(Gesù racconta dalla Croce)
Il Getsemani
Era già notte fonda quando mi riebbi e volli uscire fuori.
Sentivo in quel momento tutto l'amore per tutti gli uomini dei quali il Padre mio mi aveva reso fratello, ma anche tutto il peso dei loro peccati venirmi addosso.
Sostai un attimo sull'uscio, guardai l'immensità oscura e mi incamminai andando incontro a quel buio nel quale l'anima mia si rispecchiava perfettamente. Mi incamminai
come al solito verso l'Orto degli Ulivi, i miei apostoli mi seguirono a gruppetti. C'era un vento gelido ed un silenzio mortale. Si sentiva solo il rumore dei nostri passi sull'acciottolato. Nel cielo brillavano
le stelle e la luna piena rendeva gli alberi degli ulivi argentati. Era uno spettacolo di straordinaria bellezza. Gli apostoli, lontani dal pensare che questa era l'ultima notte che avrebbero passato con me, si sdraiarono
per terra e coprendosi con i loro mantelli si addormentarono. Li guardai e mi accorsi di soffrire anche per loro, mi erano stati amici, avevano rinunciato a tutto per seguirmi; mi apparivano come bambini che certi della custodia
della madre si addormentano con abbandono. Li amai come non mai in quel momento, avrei voluto accarezzarli e stringerli al mio petto ad uno ad uno, proprio come una madre fa con i suoi bambini.
Parlai loro con il cuore dicendo: "Amici miei, per causa mia vi perseguiteranno e vi metteranno a morte, devo mandarvi come pecore in mezzo ai lupi; mi addolora, ma voi siete
stati scelti quale eco per diffondere il gorgheggiare della fonte che è lo Spirito di Verità e arriverete così poveri, così indifesi, fino ai confini della terra".
Ad un tratto mi accorsi che Pietro, Giacomo, Giovanni, non dormivano. Mi accostai a loro per rivelare il mio stato d'animo.
"L'anima mia è triste fino alla morte", dissi, "tenetemi un pò di compagnia".
La mia voce tremava, la paura di ciò che doveva accadermi mi faceva sudare. Sentii poi un gran bisogno di parlare con il Padre per essere rassicuarato da Lui, ma nel contempo
sentivo l'esigenza di una presenza fisica e così, dilaniato fino allo spasimo, andavo e tornavo. Ad un tratto mi mancarono le forze e caddi in ginocchio e alzati gli occhi al cielo rividi la luna, le stelle sempre
lì fedeli fin dalla fuga in Egitto quando illuminarono il sentiero a Maria mia madre e a Giuseppe, compagne a me per tanti notti ed ora testimoni di un amore distillato goccia a goccia che trasudava dalla mia fronte
e di colore scarlatto. "Padre, Padre!", ripetevo, "allontana da me questo calice!'
Ad un tratto rientrai in me, rividi il Padre e alla di lui presenza mi sentii ricolmo di tutto il sudiciume che gli uomini passati presenti e futuri avevano e avrebbero racimolato
coi loro peccati. La sfavillante presenza del Padre rese la mia anima consapevole, non solo dell'oltraggio fatto dall'uomo a Colui che è l'amore per essenza, ma anche di che cos'è l'uomo senza
il suo Dio d'amore. Mi guardai così come apparivo al Padre e mi vidi un obbrobrio. Lui per consolarmi mandò uno dei suoi angeli che mi diede il sapore del mio cielo. "Amo tutto ciò che tu hai
fatto, Padre mio e mio Dio", dissi, 'ma più ancora amo le tue creature che hai fatte ad immagine di me. Voglio restituirle al tuo amore. Voglio far riemergere in loro quel soffio di vita che sei tu, togliendo
ogni ludibrio alla primordiale bellezza. E se per far ciò devo bere il calice fino alla feccia, sono pronto Padre mio' .
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