martedì 23 marzo 2021

PADRE PIO E IL DIAVOLO

 


Gabriele Amorth racconta...

La Chiesa è spesso una madre severa, nei confronti dei suoi figli futuri santi, finché sono  in vita; non mancano certo casi di incomprensioni anche clamorose, come ricordava Pio XII,  papa Pacelli, quando gli veniva fatto notare che il monaco di San Giovanni Rotondo era nel  “mirino” del Sant’Uffizio. Ma il tipo di attenzioni che Padre Pio ha dovuto subire per quasi  tutta la sua esistenza è talmente straordinario da suscitare realmente il dubbio di una  strategia diabolica. Nelle testimonianze raccolte nei cospicui volumi della Positio il sospetto  emerge con frequenza. Don Gabriele Amorth ne è convinto, ma il suo racconto getta una  luce ulteriore sul tipo di battaglia ingaggiata dal demonio contro il santo. «Certamente Padre Pio ha avuto costantissima questa lotta contro il demonio, per strappargli anime; e la pagava di persona perché il demonio lo percuoteva non solo fisicamente, ma lo percuoteva psichicamente. Ci sono due tormenti di cui sono diventato consapevole solo dopo la morte di Padre Pio, quando sono venuto a conoscenza dei suoi scritti ai direttori spirituali. Padre Pio per tutta la vita ha vissuto con due incubi, e anche in questo c'era la mano del demonio: il terrore di commettere un peccato, e l'incubo di perdere la fede. Il demonio gli dava delle tentazioni fortissime, per farlo cadere nel peccato. Che tipo di peccati? Magari il peccato di superbia! Con tutte quelle persone che andavano intorno a lui, che pendevano dalle sue labbra, che gli erano devotissime... Era facile che cadesse in peccati di superbia. Era facile. E anche la perdita della fede non era poi così impossibile, sarebbe stato umano che si stancasse di tutte quelle sofferenze, che non ne potesse più di una vita così. Qualcuno si è preso la briga di calcolare in quanti pochi metri quadrati è vissuto per cinquantatré anni: il confessionale, l'altare e la sua celletta. Per cinquantatré anni! E non parliamo poi delle persecuzioni della Chiesa! Due papi ci fanno una pessima figura, Pio XI e Giovanni XXIII. Però Papa Giovanni, ed è storicamente provato, nelle ultime settimane di vita non faceva che ripetere: “Su Padre Pio mi hanno ingannato". L'ho saputo dal postulatore della causa. Giovanni XXIII era un devoto di Padre Pio, quando era patriarca a Venezia. Si raccomandava alle sue preghiere. Poi Bortignon, e Maccari, hanno combinato i guai che hanno combinato. Aiutati anche da altri, fra cui qui a Poma c'era monsignor Terenzi, che è stato rettore del Divino Amore. Che vorrebbero canonizzare; ma è bloccato proprio per questo. C'è una frase tremenda di Padre Pio: un giorno gli dissero che era arrivato monsignor Terenzi in convento, e Padre Pio disse: “Andiamo da quel Giuda". E Padre Pio gli aveva fatto un grande favore, riguardo a don Calabria. Monsignor Terenzi era anche molto devoto di don Calabria, e un giorno andò da Padre Pio, che gli disse: se vuol vedere don Calabria, vada a trovarlo subito. Immediatamente  - allora i treni erano quello che erano - da San Giovanni Rotondo andò a Sanremo, dove viveva don Calabria, arrivò nel pomeriggio, vide don Calabria, gli parlò, lo trovò abbastanza bene. Si chiese: chissà perché Padre Pio mi ha detto così? Ha preso il treno, di notte è tornato a Roma. 

Quando giunse a Roma seppe che nel frattempo don Calabria era morto». 

MARCO TOSATTI

Nessun commento:

Posta un commento