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sabato 13 giugno 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



Le “ragioni” essenziali del dogma eucaristico

Nel 1095, un altro Sinodo, a Piacenza, confermò la dottrina tradizionale apertamente contraria ad ogni interpretazione simbolistica: «non solum figurate, sed etiam vere et esentialiter…». Ma per esprimere con più esattezza la realtà del divino prodigio, mancava ancora il termine “transustanziazione”, che fu usato per primo da Rolando Bandinelli nel 114065, e che divenne poi comune presso gli Scolastici. Verrà usato in un documento magisteriale di Innocenzo III del 120266, e poi in altri documenti del Concilio Lateranense IV (1215)67 e in quello del II Concilio di Lione68. Né meno espliciti furono il Concilio di Costanza e il Papa Martino V contro G. Wyclif, come lo erano stati anche due Sinodi di Londra e l’Università di Praga69. Anche il cardinal Bessarione, nella seduta plenaria del Concilio di Firenze del 5 luglio 1439 parlò di “transustanziazione”, appellandosi all’autorità di San Giovanni Crisostomo. Infine, il Concilio di Trento (1545-63), contro Zuinglio, Ecolampadio, Calvino, Carlostadio, Bucero, Capitone di Strasburgo, emise questa sentenza:
«Se qualcuno dirà che nel sacrosanto Sacramento dell’Eucaristia rimane la sostanza del pane e del vino insieme al corpo e al sangue di N. S. G. C., e negherà quella mirabile e singolare conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue, rimanendo soltanto le specie del pane e del vino, conversione che la Chiesa cattolica chiama benissimo “transustanziazione”, SIA SCOMUNICATO!»70. Non basta! Dirà pure: «Se qualcuno nega che nel venerabile Sacramento dell’Eucaristia è contenuto tutto il Cristo sotto ogni specie e sotto le singole parti di ciascuna specie, dopo avvenuta la separazione, SIA ANATEMA!»71. E ancora:
«Se qualcuno afferma che nell’ammirabile Sacramento dell’Eucaristia non vi è il Corpo e il Sangue di N. S. G. C. appena fatta la consacrazione, ma soltanto nel momento dell’uso, mentre è ricevuto, e non già prima o dopo, e che nelle ostie o particole consacrate, che dopo la Comunione vengono riservate o avanzano, non vi rimane il vero corpo del Signore, SIA ANATEMA!»72. E: «Se qualcuno negherà che nel SS. Sacramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo e il Sangue insieme con l’Anima e la Divinità di N. S. G. C., e perciò tutto il Cristo, SIA SCOMUNICATO!»
(D. 883).
E «Se qualcuno negherà… che Gesù Cristo si trova tutto sotto le singole parti di ciascuna specie, fatta la separazione, SIA SCOMUNICATO!» (D. 885).
Infine, il Concilio di Trento affermerà: «Se qualcuno dirà che… il Corpo e il Sangue di N. S. G. C. … è presente solo fino al momento della Comunione… e non oltre, e che nelle Ostie consacrate (non consumate) dopo la Comunione non rimane il vero Corpo del Signore, SIA SCOMUNICATO!» (D. 886-9).

Lo stesso dicasi anche per i frammenti di ostie che si staccano e cadono durante la distribuzione della Comunione!
Per questo, il canone 2.320 del Diritto Canonico di S. Pio X, dirà: «… è riservata la scomunica specialissimo modo alla Sede Apostolica per chi profana le sacre Specie, gettandole via, rubandole o trattenendole a scopo cattivo».
Anche la “Professione di Fede” di Pio IV (1559-1565) ribadisce la dottrina del Concilio di Trento73

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del sac. dott. Luigi Villa

domenica 17 maggio 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



Le “ragioni” essenziali del dogma eucaristico

Analizziamo, ora, le “ragioni teologiche” che ci hanno spinto a questa nostra reazione contro la “concessione” di distribuire la “Comunione sulla mano”, concessione che noi crediamo arbitraria e sacrilega.

Come abbiamo dimostrato nel primo capitolo, anche nella Chiesa antica fu sempre in uso il costume di amministrare e di ricevere la “Comunione nella bocca”, distribuita dalle mani consacrate del sacerdote, dispensatore dei Sacramenti, per cui agisce “in persona Christi”. Ebbene, la “ragione teologica” principale di questa azione liturgica è sempre stata la “Presenza Reale” di Cristo anche nelle particelle, o “frammenti” di pane, che si possono staccare dalla Particola consacrata. Difatti non sono estranee, a questa introduzione della “Comunione sulla mano”, le controversie e gli influssi della teologia protestante, proprio sulla dottrina della “Presenza Reale” di Cristo nel SS. Sacramento.

Si rifà, cioè, alla mentalità di Lutero, il quale si diceva convinto che «è impossibile riformare la Chiesa se la teologia e la filosofia scolastica non sono strappate fino alle radici…»59. E per questo diceva che l’Aquinate «non ha mai capito un capitolo del Vangelo»60. Ed è per questo che Lutero respinse San Tommaso, la sua filosofia e la sua “metafisica”, chiamandolo «il più feroce nemico di Dio»!61

Ma con questo, però, Lutero si condannò a non comprendere più il Magistero della Chiesa e, quindi, anche le definizioni riguardanti il Mistero eucaristico.

Ora, il Concilio di Trento usò proprio la terminologia della “filosofia perenne” e particolarmente quella “tomistica”, per cui è solo alla luce della metafisica dell’Aquinate che si può comprendere le parole “sostanza-accidenti” e, soprattutto, la parola “transustanziazione”, che è appunto la parola-chiave di tutto il Mistero eucaristico, alla quale la Chiesa rimase sempre fedele62.

Per quasi tutto il primo millennio della storia della Chiesa - come abbiamo già dimostrato! - la fede nella “Presenza Reale” era indiscussa. I primi attacchi vennero da Berengario di Tours (1000-1088) che anticipò le negazioni di Calvino e di Zuinglio. Ma fu contraddetto da Lanfranco di Pavia.

L’eretico Berengario fu poi condannato da un Sinodo del Laterano63 e, in un altro Sinodo dell’11 febbraio 1079, fu obbligato a firmare un giuramento in cui si parlava di “sostanziale conversione” del pane e del vino nella carne e sangue di Gesù Cristo64.

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del sac. dott. Luigi Villa

domenica 3 maggio 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!




...  ma  perché,  allora, la  “nuova  prassi”?

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Inoltre, per lo storico, questa “concessione”, oltre che oscura e ambigua, è anche “stentata”. La Santa Sede, cioè, fu come spinta a questa concessione, a questa accondiscendenza sul filo della “liceità”.
Vediamone un risvolto storico: «Si era nel 1969; si era ancora nel vortice delle contestazioni episcopali contro l’enciclica “Humanae vitae”, e le Conferenze Episcopali che chiedevano la legittimazione di quell’abuso (i.e. “Comunione sulla mano”) erano proprio quelle che più avevano recalcitrato contro l’enciclica. E a Roma si sapeva che erano in corso quelle pressioni e ricatti!..»55.

E così, anche l’Italia, centro del mondo cattolico, culla della fede cristiana in Occidente e sede del successore di Pietro, Vicario di Cristo, si mise in linea con le altre nazioni, quasi su di un piano… da “Terzo Mondo”!
È evidente, dunque, che anche questa sacrilega innovazione eucaristica fu una “operazione” dovuta alla mano maestra di un complotto massonico ben condotto, servendosi, come al solito, di incoscienti e di ignoranti (anche nell’episcopato e nel clero!) sulla solita linea che arrivò dopo e attraverso altre “riforme innovatrici”, quale, ad esempio, la soppressione di tutti i segni esteriori di adorazione al Sacramento, come l’inginocchiarsi, in segno di venerazione e di adorazione alla presenza del Divin Corpo di Cristo!
Ma il profeta Isaia aveva pur detto: «Davanti a Me ogni ginocchio si deve piegare!» (Is. XLV, 23); e S. Paolo aveva affermato, ancor più forte: «nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e nell’inferno!» (Fil. II, 10).

Ma ormai il “piano massonico”
1. di far ricevere la Comunione in piedi;
2. di far dare l’Ostia in mano ai comunicandi (per far sparire lentamente la Fede e la devozione all’Eucaristia);
3. di far credere che l’Eucaristia è solo un pezzo di pane, un simbolo della Cena, ossia un simbolo della “comune fratellanza mondiale”56,
si è interamente attuato! 

Era anche questo il sogno di Lutero! Infatti, già nel Natale del 1521, Carlostadio57 aveva celebrato, con una comunità, la “Messa tedesca”: aveva letto il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia, in tedesco, e aveva tralasciato il resto del Canone con l’elevazione. Durante quella celebrazione, inoltre, indossò vesti secolari e amministrò la comunione sotto le due specie, mettendo nelle mani dei comunicandi l’ostia e il calice58!

A noi, ora, non resta che sperare, da parte del Santo Padre e di tutta la Gerarchia cattolica, una umile ritrattazione di quella loro “concessione”, sia pure non imposta né “comandata”, ma solo “permessa”, che costituisce, comunque, un vero “sacrilegio”, come dimostreremo più avanti con “ragioni” teologiche evidenti!

del sac. dott. Luigi Villa

mercoledì 15 aprile 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



...  ma  perché,  allora, la  “nuova  prassi”?

In Italia entrò in vigore la prima domenica d’Avvento, (3 I dicembre 1989), in base ad un Decreto del card. Ugo Poletti, allora Presidente della C.E.I. Ma ne aveva già dato “notizia” l’Osservatore Romano del 5 ottobre, sotto il titolo: “Il cammino della Chiesa in Italia. Promulgata la delibera della CEI sulla distribuzione della Comunione”.
Per gli storici risultò subito chiaro che questa “concessione” era piuttosto ambigua e discutibile, anche perché la “nuova prassi” era già stata introdotta, qua e là, senza alcuna autorizzazione. Paolo VI stesso aveva dovuto dire che c’era stato un “inizio abusivo”!44 Comunque, la “Conferenza Episcopale Italiana”, ancora nel 1974 aveva saggiamente deciso che si doveva mantenere l’uso “tradizionale” nella distribuzione della Santa “Comunione in bocca”45. Infatti, sul “Rito della Comunione”, al n. 21, si legge: «Nel distribuire la Santa Comunione “si conservi” la consuetudine di deporre la Particola sulla lingua dei comunicandi; consuetudine che poggia su una tradizione plurisecolare…».
La “mens” della Santa Sede, quindi, non era mai stata per questo “nuovo corso”. Roma aveva resistito sempre con “ferma opposizione”. Per esempio: il 12 ottobre 1965, una lettera del “Consilium”, l’Organo addetto all’esecuzione della “Costituzione” conciliare sulla Liturgia, “prega vivamente” la Conferenza Episcopale Olandese «perché si torni dappertutto al modo tradizionale di comunicarsi»46. Ma le pressioni per la “nuova prassi liturgica” si facevano sempre più pressanti. Venivano, soprattutto, dalla Germania, dall’Olanda, dal Belgio e dalla Francia.
E purtroppo Paolo VI, il 3 giugno 1968, cedette e diede il “via” alle “Conferenze Episcopali” che ne facessero richiesta, limitandosi a ricordare «ai vescovi la loro responsabilità, affinché vogliano, con opportune norme, prevenire gli inconvenienti e moderare la diffusione indiscriminata di quest’uso, per sé non contrario alla dottrina (e invece sì, come vedremo più avanti!), ma alla pratica molto discutibile e pericoloso»47.
Per l’Olanda, il “Consilium” aveva scritto al card. Alfrink: «Sia conservato il modo tradizionale di distribuire la santa Comunione».
Questo avvenne il 12 ottobre 1965. Più tardi, il “Consilium” riferiva che il Papa «non ritiene opportuno che la Sacra Particola sia distribuita sulla mano e assunta, poi, dai fedeli in vario modo loro proprio; e prega, pertanto, vivamente, la Conferenza che dia le opportune disposizioni perché si torni, dappertutto, al modo tradizionale di comunicarsi».
Invece, il 27 giugno e il 3 luglio 1968, venne data la “concessione” anche alla Germania (16 luglio 1968) e al Belgio (12 luglio 1968). Però, dopo vivaci “proteste” di non pochi Vescovi e fedeli, Paolo VI comunicò alle suddette Conferenze Episcopali di «sospendere, temporaneamente, la pubblicazione e l’applicazione dell’indulto»48. 
Giusto il tempo per consultare l’episcopato universale, il cui esito fu chiaramente significativo: 1.233 “no”, contro 567 “sì”, (e, anche di questi, ben 315 con riserva!)49. Così, lo stesso “Concilium” dovette riconoscere che c’era “una larga maggioranza assoluta contraria alla nuova prassi”50!
Subito dopo, Paolo VI volle lui stesso, deliberatamente, «moderare la diffusione indiscriminata di quest’uso». Il “Consilium” (per l’attuazione della Costituzione liturgica), preparò allora una lettera per la consultazione delle Conferenze episcopali, inviata alla Segreteria di Stato il 18.10.1968. In questo testo, alle parole: «per mandato esplicito del Santo Padre», Paolo VI aggiunse di suo pugno, tra parentesi, la seguente decisiva limitazione: «che non può esimersi dal considerare l’eventuale innovazione con ovvia apprensione»!
Nella votazione che ne seguì, più della metà dei Vescovi - come abbiamo già detto - si dichiarò contro la nuova prassi.
Di conseguenza, il 29 maggio 1969, l’Istruzione “Memoriale Domini” della Sacra Congregazione del Culto, approvata da Paolo VI, riconosceva che la maggioranza dei vescovi non voleva che si toccasse l’antica disciplina: («… Episcopus longe plurimos censere hodiernam disciplinam haudquaquam esse immutandam; quae immo, si immutetur, id tum sensui tum spirituali cultui eorundem Episcoporum plurimorumque fidelium offensioni fore»)51, e richiamava che il modo tradizionale della Comunione doveva essere conservato e che era la legge tuttora in vigore… perché rispondeva al bene comune della Chiesa. 
Vi diceva, infatti: «Vescovi, sacerdoti e fedeli sono vivamente esortati ad attenersi all’uso tradizionale, in ossequio al giudizio della maggior parte dei vescovi, per rispetto all’attuale legislazione liturgica e per riguardo al bene comune della Chiesa»52.
Anche la “Institutio generalis” dell’ultima edizione del “Nuovo Messale Romano”, promulgata il 26 marzo 1970, ristabiliva espressamente la pratica della Comunione tradizionale con due precisazioni che figurano agli articoli 80 e 117. Nell’articolo 80, infatti, tra gli oggetti che si devono preparare per la celebrazione della Messa, c’è il “piattello”, (“patina pro communione fidelium”) e, all’articolo 117 vi si descrive il modo con cui si deve compiere la Comunione; e cioè: il sacerdote presenta l’Ostia al fede le, dicendo: “Il Corpo di Cristo” (Corpus Christi), e il fedele risponde: “amen!”; e, «tenendo il piattello sotto il suo volto, egli riceve il Sacramento» («et tenens patinam sub ore, Sacramentum accipit»). Ora, qui, ci si può chiedere: perché mai si era “consultato” l’episcopato della Chiesa universale quando, poi, non se ne tenne conto?
Anzi, perché anche in Italia, che fino agli anni 70 aveva sempre respinto questa “nuova prassi” di distribuire la “Comunione sulla mano”, ora, quasi d’improvviso, raggiunse i due terzi, così da arrivare alla concessione di questo “nuovo” uso di comunicare?
Il noto canonista e storico della Chiesa, prof. Georg May, ha espresso il seguente giudizio: «L’introduzione della “Comunione nella mano” è dovuta a una catena di atti di disubbidienza e violazioni di diritto, nonché all’esercizio di forti pressioni… In un primo momento, il Papa si oppose assai fortemente a una prassi introdotta contro la legge della Chiesa; ma poi, come in parecchi altri casi, cedette alle pressioni e diede alla “Comunione sulla mano” un permesso, soggetto a condizioni e limitazioni, sanzionandone così l’esercizio generatosi nella disubbidienza»!53 Comunque, anche qui possiamo dire che questa, purtroppo, era la tattica abituale di Paolo VI: imporre la “sua” riforma liturgica “progressivamente”! Lo confessa lo stesso Bugnini nel suo succitato libro54. 

del sac. dott. Luigi Villa

lunedì 16 marzo 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



S. Damaso I (Papa dal 366 al 384) interdisse l’abitudine di conservare presso di sé, in privato, l’Eucare stia: «oblationes sub dominio laicorum detineri vetat»23.
Il Concilio di Saragozza, nel 380, lanciò l’anatema (canone III) contro coloro che volevano trattare il SS.mo Sacramento come ai tempi di persecuzione. e non consumavano la Comunione in chiesa24.
S. Cirillo di Gerusalemme (315386) ammonisce che «nessuna particella vada perduta; che se ciò, per disgrazia dovesse succedere, devi dolertene come se ti fosse amputato un membro del corpo. Dimmi, di grazia, se qualcuno ti avesse dato dei frammenti d’oro, forse non li conserveresti con la massima cautela e diligenza, preoccupato di non smarrirne neanche uno? E non dovresti tu essere molto più cauto e diligente perché di quel “pane” (consacrato) non si perda neppure una briciola, molto più preziosa dell’oro e delle gemme?»25.
Lo storico Eusebio riporta anche la testimonianza di Dionisio d’Alessandria († 264)26.
Il Concilio di Toledo, nell’anno 400, stabilì la stessa cosa (canone XIV)27.
Sant’Innocenzo I (Papa dal 401 al 417) e, prima di lui, S. Girolamo (345-420) illustrando “l’Apologia” del filosofo martire S. Giustino (100-166)28, parlano chiaramente: che i “laici” possono eseguire le funzioni sacre «quando non vi sono, in casi di necessità, dei chierici per adempiere all’obbligo»29.
Comunque, questi fatti avvenivano in casi eccezionali30!
Anche ai tempi di S. Leone I (440461) si praticava il rito della “Comunione sulla lingua”: «hoc enim ore sumitur quod Fide tenetur»31. E quest’uso di deporre il “pane consacrato” in bocca è ricordato fin dal secolo V32.
Papa Agapito I, nel 536, compì un miracolo, con una guarigione improvvisa, durante una Santa Messa, subito dopo aver dato la «Comunione nella bocca» («Cunque ei Dominicum Corpus mitteret in os». È S. Gregorio I (Papa dal 590 al 604) a narrarlo33. E anche lui metteva l’Eucarestia solo nella bocca dei comunicandi34!
Il Concilio di Rouen (verso il 650) impose la recezione dell’Eucarestia unicamente in bocca: «Nulla au tem laico aut feminae Eucaresthiam in manibus ponat, sed tantum in os eius»35.
Pure il Concilio di Costantinopoli, “in Trullo” (692), interdirà ai fedeli di ricevere l’Eucarestia sulla mano36; e minacciò anche la scomunica, per una settimana, a chi lo faceva, qualora sul posto vi fosse stato un vescovo, un prete o un diacono37. Nel Sinodo di Rouen (875?), celebrato sotto Ludovico il Pio (†879), si ordinò che il celebrante deponesse l’Eucarestia solo sulla lingua: «… sed tantum in os eius». Lo stesso si dice nelle Regole “De Ecclesiastica disciplina”, I,199, di Reginone di Prûn (†915).
Un Sinodo di Londra, nel 1138, dichiarò che il laico poteva portare la Comunione a un moribondo solo in caso di necessità38.
Un Sinodo di York, nel 1195, lo consentiva al diacono, ma anch’esso solo in caso di necessità39.
Nel 1200, S. Tommaso d’Aquino giustificava la prassi, ormai universale, di dare la Comunione in bocca, scrivendo che «l’unico ministro ordinario dell’Eucarestia è il sacerdote»40.
Il Concilio di Trento, infine, confermò tutto dicendo che il costume di dare la “Comunione in bocca” risale alla “Tradizione Apostolica”: «mos tamquam ex traditione apostolica descendens iure ac merito retineri debet…» (cfr. D-S, 1648). E lo affermò ancora dicendo che «fu sempre costume della Chiesa di Dio che i laici ricevano la Comunione dai Sacerdoti e i Sacerdoti comunichino essi stessi»41. E poi ancora: «… Questo costume deve essere ritenuto di diritto e giusto titolo come proveniente dalla Tradizione Apostolica»42.

del sac. dott. Luigi Villa

venerdì 6 marzo 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



...  ma  è  proprio un  ritorno  alle  origini?

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Quindi è storicamente falso che i fedeli dei primi secoli della Chiesa prendessero l’Eucarestia dalla mano del prete, o del diacono o di un laico, per servirsi, poi, da se stessi… La più antica fonte liturgica, infatti, dopo la “Didaché” (scritta tra il 70 e il 90) raccomandava:
«Ciascuno sia attento (…) che qualche frammento non abbia a cadere e perdersi, perché è il Corpo di Cristo, che deve essere mangiato dai fedeli e non si deve disprezzare»6.
S. Giustino (100-166), nella sua “Apologia”, indirizzata all’imperatore romano, annotava che sono «i diaconi che distribuiscono la Comunione e la portano agli ammalati»7.
S. Sisto I (Papa dal 117 al 136) decretò che i soli ministri del culto (preti e diaconi) erano abilitati a toccare i Santi Misteri: «hic constituit ut mysteria sacra non tangerentur nisi a ministris»8.
È chiaro che tali parole erano per fermare gli abusi!
San Pio I (Papa dal 141 al 156) inculcava il rispetto della Chiesa, “casa di Dio”, e dell’altare su cui si perpetuava il divin Sacrificio. Lo stesso faceva San Soterio (Papa dal 167 al 175)9.
Santo Stefano I (Papa dal 254 al 257) scrisse che «i laici non devono considerare le “funzioni” ecclesiastiche come se fossero loro attribuite»10.
Sant’Eutichiano (Papa dal 275 al 283) richiamò severamente all’ordine e alla disciplina il clero, e impose di portare essi stessi la Comunione ai malati, non affidandola ai laici. «Nullus praesumat tradere Comunionem laico vel feminae ad deferendum infirmo»11.
San Felice I (Papa dal 269 al 274) ordinò che la Santa Messa venisse celebrata sulla tomba di un martire, nelle cripte sepolcrali, nelle nicchie della Catacombe, o altrove: «hic constituit supra memorias martyrum Missas celebrare»12.
Si noti: questa decisione di S. Felice I - osserva Dom Cabrol - regolarizzava un uso già stabilito13.
È da notare che questa decisione di San Felice I non era un atto isolato, perché fondato sulla Tradizione Apostolica. Lo attesta anche Sant’Evaristo (Papa dal 101 al 109) e Sant’Igino (Papa dal 137 al 141)14.
Tertulliano di Cartagine (160-222) parla dell’Altare cristiano, quale “ara Dei”15, e scrive: «soffriamo quando, per disgrazia, succede che qualcosa del calice o del pane consacrato ci cada a terra» (“Calicis aut panis etiam nostri aliquid decuti in terram anxie patimur…» in “De Corona”.
S. Ireneo di Lione (130-218) scrive:
«È di frequente che il Sacrificio deve essere offerto sull’altare»16.
L’altare era di legno o di pietra, e veniva benedetto e unto17.
Nel “Liber Pontificalis” si parla di San Silvestro (Papa dal 314 al 335) che curò gli abbellimenti delle chiese e di ornamenti l’altare, guarniti anche di argento e pietre preziose18.
S. Ippolito (II-III sec.), nella sua “Tradizione Apostolica”, - la più antica fonte liturgica dopo la “Didaché” - scrive: «Stia attento, ciascuno (…) che qualche frammento non abbia a cadere e perdersi, perché è il Corpo di Cristo che deve essere mangiato dai fedeli e non si deve disprezzare…»19.
Anche Origene (185-254) scriveva:
«Voi che assistete abitualmente ai santi misteri, sapete con quale rispettosa precauzione conservate il Corpo del Signore quando vi è consegnato, per timore che ne cada qualche briciola e che una parte del tesoro consacrato si perda…» (“…ne ex eo parum quid decidat, ne consecrati muneris aliquid dilabatur…”)20.
S. Dionigio d’Alessandria (†264)21 fa le stesse raccomandazioni.
S. Efrem (306-375) conferma anch’egli questa tradizione: «manducate hunc panem nec conteratis micas eius; quod vocavi corpus meum, hoc revera est»; «una particula e micis eius milia milium sanctificare valet et sufficit ut vitam praebeat omnibus qui manducant eam…»22.

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del sac. dott. Luigi Villa

giovedì 20 febbraio 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



...  ma  è  proprio un  ritorno  alle  origini?


Incominciamo col riportare quello che scrisse il grande e santo Pontefice Pio XII nella sua enciclica “Mediator Dei”, proprio a coloro che volevano ripristinare cerimonie e riti antichi. Scrisse: «Un antico uso non è, a motivo della sua antichità, il migliore, sia in se stesso, sia in relazione ai tempi posteriori».
Quindi, il ritorno alle origini (della Chiesa) non è un progresso, ma un anacronistico regresso ed essenzialmente antistorico! (come non sarebbe un progresso voler tornare all’uso della candela, delle torce, delle lucerne ad olio, oggi che abbiamo la luce elettrica!).
Lo stesso dicasi per il ritorno all’uso della “Comunione sulla mano”:
non è un progresso, ma un regresso! Molto clero, oggi, va raccontando che, nei primi dieci secoli della Chiesa, la regola, o l’uso generale, era proprio di “comunicare” i fedeli in piedi e dando loro il Pane consacrato sulla mano, senza alcuna previa adorazione né genuflessio ne; anzi! i fedeli prendevano essi stessi dalle mani del sacerdote (o del diacono, o del laico) per servirsi poi da soli, e preferibilmente a casa propria, intorno a un tavolo. Ma la “verità storica” è ben diversa! Vediamola, in dettaglio, sui dati oggettivi di quei primi tempi cristiani:
1° - È storicamente falso che la S. Messa la si celebrasse, «di preferenza, a domicilio, intorno a un tavolo». A quei tempi, la mancanza di luoghi di culto e di materiale liturgico era dovuto solo alle “persecuzioni”, ancora molto prima della
“catacombe”!
Comunque, finite le persecuzioni, ecco nascere le “case di Dio”, i locali riservati, cioè, alle celebrazioni eucaristiche.
2° - la “tavola” non fu mai né la “regola” né l’uso generale dell’antichità cattolica, ma fu solo l’eccezione, in casi d’emergenza! Quindi, «sarebbe uscire dalla retta via ridare all’altare una forma primitiva di tavola»1.
Già San Paolo rimbrottava i fedeli di Corinto per aver travisato la natura e le finalità delle “agapi”, le quali erano solo dei “pasti” di fraternità cristiana, tanto che poté scrivere: «Non avete, dunque, le vostre case per mangiare e per bere? o avete forse in dispregio la Chiesa di Dio?…». L’Apostolo, quindi, faceva discernimento tra nutrimento ordinario (agape) ed Eucarestia; e siccome molti fedeli di Corinto si mostravano irriverenti verso il Signore - per cui furono colpiti da malattia e anche da morte! - S. Paolo li rimbrottava: «Se qualcuno ha fame, mangi a casa sua, onde non vi raduniate a vostra condanna!»2.
Ma siccome questi abusi, deprecati già da S. Paolo, si ripetevano ancora, tanto in Oriente che in Occidente, il Concilio di Laodicea (380) intervenne con vigore proprio contro le “agapi” nella “Casa di Dio” (can. 28); come pure lo farà il Terzo Concilio di Cartagine che interdisse quei “conviviali”! (can. 30). Anche il Diritto cristiano decretò che le “agapi” dovevano farsi in luoghi distinti da quelli in cui si tenevano i santi misteri dell’altare2. E fu per questo che S. Pio X, poi, nel suo Decreto “Lamentabili sane exitu” del 3 luglio 1907 condannò la “proposizione 49” che diceva:
«La cena cristiana, assumendo a poco a poco l’indole di una azione liturgica, coloro che solevano presiedere alla cena acquistarono il carattere sacerdotale».
È, quindi, un falso! Sullo stesso piano storico, invece, l’inevitabile confusione e gli arbìtri delle varie chiese, già nei primissimi tempi della Storia della Chiesa, mobilitò la medesima, subito, a dare una maggiore uniformità di indirizzi e di prassi, limitando sempre più le varie improvvisazione dei celebranti. 
È da qui l’origine dei vari “Sacramentari” (Gelasiano, Gregoriano…) e dei vari “Manuali e Direttori”, fino al “Pontificale Romano”, ai “Cerimoniali” e ai “Messali”, sorti appunto per unificare i testi e le rubriche, da un Papa all’altro, fino a Sisto V (1585-1590) che istituì anche la “Congregazione dei Riti”4!
E tutto questo fu proprio per tutelare la santità del culto, per arginare abusi di cui se ne avvantaggiavano gli eretici!
L’Eucarestia, quindi, non fu mai considerata dalla Chiesa come un “toast” da passarsi di mano in mano su un piatto o su un canestro! Il Sacramento dell’Eucarestia, cioè, non doveva essere preso con le proprie mani, bensì “ricevuta”…
dalla mano del solo sacerdote. Tertulliano di Cartagine (160-250) lo scrisse: «Noi non lo riceviamo dalla mano di altri (“nec de aliorum manu sumimus”)5.

del sac. dott. Luigi Villa

sabato 1 febbraio 2020

Comunione sulla mano? NO! é sacrilegio!



L'Istruzione “Memoriale Domini” del 29 maggio 1969, in cui Paolo VI autorizzava l’Episcopato Italiano a concedere il permesso di dare la “Comunione sulla mano”, ci ha profondamente sconcertati perché noi l’abbiamo visto come un nuovo colpo d’accetta sul tronco della Tradizione Apostolica, e un nuovo processo di auto-demolizione della Tradizione della Chiesa cattolica. Sì, perché dare la “Comunione sulla mano” non è solo un problema liturgico, ma è anche, e principalmente, un problema teologico, proprio perché nell’Eucarestia si concentra tutto il dogma della nostra religione cattolica.
Quindi, chi “profana” l’Eucarestia commette “sacrilegio”, colpisce il sacerdozio di Cristo, ne rifiuta, implicitamente, la sua Passione espiatrice e redentrice, demolisce e distrugge la Chiesa e il Cristianesimo stesso!
La Chiesa aveva abolito quasi subito l’usanza di dare la “Comunione sulla mano”, che poteva essere giustificata ai primi tempi della sua storia a causa delle persecuzioni cruente, ma non poteva più essere approvata dopo le numerose profanazioni che risultavano anche in quei primissimi tempi della Chiesa!
Oggi, purtroppo, nonostante la crisi gravissima che sta attraversando la Chiesa, la Gerarchia si è come piegata a concedere di nuovo quel rito che, da oltre un secolo, volevano l’umanesimo materialista e ateo, il protestantesimo liberale e massonico, la “nuova teologia” tedesca-olandese, ribelle al Magistero solenne della Chiesa di sempre!
Così, a partire dal Vaticano II, ci si comunica in piedi, senza più alcuna genuflessione di adorazione e, adesso, si è arrivati anche a concedere la “Comunione sulla mano”facendo perdere, così, anche quel poco di rispetto che era ancora rimasto per le cose sante!
Comunque, è una norma ingiusta e sacrilega, come lo dimostreremo!
E noi non possiamo rassegnarci a questo triste stato di cose e a limitarci a soffrirne!
Per questo invitiamo tutti, Gerarchia e clero, a rimettere a posto e il rispetto e l’adorazione e l’amore a Gesù-Eucarestia!
Ci auguriamo, perciò, che il Magistero - che, qui, ha sbagliato gravissimamente! - abbia il coraggio di interdirla di nuovo con chiarezza, come aveva già fatto in passato, dopo tante tristissime esperienze!

del sac. Luigi Villa