Si spiega cosa sia spirito, e di quante sorte esso sia.
L'apostolo S. Giovanni ci avverte di non esser facili a prestare credenza a qualunque spirito, ma di farne prima accurato e diligente esame s'egli è da Dio o pure trae l'origine da altra cagione non buona. "Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio" (1Gv.4,1). Su queste parole S. Agostino induce a parlare uno così: «vorrei far prova di tali spiriti se fossi sicuro di non errare: poiché se io non fo esperimento degli spiriti che da Dio sortiscono il loro principio, incorrerò in quegli spiriti che da lui non l'hanno e rimarrò sedotto. Dunque che farò per provare tali spiriti e per non fallire? Oh volesse Iddio che siccome ci ha comandato S. Giovanni di provare gli spiriti che pigliano da Dio la loro origine, si fosse degnato di darci le regole per conoscere gli spiriti che da lui non la prendono!" (S. August. De verbis apost. sermo 30): Così diceva colui, e non rifletteva, che sebbene non ci dà queste regole il santo apostolo, ce le somministra però altrove la sacra scrittura, ce le somministrano i padri, ce le somministrano i dottori, ce le somministrano i santi. E queste bastano per formare un prudente giudizio di qualunque spirito se sia buono o reo; il che è appunto quello in cui consiste l'essere un buon discernitore degli spiriti, ed è quello che noi andremo facendo nel progresso di questo libro.
Ma non è possibile comprendere cosa sia questa discrezione degli spiriti. e come possa conseguirsi dai direttori delle anime, se prima non s'intende cosa sia spirito. Questo vocabolo è stato istituito a significare più cose: poiché compete a Dio, alla terza persona della Santissima Trinità, a tutti gli angeli buoni e cattivi, e alle anime ragionevoli.
Si adatta ancora a significare le cose materiali o corporee, e. g. l'aria agitata e mossa da venti (Gn.8,1). La respirazione istessa dell'aria (1Re 10,5): come si legge della regina Sabba. E i medici lo prendono per esprimere una sostanza tenue, aerea, lucida e sottilissima, che diffondendosi per tutte le nostre membra e potenze corporali, le rende agili al moto, e pronte alle altre loro funzioni.
Tutti questi chiamansi spiriti, ma non sono quegli spiriti di cui presentemente trattiamo. Qui per spirito intendiamo un impulso, una mozione o inclinazione interna del nostro animo verso qualche cosa, che quanto all’intelletto sia vera, o falsa; e quanto alla volontà sia buona, o cattiva. Così, se alcuno sia facile a dir bugie, diciamo che ha lo spirito della menzogna; se sentesi spingere internamente a mortificare il suo corpo, diciamo che ha lo spirito della penitenza; se sia inclinato a voler sovrastare agli altri, diciamo che ha lo spirito della superbia; se sia mosso da una certa voglia di comparire sugli occhi altrui, diciamo che ha lo spirito di vanagloria. Or questo impulso interno verso cose ora viziose ora virtuose, ora false ora vere, consiste in due atti, uno de' quali appartiene all'intelletto, con cui sentiamo inclinarci ma credere o discredere alcuna cosa vera o falsa; l'altro appartiene alla volontà, con cui ci sentiamo muovere ad abbracciare o a rigettare alcuna cosa buona o mala. E appunto questa inclinazione dell'intelletto, e questa mozione della volontà verso qualche oggetto, dicesi spirito. Se il moto della volontà sia verso un oggetto cattivo, dicesi spirito cattivo; se sia verso un oggetto buono, dicesi spirito buono. Lo stesso dico in riguardo all'intelletto: se questo sia portato alla credenza del vero, dicesi mosso da spirito retto; se sia spinto alla credenza del falso, dicesi dominato da spirito pravo.
E però il Redentore riprendendo Giacomo e Giovanni, allorché sdegnati contro la città di Samaria volevano chiamare fuoco dal cielo per incenerirla, disse loro (Lc 9,55): voi ancora non sapete di quale spirito siate; cioè, voi, non sapete ancora quali debbano essere le inclinazioni del vostro cuore, mentre i miei seguaci non devono essere sì ardenti e sì proclivi al castigo, ma pieghevoli alla mansuetudine, alla piacevolezza, ed al perdono. L'apostolo delle genti parlando di sé ai fedeli di Corinto, dice così (1Cor.2,12): non ho io ricevuto quelle cognizioni ed affezioni vane che istilla il mondo, ma quelle intelligenze sovraumane e sentimenti santi che dona Iddio.
E finalmente avvisandoci il diletto discepolo a non volere dar fede a qualunque spirito: (1Gv.4,1): che altro volle significarci, se non che non abbiamo ad essere facili a tenere per buono ogni dettame dell'intelletto ed ogni inclinazione di volontà, che in almi, o in noi scorgiamo. Rimanga dunque concluso, che lo spirito altro non è, che un impulso, eccitazione, o movimento interiore a credere o discredere, a fare o ad omettere alcuna cosa; e che tale è lo spirito, qual è la sua mozione o buona o rea.
G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS
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