per provare così che la sua missione sulla terra era consumata, e che essa aveva compiuta l'opera sua.  

Pio IX impose la festa del Sacro Cuore a tutto il mondo. Durante il Concilio Vaticano i Vescovi elevarono al Santo Padre un'umile supplica, perché si degnasse di dare alla festa del Sacro Cuore la massima solennità, elevandone il rito a prima classe; ma le vicende dolorose del settembre 1870 dispersero il Concilio, e fu Pio XI che, nell'anno del suo giubileo sacerdotale, elevò la festa del Sacro Cuore al massimo rito liturgico, equiparandola nella solennità del rito alla festa del Santo Natale, e lodò e benedisse la pratica della sua vigilia di penitenza, che si osserva su larga scala specialmente in Francia, che si è consacrata in un modo tutto speciale al Cuore di Gesù e gli ha eretto una magnifica basilica sul Montmartre.  

Il culto del Sacro Cuore trionfa; il primo Venerdì del mese viene celebrato dovunque con grande concorso di popolo; le chiese [23] rigurgitano spesso di fedeli, i confessionali sono affollati, non si contano più le comunioni; la grande famiglia cattolica, da un capo all'altro del mondo è invasa dalle fiamme del Cuore divino e mette in lui ogni fiducia; fiori olezzanti di pietà, sconosciuti ai fedeli nei secoli passati, fioriscono in molte anime dinanzi al tabernacolo; ordini religiosi, istituti missionari, associazioni cattoliche, città e nazioni fanno una gara commovente di consacrazioni al Cuore di Gesù, che viene intronizzato nelle famiglie cristiane con un cerimonia commoventissima; le confraternite del Sacro Cuore si moltiplicano, le litanie del Cuore di Gesù diventano popolari come le lauretane; il mese di Giugno viene predicato in molte chiese; ogni anno si rinnova la consacrazione del mondo al Cuore di Gesù, e si ripete l'atto di riparazione; sembra che l'umanità si senta sicura soltanto dentro la piaga del Sacratissimo Costato, e il nostro secolo può venir chiamato a ragione il secolo del Cuore di Gesù.  

Molta strada c'è ancora da fare perché il culto del Cuore di Gesù giunga al suo apogeo; pure quale strada non si è fatta dal giorno nel quale Gesù rivelò alla piccola visitandina di Paray le Monial i tesori del [24] suo Cuore adorabile? Due secoli e mezzo di lotte, coronate da un sì meraviglioso trionfo! 

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


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Santa Margherita Maria Alacoque. 

A questa prima apparizione ne succedono molte altre. Ecco come la Santa narra una delle più solenni apparizioni:  

«Il divin Cuore mi apparve come sopra un trono di fuoco e di fiamme, risplendente da ogni lato, più fulgido del sole e trasparente come un cristallo. Si vedeva in esso distintamente la ferita aperta dalla lancia; era circondato da una corona di spine e sormontato da una croce. Il Redentore mi disse che questi strumenti della Passione significavano essere stato causa delle sue sofferenze l'amore immenso che aveva avuto per gli uomini; che dal primo momento della sua Incarnazione tutti i suoi tormenti gli erano stati presenti e fin da quel primo istante la croce fu, per così dire, piantata nel suo Cuore; che Egli accettò fin d'allora tutti i dolori e le umiliazioni, che la sua santa umanità doveva soffrire durante il corso della sua vita mortale, ed anche gli oltraggi, ai quali l'amor suo per gli uomini lo esporrebbe nella Santa Eucaristia, fino alla [19] fine dei secoli. Mi disse altresì, che il suo grande desiderio di essere perfettamente amato dagli uomini lo aveva determinato a manifestare il suo Cuore e a dar loro, in questi ultimi secoli, questo supremo attestato del suo amore, proponendo così un oggetto ed un mezzo adattissimo per incoraggiarli ad amarlo di un amore perfetto, ed aprendo per loro tutti i tesori di amore e di misericordia, di grazia, di santificazione e di salute, dei quali il suo Cuore è sorgente feconda ed infinita, perché quanti volessero rendergli e procurargli tutto l'onore e l'amore che era loro possibile, fossero arricchiti con profusione di questi divini tesori.  

«Mi ha inoltre assicurato che si dilettava singolarmente nel vedersi onorato sotto la figura del suo Cuore di carne, l'immagine del quale voleva che fosse esposta al pubblico, per commuovere, Egli diceva, il cuore insensibile degli uomini, promettendomi di spargere abbondantemente su tutti coloro che l'onoreranno i tesori di grazie dei quali il suo Cuore è ricolmo, e che dovunque sarà esposta questa immagine, per esservi particolarmente onorata, vi attirerà ogni sorta di benedizioni».  

In questa grande apparizione Gesù si [20] lamenta: «Ho una sete ardente di essere onorato dagli uomini nel Santissimo Sacramento e quasi non trovo chi si adoperi per dissetarmi, corrispondendo, in qualche modo, al mio amore».  

Le apparizioni si succedono. Il Cuore adorabile di Gesù chiede la Comunione del primo Venerdì di ogni mese; chiede culto pubblico all'immagine del suo Cuore adorabile e sacro; chiede una festa in onore del suo Cuore divino. La Santa manifesta queste visioni ai suoi superiori, alle consorelle, e da Paray le Monial esse si divulgano nel mondo. Ma quanti ostacoli devono venir superati! Le sue consorelle della Visitazione non la comprendono e le creano non poche difficoltà; i primi ecclesiastici, ai quali si propone la nuova devozione, la combattono. L'anima di Margherita Maria nuota in una amarezza sì grande, che non sarebbe stata capace di sopportarla da sola; il Signore le manda perciò un grande conforto nel Beato Claudio de la Colombière, che le è confessore per un anno e mezzo e pieno di luce divia la comprende e la sorregge. Il giansenismo si oppone al culto del Sacro Cuore; combatte e schernisce questa devozione; i protestanti di ogni paese, chiamati in Francia Ugonotti, la coprono col loro dileggio; [21] Margherita Maria soffre un vero martirio. ma il culto del Sacro Cuore di Gesù è voluto da Dio, e perciò trionfa.

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mercoledì 2 giugno 2021

LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


Santa Margherita Maria Alacoque. 

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[14-15] Nacque costei il 22 luglio 1647 a Lauthecourt presso Verosvres, nella Borgogna, da una famiglia antica e stimata, figlia del notaio Claudio e di Filiberta Lanayrd, ed entrò, dopo aver superato molte difficoltà, il 20 giugno 1671 nel monastero della Visitazione di Paray le Monial, dove, dopo il prescritto noviziato, fece la sua professione la domenica 6 novembre 1672.  

Fu a Paray le Monial, una delle cittadine francesi più funestate dall'eresia giansenista e dagli ugonotti, ossia protestanti calvinisti, che la giovane suora fu ricolma di divini favori. Per un po' di tempo essa udiva nel destarsi, distintamente, alcune parole latine, che non comprendeva: «Dilexisti justitiam et odisti iniquitatem; propterea unxit te Deus oleo laetitiae - Tu ami la giustizia e odi l'iniquità; perciò ti unse Dio con olio di letizia». Oppure: «Audi filia, et vide et inclina aurem tuum - Ascolta, o figlia, guarda e china il tuo orecchio » 4 .  

Incominciano poi le rivelazioni celesti, che faranno dell'umile suora la grande apostola del Sacro Cuore di Gesù.  

La prima delle grandi rivelazioni ebbe luogo il 27 dicembre 1673, festa di San Giovanni [16] Evangelista. Gesù la fece riposare per lungo tempo sul suo petto adorabile, e le manifestò le meraviglie del suo amore e i secreti inesplicabili del suo Sacro Cuore, fino allora a lei nascosti; le aprì per la prima volta il Suo Cuore, in un modo così vero e sensibile, che non le dette luogo a dubitare, e le disse: «Il mio Divin Cuore è così appassionato di amore per gli uomini, e per te in particolare, che non potendo più trattenere le fiamme della sua ardente carità, è necessario che le spanda per tuo mezzo e che ben si manifesti, per arricchirli dei preziosi tesori che ti mostro e che contengono le grazie santificanti e salutari, che sole possono ritrarli dall'abisso dell'eterna perdizione. Ti ho scelta, come un abisso di indegnità e d'ignoranza, per il compimento di questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me».  

Ciò detto, continua la Santa la sua narrazione, Egli richiese il mio cuore ed io lo supplicai di prenderlo; Egli lo prese, lo mise al contatto del suo Cuore adorabile e me lo fece vedere come un piccolo atomo che si consumava in quell'ardentissima fornace; indi, ritraendolo come una fiamma foggiata in forma di cuore, me lo ripose in seno, dicendomi: «Eccoti, mia diletta, un pegno [17] prezioso dell'amor mio, che ti fa chiudere in petto una piccola scintilla delle sue fiamme più vive, per servirti di cuore e consumarti fino all'ultimo momento. Il suo ardore non si estinguerà mai ... e in prova che la grande grazia che ti faccio non è una illusione, ma il fondamento delle altre tutte che pur ti farò, sebbene io abbia chiusa la ferita del tuo costato, il dolore te ne rimarrà per sempre; e se finora, non hai preso altro nome che quello di una schiava, io ti dò, d'ora in poi, quello di discepola prediletta del sacro mio Cuore».  

Con questa prima grande visione Margherita Maria Alacoque venne consacrata apostola del culto del Sacro Cuore di Gesù, e chiamata, non a creare questo culto, antico com'è antica la Chiesa; non a insegnare che il Cuore di Gesù è adorabile, ciò che si sapeva fin dall'evo apostolico; e neppure ad influire sulle decisioni della Chiesa, che è assistita dallo Spirito Santo e prende le sue decisioni in materia di fede e di buoni costumi sotto l'influenza del divin Paradito; ma a diffondere e a propagare questo culto, a dargli uno sprone efficace, a manifestare agli uomini la volontà del Signore, che, come S. Giovanni Evangelista l'aveva già rivelato, questo culto, che è il [18] culto del suo Amore, sia la devozione preferita in questi tempi moderni così freddi e poveri di amore di Gesù, e a render noto agli uomini di ciò che il Signore promette a chi avrebbe zelato questo culto, a Lui così caro.  

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LA PIA PRATICA DELLA GRANDE PROMESSA TUTTI IN PARADISO

 


IL CULTO DEL SACRO CUORE DI GESÙ 

Il culto del Sacro Cuore di Gesù è antico quanto la Chiesa, anzi quanto l'umanità. Fin dal giorno nel quale Dio nel paradiso terrestre promise all'uomo caduto redenzione per opera di un gran, Nato di Donna, di un Emmanuele, ossia Dio umanato, di un uomo di dolori, che avrebbe preso sulle proprie spalle innocenti tutti i nostri peccati e avrebbe soddisfatto per tutti col suo Sangue, l'umanità credente adorò il Cuore del Verbo umanato, simbolo ed istrumento nobilissimo del suo amore.  

[10] La prima a sentire i palpiti di questo Cuore adorabile fu la Vergine Madre nella nuda e squallida grotta di Betlemme, quando adorò Colui al quale ella aveva dato la vita secondo la carne; e li sentirono questi palpiti Giuseppe, i pastori ed i magi, Simeone ed Anna nel tempio e molti di coloro, che ebbero la bella sorte di conoscere Gesù nella sua vita mortale; li sentì in modo speciale San Giovanni Evangelista, che posò il capo sul petto adorabile del Verbo Incarnato.  

San Giovanni fu il primo a scrivere divinamente del Sacro Cuore di Gesù, che egli vide attraverso la ferita del Sacratissimo Costato. I suoi scritti tendono a farci conoscere sempre meglio il Cuore di Gesù, nel quale è la sintesi di tutti i misteri del cristianesimo; misteri di carità, che procedono dal cuore 1 .  

I Padri della Chiesa e gli scrittori sacri facevano a gara per parlare dell'amore di Gesù e dei tesori di grazie che a noi sgorgano dal suo Cuore trafitto. Sant'Agostino, commentando la narrazione di San Giovanni del soldato che trafisse il costato del Crocifisso, scrive: «Intenzionalmente e ben a [11] proposito l'evangelista ha usato quest'espressione e non ha detto: il costato fu colpito, ovvero fu ferito, ma fu aperto, per farci comprendere, che allora si aprì questa porta da cui si diffusero nel mondo le grazie dei sacramenti, senza dei quali non si giunge a quella vita che è la vera vita. Il sangue che versa la ferita del Salvatore è quello che ci ottiene la remissione dei nostri peccati; l'acqua che vi si mischia è la bevanda salutare che rinfresca le anime. Qui è, in una parola, la sorgente che ci purifica e ci disseta» 2 .  

La dottrina di Sant'Agostino è, che dalla ferita del Cuore di Gesù è nata la Chiesa, promanano i sacramenti, vengono alle anime tutti i conforti e tutte le grazie, e che il Cuore di Gesù deve essere l'asilo e il conforto di quanti hanno bisogno di consolazione, di forza e di perdono.  

Belle le pagine di S. Anselmo, S. Bernardo, S. Bonaventura, S. Tommaso d'Aquino, e di altri grandi teologi e mistici del Medioevo, che parlano dell'amore di Gesù e cantano le glorie del suo Cuore divino. Celebre una rivelazione fatta da San Giovanni Evangelista alla più grande mistica del Medioevo, [12] Santa Geltrude la Grande, monaca cistercense del Monastero di Helfta presso Eisleben (1256-1302), illustre per santità di vita ed abbondanza di grazie spirituali e di visioni celesti.  

La Santa si lamentò un giorno con San Giovanni perché egli non aveva parlato a nostro ammonimento dei palpiti amorosi del Cuore di Gesù. Cui l'apostolo dell'amore: «La mia missione era di dire alla Chiesa nascente, parlando del Verbo increato di Dio Padre, una sola parola, che fosse bastata fino alla fine del mondo a nutrire l'intelletto di tutta l'umanità, benché nessuno possa arrivare mai a comprenderla a pieno. Ciò che di dolcezza e di soavità celano queste pulsazioni (del Cuore adorabile di Gesù) la Provvidenza si è riservata di manifestarlo nei tempi moderni, per rianimare la fiamma della carità, ridotta ben poco nel mondo invecchiato e languente» 3 .  

Il giansenismo - la più perniciosa tra le eresie perché voleva spegnere la fiamma dell'amore di Dio - menava stragi in Francia e nell'Europa, allontanava molte anime da Dio, da Gesù, dal Tabernacolo, e dalla Comunione, e insegnava, sotto il manto di una falsa, untuosa pietà, l'indifferenza religiosa, [13] quando il Signore volle mantenere la promessa fatta dal suo discepolo prediletto alla grande Geltrude, è venne ad accendere nel mondo la fiamma della carità, manifestando le indicibili ricchezze del suo Cuore, fornace ardentissima di divino amore.  

Il Signore si serve generalmente nelle sue maggiori manifestazioni di istrumenti non idonei secondo il mondo e la carne, per dimostrare che l'opera grande che Egli vuol compiere e gli effetti sorprendenti che vuole ottenere sono suoi e non dovuti all'istrumento. Da questi strumenti egli non chiede nessuna di quelle doti che il mondo chiede per fare opere grandi; non potenza, non ricchezza, non scienza e neppure una cospicua posizione sociale, ma li sceglie tra l'umiltà è di una vita poco appariscente, nascosta e magari disprezzata dal mondo; scelse, per la diffusione del Vangelo, dodici poveri galilei, nella maggior parte pescatori; per la fondazione del Papato, l'istituzione più meravigliosa di tutti i tempi, il pescatore Pietro, così povero di doti esteriori; per salvare la società nel Medioevo il poverello d'Assisi, e per la diffusione del culto del suo Cuore adorabile, per incendiare il mondo di amore, una povera, piccola suora visitandina, Santa Margherita Maria Alacoque.  

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