giovedì 2 aprile 2020

Cristiani, musulmani, ebrei, hanno lo stesso Dio? NO!



UN SOLO DIO, TRE RELIGIONI 

Questa formula, detta da non pochi scrittori, vorrebbe  forse soppiantare il dogma cattolico: "Un solo Dio in tre  Persone"? 
Sarebbe una bestemmia, oltre che una sciocchezza! 
Lo vedremo subito, facendo alcune distinzioni. 

 1 -  I Musulmani 

Il problema va messo subito su due piani: uno, oggettivo; 
l'altro, soggetivo. 
Sul "piano oggettivo", i musulmani hanno lo stesso Dio,  in quanto c'è un solo Dio, Creatore e Redentore, Giudice  supremo dei vivi e dei morti, dei credenti e degli atei.  Ammesso questo, però, sarebbe errore sostenere che, sul 
piano soggettivo, i cristiani, in quanto tali, abbiano la mede­ sima Realtà Divina dei musulmani; e questo perché non si  tratta più di parlare della sovranità di Dio su ogni creatura, ma  solo del contatto umano a tale Suprema Sovranità. 

Ora, qui, c'è una differenza abissale dal punto di vista del  soggetto. Vale a dire che, tra la Realtà divina, vista nella sua  essenza, quale ce lo disvela la luce della Fede, e la raffigura­ zione umana di Dio, quale ce lo presentano le false religioni,  non c'è neppure la pietra di paragone. Pretendere, quindi, di  poter negare questa differenza, o anche solo attenuarla,  significherebbe negare la necessità della Divina Rivela­ zione. Il Cristianesimo, cioè, visto così, sarebbe frammischiato  a quelle che Guènon chiama "le tradizioni". 
Il Cristiano, perciò, nella sua "religione rivelata", non  può avere che semplici approcci con altri uomini che, privi  del lume della Fede soprannaturale, appunto perché la loro  "religione naturale" è assolutamente incapace di arrivare a  una unione intima con la Divinità, con l'essenza divina in  quanto tale, poiché le loro religioni, forgiate dal cervello  umano-come appunto nel caso dell'Islam-restano deforma­ te. 
Infatti, il "dio" di Maometto, che forma l'oggetto della  "fede islamica", è un "dio" fabbricato su dottrine e tradi­zioni ebraiche, che Maometto ha conosciute e fatte sue, per  cui la sua "fede" ha nulla a che vedere con quel "Dio" che  Gesù ci ha rivelato. "Nessuno conosce il Padre se non il Figlo e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo" (Mt. c. II, v. 
27) 
Perciò, quello che di "Dio" sanno i musulmani, attra­ verso il Corano, è totaliter diverso dalla Realtà divina,  qual è di fatto, mentre il Corano parla di un Dio-monarca,  lontano, solitario, padrone implacabile del destino umano,  inconoscibile, e parla di un Dio che ricompensa i suoi adoratori  con sensualità innominabili in un "paradiso-harem", di un  Dio, quindi, che poteva esistere solo nella testa di Maometto.  Perciò, l'idea religiosa mussulmana è inane e inadeguata  all'idea rivelata di Dio. Cristo, invece, è categorico: "Nessu­ no viene al Padre se non per Me" (Jo. 14, 6). "Se mi  conosceste, conoscereste anche il Padre mio" (Jo. 14, 7).  "Chi rifiuta il Figlio non ha neppure il Padre" (I Giov. 2, 
23) ... 

Ora, questo dimostra come nessuna religione, così detta  "naturale", può conoscere Dio com'è stato rivelato solo da  Cristo, né Lo può adorare "in spirito e verità"
Benchè la religione musulmana la diano per ispirata, la  dicono la "religione del Libro", è da sa persi che in questo  Libro, il Corano, vi si insegna che è bestemmia riconosce­ re che Dio abbia un Figlio, per cui ogni mussulmano  protesta energicamente se gli si dice che la religione  islamica permette di adorare lo stesso Dio dei cristiani!  Detto questo, dobbiamo anche dire, di conseguenza, che  è pure erroneo affermare che il Cristianesimo, il Giu­daismo e l'lslam sono tre religioni monoteiste. 
Infatti, il monoteismo è la "credenza in un Dio unico",  il che potrebbe sembrare il punto di partenza per un "ecume­nismo", perché se i cristiani credono in un solo Dio (''Credo  in unum Deum"), anche gli Ebrei e i mussulmani - si dice - credono in un unico Dio. Ma è una falsa concezione. La SS.  Trinità, propria della fede cristiana, infatti, se intesa in quel  senso, avverrebbe in una fase successiva all'unicità di Dio,  per cui potrebbe essere una nozione comune su cui fondere le  tre religioni. Ma anche qui, ci sarebbe un falso teologismo.  Ecco come lo spiega il Padre Marananche S. J. 1: 
«La Rivelazione corre il rischio di aggiungersi come  un piano sovrapposto a questo piano-terra indispensabi­ le. La Trinità non influisce realmente sull'Unità, non  porta a ripensarla da cima a fondo. Di qui la tendenza  degli apologisti a svendere la differenza cristiana in nome  di un ecumenismo di cortesia o ... d'impazienza». (p. 18).  E ancora: «È impossibile, per la cristianità, pensare una  divinità fuori del gioco della carità, attraverso la quale si  comunica; essa non esiste senza il dono (d'amore) che fa  di sè stessa e che è essa stessa. Ciò che in noi è separato, in  Dio coincide» (p. 226). 
Quindi: il "Dio naturale", che si vorrebbe comune alle "tre religioni monoteiste", è un essere che non ha alcun  fondamento, perché altro non esiste che nella mente umana.  Jean Zizoulias scrive; «Sarebbe impensabile parlare di  un "Dio uno" prima di parlare del Dio che è "comunione",  cioè della SS. Trinità. La SS. Trinità è un concetto  ontologicamente primordiale, e non una nozione che si  aggiunge alla sostanza divina» (p. 227). 
Non tragga in inganno lo studio separato di "Dio, Uno e  Trino", come si fa in teologia scolastica, perché questo è  questione solo di metodo, per chiarezza di discorso. Il docen­te non deve dare l'impressione che la Trinità sia "un correttivo  aggiunto in un secondo tempo all'unità divina". No! essa  non è "un'aggiunta secondaria o facoltativa", ma la Trini­tà delle Persone è l'essenza stessa della divinità; è il modo  unico, inimitabile che ha Dio di essere Uno. Quindi: "L'im­portante è respingere decisamente una teologia a due livelli:  un piano-terra universale ed evidente; un piano facolta­tivo ed aggiunto che sarebbe il vero ostacolo all'unanimi­tà" (p. 22). È un grave errore unire il monoteismo cristia­no a quello giudaico e musulmano. È una falsa prospetti va,  perciò, usare l'espressione "religioni monoteistiche", per­ ché il contenuto di queste tre religioni è essenzialmente e  radicalmente diverso! 
Dopo il sopradetto, viene spontanea la domanda: ma la  riunione "ecumenica" di Assi,si del 27 ottobre 1986 aveva  presente questa necessaria distinzione teologica? E Gio­ vanni Paolo II ha creduto, forse, di rassicurare gli animi  cattolici dicendo che non si sarebbe trattato di "pregare  insieme, ma di essere insieme a pregare"? .. E con questo  ha creduto, forse, di allontanare ogni pericolo di sincretismo? ..  Per cogliere meglio il suo pensiero, va letto il suo discorso  ai Cardinali,z in cui Egli cerca di definire "lo spirito di  Assisi", "l'evento di Assisi", il "ministero di Assisi", in  funzione della "unità dell'unico Popolo di Dio", quale è  descritto nel Decreto del Vaticano II sull'ecumenismo,  "Unitatis Redintegratio"
Ebbene, il Papa parla come se questa "unità sopranna­turale" della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, - che è il vero  scopo dell'ecumenismo! -provenisse dal fatto che gli uomini  sono capaci di pregare. Anche questo si è visto ad Assisi.  Egli ha detto: «l'unità che proviene dal fatto che ogni  uomo e donna sono capaci di pregare, cioè di sottometter­ si totalmente a Dio e di riconoscersi poveri davanti a Lui»  (par. Il). 
Ma è stata una affermazione grave, che ha generato una  confusione drammatica. Infatti, il teologo si è posto subito la  questione: non essendoci, nel discorso del Papa, alcuna  distinzione tra ordine naturale e ordine soprannaturale, è  poi vero che "ogni uomo e donna sono capaci di pregare,  cioè di sottomettersi totalmente a Dio?". 
La risposta teologica è: sì, sul piano naturale, perché è  inerente al sentimento religioso che Dio ha messo in ogni  uomo e donna; ma questa preghiera non fonda l'unità del  Corpo Mistico, che è di ordine assolutamente superiore.  Quindi, la Chiesa, Sposa mistica di Cristo, non può avere  questa capacità "naturale" di pregare; pensarlo e dirlo è  certamente eretico! 
Infatti, per costruire l'unità del Corpo Mistico- mistero  soprannaturale! - occorrono il merito e una preghiera so­prannaturale che solo la Fede e la Carità possono far  nascere nell'anima. Negarlo, significa negare la necessità  della Incarnazione e della Redenzione, e sarebbe abbassare  a livello di realizzazioni umane tutta l'economia della sal­vezza, il che, allora, sarebbe un autentico naturalismo! Ne  consegue, perciò, che la giornata di Assisi, che riunì, attorno  al Papa, infedeli, pagani ed idolatri, fu costituita solo da un sentimento religioso naturale, e perciò estraneo alla vera  Fede, e perciò impotente a salvare! 
Il sentimento religioso, infatti, non è la Fede! Purtrop­po, ormai, si è fatta una grande confusione tra Fede e senti­ mento religioso. Da qui, lo scacco continuo e principale  dell'ecumenismo d'oggi. Padre Emmanuel, nel suo scritto:  "Lettre a une mère sur la foi", al capitolo VI, intitolato:  "Quale differenza c'è tra la fede e il sentimento religio­ so?", scrive: «
Ci sono dei popoli, presso i quali il sentimento religio­ so è profondissimo, e questo naturalmente, per esempio,  tra gli Arabi. Un arabo non mancherà mai alla sua  preghiera del mattino, del mezzogiorno e della sera. Sente 
il "muezzin" gridare dall'alto del minareto la formula  sacra: "La Allah ... " ecc., e tosto si mette a pregare, sia che  si trovi in compagnia, sia in mezzo ad una piazza, sia che  sia intento ad un qualunque lavoro; è l'ora, egli prega.  Per questo stesso sentimento religioso, l'arabo riferisce  tutto alla volontà di Dio; i casi della vita, la salute, la  malattia, anche la morte; tutto riferisce a Dio e in tutte le  circostanze ripete: "Dio è grande!". Ecco il sentimento  religioso in tutta la sua potenza. 
Ricordatevi, però, che la nostra natura è decaduta in Adamo; e da una natura decaduta non può che uscire un  sentimento religioso anch'esso decaduto. La natura non  può risollevarsi da sola, e il sentimento religioso, pura. mente naturale, non può assolutamente ricondurre l 'uo­ mo a Dio né trarlo dal peccato". Quindi: il sentimento  religoso è in sè stesso buono, ma insufficiente, da solo, a  salvare. E questo perché manca della Fede teologale, virtù  infusa col Battesimo. 
«La Fede- continua P. Emmanuel- non è nell'ordine  naturale. La Fede è l'assenso del nostro spirito alla verità  rivelata da Dio. È un bene che non scaturisce dalla nostra  natura, ma che le è dato dall'alto per guarirla. La Fede è  essenzialmente purificatrice: "Fide purificans corda"  (Act. 15, 9) ... La Fede è essenzialmente fortificatrice:  "Confortatus in fide", dice S. Paolo (Rom. 4, 20). E anco­ ra: "Tu autem fide stas": se stai in piedi, è per la Fede  (Rom. 11, 20). La Fede vivifica. Il giusto vive di fede: essa  lo rende presente, vivo nei nostri cuori:" "Christum  habitare per fidem in cordibus vestris" (Ef. 3, 17). La  Fede è il principio di un mondo nuovo, rigenerato in Gesù  Cristo Nostro Signore. La Fede è la luce che precorre gli  splendori dell'eternità, nella quale vedremo Dio. La Fede è la madre della santa speranza e della divina carità». 
È chiaro, quindi, che la distinzione tra Fede e sentimen­to religioso ha la sua base fondamentale sull'altra distinzio­ ne: la distinzione tra ordine naturale e ordine sopranna­turale. 
Tutte le questioni teologiche gravitano qui, e a questo  bisogna rifarsi ogni volta che si parla di natura, di Grazia, di  rapporti dell'anima con Dio, del mistero della Chiesa, della  salvezza degli infedeli. 
Quindi, anche a questa domanda: "abbiamo lo stesso Dio  che i mussulmani?", si risponde con quella distinzione,  senza la quale anche l'ecumenismo è malinteso, perché fuori  strada! 

sac. Luigi Villa

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