All’incredulo perché sia meno scettico, e al sacerdote perché sia meno tiepido.
L'Eucaristia guarisce
L'Eucaristia che guarisce è un concetto ben compreso da chi frequenta i gruppi carismatici e partecipa alle loro cerimonie. Ma stiamo attenti a non classificare le Messe in due tipi: quelle che guariscono e quelle che non lo fanno, perché in ogni Messa è presente il Medico con la sua medicina.
A) IL PROCESSO DI GUARIGIONE NELLA MESSA
Ogni singola parte della Messa è una fase del processo di guarigione.
All'introduzione, col segno della croce, riconosciamo di essere alla presenza della SS. Trinità, alla sorgente da cui attingere il salutare amore divino.
Col rito penitenziale, nel quale confessiamo i nostri peccati, il perdono che ne deriva ristabilisce la comunicazione con Dio e apre la via della guarigione.
La Parola, se viene ascoltata e ricevuta, trasforma e riempie di energia divina.
Col "Padre nostro", chiediamo non solo il pane quotidiano, e con esso la salute per procurarcelo, ma pure la liberazione dal male.
Nel rito della comunione avviene l'innesto formale e sostanziale di ogni singolo tralcio all'albero della vite: operazione che permette di ricevere la linfa rigeneratrice, portatrice di nuova vita.
Con la benedizione finale, diventiamo testimoni dell'unico amore che guarisce. L'«andate in pace» del celebrante, infatti, ci parla di quella pace che scaturisce dall'intima gioia dell'essere stati guariti.
B) GLI ASPETTI DELLA GUARIGIONE
C'è chi è toccato dalla grazia del miracolo, ma ce ne sono tantissimi altri per i quali non segue guarigione alcuna. Ma è proprio così? Premesso che a Dio appartiene l'esclusivo diritto di scegliere quando, come e chi guarire, la guarigione non è solo la liberazione dal dolore e dalla malattia del corpo. Questa è una guarigione fisica, esteriore, ma v'è anche una guarigione di tipo interiore.
I mali, infatti, sono di natura fisica, mentale, emozionale e spirituale.
Quando vediamo storpi, muti e ciechi dirigersi verso l'altare, e dal quale ritornano storpi, muti e ciechi, non soffermiamoci sulla loro fisicità: la nostra piccola mente non può capire il grande mistero di Dio; i nostri occhi non percepiscono le dimensioni del profondo. Dio vuole solo la salvezza dell'uomo, e Lui sa come fare.
L'incontro con Gesù, che si fa reale nella Comunione, comporta sempre una qualche forma di guarigione, anche quando il difetto fisico permane, ma solo se ci si dispone in modo tale da permettergli di intervenire: non è possibile avere, con le imposte chiuse, una stanza illuminata dai raggi del sole!
Per San Paolo (Cfr. 1 Cor 11,27-30), addirittura, "[ ...] chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna".
"È per questo - conclude rivolgendosi ai cristiani della chiesa di Corinto - che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti".
Riconoscere vuol dire aderire a Gesù in questo mistero, sia con la mente che con il cuore.
Ora, se il non riconoscere questo mistero è stata, secondo San Paolo, la causa di malattia, infermità e morte tra i Corinzi, il riconoscerlo non può che essere causa di salute e vita, fonte di guarigione; e se lo è stato per quel tempo, continuerà ad esserlo in ogni tempo.
L'Eucaristia guarisce sia durante la celebrazione che fuori di essa: nelle Messe dei gruppi carismatici e in quelle quotidiane; nelle Messe celebrate in luoghi che sono mète di pellegrinaggi e in quelle delle nostre parrocchie; per le strade, partecipando alle processioni del SS. Sacramento; in adorazione ai piedi dell'altare; nelle nostre case quando vi entra.
Gesù Ostia guarisce sempre, dunque. Condizione indispensabile perché ciò avvenga, è la nostra predisposizione ad accoglierlo.
«Vattene al Sacramento come infermo al medico»: esorta Fra Serafino da Fermo (1496-1540), predicatore e scrittore ascetico, grande guida di anime
E per il Medico celeste non c'è male che non possa essere curato.
C) ALCUNI ESEMPI
Alla domanda dei discepoli sul perché un uomo fosse nato cieco, Gesù risponde semplicemente: "perché si manifestassero in lui le opere di Dio" (Gv 9,3). E lo guarisce.
Da questa guarigione 'visibile', scaturisce la guarigione 'invisibile' di molti altri: sono quelli che crederanno in virtù di quanto hanno visto o udito; sono i ciechi che vedranno con la luce della fede.
Il vero miracolo non è la guarigione in sé, ma quello che la guarigione porta oltre il tempo in cui viene compiuto.
Un esempio è Lourdes. Qui si assiste alla guarigione di ogni sorta di ammalati: quando vengono immersi nelle piscine, durante l'elevazione eucaristica, dopo la Comunione, al seguito della processione col SS. Sacramento. Maria intercede e Gesù agisce.
Le guarigioni fisiche sono poche rispetto a quelle interiori che non si contano. Le prime, scientificamente documentate, sono custodite negli archivi; le altre, scritte nei cuori, sono custodite nella memoria del tempo. A testimoniarlo è l'affluenza di una moltitudine di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, in ogni periodo dell'anno.
A luoghi noti, si affiancano luoghi meno noti, dove il miracolo è mantenuto vivo dalla devozione popolare. È il caso, ad esempio, della cattedrale di La Rochelle (Francia), in cui si ricorda il 'miracolo del muto'.
Un giovinetto, Bertrand Leclerc, il giorno di Pasqua del 1461, dopo aver ricevuto l'Eucaristia, riacquista l'uso della parola, persa da sette anni a seguito di un incidente.
L'episodio è documentato da un quadro-manoscritto esposto in questa chiesa.
Anche biografie di santi, degne di attendibilità storica, testimoniano sull'Eucaristia che guarisce. Un episodio ci viene offerto da San Bonaventura da Bagnoregio, in una pregiata biografia del Santo d'Assisi.
Il fatto accade a Tebe, una città della Grecia. È il giorno della festa di San Francesco. Una donna cieca, dopo aver digiunato il giorno prima a pane e acqua, si fa accompagnare in chiesa dal marito. «Durante la celebrazione della Messa, al momento dell'elevazione del Corpo di Cristo, la donna apri gli occhi, vide con chiarezza, si prostrò in devotissima adorazione.
Così adorando, gridò forte: "Grazie a Dio e al suo Santo, perché io vedo il Corpo di Cristo". Tutti si voltarono verso quel grido di esultanza. Compiute le sacre cerimonie, la donna con la gioia nello spirito e la luce negli occhi, tornò a casa sua, tutta esultante, non solo perché aveva recuperato la vista, ma anche perché le era stato concesso di vedere, prima d'ogni altra cosa, quel mirabile sacramento, che è luce vera e viva delle anime».
Ci sono casi di guarigione di cui si viene a conoscenza solo quando si entra in contatto coi miracolati.
Così racconta Georgette Faniel, la mistica stigmatizzata di Montreal, in un intervista rilasciata al giornalista Pierre Jovanovic, nel 1992:
«Oggi è soprattutto l'Eucaristia che mi sostiene. Mi ha persino guarito da una paralisi del lato destro del viso. Un pomeriggio ho sentito la mia voce interiore che mi diceva: "Mia beneamata, ricevi il corpo di Cristo e sarai guarita". Padre Girard era appena entrato e io tentai di fargli un cenno con la mano sinistra, per indicargli il cielo, l'ostia e la bocca, ma lui pensò che gli chiedessi di chiudere la tenda e quindi andò alla finestra. Quando tornò verso di me pregai il Signore di fargli capire che volevo fare la comunione. Per quanti gesti facessi, non capiva proprio. Prima che se ne andasse, dissi al Padre eterno: "Se volete che resti paralizzata, che sia fatta la vostra volontà, ve ne ringrazio. Se no, se volete guarirmi affinché io possa testimoniare, ispirate padre Girard, affinché mi dia l'Eucaristia". Essendo un cappellano, aveva sempre le ostie con sé. Era il 20 di gennaio. Mentre stava per uscire, si girò verso di me e disse: "Ah, dimenticavo di benedirla". Poi, vedendo il mio viso aggiunse: "E se le dessi un frammento di ostia, pensa che potrebbe aiutarla?". Quindi mi diede l'ostia, si alzò e si preparò per uscire. Quando la benedizione terminò, gli dissi grazie senza nemmeno rendermene conto. Rimase sbalordito. "Com'è possibile? Parla, si muove... Lei è guarita!". E scoppiò in singhiozzi. Non avevo mai visto un uomo piangere così. Era la prima volta che assisteva a un miracolo.
Quando ho telefonato al medico, ha riattaccato credendo che si trattasse di un brutto scherzo, perché sapeva che non potevo parlare. L'infermiera che lavorava per lui è venuta subito e ha visto con i suoi occhi che era vero. Non riusciva a capacitarsene. Un'altra volta ero gravemente malata, avevo un'emorragia terribile e stavo per farmi portare in ospedale. Poi dissi a padre Girard: "Mi dia l'Eucaristia, sono sicura che starò meglio" e infatti mi ripresi subito. Ero sicura che il Signore aveva voluto mettere alla prova la mia fede. Quindi capisce che non posso non aver fede nell'Eucaristia»'.
Un caso in cui l'Eucaristia guarisce sia i mali del corpo che dell'anima, lo presenta Padre Dario Betancourt, teologo e psicologo, noto per i suoi corsi e seminari di spiritualità ch'egli tiene in diverse parti del mondo.
«Nella città di Escazù in Costa Rica - racconta -, venne per l'Eucaristia una donna che si guadagnava da vivere facendo la ballerina in un locale notturno. Questa donna aveva un cancro esterno in uno dei seni. Racconta che fece un atto di contrizione per i peccati commessi durante tutta la sua vita e si avvicinò per ricevere la santa Comunione.
Nel momento in cui Gesù venne nel suo cuore, dopo molti anni che non si era accostata ai sacramenti, sentì il suo seno bruciare come se ardesse fortemente. Al termine dell'Eucaristia tornò a casa di corsa per togliersi le bende e con grandissima sorpresa constatò di essere completamente guarita, le rimaneva solo una cicatrice come resta dopo un intervento. Piena di gioia questa donna chiese perdono a tutti gli uomini che aveva fatto peccare e parlava loro di Gesù come il Signore della sua vita e suo personale Salvatore. Oggi il suo antico bordello è diventato una casa di preghiera».
L'Eucaristia, dunque, ch'è Gesù in mezzo a noi, guarisce ancora, guarisce sempre. Egli non ha mai smesso di operare prodigi sui corpi martoriati dalle malattie, sui cuori induriti dall'egoismo, sulle menti chiuse alla fede, sulle anime attanagliate dal maligno.
Egli opera in ogni tempo e in ogni luogo, nel clamore o nel silenzio, con l'unico scopo di aiutare tutti gli uomini a percorrere la via della fede, e condurli nella casa del Padre, guariti dall'ultima malattia ch'è la morte.
D) LA TESTIMONIANZA DI PADRE PEDRO ARRUPE
Padre Pedro Arrupe, superiore generale dei Gesuiti, scomparso qualche anno fa, in una sua visita a Lourdes, nel luglio del 1926, quand'era ancora uno studente di medicina, assiste in prima persona agli eventi straordinari che daranno una svolta alla sua vita. Egli stesso descrive quell'indimenticabile esperienza in cui affondano le radici della sua vocazione religiosa:
«Una delle prime cose che riuscii a ottenere - racconta Pedro -, malgrado non avessi ancora terminato gli studi di medicina, fu che mi dessero una tessera speciale per potere studiare da vicino i malati che, per mezzo della Vergine, chiedevano la guarigione, o quelli che, dopo essere guariti meno improvvisamente, testimoniavano con la loro salute di aver ricevuto la grazia del miracolo.
Mi rallegrai di poter assistere da vicino nel Bureau de constatation alla verifica dei miracoli, se ci fossero stati. Avevo sentito molte volte alcuni dei miei professori di San Carlos parlare male degli "inganni" di Lourdes.
[...] Il primo caso straordinario fu quello di una religiosa, ancora giovane, di fronte al quale la medicina si era arresa. Vittima del male di Pott, soffriva di tubercolosi alla spina dorsale, con un paio di vertebre già mangiate dal pus. Da tempo ormai un busto di gesso le imprigionava mezzo corpo e una paralisi la immobilizzava quasi completamente.
Con che rassegnazione sopportava le sue sofferenze! Non un lamento, né una parola violenta verso quanti la facevano soffrire involontariamente prestandole cure mediche. Per tutti un sorriso, un gesto affettuoso con gli occhi, e parole uscite a fatica dalle labbra inanimate.
Un giorno ebbe la fortuna di essere portata nel grande piazzale che si apre davanti alla Basilica per ricevervi la benedizione...
Si spalancarono le porte del tempio e la processione si diresse verso il piazzale. Si udì il mormorio di centinaia di voci che recitavano il rosario... E tra un coro di avemarie pronunciate in innumerevoli lingue, le grida dei malati ripetevano la stessa frase: "Nostra Signora di Lourdes, abbi pietà di noi...".
Il Santissimo avanzava molto lentamente... Un vescovo benediceva con il ciborio che si stagliava nel riflesso del sole di agosto, come una croce. In un momento solenne, mentre la processione continuava il suo lento e dolente incedere, si trovarono di fronte, Gesù Cristo, lo stesso dell'Eucaristia e di Gerusalemme, e la monaca paralitica... Io non so come si guardarono, ma ci fu fra loro un contatto d'amore...
Successe all'improvviso. La suora lanciò un grido, si alzò in piedi sulla barella, tese le braccia all'Eucaristia e cadde in ginocchio. "Sono guarita!" potè dire solamente.
E come un amplificatore immenso che raccoglie la voce, la folla tutta ripetè: 'Le miracle!".
Giorni più tardi ebbi occasione di visitare un'altra malata guarita miracolosamente.
Era nata a Bruxelles. Era arrivata ai settantacinque anni in uno stato di salute che lasciava prevedere una rapida fine. Aveva un cancro terribile allo stomaco e i medici le avevano fatto una laparotomia esplorativa nel disperato tentativo di salvarla, pur ammettendo l'impossibilità di riuscirci.
Per prepararla a morire bene, le avevano spiegato la gravità del suo male... Era talmente poco il tempo che, secondo tutti i medici, le rimaneva, che ritardare queste misure essenziali sarebbe stato un crimine. "Non c'è rimedio?" domandò la malata con voce debole. "Purtroppo no. Solo un miracolo può salvarla".
Restò un momento in silenzio. Si concentrò su se stessa e con una fede e una naturalezza che lasciò tutti stupiti, insinuò dolcemente: "E perché non ci mettiamo in condizione che avvenga un miracolo?".
Le sue parole furono accolte con un silenzio d'incertezza e di timore. La paura della morte imminente l'aveva fatta impazzire?
"Se vado a Lourdes, posso guarire" continuò più esplicita. I medici si guardarono e in un gesto unanime diedero la risposta della loro muta consultazione.
"Impossibile, signora. Andare a Lourdes nelle sue condizioni vuol dire di sicuro accelerare la morte. Data la sua debolezza e lo stato generale della sua salute, è impossibile fare un viaggio che le richiede di attraversare tutta la Francia".
Comunque, malgrado l'opposizione formale dei medici, l'anziana non si lasciò convincere.
"E che differenza fa morire per strada fra una settimana o qui fra un mese? Preferisco rischiare di perdere quindici giorni di fronte alla possibilità di guadagnare molti anni. Perché sono sicura che la Vergine può guarirmi, se è bene per me".
Il giorno seguente si mise in viaggio. La trasportarono con ogni cura e arrivò a Lourdes esausta, ma viva.
Nella prima processione che si celebrò dopo il suo arrivo, la collocarono con gli altri malati perché ricevesse lo sguardo del Signore. In mezzo a un silenzio rotto da preghiere, passò davanti a lei Cristo..., senza fare il miracolo.
Tuttavia, quella donna era come la cananea o il centurione del Vangelo, credente di una fede che muove le montagne e strappa a Dio ciò che desidera.
Con la sicurezza assoluta che sarebbe stata guarita, si fece portare a fare il bagno nella piscina dell'acqua miracolosa. Quando uscì, immediatamente dopo, non provò il minimo cambiamento, ma, arrivata all'ospedale dove alloggiava, ebbe fame.
Mangiò, e non avvertì il minimo disturbo. Ore più tardi riebbe un appetito inspiegabile per il suo gravissimo stato di salute, e mangiò di nuovo, cibi sempre più solidi, senza alcuna difficoltà nella digestione e assimilando tutto perfettamente. Dopo tre giorni passeggiava per Lourdes, in perfetta salute, e con un miracolo riconosciuto indubitabile dagli esperti. All'esame ai raggi X, nel suo stomaco non fu trovata la minima traccia del cancro che l'aveva afflitta; il suo organismo si era ristabilito senza lasciare alcun segno della malattia precedente.
La sua fede cieca era stata premiata.
Voglio raccontare anche il terzo miracolo cui assistetti, perché è ricco di alcuni dettagli particolarmente interessanti. Ci fu una concentrazione di pellegrinaggi, con gruppi giganteschi formati da moltissime persone: circa dodicimila credenti si concentrarono nel piazzale per una grandiosa manifestazione di fede.
Anche se nei giorni già trascorsi a Lourdes avevamo assistito a molte processioni, il numero inconsueto di quel raduno ci attirò irresistibilmente verso la Basilica.
Per strada ci incrociavamo con pellegrini e malati che andavano pieni di speranza ad occupare ognuno il suo posto. Mentre attraversavo la strada, ricordo che una delle mie sorelle mi disse: "Guarda quel povero ragazzo nella carrozzella".
Seguii le indicazioni datemi e vidi infatti un ragazzo di circa vent'anni, con l'ostracismo sgarbato di chi soffre di paralisi infantile, spinto da un'infermiera in uniforme.
Il suo aspetto era veramente impressionante, perché sembrava distrutto. Insieme a lui c'era una donna in lutto, probabilmente la madre, col volto avvizzito, più per le sofferenze che per l'età. Dio solo sa da quanto e con che fede chiedevano il miracolo!
L'ondata, sempre più compatta, a mano a mano che la folla confluiva nelle vicinanze del piazzale, si interpose fra il malato e noi, separandoci per il momento. Durante la processione, l'Eucaristia passò benedicendo vicino a quel ragazzo che, quando il sacerdote terminò il suo rituale segno della croce, si alzò dalla carrozzella con un grido emozionato, che trovò un'eco istantaneo nel tradizionale: 'Le miracle, le miracle!". Immediatamente, prima che la folla entusiasta potesse avvicinarsi, i barellieri formarono davanti a lui una doppia barriera umana con le loro lettighe.
Riuscire a fare in modo che non lo schiacciassero nella violenta emozione che commosse le masse fu il secondo miracolo che gli salvò la vita. Perché tutti volevano toccarlo e domandargli mille cose...
Grazie alla mia tessera di medico ebbi occasione di osservarlo da vicino, mentre gli stavano facendo la visita ufficiale per testimoniare la veridicità del miracolo. Era un caso evidente che non ammetteva la minima ombra di dubbio né il minimo cenno di discussione».
Il giovane Pedro, in seguito, dichiarerà: «Sentii Dio così vicino nei suoi miracoli che mi trascinò violentemente dietro di lui. E lo vidi così vicino a quelli che soffrono, che piangono, che naufragano in questa vita di abbandono, che si accese in me il desiderio ardente di imitarlo in questa volontaria vicinanza ai rifiuti del mondo, disprezzati dalla società, che non sospetta nemmeno che ci sia un'anima che vibra sotto tanto dolore.
Le mie inquietudini di allora, quelle nate quando i ragazzetti di Vallecas mi avevano detto con la loro miseria che c'era nel mondo tanta tristezza da consolare, trovarono il canale di una vocazione molto più sublime di quella fino ad allora sognata».
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