Gravi documenti
Quanto urga la necessità di stare in guardia dalla perfidia ebraica, bene ce lo comprova il seguente delittuoso documento, che non si peritò di pubblicare la rivista israelita «Revue des études Juives».
E' la lettera programmatica di risposta, scritta, il 21 Novembre 1489, dal Principe degli Ebrei, residente a Costantinopoli, al rabbino di Arles, allorché costui gli chiedeva istruzioni sul da farsi, in merito alla espulsione degli Ebrei dalla Provenza, decretata da Luigi XII.
L'autenticità del presente documento è dimostrata dall'abate Chaubauty, nella sua opera «Les Juifs nos maîtres», con argomenti così potenti da fare crollare ogni specie di dubbio o sofisma che, in proposito, si possa mettere in campo. E' del seguente tenore:
«A quel che voi dite, il Re di Francia vi obbligherebbe a farvi cristiani: fatelo; ma che la Legge di Mosè sia conservata nei vostri cuori.
«L'assimilazione non fa paura, scriveva il «Bauembündler», un ebreo, pur battezzato, non cessa mai dall'essere Ebreo.
La Francia è già nelle nostre mani, ora è la volta dell’Austria.
«A quel che voi dite, vi si vorrebbe spogliare dei vostri beni: fate i vostri figli mercanti, acciocché a poco a poco, essi spoglino i cristiani dei loro.
«A quel che voi dite, si attenterebbe alle vostre vite: fate i vostri figli medici e farmacisti, acciò ch'essi tolgano ai cristiani le loro vite.
«A quel che voi dite, essi distruggerebbero le vostre Sinagoghe: fate i vostri figli canonici e chierici, acciò che essi distruggano le loro chiese.
«A quel che voi dite, vi farebbero molt'altre vessazioni: fate in modo che i vostri figli siano avvocati, notai, e che essi sempre si immischino negli affari di Stato, acciocché, mettendo i cristiani sotto il vostro giogo, voi dominiate il mondo e possiate vendicarvi di loro.
«Non vi scostate da quest'ordine che vi diamo, perché vedrete con l'esperienza, che di abbassati che siete voi, arriverete al fastigio della potenza». Il 21 Kisleu 1489
V.S.S.V.F.F.
Si legge in un libro di A. Romanini, che sviscera a fondo la questione ebraica, il seguente testo:
«Non è esagerata l'affermazione di Joe Chamberlain e di altri, che Ebrei, sedicenti convertiti, riescano a raggiungere alte cariche nell'Anglicanesimo, nel Protestantesimo, nell'Ortodossia e perfino (?) nelle alte cariche ecclesiastiche Cattoliche. E' accertato che i più grandi inquisitori di Spagna furono di origine ebraica».
In merito alle conversioni giudaiche sarà bene non dimenticare, che la circospezione non è mai troppa. Tanto più che nel Talmud espressamente si comanda: «Fingetevi al bisogno anche cristiani per meglio trappolarli»1 e lo storico ebreo Cecil Roth, nella sua opera «Storia del Popolo Ebraico» (p. 229) non esita ad affermare: «Naturalmente, nella maggior parte dei casi, le conversioni erano finte». (Se tali furono, perché tuttora non sono?).
Quanto, poi, i surriferiti ordini — specie quello di togliere la vita ai Cristiani servendosi della medicina — siano stati prontamente eseguiti, facilmente si argomenta dai seguenti fatti:
Secondo narra l'Echio, al Capo 13 del suo libro «Contro gli ebrei», l'ebreo Giovanni Pfeffercorn di Colonia, condannato a morte per i suoi orrendi delitti, sul punto di morire — in Hall di Sassonia nel 1514 — confessò spontaneamente che «sotto il titolo di medicina, esercitando quell'arte, egli stesso aveva uccisi col veleno otto cristiani».
Dagli Atti della Vita del B. Bernardino da Feltre (N. 266 degli Atti, presso i Bollandisti), il quale in tutta la sua esistenza predicò contro il pericolo giudaico, si rileva come, predicando egli in Siena nel 1489, narrò dal pulpito che: Un Senese gli aveva narrato che un medico ebreo, morendo in Avignone, gli aveva detto di morire contento perché, ordinando false medicine, aveva ucciso molte migliaia di cristiani: «Praescriptis dolosis pharmacis occidit multa milia christianorum». Vi furono molti che volevano morire piuttosto che pigliare da lui medicina. E guarirono per grazia di Dio. Del succitato documento desidero inoltre sottolineare, con quale incredibile disinvoltura gli stessi Giudei ci confessano, come, fino dall'anno 1489, la Francia fosse già caduta nelle loro mani e, intorno a quell'epoca, si stessero divorando l'Austria.
Siccome la cosa, in effetti, si è più che verificata, credo doveroso richiamare l'attenzione come, in prosieguo di tempo ed esattamente nella seconda metà del 1700, ancora l'Inghilterra, la Germania ed altre nazioni d'Europa caddero, con l'ausilio della setta massonica e di altre sette segrete, fra gli artigli di quei signori.
La stessa sorte ebbe a subire l'Italia, ma solo al tempo del Risorgimento. L'ultima delle grandi potenze europee costretta ad inginocchiarsi davanti al prepotere giudaico fu la Russia degli Zar nel 1917.
E adesso, per essere in ogni punto prevenuti, ritengo doveroso riportare il testo integrale di un discorso-programma, d'eccezionale importanza, tenuto a Praga, nel 1880, dal rabbino Reichhorn, nel grande raduno dei rabbini che essi chiamano il «Kaleb», e che solennizzano ogni cento anni. Ci mostrerà la grande analogia esistente tra il suo contenuto ed i «Protocolli dei Savi Anziani di Sion», che, come avanti fu detto, i Giudei tentarono in ogni modo di rinnegare. A Sir John Radcliff, che lo pubblicò sul «Le Contemporain», il 1° luglio 1886. per avere fatto ciò, ebbe a costargli la vita. Tale discorso fu ripetuto nella sinagoga di Simscrol da un rabbino, che per questo ebbe un processo: esso inoltre perfettamente concorda con quello tenuto a Lemberg, in occasione del congresso della gioventù ebraica, pubblicato dal giornale «Bauernbündler» di Vienna (n. 133, del 1° Nov. 1912). Eccolo:
Sono diciotto secoli che i nostri sapienti lottano coraggiosamente, con una perseveranza che nulla può frangere, contro la Croce, che ci ha rapito la potenza promessa ad Abramo.
Diciotto secoli appartennero ai nostri nemici; il secolo presente e i secoli da venire debbono essere nostri.
E' questa la decima volta che, lungo mille anni di lotta atroce ed incessante coi nostri nemici, si riuniscono in questo cimitero e presso la tomba del nostro gran maestro, santo rabbino Simeon Ben Jhuda, gli eletti di ogni generazione del popolo di Israele, per concertarsi sui mezzi di trar vantaggio, per la causa nostra, dai grandi sbagli e dai grandi falli che non cessano di commettere i nostri nemici, i cristiani.
Ogni volta il nuovo Sinedrio ha proclamato e predicato la lotta senza tregua contro questi nemici.
Allorché saremo resi unici possessori di tutto l'oro della Terra, la vera potenza passerà nelle mani nostre, ed allora si compiranno le promesse fatte ad Abramo.
L'agricoltura sarà sempre la ricchezza di ogni paese. Il possesso delle grandi proprietà terriere apporterà sempre in ogni epoca grandi onori e grande influenza ai loro titolari.
Conviene quindi predisporre le cose in modo che i nostri fratelli in Israele possano fare importanti acquisti terrieri. E’ pertanto essenziale privare l’aristocrazia delle sue terre, a qualunque costo. L'aristocrazia, in quanto proprietario di terreni, costituisce sempre un pericolo per noi, poiché le sue rendite le assicurano l'indipendenza.
Per raggiungere lo scopo, il modo migliore è quello di far aumentare le tasse e le imposte, provocare crisi di sovrapproduzione e tutti quegli altri mezzi che servono a mandare i prezzi dei terreni al livello più basso possibile.
Gli aristocratici dei gentili («goim»), i quali, date le loro abitudini ereditarie, sono incapaci di accontentarsi di poco, andranno presto in rovina2.
La Chiesa Cristiana, essendo uno dei nostri più pericolosi nemici, noi dobbiamo lavorare con perseveranza a diminuire l'influenza sua. Conviene, dunque, imprimere nell'intelligenza di coloro che professano la religione cristiana le idee di libero pensiero, di scetticismo, di scisma e provocare dispute religiose cosi naturalmente feconde, di divisioni e di sette nel Cristianesimo. Logicamente, conviene cominciare col disprezzare i ministri di quella religione, dichiarando loro guerra aperta, provocando sospetti sulla loro devozione, sulla loro condotta privata; col ridicolo e con la satira si distruggerà quel rispetto che va congiunto con lo stato e l'abito loro.
Ogni guerra, ogni rivoluzione, ogni scotimento politico-religioso avvicina il momento in cui raggiungeremo lo scopo al quale tendiamo. Tutti gli impieghi pubblici devono essere accessibili agli Israeliti, ed una volta che noi siamo diventati i titolari, noi sapremo, con l'ossequiosità e con la perspicacia che sono nostre doti, penetrare fino alle prime sorgenti della vera influenza e del vero potere. Ben inteso che qui solo si tratta di quegli impieghi ai quali vanno congiunti onori, potenza e privilegi; giacché, quanto a quelli che esigono sapere, fatiche e pene, possono e debbono esser lasciati ai Cristiani.
La magistratura è per noi un'istituzione di primaria importanza. La carriera dei tribunali e quella che meglio svolge la civiltà e ci mette a parte più facilmente degli affari dei nostri nemici naturali, ed è per mezzo di essa che noi possiamo ridurli in nostro potere.
Il popolo d'Israele deve dirigere la sua ambizione verso quell'alto grado di sapere, dal quale sgorgano le considerazioni e gli onori, e uno dei mezzi più sicuri per giungervi è quello di avere in pugno tutte le operazioni industriali, finanziarie e commerciali. Nella scelta di queste speculazioni si userà grande prudenza e tatto, cose queste che sono la proprietà della nostra attitudine atavica negli affari.
Tutti i rami della scienza, dell'arte, delle belle lettere, ecc... dovranno essere un vasto campo in cui i successi mostreranno la nostra attitudine. Quanto alle scienze, medicina e filosofia, debbono far parte ugualmente del nostro dominio intellettuale.
Un medico è iniziato ai più intimi segreti della famiglia ed ha, come tale, fra le mani la salute e la vita dei nostri mortali nemici, i Cristiani.
Noi dobbiamo incoraggiare le unioni matrimoniali fra Israeliti e Cristiani che possiedono ascendenza e potere. Per tal modo otterremo influenza sopra quanto ci circonda e ci renderemo arbitri dei loro destini.
Se l'oro è la prima potenza di questo mondo, la seconda è senza dubbio la stampa. Ma che cosa può la seconda senza la prima?
Siccome noi non possiamo ottenere quanto dicemmo di sopra, senza il soccorso della stampa, conviene che i nostri presiedano alla direzione di tutti i giornali quotidiani in tutti i paesi.
Il possedere l’oro e i giornali ci renderanno gli arbitri dell'opinione pubblica e ci daranno l’impero delle masse.
Così, camminando grado a grado in questa via, con la perseveranza che è la nostra grande virtù, noi respingeremo i cristiani e renderemo nulla la loro influenza.
Noi detteremo al mondo ciò che deve credere, ciò che deve onorare e ciò che deve maledire. Forse alcune individualità si leveranno contro di noi, ma le masse, docili ed ignoranti ascolteranno noi e prenderanno le nostre parti. Una volta che saremo padroni assoluti della Stampa, noi potremo mutare le idee che corrono circa l’onore, la virtù, la rettitudine del carattere, portando il primo colpo a quella istituzione tenuta fin qui sacrosanta: la famiglia, e ne compiremo la distruzione. Noi potremo estirpare le credenze e la fede per tutto ciò che i nemici nostri, i Cristiani hanno fino a questo momento venerato; facendoci un'arma della forza delle passioni, noi dichiareremo guerra aperta a quanto quelli rispettano e venerano. Che tutto ciò sia ben compreso, notato, e che tutti i figlioli d'Israele, ben si compenetrino di questi veri princìpi. Allora la potenza nostra crescerà come un albero gigantesco, i cui rami porteranno quei frutti che si chiamano godimento, ricchezza, potere, in compenso di quella inferiore condizione che, per secoli, fu l'eredità del popolo d'Israele.
Il nostro interesse richiede che noi almeno simuliamo zelo per le questioni sociali che corrono, quelle soprattutto che riguardano il miglioramento della sorte dei lavoratori! ma in realtà gli sforzi nostri debbono tendere a renderci padroni di quel movimento dell'opinione pubblica e a dirigerlo. La cecità delle masse, la disposizione loro a darsi in balìa dell’eloquenza, tanto vuota quanto sonora, che risuona nei trivii, ne fanno una preda facile ed è per noi un doppio istrumento di popolarità e di credito.
Noi troveremo senza difficoltà fra i nostri, l'espressione dei sentimenti fittizi e tanta eloquenza quanta ne trovano i Cristiani sinceri nel loro entusiasmo.
Conviene, per quanto è possibile, occuparci del proletariato e sottometterlo a quelli che maneggiano il danaro.
Con questo mezzo noi solleveremo le masse a nostro piacere. Noi le spingeremo agli sconvolgimenti, alle rivoluzioni, ed ognuna di queste catastrofi farà avanzare di un gran passo i nostri scopi e ci ravvicinerà all'unico nostro fine, quello cioè di regnare sulla terra, come ci era stato promesso dal nostro padre Abramo».
Roba — come si vede — degna d'associazione a delinquere; altro che «nostro padre Abramo»!
Non per nulla San Giovanni Crisostomo, nel suo «Sermone contro gli Ebrei», afferma, esplicitamente: «La Sinagoga è un luogo di convegno per dei criminali».
(1) Jore dea, 2 Hagah.
(2) Chi ha acume d'intelletto già intravede i veri fini che nascondono certe leggi di riforma agraria. Non si mira al palliativo della sorte dei contadini, bensì all'annientamento di chi possiede le terre.
(3) Dopo tale fiore di dottrina, mi sembrerebbe doveroso fare un po' di statistica, per renderci conto a quanti ammontino gli Ebrei che, ai dì nostri, esercitano l'arte medica, specie negli ospedali, cominciando dal Presidente degli Ospedali Riuniti di Roma, il medico giudeo D. Tedeschi. Forse ne potrebbe venire fuori una sorpresa.
“Vermijon”