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lunedì 1 febbraio 2021

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY

 


L'anno di Filosofia a Verrières (1812-1813). 

In un'ora nella quale avrebbe avuto grande bisogno della sua «povera madre», sopravvenne la morte che portò il lutto in famiglia. Donde avrebbe potuto sperare conforto nei nuovi dolori, dopo la scomparsa di colei, che aveva raccolto le prime confidenze della sua vocazione, e lo aveva difeso di fronte al padre irritato? Ma forse la pia madre prima di morire aveva lasciato all'addolorato marito, coll'ultimo addio, anche una raccomandazione suprema, perché Matteo Vianney non oppose alcun ostacolo al ritorno di Giovanni Maria presso l'abate Balley.  

Malgrado l'atmosfera di tristezza che pesava su tutti, il suo ritorno portò gioia al presbiterio di Ecully, tanto più che anche l'abate Balley già disperava di questo ritorno provvidenziale: erano ormai sedici mesi che lo raccomandava ogni sera nella preghiera in comune. Sembra che una delle sue parrocchiane, «non eccessivamente fervorosa»1, rivedendolo abbia esclamato: «Meglio così! Avremo un Pater ed un'Ave di meno da dire ogni sera»2.  

In questa seconda dimora ad Ecully, Giovanni Maria Vianney non si stabilì più presso la zia Humbert, ma al presbiterio 3. Così aveva voluto anche l'abate Balley, dopo il ritorno al seminario dei due fratelli Loras e del giovane Deschamps, per potere meglio sorvegliare questi suoi studi, già deboli e tante volte sospesi; in più, al presbiterio, per i suoi buoni servizi, quasi da domestico 4, avrebbe potuto essere utile al suo vecchio maestro. Durante le sue ricreazioni si occuperebbe del giardino; in chiesa sarebbe sagrestano ed inserviente; nelle passeggiate in campagna terrebbe compagnia al suo vecchio professore, e queste ore di svago non sarebbero perdute!  

Giovanni Maria aveva ormai raggiunto i venticinque anni. Il tempo stringeva e l'abate Balley, che desiderava di vedere presto il suo allievo iniziato agli ordini sacri, avendolo aggregato agli studenti di retorica del seminario minore 5, ottenne di presentarlo per la tonsura, il 28 maggio 1811. Da questa data l'abate Vianney «apparteneva alla gerarchia della Chiesa» 6, cioè aveva fatto un passo verso il sacerdozio. Non ostante fosse vivo ancora il lutto per la morte della madre, in quel giorno vi fu festa per una ragione di più nel presbiterio di Ecully.  

Alla dipendenza immediata dell'abate Balley, Giovanni Maria godeva di una direzione sicura, ma molto austera. Un vecchio della sua parrocchia ne ha tracciato un ritratto fedele, dicendo che «sembrava non avere altro che ossa, anche perché forse non 

prendeva il cibo in proporzione del suo bisogno» 7. A contatto con questo santo prete il futuro apostolo si edificava e cominciava a condividere la rigida vita del maestro 8. L'austero abate Balley era di una pietà semplice e tenera «e si commuoveva fino alle lagrime celebrando la Messa» 9, ed il suo allievo che gliela serviva, indossando il casto simbolo della sua cotta bianca, imparò da lui il modo col quale si trattano i divini misteri.  

Quando non passava il tempo della ricreazione al giardino od alla chiesa, Giovanni Maria visitava con piacere la buona madre Bibost, che, per puro amor di Dio, si occupava del suo corredo. Uno dei suoi figli, che era allora in seminario, al ritorno per le vacanze fu felice di ritrovare questo amico che nella conversazione lo iniziava al misterioso avvenire, nel quale brillava per lui quest'unica meta: l'altare.  

Era anche di una obbedienza senza pari. «Presso il Curato Balley - diceva - non ho mai fatto la mia volontà»10 Le sue letture preferite erano le vite dei Santi. Si conserva tuttora una lettera da lui scritta a Giacomo Loras, antico condiscepolo ad Ecully, al quale domanda, come favore di «comperare presso il libraio Ruzand, un vecchio volume in-folio intitolato: Storia dei Padri del deserto»11  

Nell'ultimo semestre del 1812 all'abate Balley sembrò giunto il momento di far seguire al suo allievo di ventisei anni la linea di studio prevista dal regolamento, che esigeva, da coloro che aspiravano al sacerdozio, un anno di filosofia e due anni almeno di teologia. Erano i mali del tempo che portavano a questa benigna indulgenza 12.  

Per tali corsi Giovanni Maria fu mandato al seminario di Verrières, vicino a Montbrison. Questo centro di studi, fondato nel 1803, non era stato dapprima che una scuola di presbiterio, come quello dell'abate Balley ad Ecully. L'abate Périer aveva disposto il meglio possibile la sua vecchia casa per ricevere quei fanciulli dei dintorni, che davano qualche segno di vocazione, e Dio fu largo della benedizione sua, poiché in poco tempo quest'opera raccolse circa cinquanta allievi. Più tardi, per alloggiare i convittori fu annessa anche un'altra casa vicina, in cattivo stato. Questi giovani che pagavano dieci franchi al mese, ricevevano alloggio e nutrimento proporzionato alla loro spesa: il dormitorio era un fienile al quale si saliva per una piccola scala rustica. All'ora dei pasti andavano alla cucina per ricevere ciascuno la propria porzione di lardo e di patate, e durante il tempo della ricreazione si occupavano in cerca di legna secca o nel migliorare quel povero abituro in rovina. Il Card. Fesch, che dichiarò seminario minore questa scuola di presbiterio, vi procurò anche un luogo meno sconveniente. Fin dal 1807 vi si trovarono riuniti centocinquanta pensionanti. e la casa prosperò ancora fino a contare trecento tredici allievi, nel 1809. Fu in quest'occasione che il parroco di Verrières, consumato dalla sua abnegazione, si sentì impari al nuovo compito e dovette abbandonare il suo posto, che fu occupato dall'abate Barou, professore di filosofia al seminario minore dell'Argentière 13.  

Nel 1811, quando Napoleone avanzò la pretesa di nominare i Vescovi, senza la istituzione del Papa, tutta l'opera sembrò per un momento compromessa. Per assicurarsi l'appoggio dell'episcopato francese, il 17 giugno l'imperatore riunì un concilio nazionale all'arcivescovado di Parigi; ma, contrariamente ai suoi desideri ed alle sue speranze, vide l'episcopato unanime dichiarare che non vi era mezzo di sorpassare le dichiarazioni delle Bolle Pontificie. A questa decisione, non si fecero attendere le rappresaglie: il 10 luglio un decreto dichiarò sciolto il concilio ed il giorno 12, alle ore tre del mattino, i Vescovi di Tournai, di Gand, e di Troyes vennero sorpresi nel loro letto   per essere deportati alle carceri di Vincennes. I seminaristi vennero chiamati alle armi; e perché non sfuggisse alla punizione l'abate Emery, che si era opposto all'imperatore collerico 14, un decreto del 20 ottobre, dichiarava la soppressione della Compagnia di San Sulpizio. Un decreto del 15 novembre sopprimeva i seminari minori, ed accettava nei collegi municipali quegli allievi, che desiderassero continuare gli studi.  

Il Cardinale di Lione, quantunque non avesse molta influenza 15, poté ottenere da suo nipote l'Imperatore una dilazione di alcuni mesi; ma alla fine dell'anno scolastico del 1812, dovettero chiudersi tutti i seminari minori della Diocesi, in «Verrières, La Roche, Saint-Jodard, Argentière, Alix, Meximieux». Gli allievi colpiti furono in numero di milleduecento. Per l'attività dell'abate Courbon, incaricato delle case di educazione, si poterono organizzare due esternati nelle località ove si avevano collegi pubblici, come a Bourg, Belley, Villfranche, Roanne e Saint-Chamond 16. Qualcuno aveva anche fatto la proposta al Consiglio dell'Arcivescovado di collocare questi giovani nelle scuole dello Stato, ma il Cardinale aveva risposto categoricamente: «No, mai ... io non voglio dannarmi e non sottoporrò mai i miei giovani al regime dell'Università. L'Università è come una grande caserma: vi si educano dei soldati ed io voglio dei preti» 17.  

Per questi sentimenti Mons. Fesch, con una risoluzione decisiva, aprì il seminario di Verrières, e riuscì a fare tutto segretamente, ciò che era abbastanza facile in questo angolo isolato, lontano dalle grandi vie di comunicazione. Del resto, anche nel caso in cui fosse sopravvenuta un'inchiesta, vi era modo di mettersi al sicuro, rispondendo alla polizia che la casa di Verrières era annessa al seminario maggiore di Sant'Ireneo, allora troppo angusto per poter contenere tutti i futuri ordinandi della Diocesi di Lione. Nel mese di ottobre e novembre, furono guidati a Verrières duecento seminaristi, che avevano appena finito i loro studi classici, e che dovevano compire là il loro anno di filosofia, 

prima di entrare a Sant'Ireneo. In questo modo anche Giovanni Maria, nonostante la sua limitata preparazione a tali studi, fu ammesso a seguire questo corso, che era diventato obbligatorio.  

Divisi i filosofi in due sezioni, l'abate Barou ne affidò la prima all'abate Grange e l'altra all'abate Chazelles, i soli che poté ottenere per la scarsità numerica del clero 18. Giovanni Maria passò alla sezione di Chazelles, nella quale fu il più vecchio di tutti, anche del suo professore; ma non si turbò per questo, avendo progredito, se non nelle scienze umane, almeno nell'umiltà, che è la scienza dei Santi.  

 La prima volta che fu interrogato in scuola, non comprese il senso della interrogazione e tacque... mentre da un banco all'altro si ripetevano le risate spontanee, proprie di questa età implacabile. Il professore, secondo l'usanza dei seminari, faceva la sua interrogazione in latino ed il nostro studente a stento traduceva la sua lezione, linea per linea, nelle pagine del suo libro. Ma vi erano anche altri sette compagni che non presentavano migliore preparazione della sua, e fu deciso che sarebbero separati dalla sezione dell'abate Chazelles, perché ricevessero le lezioni in francese 19  

Il nostro giovane filosofo ci metteva la migliore buona volontà, ma non comprese molto della dialettica; le maggiori e le minori non gli aprirono l'intelletto alla conoscenza della logica, della quale era già magnificamente dotato da Dio col suo senso pratico, e benché il tredici giugno 1813, cioè sette o otto mesi dopo la sua entrata a Verrières, lui, che dapprima aveva tremato al pensiero di non capire nulla, scrivesse al suo «carissimo padre» che «per riguardo agli studi andava meglio di quanto avrebbe pensato», rimase tuttavia sempre un allievo di una debolezza intellettuale estrema 20.  

Dio voleva che rimanesse, Come S. Paolo, un «ignorante dell'arte oratoria»; e, se la sua profonda modestia non fosse stata muta, avrebbe potuto rispondere ai migliori della sua sezione, come un altro santo, il poeta italiano Jacopone da Todi: "Io vi lascio i sillogismi, le parole cavillose, i calcoli sottili... Vi lascio Aristotele colla sua arte ed i suoi segreti. L'intelligenza semplice e pura si eleva sola sino al cospetto di Dio, senza l'aiuto della filosofia» 21  

Poco compreso dagli uomini, Giovanni Maria si rivolse all'Amico Eterno, che sa comprendere l'eloquenza del silenzio e penetrare gli intimi sospiri del cuore, e nella cappella, tra le lagrime, disse a Lui le pene della sua anima. La sua povera madre riposava nel piccolo cimitero del colle di Dardilly, ma egli la sentiva più viva e più vicina e la faceva la confidente delle amarissime pene che a lui derivavano dal vedersi deriso dai compagni malevoli e raramente incoraggiato dai superiori. Più tardi, ricordando questo tempo, dirà, a Verrières ho avuto un poco da soffrire». - E si comprende che cosa significassero queste due parole un poco, sulle sue labbra abituate alla carità più indulgente. - Solo le lunghe visite all'altare gli davano coraggio; mancandogli quel cuore materno, che da nessuno può essere sostituito sulla terra, si consolerà colla devozione tenera e filiale alla Santa Vergine. Spinto dalla sua  pietà verso di lei, fece il voto di servitù, col quale si consegnava completamente nelle sue mani 22.  

Sarebbe però un'esagerazione dire che a Verrières l'abate Vianney sia stato un perseguitato ed un isolato. «I più seri ed i più ferventi erano felici di prenderlo per modello, - ha detto uno dei suoi antichi condiscepoli. - Amavano la sua compagnia, perché parlava quasi sempre di Dio e della Santa Vergine» 23. Per questo riuscì a stringere amicizia con Marcellino Champagnat, che fu il fondatore dei Piccoli Fratelli di Maria.  

Anche Marcellino Champagnat non era conosciuto per un'aquila: aveva iniziato i suoi studi a diciassette anni, ma era stato rinviato, un anno appresso, per insufficiente intelligenza. Dopo aver fatto, come l'abate Vianney, il voto di pellegrinare al Santuario della Louvesc, ottenne di essere riammesso a Verrières, e, dopo cinque anni di una fatica inaudita, era giunto alla classe di retorica, che dovette ripetere; fu così che al corso dell'anno 1812, quando aveva l'età di 23 anni, si trovò nella classe di filosofia, col discepolo dell'abate Balley, di allora 26 anni e mezzo. L'età già avanzata, la somiglianza della prova passata, dei gusti e delle virtù dell'uno e dell'altro, ne avvicinarono gli animi 24.  

A Verrières si mantenevano le abitudini austere dei tempi eroici e, quantunque vi si stesse meglio alloggiati che non anteriormente, il regime era sempre duro, il pasto molto frugale, il regolamento severo. Giovanni Maria, ben lontano dal lamentarsi, ne fu oltremodo contento e non lo si vide mai una volta mancare al suo dovere; se la sua buona condotta non attirò l'attenzione in modo speciale, lo si deve alla sua cura di vivere nell'oscurità e nell'oblio. Non abbiamo un indizio per dire che egli fosse citato pubblicamente come un modello; piuttosto lo circondava una specie di disistima, corollario naturale dei suoi insuccessi nello studio.  

Le sue note di fine d'anno ci lasciano questo giudizio:  

Lavoro …bene.  

Scienza....molto debole.  

Condotta… . buona.  

Carattere… buono.  

L'abate Barou, se era un impareggiabile educatore, non era obbligato ad essere un profeta, e, stando solo alle apparenze, non poteva apprezzare il tesoro incomparabile che per un momento gli era affidato dalla divina Provvidenza. 

Canonico FRANCESCO TROCHU

giovedì 19 novembre 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY

 


Il disertore di Noes (1809-1811). 


***

Giovanni Maria non dimenticò mai i mesi passati presso i Robins. Se egli non ritornò a Noés, non ostante le sue promesse ed il vivo desiderio, ricevette però sempre volentieri, fin negli ultimi giorni della sua vita, la visita di qualche vecchio amico, conosciuto in quel tempo di allarme. Dopo la sua morte saranno gli abitanti di Noés, che verranno in pellegrinaggio sulla sua tomba. «L’anno scorso - diceva nel 1864 l'abate Dubouis, parroco di Fareins, - incontrai una persona di quel villaggio, che mi disse quanto sia ancora vivo là il ricordo della sua pietà» 67. E sembra che fra quella buona gente nessuno abbia mai fatto rimprovero a Giovanni Maria per essersi volontariamente sottratto alla coscrizione.  

Egli medesimo, sia per buona fede, sia per persuasione soprannaturale, non si ritenne mai colpevole per questa diserzione, come fa fede anche questa testimonianza dell'abate Toccanier che fu uno dei suoi amici più intimi: «Non ne parlò mai né per scusarsi né per giustificarsi; qualche volta lo intesi parlarne nei suoi catechismi, ma solo per servirsi della sua storia a guisa di paragone: Quando ero disertore, avevo sempre paura di vedere arrivare i gendarmi. Così il peccatore nel suo rimorso teme sempre di essere colpito dalla giustizia divini...» 68. Ed il conte Prospero di Garets fa notare che nelle sue parole non vi era alcun senso di rincrescimento 69.  

 Non è colla mentalità moderna, ma colle idee dei contemporanei, che dobbiamo portare il nostro giudizio sugli avvenimenti successi nel 1810. Il conte di Garets, sindaco d'Ars, dà la spiegazione giusta quando dice: «Giovanni Maria Vianney fu condotto dalle circostanze, senza premeditazione alcuna in uno stato di diserzione 70. Se il capitano di reclutamento Blanchard, invece di lasciare partire solo sulla strada di Renaison il coscritto convalescente Vianney, gli avesse procurato i mezzi di raggiungere il suo gruppo, e se il sindaco di Noés, al quale si confidò, l'avesse aiutato ad uscire dalla sua situazione anormale, il nostro giovane avrebbe senza dubbio preso parte alla guerra di Spagna; invece ne fu distolto da cause che si direbbero provvidenziali» 71  

Canonico FRANCESCO TROCHU 

lunedì 26 ottobre 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY

 


Il disertore di Noes (1809-1811).  

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Durante l'anno 1810 Giovanni Maria ricevette notizie dalla sua famiglia in un modo provvidenziale. Il medico aveva prescritto alla madre Fayot la cura delle acque minerali di Charbonnières-les-Bains a nove chilometri ad ovest di Lione, e quindi vicino a Dardilly. L'ammalata esitava per le spese e l'incomodo, ma Giovanni Maria insistette perché eseguisse gli ordini del medico, spiegandole che in questo modo ne avvantaggerebbe la sua salute e che potrebbe portargli notizie della sua famiglia. Né doveva preoccuparsi quanto alle spese, perché colui che le doveva la vita le darebbe un poco di denaro e le assicurerebbe l'ospitalità nella casa paterna dei Vianney. Il povero esiliato, senza dire il luogo ove si trovava, scrisse per la sua famiglia una lettera di dolore e di pentimento 50 e la consegnò a Claudina Fayot, che, chiesti e ricevuti in prestito cento franchi, partì per Charbonnières-les-Bains 51.  

Secondo la narrazione di suo figlio Gerolamo, la buona donna si presentò alla casa Vianney, ove, essendo sconosciuta, incontrò difficoltà per l'alloggio; ma quando consegnò la lettera di raccomandazione che aveva seco, la madre Vianney fu così contenta di avere notizie di Giovanni Maria che l'abbracciò fra lagrime di gioia, ripetendo: «Rimanete con noi, non vi mancherà nulla». E raccontò poi a questa donna che un giorno, preoccupata sulla sorte di suo figlio, si era recata dall'abate Balley, curato di Ecully, che le aveva detto: «Non temete sulla condizione di vostro figlio che non è né morto, né ammalato: non sarà mai soldato, ma un giorno sarà prete», Il padre Matteo Vianney non gradì questa visita, e non ebbe buona impressione del colloquio misterioso di questa straniera con sua moglie; né meno burbero lo rese la lettura della lettera di raccomandazione. Colpito già da varie multe, aveva sentito pesare sopra di sé altre minacce: «Vi farò consumare anche l'ultimo centesimo», gli aveva gridato il capitano delle reclute Blanchard, venuto a Dardilly per l'inchiesta sulla scomparsa del coscritto Vianney52. «A Giovanni Maria - diceva egli - non rimaneva che seguire l'ordine ricevuto, come avevano dovuto fare gli altri, risparmiando tante noie alla famiglia».  

- Mi sembra - rispose Claudina - che non siate troppo soddisfatto, sapendo vostro figlio in casa mia! ...  

- Ditemi dove abitate, ... andrò io a cercarlo.  

- Se sapeste dove abito, lo nasconderei altrove: vale più di tutti i vostri beni.  

Dopo una dimora di diciotto giorni, la madre Fayot si decise per il ritorno a Noes, ed il padre Vianney si prestò a condurla fino a Tarare. Per Giovanni Maria la gioia di ricevere notizie della famiglia fu tosto turbata dal pensiero del dolore che il padre aveva dovuto patire per causa sua: non voleva certo essere a lui occasione di dispiaceri53, ma solo seguiva la via attraverso la quale lo conducevano i disegni della divina Provvidenza, senza rendersi conto del modo col quale uscirebbe da questa situazione.   

Durante questo tempo il suo desiderio del Sacerdozio si era fatto sempre più vivo. Nel settembre decise di farsi inviare i suoi libri di studio «per non trovarsi troppo in ritardo», come spiegava alla sua buona madre di Noès, alla quale si  raccomandava perché gli permettesse di studiare ritirato nella sua camera, e disposto anche a versare qualche acconto perché non poteva prendere parte ai lavori campestri della stagione autunnale. Ricevuta la lettera con la richiesta, a Dardilly, la vedova Bibost, persona di fiducia, che abitava vicino al presbiterio e che aveva conosciuto Claudina quando si trovava presso i Vianney, portò alla dimora dei Robins il pacco dei libri che Giovanni Maria aveva lasciato presso il cognato Melin, e così lo scolaro di ventiquattro anni riaprì la sua grammatica latina.  

Ma non ebbe il tempo di dedicarsi molto allo studio in questa sua camera resa quasi cella monastica, perché alla fine di ottobre, per la medesima via, giunsero finalmente, fra il suo stupore e la sua gioia, anche buone notizie. Lo scolaro dell'abate Balley non sarebbe più perseguitato, anzi era affatto libero e lo si aspettava con ansia a Dardilly e ad Ecully. Ma donde veniva questa notizia provvidenziale?  

I tempi erano cambiati e la pace regnava in quasi tutta l'Europa, anche perché Napoleone, vincitore dell'Austria, aveva accordato l'amnistia in occasione del suo matrimonio con l'arciduchessa Maria Luisa (2 aprile) 54. Il capitano Blanchard pure, diventato meno severo, fece sapere alla famiglia Vianney di Dardilly che il loro figlio potrebbe beneficiare dell'atto di clemenza ed anche sottrarsi alla coscrizione se avesse presentato un sostituto. Così per uno strano cambiamento di cose quest'ufficiale di Roanne, che l'anno prima aveva minacciato di fare condurre incatenato Giovanni Maria fino alla caserma di Bayonne, si offriva ora a liberarlo 55.  

Francesco detto Cadet, il più giovane dei figli Vianney, allora di venti anni, nato il 20 ottobre 1790, tirò a sorte un numero alto e si vide ritardato l'arruolamento. Il capitano Blanchard consigliò il giovane coscritto di prendere le armi prima che fosse chiamato il suo contingente, facendo così la parte di sostituto in favore di Giovanni Maria, Il padre stesso fu d'accordo in questa sostituzione, anche per liberarsi dai soldati, che aveva dovuto rassegnarsi ad alloggiare in casa sua 56  

Francesco si lasciò convincere e per atto notarile si convenne che avrebbe ricevuto tremila franchi sull'eredità paterna di Giovanni Maria 57. Incorporatosi nel sesto reggimento, si mise in cammino per Phalsbourg, ove arrivò il 20 agosto. «Le ultime notizie di Francesco, divenuto caporale, datano da Francoforte sul Meno, all'inizio della campagna del 1813; i suoi parenti non lo rividero più 58, ma si ritiene che non sia morto in guerra» 59.  

Quando nella casa della vedova Fayot si ebbe la notizia della prossima partenza di Gerolamo Vincent si pianse amaramente, e la piccola Claudina, che era particolarmente a lui affezionata, ripeteva fra le lagrime alla madre: «Dunque noi non avremo più cugini?» 60. Tutti coloro che avevano avuto la fortuna di conoscerlo a Noes61, appresero con pena la notizia della partenza di colui, che col continuo buon esempio li edificava. Ma Gerolamo Vincent un giorno sarà prete, e per testimoniargli la loro gratitudine, non potevano forse preparare fin d'ora qualche cosa per il suo corredo? La madre Fayot lo pregò di accettare dei tovaglioli, che ella medesima aveva ricevuto come regalo di nozze. «Le giovani Dadolle 62, che abitavano vicino alla canonica, fecero una colletta in parrocchia», ed un sarto venne da Renaison per fare una veste talare al futuro abate Vianney, ormai noto nel suo vero nome. E Giovanni Maria dovette rassegnarsi ad indossare questa veste per un'ora di tempo, per accontentare gli amici di Robins, che volevano vederlo in abito sacerdotale, mentre fra il riso e le lagrime gli ripetevano: «Verrete da noi come Curato! ... ». Una vecchia caritatevole gli portò trenta franchi.  

- Mia buona donna - le domandò Giovanni Maria - forse voi medesima avete dovuto fare un prestito per portarmi una così bella offerta.  

- No, è il prezzo di vendita del mio piccolo maiale. Mi rimane ancora la mia capra e questa mi basta... Accettate, ve ne prego, e quando sarete prete, ricordatevi di me 63.  

Uno dei suoi allievi, forse il figlio del sindaco, volle provvedere per le spese del ritorno ed un mattino d'inverno, probabilmente in principio del gennaio 1811, Giovanni Maria Vianney, dopo l'ultimo addio, dato singhiozzando, lasciò per sempre la masseria dei Robins. Il suo «tempo d’esilio», il suo «tempo di tristezza e di bando» 64, finirà per sempre. La sua «buona madre», la sua «cara benefattrice» 65 avrebbe voluto condurre alla vera madre questo figlio di adozione, ma non ne ebbe la forza e fu Luigi, suo figlio maggiore, quattordicenne, che accompagnò l'amico suo fino alla casa di Dardilly.  

Maria Vianney strinse al cuore teneramente questo figlio che aveva tanto sofferto; ma ella medesima portava sul volto i segni di tanto patire, aveva versato in silenzio lagrime amarissime ed il suo cuore era stato spezzato da emozioni segrete,  ma vive. Il suo caro prete, contemplato in sogno all'altare, le era reso ed ella ne avrebbe goduto, ma fino a quando? Alcune settimane dopo il ritorno di Giovanni Maria alla casa paterna, l'otto febbraio, la sua santa madre moriva in età di cinquantotto anni.  

Fino all'ultimo tempo della sua vita il figlio devoto ne mantenne un commovente ricordo; quando ne parlava piangeva sempre e confessò che, dopo di avere perduto sua madre, tutto gli era diventato indifferente sulla terra. 66  

Canonico FRANCESCO TROCHU

lunedì 14 settembre 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY



Il disertore di Noes (1809-1811).  

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Claudina Bouffaron, vedova di Pietro Fayot, era davvero un cuor d'oro. Di trent'otto anni appena, attiva e precisa nei lavori della sua masseria, era particolarmente compassionevole verso i poveri che Soccorreva volentieri, riservando ad essi un pane da ogni fornata. Ella accolse il disgraziato che le si confidava in una maniera non poco strana.  

Assicuratasi la discrezione dei figli, identificandolo per un suo cugino, rifugiato nella masseria 34, ella medesima usò sempre un'estrema prudenza. Gerolamo Vincent durante il giorno si teneva nascosto e passò i primi due mesi nel fienile o nella stalla attigua all'abitazione del sindaco, - precauzione ottima per eludere possibili pericoli nelle comparse dei gendarmi. - Per scrupolo di precauzione durante otto settimane la madre Fayot portò i viveri al proscritto in un secchio di legno, come faceva per gli animali, e solo a notte avanzata gli permise di uscire a prendersi un poco d'aria, unendosi ai membri della famiglia che lo ospitava, ai quali leggeva il Vangelo o la vita dei Santi e raccontava le belle storie che aveva imparato dall'abate Balley o da sua madre 35. Attirava tutti a sé colla sua bontà ed era a tutti di edificazione. Gerolamo Fayot, più giovane di lui di quindici anni, ricorderà ancora nella sua vecchiaia gli scappellotti molto discreti che riceveva da «suo cugino», quando non recitava devotamente le sue preghiere.  

In un angolo della stalla, vicino ad una finestra, si preparò una «camera» 36, destinata a Giovanni Maria Vianney ed a Luigi, il maggiore dei ragazzi di anni tredici. Non rimasero però molto insieme, perché, dopo tre notti, Luigi si presentava alla madre piagnucolando perché lo togliesse di là: «Il cugino passa il suo tempo a pregare ed io non posso dormire: non voglio più stare con lui». La madre Fayot fu costretta a preparare a suo figlio un secondo letto.  

Il nostro «disertore, suo malgrado» 37 voleva essere utile. D'inverno essendo sospeso il lavoro dei campi, per causa della neve che cade abbondante e rimane a lungo sui monti di Forez, riuscì a realizzare presso i Robins la sua idea, diventando maestro di scuola. Gli illetterati in quei luoghi erano numerosi e bisognava imparassero almeno a leggere la santa Messa. Questa scuola doveva essere abbastanza numerosa, perché ogni giorno coi figli della vedova Fayot si vedevano anche giovani e uomini che si recavano alla masseria per le lezioni di lettura, scrittura e catechismo 38. E nessuno ha mai pensato che la presenza di questo giovane, che aveva l'aspetto di contadino, potesse dare motivo di sospetti.  

Solo Guido il disertore, che rimaneva sempre nascosto nelle foreste di faggio, il sindaco e Claudina conoscevano il vero nome del forestiero. Questo riduceva certamente i pericoli, ma le precauzioni non sono mai troppe e Giovanni Maria attese ancora molto tempo prima di discendere al villaggio di Noes dove ogni mattina si celebrava la santa Messa. Ogni volta sentiva suonare le campane aveva pena per non potere recarsi alla chiesa, e finalmente, approfittando del fatto che il Curato Jacquet, antico confessore della fede, esiliato al tempo della rivoluzione 39, durante la settimana celebrava la Messa di buon mattino, un giorno osò arrischiarsi a discendere al villaggio in mezzo alle tenebre; entrò nella chiesa quasi deserta, si confessò e ricevette l'Eucaristia 40   

Era consuetudine in quel villaggio di montagna che durante la santa Messa della domenica si lasciasse sempre a casa qualcuno, il quale si sarebbe poi unito in spirito ai parenti ed amici più fortunati che assistevano al Santo Sacrificio. Per molto tempo la casa dei Robins, alla domenica, fu custodita da Giovanni Maria Vianney, che giudicò prudente non discendere di giorno a Noés: il tintinnio delle campane, così dolce all'orecchio in quei paesi di montagna, gli avrebbe detto a quale parte della Santa Messa fosse il Sacerdote.  

Il sentiero rude, seminato di ciottoli e di grosse pietre, che dalla dimora dei Robins conduce fino a Noés, consigliava alla madre Fayot di non condurre seco la bambina più giovane, di nome Claudina, che aveva solo tre anni, e di lasciarla, invece a questo giovane ventiquattrenne, che volentieri se ne occupava, come l'avrebbe fatto il migliore ed il più delicato dei fratelli. Si divertiva del suo cicaleccio e prendeva parte ai suoi giuochi innocenti, ma durante la S. Messa, e soprattutto al momento dell'Elevazione, si teneva molto raccolto, la faceva inginocchiare vicino a sé e tentava anche di istruirla. Un giorno la domestica, di ritorno dalla Santa Messa, disse ridendo alla bambina: «Claudina, abbraccia dunque tuo cugino, e ringrazialo per averti tenuto così bene ...». Si vide allora Giovanni Maria Vianney, animato da un sentimento di delicato pudore, respingere dolcemente le piccole braccia tese, e la madre sgridò la domestica, intimandole di tenersi in guardia da simili facezie.  

 Non pensiamo che Giovanni Maria Vianney fosse a Noés, in casa degli ospiti benevoli, senza preoccupazioni. Oh, come ricordava il suo vecchio maestro, i suoi libri di studio, i suoi sogni circa la vocazione sacerdotale! È ben vero che a poco a poco si era anche rassegnato alla dura prova, ma si domandava se finirebbe e quando ...; sempre più incerto, non osava concretizzare le sue speranze, ma si gettava ciecamente  nelle braccia della divina Provvidenza, suo unico rifugio, cercando le consolazioni della preghiera. Lo tormentava anche un altro segreto dispiacere. Che ne era dei suoi parenti di Dardilly?... Erano in pena, credendolo partito per la guerra, oppure, peggio ancora! il padre viveva forse sotto il peso di terribili minacce e la madre in angosce penose 41, per l'8 ricerche fatte dal capitano Blanchard? D’altra parte, anche a Noés si prevedeva il sorgere di nuovi dolori. La vedova Fayot, che era come una seconda madre per Giovanni Maria, trattato là come un figlio, andava perdendo la sua salute, per indebolimento del sangue, e Giovanni Maria, nel pio intento di aiutarla e per dimenticare le proprie pene, si dedicò ai lavori materiali con tutte le sue forze.  

Nella casa dei Robins non si distingueva più dai membri della famiglia; nonostante l'interessamento della vedova Fayot, che insisteva perché avesse cura della sua salute, si indebolì per la insufficiente nutrizione e contrasse un forte raffreddore seguito dalla febbre e da flusso di sangue, da cui si salvò per la sua costituzione robusta, più che per le cure che gli si poterono prestare. Da allora, pure senza commettere imprudenze, si preoccupò meno della possibile improvvisa comparsa dei gendarmi e si recò alla Messa ogni domenica, senza alcuna paura, fra la meraviglia di quei buoni cristiani che confessavano di non avere mai visto un giovane così buono 42.  

Vicino alla Chiesa sta il presbiterio di Noés, e più in basso, sulla riva di fronte al bosco della Madeleine, abitavano in una povera casa le due sorelle Dadolle. Dopo la santa Messa e le sue devozioni ogni giorno Giovanni Maria si compiaceva di fare una breve visita a quelle sante fanciulle, intrattenendosi con esse di religione 43.  

All'epoca in cui le nevi furono sciolte, ed i sentieri meno impraticabili, i gendarmi fecero di nuovo la loro comparsa nella regione, e non si limitavano più a visitare gli angoli della foresta, ma arrivavano improvvisamente ai Robins, sia di giorno che di  notte. Ma come ci fa sapere la tradizione, rimasta viva nella famiglia Fayot, ogni volta che i gendarmi vennero a Robins dalla Pacudière, da Saint-Haon-le-Chatel o da Renaison, nella stalla della vedova non trovarono mai il coscritto renitente, perché Giovanni Maria, quasi ne avesse un presentimento, si era rifugiato nella foresta 44.  

Ma un giorno poco mancò venisse preso. In un pomeriggio dell'estate 1810, mentre lavorava vicino alla masseria, comparvero sul sentiero, senza nessun cenno, alcuni gendarmi. Il disertore, avvertito da un segnale convenuto, dato forse dai figli della vedova Fayot, che con quelli del sindaco erano stati messi al corrente delle condizioni di Giovanni Maria, agile e nervoso corse alla stalla, si afferrò alla rastrelliera e passò nel suo nascondiglio sotto il mucchio di fieno, preparato per queste possibili incursioni, ed aspettando si raccomandò a Dio.  

I gendarmi lo avevano forse visto fuggire? È probabile, perché entrati in quel solaio, rapidamente compirono le più minuziose ricerche, tanto da fare tremare le persone presenti. Giovanni Maria tratteneva perfino il respiro e si sentiva soffocare sotto il mucchio di fieno in fermentazione, oppresso anche dal caldo 'eccessivo delle esalazioni della stalla e dai raggi del sole che si frangeva contro il tetto della cascina45. Mentre si trovava sotto il peso del fieno, dove sopportava il suo martirio, un gendarme lo ferì colla punta della sua spada, procurandogli vivo dolore, ma Giovanni Maria non si tradì 46. Più tardi, raccontando le sue memorie giovanili, confessò che mai in vita sua aveva patito simili sofferenze e che allora aveva promesso a Dio di mai più lamentarsi. «Ed ho mantenuto la mia promessa»47 - conchiudeva con semplicità. Ancora alcuni minuti avesse dovuto passare sotto quella stufa, sarebbe certamente morto asfissiato, ma grazie a Dio, i gendarmi ritennero sufficienti le loro ricerche e si recarono dal sindaco, dalla parte opposta del muro, per dissetarsi.  

Nella medesima epoca avvenne anche un'irruzione della gendarmeria, che diede occasione ad un piccolo fatto, rivelato ci dà un testimonio generalmente sospetto, ma che in quel giorno disse la verità. Verso il 1840 si condusse al villaggio di Ars una povera donna, che portava i segni di una vera possessione diabolica, con salti, balli e discorsi molto strani48. Si erano riuniti attorno ad essa dei curiosi ed ella incominciò a dirne la vita di tutti; e quando sopraggiunse il Curato, il demonio, che parlava per la bocca di questa donna, dichiarò che non aveva nulla a rimproverargli. Ma poi, riprendendosi, aggiunse: «Ah, un giorno hai preso un grappolo d'uva ...».  

- È vero, ma lasciai cinque centesimi nel muro, sotto il ceppo della vite per pagarlo.  

- Ma il proprietario non l'ebbe ...  

Difatti ci raccontò il Curato Vianney che un giorno, quando era obbligato a nascondersi, al tempo della coscrizione, trovandosi arso dalla febbre, aveva preso un grappolo d'uva 49  

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Canonico FRANCESCO TROCHU 

lunedì 17 agosto 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY



Il disertore di Noes (1809-1811).  

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«Questo giovane - dicevano tra loro - non sarà mai un soldato, morirà prima di arrivare alla Spagna»; e lo compiangevano con pensiero più caritatevole che prudente, perché presto doveva ripartire. Ma egli rispondeva rassegnato:  

- Mie buone Suore, è ben giusto che io obbedisca alla legge.  

- Voi rendereste più servizio alla Francia, pregando che andando alla' guerra.  

- Vi sono riconoscente delle vostre buone parole; vogliate ricordarvi di me.  

Il 5 gennaio 1810, un'ordinanza del capitano di reclutamento Blanchard fece noto al soldato Vianney che farebbe parte del gruppo che il giorno seguente doveva partire per la Spagna, coll'ordine di passare ad un'ora fissa del pomeriggio nell'ufficio del capitano per ricevere il suo foglio di via: Giovanni Maria, inquieto e pensieroso, uscì dall'ospedale un poco prima dell'ora prescritta e, cammino facendo, vide una chiesa e vi entrò. Là il seminarista-soldato pregò, confidando a Dio tutte le preoccupazioni ed i desideri, e là, secondo le sue parole, «le pene si sciolsero come neve al sole», Intanto, gustando la felicità di questo novello Tabor, il santo giovane non si accorgeva del tempo che passava, e quando si presentò all'officio ne trovò la porta chiusa16.  

L'indomani, 6 gennaio, giorno dell'Epifania, Giovanni Maria non ancora troppo robusto si preparò per la partenza ed all'alba, col sacco sulle spalle, si congedò dalle buone Suore infermiere, che, colle lagrime agli occhi, lo accompagnarono fino al cancello esterno dell'ospedale 17. Si diresse di nuovo all'officio di reclutamento ed i primi soldati di servizio che incontrò gli resero noto che la sua compagnia era partita senza aspettarlo. Non mancarono scherzi di cattivo gusto sulla sua situazione, ma questo era ancora poco, perché un'accoglienza ben peggiore gli era riservata all'ufficio, ove il capitano Blanchard gli parlò di gendarmi e di catene. A queste minacce il nostro coscritto, che «compiangeva quei giovani disertori che venivano condotti incatenati, fra imprecazioni e grida» 18, si sentì fremere. Ma appunto in quel momento un subalterno interveniva in favore di lui: «È un povero giovane che non ha mai pensato a fuggire; è uscito ora dall'ospedale e si presenta spontaneamente ai suoi Superiori! ...». Blanchard non insistette, ma gli consegnò il foglio di via, intimandogli di raggiungere almeno la retroguardia 19.  

 Il pallido convalescente, sulla via di Clermont, tutto solo, non aveva neppure l'aspetto del soldato. Il sacco pesava sulle sue povere spalle e contribuiva a rallentare il suo passo ancora incerto. Vedendo l'impossibilità di raggiungere gli altri alla prima fermata, fu preso da estremo cordoglio, elevò il suo pensiero a Dio ed estrasse la corona del Rosario. «Forse non lo recitai mai più così volentieri» confidò egli alcun tempo dopo ad alcune persone d'Ars 20.  

Il 6 gennaio, la sorella Margherita, dopo di avere fatto il viaggio da sola da Ecully fino a Roanne, si presentava all'ospedale per visitare Giovanni Maria, ma con affannosa sorpresa si sentiva dire che il fratello era partito in quel medesimo giorno 21 Giovanni Maria dopo di avere passato Villemontais, raggiunse i monti del Forez, ora squallidi ora ameni, ma sempre contemplati con piacere dal viaggiatore. La nostra giovane recluta era però animata da uno spirito ben diverso da quello d'ogni altro viaggiatore, e cedendo alla sua estrema stanchezza, che lo obbligava a camminare curvo sulle sue gambe attrappite, pensò di cercare un rifugio nel bosco vicino, ove sarebbe protetto dal gelido vento della stagione. Si allontanò un cento passi dalla strada maestra 22 ed attraversò un campo coltivato 23, e, sedutosi sul suo sacco, si concesse un istante di riposo, vicino ad un sentiero che conduceva alla montagna. Per allontanare un momento i suoi tristi pensieri prese di nuovo fra le mani la corona del Rosario ed incominciò a pregare con confidenza la Santa Vergine, suo rifugio, perché non lo abbandonasse24.  

Se ne stava appunto in questi pensieri ed in questa occupazione, quando, d'improvviso comparve uno sconosciuto che gli chiese: «Che fate voi qui?... venite con me», e, prendendogli il sacco pesante, gli indicò di seguirlo. I due viaggiarono a lungo nella notte oscura, attraverso gli alberi della montagna, con pena immensa di Giovanni Maria che già stanco seguiva il compagno a fatica 25.  

 Questo sconosciuto, vestito da contadino, si chiamava Guido ed era un disertore di Saint-Priest-la-Prugne nei monti di Bois-Noir, che viveva nei boschi di Forez 26, con altri compagni fuggiti per evitare la coscrizione: l'incontro casuale avrebbe determinato anche per il nostro coscritto, tutto solo, un destino simile. Giovanni Maria Vianney, stanco ed arso dalla febbre, lo seguì fidente, col desiderio e la speranza di avere un ricovero per la notte, rammaricandosi che il drappello di soldati, del quale faceva parte, fosse ancora molto lontano.  

I due viaggiatori si inoltrarono nei monti per gole sinuose, attraversate dal piccolo torrente delle Crèches, allora abbondante di acque per le piogge invernali. Passarono all'altezza del villaggio di Noés, lasciandolo alla loro destra e giunsero nella foresta della Madeleine, ai confini dell'Allier e della Loire. Oggi solo le cime sono coperte di alberi, ma allora Noés non era che un'isola sperduta in un mare di verde.  
Nel viaggio i due pellegrini non rimasero muti, e Guido,  per il servizio che rendeva a Vianney, portandogli il sacco, ne guadagnò quella fiducia che dispone alla confidenza, ed in breve fu a cognizione di una storia molto dolorosa.  

- Ma voi non avete l'aspetto di un soldato - gli osservò Guido.  

- È vero, ma io debbo obbedire.  

- Se volete seguirmi, potrete vivere in questo villaggio, ben nascosto dalle foreste.  

- Questo no, i miei genitori hanno già avuto abbastanza fastidi.  

- State pure tranquillo! Ce ne sono altri nascosti in questo luogo.  

Che fare? Il disgraziato ritardatario pensò di seguire Guido almeno per la notte, rimandando la decisione al giorno seguente e mettendosi nelle mani della Divina Provvidenza.  

 Il villaggio di Noes è situato a 660 metri sul livello del mare. Poiché Guido conosceva molto bene i sentieri 27, i due erranti poterono salire ancora finché giunsero alla capanna di uno zoccolaio, di nome Agostino Chambonnière, che abitava lassù in quella solitudine colla sua giovane sposa. Guido si annunciò bussando alla porta e dicendo il suo nome e tosto la porta della povera casupola si aprì. Gustin (lo zoccolaio era conosciuto con questo nome) diede subito qualche cosa da mangiare al giovane soldato affamato e stanco, e la sua sposa gli apparecchiò l'unico letto disponibile. Pochi minuti dopo Giovanni Maria dormiva profondamente nel letto preparatogli, mentre il padrone, la sua Sposa e Guido si rassegnavano a prendere il loro riposo sopra poca paglia. Il giorno dopo Guido  pensò di pone Giovanni Maria Vianney nella condizione di guadagnarsi il pane e lo condusse alla cascina di Claudio Tornaire, che impiegò entrambi a segare tronchi di faggio; due giorni dopo, tuttavia, benché avesse molto lavoro, non ritenne che il più forte, che era Guido 28, mentre Giovanni Maria fu costretto a cercare altrove lavoro. Discese allora al Pont, nel comune di Noés, e scelse per sé la professione di maestro) indirizzandosi ad Antonietta Mivière, vedova Préfolle, la quale con molto rincrescimento non lo poté accettare, avendo già un altro maestro.  

 La sua situazione intanto si complicava, perché, abbandonato e sperduto nelle montagne, era diventato, senza premeditazione alcuna, un disertore. Era sindaco a Noés il signor Paolo Fayot, semplice contadino che abitava sulla montagna, a due chilometri dal paese, nella cascina dei Robins ed è a lui che si rivolse Giovanni Maria Vianney. Paolo Fayot, sindaco, è ricordato a Noés come uomo distinto, unitamente alla sua discendenza ed al suo parentado nel quale si scelse la maggior parte dei suoi successori 29, ma aveva un modo tutto proprio e personale per applicare le leggi dell'impero. Nel 1810, quando dovette interessarsi di Giovanni Maria Vianney, nascondeva già nelle vicinanze della sua casa due disertori 30 e questa fu forse una delle ragioni per la quale la nuova visita non gli fu soverchiamente gradita. Aveva lui stesso una numerosa famiglia da mantenere, ma soprattutto temeva perché  i gendarmi esploravano ogni tanto quei boschi, rifugio di disertori, e si fermavano da lui, sindaco di Noés, per il riposo ed i pasti.  

Abbandonerebbe egli dunque il povero giovane senza asilo? Non pensava neppure alla possibilità di denunciarlo, in quanto, circa il servizio militare, condivideva le idee di molti suoi contemporanei 31. Le sorti di questo giovane stavano ora nelle sue mani ed egli lo rassicurò, spiegandogli che era troppo tardi perché tentasse di raggiungere il suo gruppo, che ormai veniva considerato come un disertore e che non gli rimaneva altro che sottrarsi colla vigilanza alle ricerche dei gendarmi. E con singolare e rinnovata audacia, gli assegnò come dimora la casa di sua cugina Claudina Fayot 32, vedova con quattro figli, di cui il maggiore aveva quattordici anni appena, ovunque conosciuta come donna buona e caritatevole, assicurandole che egli stesso le sarebbe di aiuto nel mantenere il suo protetto; - il quale però, per ragioni evidenti di prudenza' non si chiamerebbe più Giovanni Maria Vianney, ma Gerolamo Vincent 33.  
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Canonico FRANCESCO TROCHU 

lunedì 15 giugno 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY



Il disertore di Noes (1809-1811).  

Nella nostra storia siamo giunti ad un episodio che potrebbe prestarsi a gettare un'ombra fosca sulla vita di Giovanni Maria Vianney, a un fatto oscuro e torbido sul quale, muniti di documenti sicuri, speriamo di fare risplendere la maggior luce possibile.  
Il curato d'Ecully aveva ottenuto che il suo allievo fosse iscritto con gli esenti dal servizio militare. Come abbiamo visto, la legge non dispensava che i chierici ammessi agli ordini maggiori e l'eccezione, che riguardava i seminaristi lionesi, era dovuta ad un favore speciale, concesso dall'Imperatore a titolo grazioso 1  

Nell'anno 1809 Napoleone sembrava ormai agli estremi, perché l'Austria e la Spagna, minacciate nella loro indipendenza, si erano armate e lo tenevano come tra due fuochi; gli Spagnoli rifiutavano Giuseppe Bonaparte come re ed i marescialli francesi lo imponevano ai rivoltosi. In questa occasione l'Imperatore si recò al posto che, secondo lui, era più pericoloso, ed il suo genio lo farà trionfare una volta di più ad Eckmuhl il 22 aprile ed a Wagram il 6 luglio 2. Ma l'aquila di Francia stava per incominciare nel suo volo la parabola discendente: la sua stella cominciava ad impallidire e già si annunciavano i primi rovesci; la Spagna stessa, non volendo dichiararsi vinta, si preparava a prolungare la sua lotta fino al 1814.  

Per continuare la guerra aveva quindi bisogno di nuove truppe e se le procurò anche se la Francia era già esausta; prima del 1807 la legge era stata inumana, ma a quest'epoca divenne mostruosa e peggiorerà di anno in anno fino a chiamare sotto le armi, per farne carne da macello, adolescenti e uomini già esentati o riscattati 3. Così parla indignato uno storico filosofo, che scrisse questo giudizio prima che conoscesse la legge del servizio militare per tutti, e che morì prima di potere assistere alle più atroci ecatombi. Nel 1809 furono arruolate in anticipo due classi e furono incorporati anche tutti quelli che erano sfuggiti alla coscrizione del 1806 4  

 Nulla era stato detto nella Diocesi di Lione circa il privilegio che esentava dal servizio militare tutti gli ecclesiastici, e per un'eccezione affatto inattesa, solo Giovanni Maria ed altri tre seminaristi furono chiamati sotto le armi 5.  

Di chi era la causa? Dell'abate Balley per avere forse tralasciato in quell'anno, ritenendolo un passo inutile, di rammentare all'arcivescovado che il giovane Vianney continuava gli studi 6; oppure dei Vicari Generali per avere dimenticato di farlo iscrivere tra gli studenti del Seminario? 7. È impossibile decidere con sicurezza, ma sta il fatto che l'ufficio di reclutamento arruolò con altri giovani della classe del 1810 e 1811 anche questo coscritto della classe 1807. Il suo foglio di arruolamento lo diceva destinato all'armata dei marescialli, le reclute dei quali doveva immediatamente raggiungere alla caserma di Bayonne.  

L'ordine di chiamata raggiunse Giovanni Maria ad Ecully. Spaventato, l'abate Balley si recò tosto a Lione per chiarire il caso del suo allievo, ma l'ufficio di reclutamento rifiutò di considerare come seminarista questo studente già vecchio, che prendeva alloggio in una masseria di campagna e riceveva le lezioni in un presbiterio, tanto più che il suo nome non figurava sulla lista officiale, rilasciata dall'autorità diocesana. La nota che il Vicario generale Courbon stese in favore del coscritto Vianney e che l'abate Balley presentava come un argomento decisivo, arrivò a fatti compiuti, per cui tutte le pratiche intraprese non ebbero alcun risultato.  

A Giovanni Maria non rimaneva che obbedire ... Ma quale pena morale desolante! Avrebbe ben presto ventiquattro anni ed era avanzato negli studi come uno scolaro di quindici anni!... Come arrivare al Sacerdozio? In verità, Giovanni Maria poteva vedere in questo nuovo svolto della sua vita la tomba delle sue più belle speranze.  

La legge permetteva di farsi sostituire al servizio militare 8 e Giovanni Maria si raccomandò a suo padre, perché volesse usare di questo mezzo, che gli permetterebbe di continuare i suoi studi. Matteo Vianney, che a questo momento non aveva ancora dato il definitivo consenso alla vocazione del figlio, non fece molto caso di questa insistenza, forse anche perché aveva già dovuto riscattare il figlio maggiore Francesco e la sua povertà non gli permetteva una nuova spesa sì gravosa 9; ma l'angoscia di questo povero giovane e le lagrime di lui infine lo commossero, e, preso il denaro che gli era a disposizione, fece gli otto chilometri che lo separavano da Lione per cercare il supplente tanto desiderato. Margherita Vianney ci dice che un giovane aveva accettato la sostituzione col compenso di tremila franchi 10, duecento franchi di regalo ed un piccolo corredo, ma alcuni giorni dopo questo medesimo giovane si presentava alla dimora dei Vianney e deponeva alla soglia della casa il sacco ed i duecento franchi ricevuti. A Giovanni Maria non rimaneva altro che partire11.  

 Il 26 ottobre entrò come recluta a Lione e vi rimase due soli giorni, appena abbastanza per conoscere la vita di caserma, della quale conservò un penoso ricordo, profondamente contristato dalla condotta cattiva dei suoi compagni e dalle loro bestemmie 12. Il lavoro intellettuale assiduo e le mortificazioni che si infliggeva ad Ecully, gli avevano diminuito le forze; il brusco cambiamento di abitudini determinò in lui una forte febbre che lo consumava. Il 28 ottobre fu costretto a rimanere a letto, ed i medici della caserma, trovandolo grave, lo fecero trasportare all'ospedale, nella sala Saint-Roch, riservata ai soldati. Più tardi, facendo allusione ai due soli giorni passati nella caserma, soleva dire: «Al governo non ho consumato che un pane» 13.  

Durante i quindici giorni passati all'ospedale di Lione fu visitato dall'abate Balley, dai suoi parenti di Dardilly ed Ecully e dalla cugina Margherita Humbert, allora diciassettenne, che dice: «Ebbi la fortuna di passare una parte della sera con lui e dividere il suo piccolo pasto; non mi parlò quasi che di Dio e della necessità di fare la sua santa volontà»14.  

Il 12 novembre, un contingente di soldati destinati all'armata di Spagna partì da Lione per Roanne, dove le reclute facevano i loro esercizi. Giovanni Maria Vianney, appena convalescente, fu chiamato a fare parte del convoglio militare e, perché troppo debole per camminare a piedi, seguì le truppe in carrozza, senza divisa militare, col solo sacco d'ordinanza. Le scosse della vettura ed il freddo già intenso gli procurarono una grave ricaduta e, quando giunse a Roanne, tremante dalla febbre, dovette essere consegnato all'ospedale diretto dalle Suore di Sant'Agostino, ove dovette restare sei settimane.  

Di là fece scrivere alla sua famiglia e subito suo fratello maggiore Francesco, già suo grande amico, si recò a visi tarlo, ed anche i genitori, pure inquieti, non dubitarono di intraprendere questo duro viaggio per rivedere il loro figlio. I complimenti e gli «arrivederci» più commoventi non valsero a distruggere la pena dei buoni genitori, che ritornarono a Dardilly desolati, col triste presentimento che Giovanni Maria non sarebbe più guarito.  

La madre aveva pregato le religiose perché facessero le sue veci presso il figlio, raccomandazione, per altro, superflua, perché le Suore distinsero subito questo cortese coscritto, così paziente e tranquillo, «che recitava devotamente il Rosario», e lo circondarono delle cure più delicate, come un fanciullo. Ne fa fede la sua parola stessa, quando dice: «Non dimenticherò mai le tenere cure ricevute da tutte le Religiose di Roanne» 15  

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Canonico FRANCESCO TROCHU 

martedì 26 maggio 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY



Una vocazione tardiva (1805-1809).  
Giovanni Maria Vianney a vent'anni.  

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Ad Ecully senza dubbio l'abate Balley si unì da lungi alle preghiere del suo caro Vianney, ed al ritorno lo ricevette a braccia aperte. Da quest'epoca il nostro giovane fece discreti progressi, non sentì più lo scoraggiamento e la noia 22, ma trovò invece il suo lavoro piacevole e fruttuoso, e con immenso conforto vide aprirsi davanti a sé la via del Sacerdozio. Anche l'abate Balley da quel momento guardò all'avvenire senza soverchio timore, coltivando la più dolce speranza di potere assistere un giorno all'altare il suo antico allievo. Intanto questo scolaro era giunto all'età della coscrizione, facendo parte della classe del 1807, che era stata chiamata prima del tempo. Nel novembre 1806, dopo la sanguinosa campagna di Jena, Napoleone I, sebbene vincitore, aveva dovuto prelevare fra le giovani reclute ottantamila uomini. Avrebbe dovuto esservi chiamato anche Giovanni Maria, ma ne fu dispensato perché aveva incominciato i suoi studi per essere prete di Lione. Il Cardinal Fesch, che in quel tempo godeva ancora del favore dell'Imperatore, aveva ottenuto che tutti gli studenti ecclesiastici della sua archidiocesi, inscritti sulla lista officiale, fossero esenti dal servizio militare, come quelli già iniziati negli ordini sacri 23. Per questo il Curato di Ecully ottenne dall'abate Groboz, suo antico compagno di apostolato al tempo della rivoluzione e divenuto poi segretario del Cardinale, che lo studente Vianney fosse iscritto fra gli aspiranti al Sacerdozio 24.  

Durante la Quaresima del 1807 Giovanni Maria, in età di quasi ventun anni, ricevette ad Ecully il Sacramento. della Cresima 25 dalle mani del Cardinal Fesch, pastore zelante 26, ma sovraccarico di lavoro. La sua Diocesi, che comprendeva tre dipartimenti, il Rhòne, l'Ain e la Loire, non aveva potuto essere da lui visitata che una sola volta, nel 1803. La seconda visita, annunciata da una lettera pastorale del 22 gennaio 1807, era quindi un avvenimento straordinario.  

L'inverno era rigido, ma, non ostante le intemperie, - dice una relazione di quel tempo - Monsignore, dopo di avere visitato le parrocchie di Lione, percorse anche quelle dei sobborghi e delle vicinanze della città. In questo modo la parrocchia di Ecully fu una delle prime ad accogliere il coraggioso prelato. 

Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Arcivescovo di Lione - dice ancora la stessa relazione - continua la sua visita pastorale ... In un luogo nel quale ci siamo recati distribuì ancora la Comunione alle ore tre e mezzo del pomeriggio e continuò la cerimonia della Cresima fino alle ore cinque. Gli uomini che si comunicarono non erano in minore numero che le donne ed in tutti si leggeva l'espressione della fede e del raccoglimento.  

Faceva molto freddo e nevicava. Gli abitanti di varie parrocchie camminarono tre o quattro ore per recarsi al capoluogo dove si amministrava la Cresima, e, siccome la chiesa era piccola, la maggior parte attendeva al di fuori, esposta al freddo ed alla neve, senza lamentarsi.  

Molti, fra i giovani specialmente, facevano una lega di cammino per assistere al passaggio del Cardinale e quando, da lontano, scorgevano le vetture, si inginocchiavano, attendendo la benedizione. Si fecero ogni giorno circa duemila Comunioni e si amministrò la Cresima a circa tremila persone 27.   

Merita di essere ricordato il modo pratico ed interessante col quale il Cardinal Fesch amministrava i sacramenti della Cresima e della Eucarestia. Aveva fatto fondere un vaso di argento dorato, in forma oblunga, che poteva contenere più di tremila ostie, e da quello riempiva il ciborio col quale distribuiva la Comunione. Comunicandi e cresimandi venivano disposti in due file in mezzo alla navata e la loro affluenza fu tale che qualche volta oltrepassavano il porticato arrivando fin sulla piazza 28. Terminata la Messa, il Cardinale segnava col crisma le masse dei fedeli. Nel 1807 il numero dei confirmandi non fu minore di trentamila, e fra essi Sii vedevano giovani, uomini adulti, vecchi rivoluzionari, ritornati alla religione dei padri.  

Giovanni Maria Vianney ricevette la Cresima contemporaneamente a sua sorella Margherita, che aveva allora venti anni. A noi, che già conosciamo la sua pietà delicata, è facile, immaginarlo raccolto ed assorto in Dio, occupato coi suoi compagni di studio presso l'abate Balley, aiutando nei preparativi della festa. Per questo suo compito sarebbe stato cresimato tra i primi e nella chiesa stessa. La porpora che vestiva lo zio dell'Imperatore e che attirava tanti sguardi, non turbò il suo raccoglimento più che la novità di una tale cerimonia od il mormorio inevitabile che si elevava nella folla. L'Arcivescovo si fermò davanti a lui, lesse uri nome sul biglietto che gli si presentò, ed ungendolo col sacro crisma pronunciò le parole sacramentali: Giovanni Maria Battista, io ti segno col segno della Croce e ti confermo col crisma della salute, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Il giovane Vianney aveva appunto scelto il santo Precursore per suo patrono di Cresima e d'ora in avanti si firmerà qualche volta Giovanni Maria Battista e qualche volta Giovanni Battista Maria, ritenendo per tutta la sua vita questo secondo patrono come uno dei suoi Santi preferiti.  

Lo Spirito di Dio, secondo un'espressione favorita dal nostro Santo, «poté riposarsi in quest'anima giusta come una bella colomba nel suo nido» 29 ed «alimentandone i buoni desideri» preparare le meraviglie di grazia che un giorno porterebbero questo giovane alla gloria degli altari. Per due anni di poi Giovanni Maria Battista godette nell'intimo della sua anima una pace indescrivibile.  

 Una notizia giunta d'improvviso scosse questa tranquillità. Nell'autunno del 1809 un agente di gendarmeria portò da Lione alla masseria di Dardilly un foglio di via, col nome di Giovanni Maria Vianney. 

Canonico FRANCESCO TROCHU

lunedì 11 maggio 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY



Una vocazione tardiva (1805-1809).  
Giovanni Maria Vianney a vent'anni.  

* * * 
I progressi di Giovanni Maria durante parecchi mesi furono quasi nulli, ma ciò non ostante egli continuava il lavoro con una intensità impressionante, sostenuto dalla preghiera e dalla mortificazione. La sua nutrizione era misera e sul suo viso non tardarono ad apparire i segni rivelatori dell'esaurimento delle sue forze.  

La zia Humbert, insufficiente a portare a lui un aiuto personale, pensò bene di interessarne il parroco di Ecully; ma l'abate Balley, sacerdote di vita austerissima, non vi aveva badato soverchiamente. «Era - come lo si è descritto - un uomo che avrebbe avuto bisogno di maggiore nutrimento degli altri e che tuttavia digiunava con estremo rigore» 10. «Ricordati, figlio mio, - disse egli a Giovanni Maria. - che bisogna senza dubbio pregare e fare penitenza, ma che bisogna anche nutrirsi e non rovinare la salute».  

Era vicina una crisi d'anima, il cui scioglimento poteva essere fatale. Non v'ha dubbio che la prova di ogni giorno era ben grave per la sua anima spossata, sulla quale la tentazione era scoppiata come l'uragano. Ne seguì per lui, povero studente, un penoso disgusto per tutto ciò che un giorno aveva fatto parte dei suoi sogni ed il suo pensiero ritornò al focolare ed ai campi paterni, ai lavori nei quali col vigore della sua salute aveva conseguito risultati migliori. «Ritornerò a casa mia!» disse in un'amara confidenza al Curato Balley, non meno accorato del suo condiscepolo.  

Uno sguardo era bastato al vecchio maestro perché potesse penetrare nell'anima del suo allievo e leggerne l'intima pena, ma egli sapeva anche quale prezioso tesoro aveva in custodia e gli rispose così: «Dove vuoi andare, mio povero figliuolo? In cerca di dispiaceri?... Tuo padre non desidera che di averti presso di sé; trovandoti così infastidito, ti terra a casa ed allora addio progetti!... addio sacerdozio!... addio anime! 

Addio anime!... Oh, questo mai! Dio non lo permetterebbe. Un tale richiamo di ricordi, il sacerdozio, la salvezza dei peccatori, la messe abbondante, la mancanza di mietitori 12 bastò a scongiurare la dolorosa crisi, né il demonio dello scoraggiamento osò mai più avvicinare quest'anima pura.  

La memoria di lui rimaneva tuttavia quanto mai labile e, secondo la sua stessa testimonianza, non gli riusciva di ritenere nulla. Si rendeva conto del pericolo e per commuovere il Cielo ed affrettarne i divini aiuti, ricorse ad un mezzo eroico, facendo voto di pellegrinare a piedi, mendicando il suo pane nell'andata e nel ritorno, fino al Santuario della Louvesc, vicino alla tomba di San Francesco Regis, apostolo del Velay e del Vivarais.  

 Si era al 1806, durante la bella stagione. Da Ecully al villaggio della Louvesc vi sono circa cento chilometri. Non ostante l'austerità d'asceta, Giovanni Maria rimaneva sempre vivace e vigoroso, e nel fervore del suo progetto non prevedeva che il suo vigore stesso poteva procurargli delle ripulse. Dopo la S. Messa e la S. Comunione partì col bastone in una mano ed il Rosario nell'altra; camminò a lungo, ma dovette infine cedere agli stimoli della fame e della sete, che incominciavano a farsi sentire e si fermò alla soglia di una casa. Che  cosa voleva questo vagabondo? Con la sua aria da santo non meditava forse una cattiva sorpresa? E la sua storia non era affatto inverosimile? I suoi studi? San Francesco Regis? Chi sarà abbastanza ingenuo da credergli? Non si aveva piuttosto, sotto le apparenze di un tranquillo pellegrino, un soldato disertore, un renitente in cammino per le frontiere di Savoia e di Piemonte? Per questo, il giovane viaggiatore fu trattato come un goloso, un poltrone, fu respinto da ogni porta, e lo si minacciò anche di consegnarlo ai gendarmi 13.  

Avrebbe potuto procurarsi il vitto sufficiente, perché, ad ogni eventualità, aveva portato seco del denaro; ma, fedele al suo voto, non volle comperare nulla14, e proseguì il cammino nutrendosi di erbe e dissetandosi all'acqua delle fontane, finché vinto dalla stanchezza, che gli causava una specie di stordimento, e sfinito dalla fame, aprì il cuore alla speranza ed osò entrare in una casa... Lo ricevette una donna che stava svolgendo un gomitolo, la quale, appena vistolo, gli presentò il filo, domandando gli di tirarlo fin fuori della casa. Giovanni Maria credette si trattasse di rendere un servizio e prese il filo, ma appena fu sulla soglia vide chiudersi la porta ... 15. La notte seguente non poté trovare rifugio presso nessuno e fu costretto a riposarsi all'aperto.  

Fortuna volle che incontrasse più lungi anche persone dal cuore meno duro, le quali gli diedero in elemosina qualche pezzo di pane, che gli permise di arrivare estenuato, ma felice, per vie impraticabili, fino al celebre santuario della Louvesc, situato a 1100 metri di altitudine in mezzo alle montagne dell'Haut-Vivarais.  

Giunto al villaggio, suo unico pensiero fu di inginocchiarsi davanti al corpo del Santo 16 per dire il motivo del suo duro viaggio: ottenere «la grazia di sapere abbastanza il latino per studiare la teologia». Questa grazia la ricevette, ma misurata, ridotta, appena sufficiente. Iddio, che ha i suoi disegni su tutte le anime, voleva mettere alla prova la fede del suo servo per prepararlo a combattimenti più eroici.  

Il devoto pellegrino venerò i luoghi che erano stati resi illustri dalla presenza di San Francesco Regis. Attraversò pregando la vecchia chiesa dalla volta a cassettone 17, dove l'apostolo del Vivarais, tormentato da altissima febbre, aveva dato una missione nel Natale del 1640, doppiamente zelante per la salute dei peccatori, perché riteneva essere quella l'ultima sua opera di bene. Il 26 dicembre, divorato dalla sete, l'intrepido apostolo, dopo di avere confessato e predicato dal mattino fino alle due del pomeriggio, aveva celebrato la sua Messa, per poi ritornare di nuovo a confessare sotto una finestra senza vetri, e dopo un poco di tempo aveva perso i sensi. Lo si era portato al presbiterio per poterlo riscaldare, ma, appena riacquistati i sensi, era ritornato al suo confessionale. Circa la mezzanotte del 31 dicembre seguente moriva per etisia ulcerosa, che lo tolse alla terra, nella ancora giovane età di quarantatré anni. Quali esempi e quali incoraggiamenti per Giovanni Maria! Si lasciava impressionare ed entusiasmare da questa lezione, percorrendo la venerata chiesa e l'antico presbiterio, senza minimamente sospettare che verrebbe un giorno in cui altri pellegrini verrebbero alla sua chiesa ed al suo presbiterio per raccogliere insegnamenti simili.  

Alla Louvesc si confessò e ricevette l'Eucaristia. L'aveva accolto un padre gesuita al quale, aprendo il Cuore con piena confidenza, non nasco e che il voto di mendicare durante il cammino gli aveva reso il viaggio molto penoso. Per mantenere la promessa fatta a Dio doveva ancora andare incontro ai medesimi rischi ed ai medesimi affronti anche nel ritorno? Il confessore fu di avviso contrario e gli commutò il voto, colla condizione che durante il ritorno facesse l'elemosina invece di riceverla 18. Fedele a questo indirizzo, rifece il viaggio a piedi, pagando ovunque il suo pane ed il suo  alloggio, e fu generoso verso tutti quelli che imploravano la sua carità. Questo nuovo modo di santificare il suo viaggio gli fu così gradito che un giorno dirà: «Ho esperimentato la verità di quella parola del Vangelo: È meglio dare che ricevere» 19. Ed aggiungeva: «Io non consiglierei mai a nessuno di fare il voto di mendicare» 20.  

Le noie di un tale viaggio gli fecero toccare con mano le miserie della povertà senza rifugio e lo resero sempre più indulgente e più compassionevole verso i poveri erranti della strada 21  
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Canonico FRANCESCO TROCHU