domenica 28 marzo 2021

La battaglia continua 3

 


APERTURA AL MODERNISMO APERTURA AL MODERNISMO DI PAOLO VI DI PAOLO VI

È un dato di fatto che, con l’avvento di Paolo VI al soglio pontificio, si iniziò quella religione riformista che, gradualmente, soppiantò quella tradizionale. Prova ne è la Sua posizione teologica, decisamente contraria - quando non opposta! - a quella di S. Pio X e di Pio XII. Nessuna meraviglia! Montini non fu mai neppure un “seminarista”, perché frequentò solo da “esterno” il Seminario (di Brescia). Esentato dalle lezioni regolari di teologia, faceva gli studi (?!) a casa sua, ad eccezione di pochissimi mesi (Cfr. William E. Barret, p. 64). Di più: è risaputo che più di teologia egli si dilettava di letteratura, e che teneva scambi culturali con persone di ambienti notoriamente “modernisti”! Ad esempio: fu frequentatore assiduo - anche da sacerdote - del salotto milanese del conte Gallarati Scotti, esponente lombardo del Modernismo; un luogo d’incontri, cioè, degli esponenti del modernismo, sia nostrano che estero.

 Da notare anche che a Roma, da quando Montini era già Assistente della FUCI, era giudicato dai gesuiti e dal Vicario di Roma, il cardinale Marchetti Selvaggiani, come “persona da sorvegliare in ogni atteggiamento, proprio per le sue intenzioni e attitudini inquietanti” (Cfr. Lettera di Montini al suo Vescovo, il 19 marzo 1933, in: Fappani-Molinari: “Montini giovane”). E quella Sua “mens” modernista non era poi così latente, come lo dimostra il fatto narrato da Jean Guitton, in “Paul VI secret”, là dove riporta il suo colloquio con Paolo VI sulla grande enciclica contro il neo-modernismo di Pio XII, la “Humanae Generis”. A Guitton, infatti, Paolo VI disse: 

«Avete indubbiamente notato le sfumature inserite nel testo pontificio. L’enciclica, ad esempio, non parla di “errori” (“errores”); questo significa che la Santa Sede mira a condannare non gli errori propriamente detti, ma i modi di pensare che potrebbero portare ad errori, ma di per sè restano rispettabili. Daltronde, ci sono tre ragioni perché l’enciclica non sia deformata. La prima, posso confermarvelo; è la volontà espressa del Santo Padre; la seconda, è la mentalità dell’episcopato francese, così largo di spirito, così aperto alle correnti contemporanee. Certo, qualunque episcopato è sempre portato… ad allargare le vie della dottrina e della Fede. E indubbiamente ha ragione!.. Infine, la mia terza ragione: i francesi sono intelligenti!».

Un vero squallido sproloquio di Paolo VI!.. Pio XII non la intendeva affatto così! Nella Sua “Humanae Generis”, infatti, condannava, con toni gravi e solenni, la “nuova teologia”, e aveva richiamato Vescovi e Superiori Generali, “onerata in maniera gravissima la loro coscienza”, perché curassero “con ogni diligenza che opinioni di tale genere 3 La Batt. continua ANNA:3 La Batt. continua 03/08/10 09:54 Pagina 18 19 non siano sostenute nelle scuole e nelle adunanze e conferenze, nè con scritti di qualsiasi genere, e nemmeno insegnate, in qualsivoglia maniera, ai chierici e ai fedeli”. Ecco, quindi, il “tradimento” di Montini che asserisce, addirittura, che gli “errori”, condannati da Pio XII, sono invece “opinioni rispettabili”; e assicura che questa era la “volontà espressa” dallo stesso Pio XII; e che a Roma si confidava nella “larghezza di spirito” dell’episcopato francese, affinché si allargassero, pastoralmente, le “vie della dottrina e della Fede”, perché loro (i vescovi francesi!) erano “intelligenti”! (e gli altri, no?..).

Comunque, non piacque a Pio XII questo “sforzo” (di Montini) per ridimensionare la portata dell’intervento pontificio, e “deplorò la nessuna cura presa dai rappresentanti della Compagnia di Gesù, a cui si era rivolto, nel settembre 1946, perché seguissero fedelmente le direttive pontificie” (Cfr. Martina s. j., p. 56-57). Seguiranno, poi, le misure disciplinari contro padre de Lubac e la sua “banda”!.. Ma quell’ammirazione per la “nouvelle théologie”, da parte di Montini, era di vecchia data. Richiamo solo questo esempio: mentre fervevano le polemiche sulla “ortodossia” di Blondel, modernista, Montini (allora ancora Sostituto alla Segreteria di Stato di Pio XII!), gli scrisse una “Lettera”, (Cfr. “Documentation Catholique” dell’8 luglio 1945) a nome di Pio XII, ma che recava, però, solo la firma di Montini! In quella “Lettera”, Montini approvava in pieno (“salvo qualche espressione, che un rigore teologico avrebbe voluto più precisa”), mandando all’aria tutti gli studi critici, serrati e documentati, che erano già usciti sulle deviazioni, esplicite ed implicite, del pensiero di Blondel. Quindi, anche qui, risulta chiaro che Montini aveva agito da “Papa” (senza ancora esserlo!), usando della Suprema Autorità della Chiesa, per propagare la “nouvelle théologie”, con effetti dannosissimi per la Fede!.. Cioè: mentre Pio XII chiudeva le porte al neo-modernismo, Montini, spudoratamente, le apriva alle sue spalle!.. E così, i teologi neo-modernisti si facevano un argomento di… autorità di quella “Lettera” di Pio XII, inviata da mons. Montini, fingendo di ignorarne il… tradimento! Purtroppo, quella “Lettera”, falsata da Montini, fu l’inizio del disastro post-conciliare! La “nuova teologia” travolse, infatti, poi, ogni resistenza tradizionalista! Altro che “Papa tentenna”, quindi!.. Paolo VI sapeva bene quello che voleva, e sempre operò in quella direzione di apertura al “modernismo” con grande ostinazione. Lo riconobbe lo stesso de Lubac in: “Memoria intorno alle mie opere” (Jaka Book, p. 420): “Con una fermezza metodica e tenace - scrisse de Lubac - che smentisce una leggenda ugualmente tenace”. Arrivò perfino a riabilitare - senza alcun argomento che quello della Sua autorità! - sia de Lubac che Teilhard de Chardin, benché le loro opere fossero state colpite da un “Monitum” del Sant’Uffizio! E con la medesima “fermezza metodica e tenace”, Paolo VI piegherà, scoraggerà e colpirà l’ortodosso mons. Lefebvre, come ogni altra resistenza, mettendo le leve dei comandi in mano ai “novatori”, assicurando loro il futuro, con una serie, più o meno balorda, di “riforme” (compresa la riforma delle norme per l’elezione del Sommo Pontefice!). Comunque, è un fatto che, appena arrivò al potere, Paolo VI mostrò subito il Suo “modernismo”, vanificando ogni salda tradizione, annullando il giuramento anti-modernista; abrogando la “Professione di Fede” del Concilio di Trento, prescritta da Pio IV; abrogando l’Indice dei libri; smantellando il Sant’Ufficio, baluardo anti modernista; non condannando il “Catechismo olandese”, perché Lui stesso predicava di continuo la “libertà di pensiero”; lasciando denigrare S. Pio X, mediante la “Radio Vaticana” e l’“Osservatore Romano” (4 e 6 settembre 1977), quale Pontefice anti-modernista; promovendo un ecumenismo in chiave modernista, eretica e utopistica; rimettendo sulla cattedra dell’Istituto Biblico i professori che erano stati espulsi dopo una condanna del Sant’Uffizio; mettendosi dalla parte dei peggiori pseudo-teologi, quali Rahner, Chenu, Congar, Schillebeeckx, Küng, e via dicendo… E così facendo, ha potuto rimettere tutto in “dubbio”, tutto in “ripensamento”, in “ricerca”, in “diagnosi”, in “dialogo”. (S. Paolo disse di “proporre” la Verità, non di dialogarla! E Cristo impose il “docete”, imperativo, e non il “dialogate”!); lasciando così libero corso ai teologi modernisti di attaccare ogni ramo dei dogmi, delle “verità” di Fede!.. E questo perché la Sua costruzione di una “nuova Chiesa” escludeva ogni discussione dogmatica; e perché quel Suo “modernismo umanista” esigeva la base di un umanesimo. A questo punto, possiamo dire che la “persona” Montini aveva conservato, anche da Pontefice, tutte le idee storte che, ignorantemente, aveva prese da Teilhard de Chardin, da Maritain e dal cristianesimo vagamente letterario di Bernanos, per cui se, in politica, aveva sempre osteggiato, prima, Pio XI (ingannandolo anche a proposito dei “fatti” del 1931!), e poi, Pio XII, contrastandolo, mentre operava per stipulare un Concordato con la Spagna, e tradendolo con le sue fila segrete con Mosca, in dottrina, come Sommo Pastore della Chiesa e quale Suprema Autorità responsabile, Paolo VI non vigilò affatto perché al Suo “popolo fedele” venisse dato un insegnamento catechistico di piena e assoluta fedeltà alla dottrina della Chiesa di sempre! Il Suo “riformismo”, ormai, si è rivelato fragile e dannoso alla prova dei fatti. Le sue ripercussioni religiose e politiche sono sotto gli occhi di tutti e non hanno nulla di edificante. Dalla porta delle Sue “riforme” è passato, in politica, il “compromesso storico”, e, nella Chiesa cattolica, “l’auto-distruzione”!..

sac. Luigi Villa

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