Il caso di Milziade, di Stratone e di Cassiano.
17. Era ancora giorno, quando tentarono di invalidare la sentenza del vescovo di Roma, Milziade, che discolpò e assolse Ceciliano, denunciando anche lo stesso Milziade come traditore 54. E poiché si esigeva da essi di provare tale accusa, lessero un documento interminabile, nel quale non compariva affatto il nome di Milziade per aver consegnato alcunché. Produssero ancora altri atti, in cui si leggeva che Milziade aveva inviato al prefetto della città alcuni diaconi, muniti di lettere dell'imperatore Massenzio e del prefetto del pretorio al prefetto della città, per recuperare i luoghi confiscati ai cristiani durante la persecuzione. E poiché non emerse il minimo indizio sulla colpevolezza di Milziade, sostennero che negli atti relativi al crimine di tradizione, letti anteriormente, era stato menzionato un certo Stratone come traditore, nome che portava anche uno dei diaconi inviati da Milziade per recuperare i beni della Chiesa. Sostenevano che si trattasse proprio di lui, senza riuscire però a fornirne le prove. E neppure riuscirono a dimostrare che il presunto traditore Stratone fosse almeno un diacono. Ammesso che realmente fosse così, noi rispondemmo loro che, per un breve periodo di tempo, ci furono nel clero della Chiesa di Roma due diaconi di nome Pietro. Ma essi erano talmente accecati nella loro mente che continuavano a lanciare oscure calunnie, con l'aggiunta di una menzogna più che evidente: la coincidenza non soltanto del nome, ma anche delle località, delle regioni e delle persone, che concorrevano nel dimostrare che non si trattava d'altri se non di questo Stratone, benché negli atti non vi fosse la minima concordanza con tutto ciò, all'infuori dell'identità del nome. Ora, fa parte del costume più consolidato del genere umano che, non solo due, ma più persone siano chiamate con lo stesso nome. E lo dimostrarono molto bene con il loro Donato di Cartagine: temendo di vederlo condannato dal tribunale di Milziade, poiché lo tengono in grande considerazione, protestarono vibratamente che non lo si doveva confondere con Donato di Case Nere, perché questo Donato di Cartagine non era stato inviato contro Ceciliano al tribunale episcopale di Milziade. Era talmente fonda la notte che gravava sul loro cuore, da non volere che Donato fosse disonorato per la rassomiglianza con il nome di un altro, mentre pretendevano di infangare Milziade perché aveva un nome simile a quello di un altro
55. Ora, invece, si dice che aggiungano al nome di Stratone anche quello di Cassiano, di cui non avevano fatto parola durante la conferenza. Come se soltanto Stratone potesse avere un omonimo, e non anche Cassiano! Così pure, sempre ottenebrati dalla loro notte interiore, non si sono accorti che, oltre ai due Giovanni, il Battista e l'Evangelista, vi sono due Simone, uno Pietro e l'altro Mago; e per finire, persino nel ristretto gruppo degli Apostoli si contano, non soltanto due Giacomo, uno figlio di Alfeo e l'altro di Zebedeo, ma anche due Giuda, uno santo e l'altro demonio 56. E chi mai avrà lo spirito così ottenebrato da incriminare l'Apostolo Giuda del tradimento di Giuda, a meno che non voglia imitare costoro! Non c'è affatto da stupirsi se la reputazione di Milziade subisse dopo tanto tempo, a proposito dei due Cassiano o dei due Stratone, calunnie da parte loro, parallelamente a quelle che subì la verità del Vangelo a proposito dei due Erode. Infatti, poiché non è specificato quale sia l'Erode che massacrò gli innocenti al posto di Cristo e subito dopo morì, né quale Erode si unì a Pilato per perseguitare Cristo, qualcuno potrebbe pensare che si tratti dello stesso individuo, e quindi accusa il Vangelo di falsità, proprio come costoro, i quali pensano che vi sia stato un solo Stratone o un solo Cassiano e rimproverano a Milziade il crimine di tradizione. Ora, equivocare sul nome di Erode è un errore più tollerabile, poiché in tal caso vi è una certa concordanza, non solo sul nome ma anche sulla dignità - si legge infatti di entrambi: il re Erode -, costoro invece hanno inventato una concordanza inesistente di dignità, in quanto non hanno potuto in alcun modo leggere che quei due fossero diaconi.
Sant'Agostino
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