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giovedì 24 marzo 2022

Così come il primo giudizio fu dato nel Paradiso terrestre davanti all'albero del Bene e del Male violato dai disubbidienti a Dio.

 


Poi, quando verrà la morte dei singoli, sarà ratificato il giudizio già scritto nel libro delle azioni umane  da una Mente che non ha difetto alcuno.  

Ultimo verrà il Grande Giudizio, il Terribile, e allora nuovamente in massa saranno giudicati gli uomini.  

Da Adamo all'ultimo uomo. Giudicati per ciò che avranno voluto per loro, liberamente, sulla Terra.   Ora, se Io selezionassi da Me chi merita la Parola di Dio, il Miracolo, l'Amore, e chi non la merita - e  lo potrei fare per diritto divino e per divina capacità - gli esclusi, fossero anche dei Satana, griderebbero  forte, nel giorno dei loro giudizi singoli: 'Il colpevole è il tuo Verbo che non ci ha voluto ammaestrare'.   Ma questo non lo potranno dire... Ossia lo diranno mentendo una volta di più. E saranno perciò giudicati». 

L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 


sabato 5 febbraio 2022

«In base alle loro azioni di fede, di carità, di giustizia, saranno separati gli agnelli dai capretti».

 


Dice Gesù: 

«Vedi, Giovanni? Questo è come un primo giudizio, non universale, collettivo, ma singolo. In base  alle loro azioni di fede, di carità, di giustizia, saranno separati gli agnelli dai capretti.  

E ciò durerà anche dopo, quando Io non ci sarò più ma ci sarà la mia Chiesa, per secoli e secoli, sino alla fine del mondo.  

Il primo giudizio delle masse umane si compirà nel mondo, là dove gli uomini liberamente agiscono,  avendo di fronte il Bene e il Male, la Verità e la Menzogna.  

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 

lunedì 27 dicembre 2021

Ma poi verrà l’ora in cui tutto si unificherà in una lingua nuova. Alla fine sarà Gesù che ci cingerà la veste per servirvi.

 


Dice Gesù: 

«…Credete voi che Io sia venuto a metter pace sulla Terra? E secondo il modo di vedere della Terra? 

No. Ma anzi discordia e separazione. Perché d'ora innanzi, e fintanto che tutta la Terra non sarà un unico  gregge, di cinque che sono in una casa due saranno contro tre, e sarà il padre contro il figlio, e questo contro  il padre, e la madre contro le figlie, e queste contro quella, e le suocere e nuore avranno un motivo di più per  non intendersi, perché un linguaggio nuovo sarà su certe labbra e accadrà come una Babele, perché un  sommovimento profondo scuoterà il regno degli affetti umani e soprumani. Ma poi verrà l'ora in cui tutto si  unificherà in una lingua nuova, parlata da tutti i salvati dal Nazareno, e si depureranno le acque dei sentimenti,  andando sul fondo le scorie e brillando alla superficie le limpide onde dei laghi celesti. In verità che non è  riposo il servirmi, secondo quanto dà, l'uomo, di significato a questa parola. Occorre eroismo e instancabilità.  Ma Io ve lo dico: alla fine sarà Gesù, sempre e ancora Gesù, che si cingerà la veste per servirvi, e poi si siederà  con voi ad un banchetto eterno e sarà dimenticata fatica e dolore…» 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 

 

sabato 11 dicembre 2021

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


Il settimo Comandamento: “Non rubare”. 


Dice Gesù: 

« Voglio, assolutamente voglio che tu sia colei che grida le parole del Signore Iddio tuo, le parole di sdegno per i peccati di questo mio popolo che non vuole convertirsi a Me, e le parole di amore che come olio su flutti sconvolti si effondono dal mio Cuore turbato dal vostro modo di agire e placano la tempesta della Giustizia offesa per attirarvi a Me, o infelici figli che morite in corpo ed anima così atrocemente e così diabolicamente. 

Te l’ho detto infinite volte, sotto forma di luce o di suono te l’ho fatto capire: Tu non ti appartieni più. Tu sei una cellula di Me e devi ubbidire al Tutto che sono Io, tuo Maestro e Salvatore e Salvatore del mondo tutto. Perciò va’ avanti e non permetterti mai di rifiutarti al mio Volere. Penserò Io a tutelare te. Tu va’ avanti ad essere il mio piccolo Giovanni al quale mi è tanto di sollievo confidare il mio pensiero e affidare la mia Volontà. 

Guarda, Maria. Questo mio popolo, divenuto più straniero e ribelle che vero popolo mio - poiché è mio di nome soltanto, ma in realtà milita sotto altre bandiere e obbedisce ad altre leggi che non sono certo la bandiera del Cristo e la Legge di Dio - questo popolo mi va cercando. Ma come mi cerca? 

L’ho, un giorno, paragonato ad un cieco 141 . Oggi lo paragono ad un ebbro. È infatti ebbro per essersi satollato, sino all’abbrutimento, dei suoi vizi. L’ebbro è un incapace di comprendere e di guidarsi. La sua mente brancola nelle caligini del vino e ciò lo rende inferiore alle bestie stesse. 

Mi cerca! Oh! popolo di pazzi e di fedifraghi, che avete minato l’integrità del vostro spirito con le febbri dei sensi e dei peccati e che avete tradito Iddio, come puoi trovarmi, o popolo che eri mio, se non levi da te la veste di lordura e non torni con lo spirito al tuo Signore, ma vi torni realmente, e non per ipocrito e saltuario culto il cui pungolo è dato non dall’amore ma dal bisogno, dalla paura, dall’interesse, e tutti e tre terreni, utili solo alla vostra parte che muore e non all’anima immortale? 

Ma se anche voi, nella boriosa ingiustizia vostra, trovate di esser viventi nella Giustizia e vi autolodate come fedeli alla legge del vostro Iddio e accusate Dio di non esser buono perché vi punisce di colpe che non avete commesse, ma anche se voi fate tutto questo, Io, la Verità che non erra, vi dico che è più vivo uno sepolto non da quattro ma da dieci volte quattro giorni nel fetore di un sepolcro, che non voi che avete l’anima corrosa in sette e dieci punti dalle cancrene dei vostri palesi o subdoli peccati. Ed i subdoli non sono i meno gravi. Ma anzi spesso sono doppiamente colpevoli perché sfuggono alla legge umana e ingannano gli altri nel giudicarvi per quello che siete. 

Gli altri: uomini. Non Dio il quale vede il verminaio brulicante che si è sostituito in voi alla vostra anima di luce, a quell’anima che Io vi ho data e che vi ho redenta e che mi è cara come fosse una parte di Me stesso, e, misticamente, lo è poiché voi siete le membra del mio mistico Corpo e il più piccolo di voi, sulla terra, è ai miei occhi uguale e anche superiore al più grande, perché Io non guardo alle fangose glorie della terra ma al vero valore vostro che è dato da quello che siete rispetto alle leggi eterne.  

La vostra ingiusta rampogna sale al mio trono e, se il peccato m’offende come lordura lanciata alla mia Sublimità, il vostro rimprovero immeritato e irrispettoso è come un fumo che m’infastidia e mi forza a sempre più allontanarmi da voi per sfuggirlo. 

Avete pregato? Avete frequentato le chiese? Avete digiunato? Avete evitato di uccidere e di rubare? E che perciò? Cosa avete fatto di più di quanto fosse vostro stretto dovere di fare? E come lo avete fatto? 

Avete pregato come e perché? Male, con l’anima assente o con l’anima sporca d’odio, e quasi sempre per vostri interessi personali, quindi egoisti. La vostra preghiera perciò era scissa dalla carità. E come volete che essa mi sia stata da voi offerta se non avete l’aureo calice in cui posarla per alzarla al mio trono? 

Avete frequentato la chiesa? Come e perché?  

Per abitudine, per ipocrisia, per pettegolezzo. Quanto pettegolezzo si fa anche nel tempio santo del vostro Dio, davanti a Me annichilito nel Sacramento d’amore per insegnarvi a quale dedizione l’essere deve giungere per essere gradito all’Eterno e utile ai fratelli. 

Avete digiunato? Ohimè, i vostri digiuni che, quando veramente li fate, sono così piccini, non per quantità, ma per spiritualità! E vi negate un boccone di pane e poi accontentate la gola con le superfluità. I vostri digiuni fatti senza volontà d’amore, ma solo per paura della punizione divina. Ma non sapete che è meglio digiunare di una parola aspra che non di un sontuoso pasto? 

Avete evitato di uccidere e rubare? Oh! non per Me. Per paura delle vostre galere. Ecco perché. E non sempre questa paura vi trattiene. E poi, ma credete che ci sia molta differenza, o bugiardi nello spirito, fra chi uccide un’altra anima trascinandola al male o uccide una riputazione o ruba un ufficio, una moglie a un marito, un marito a una moglie, un figlio ai genitori, e colui che dà una coltellata o ruba una borsa? Anzi, in verità vi dico, che fra chi uccide un corpo in impeto d’ira e chi uccide un’anima o una riputazione con lenta e premeditata azione, che fra chi ruba una borsa e chi ruba una persona ai suoi famigliari, è molto più colpevole il colpevole verso lo spirito che non l’altro. E questa è verità. 

Io voglio, per amarvi ed aiutarvi, o disgraziati figli che da voi stessi vi fate tutto il male di cui morite, che voi imponiate un ben altro digiuno a voi stessi, una ben altra preghiera, un ben altro modo di agire. Mettete a digiuno i vostri sensi, creature affamate di ogni sensualità; sappiate pregare con le vostre opere più che con le vostre labbra; agite come Io vi ho detto di agire, Io e nessun altro, ché uno solo è il Maestro e quell’Uno sono Io: l’Intelligenza, la Giustizia, la Carità. 

Oh! allora come tutto cambierà per voi! Non sarete più i bastardi, gli stranieri, i ribelli del vostro Signore, ma tornerete ad essere i miei figli, ma tornerete ad essere la mia gioia ed Io sarò la vostra. Come vi parrà allora lontano il tempo in cui eravate come pecore sperse che tutti i passanti percuotono, in cui a tutti era lecito rider di voi e criticarvi come folli che vivono dell’elemosina che loro ottiene la loro miseria di cui tanti ridono. 

Tornate al Signore Iddio vostro. L’ora è piena. Piena in tutti i modi. Quattro sono i calici colmi. Due divini e due infernali. In questi ultimi è strage per la terra e morte per lo spirito. Negli altri, divini, è Giustizia in uno e Misericordia nell’altro. Sta a voi, che attirate col vostro agire i flutti straripanti dei calici infernali, far sì che l’altro calice di punizione - quella divina - non si vuoti su voi, ma bensì scenda sul mondo che muore, sull’uomo che muore, sullo spirito che muore, la Misericordia mia. Essa è Vita, figli cari. Non tardate oltre ad attirare la mia Pietà su voi. 

Venite al Salvatore vostro. Nel mio Cuore aperto, che parla d’amore, trovate quello che avete dilapidato: l’amore. Se amerete sarete salvi. Tutto è facile a chi ama e tutto è perdonato a chi ama. Sono il Cristo che ha assolto 142 la peccatrice perché molto amò. Sono quello e non muto. Sono qui, proteso su voi, come un padre sul letto del figlio malato e un medico su un infermo per salvarvi ancora, per salvarvi sempre. 

Lasciatevi abbracciare dal vostro Iddio, lasciatevi curare dal vostro Medico, lasciatevi salvare dal vostro Salvatore. 

Non chiedo che questo: che vi lasciate salvare da Me venendo a Me con la vostra anima malata, ma piena di buona volontà. Le mie mani che hanno sanato i lebbrosi quando ancora non erano fatte due volte sante dal martirio, oltre che per la loro natura di mani di un Dio, versano dai fori gloriosi delle palme l’acqua che monda e il balsamo che rende incorruttibili. 

Venite a Me. Ve ne esorto come Maestro. Ve ne prego come uno che vi ama perché vi amo e di un amore così grande che solo in Cielo potrete vederne l’immensità senza restarne schiacciati. 

E tu, piccola figlia del mio Cuore, va’ in pace. Poiché hai saputo amarmi fino all’estremo, ti ho confidato la Parola che più alta non ve ne è. Essa è in te come una stella chiusa nel tuo spirito e ti illumina con luce di pace e di vita. 

Resta ciò che sei e sii beata in Me. La mia Pace mette il suo balsamo su tutti i tuoi diversi modi di soffrire. Ti benedico e sono Gesù.» 

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a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini  

mercoledì 8 dicembre 2021

«Millenni, un dopo un altro e oltre, si succederanno prima che Israele sia di nuovo raccolto nell’aia di Arena Gebuseo. E la Chiesa Mia dovrà pure, essa che sarà stata colpita da Israele in Me e nei Miei apostoli e discepoli, aprire braccia di madre».

 


Dice Gesù: 

«… In verità, nella vita della mia Chiesa si ripeteranno tutte le vicende della mia vita d'uomo. Tutte.  Dal mistero del suo formarsi all'umiltà dei primi tempi, ai turbamenti e insidie date dai feroci, alla necessità  di fuggire per continuare a esistere, dalla povertà e dal lavoro indefesso fino a molte altre cose che Io vivo  attualmente, che patirò in seguito, prima di giungere al trionfo eterno. Quelli invece che lo Spirito  consiglia di rimanere, restino. Perché, anche se cadranno uccisi, essi vivranno e saranno utili alla Chiesa.  Perché è sempre bene ciò che lo Spirito di Dio consiglia.  

In verità vi dico che non finirete, voi e chi vi succederà, di percorrere le vie e le città di Israele prima  che venga il Figlio dell'uomo. Perché Israele, per un suo tremendo peccato, sarà disperso come pula  investita da un turbine e sparso per tutta la terra, e secoli e millenni, uno dopo un altro uno, e oltre, si  succederanno prima che sia di nuovo raccolto sull'aia di Areuna Gebuseo. Tutte le volte che lo tenterà, prima dell'ora segnata, sarà nuovamente preso dal turbine e disperso, perché Israele dovrà piangere il suo  peccato per tanti secoli quante sono le stille che pioveranno dalle vene dell'Agnello di Dio immolato per  i peccati del mondo. E la Chiesa mia dovrà pure, essa che sarà stata colpita da Israele in Me e nei miei  apostoli e discepoli, aprire braccia di madre e cercare di raccogliere Israele sotto il suo manto come una  chioccia fa coi pulcini sviati. Quando Israele sarà tutto sotto il manto della Chiesa di Cristo, allora Io  verrò.  

Ma queste saranno le cose future…». 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 

martedì 30 novembre 2021

«Vi saranno fra i fedeli quelli che per volontà di Dio e per santità propria saranno presi dal gorgo della Sapienza e parleranno».

 


Dice ancora Gesù al cugino e apostolo Giacomo: 

«…Molti ameranno sentirsi dire "maestro". Uno solo è il Maestro: Colui che ti parla; e una sola è  Maestra: la Chiesa che lo perpetua. Nella Chiesa, maestri saranno coloro che saranno consacrati con  incarico speciale all'insegnamento. Però fra i fedeli vi saranno quelli che per volontà di Dio e per santità  propria, ossia per loro buona volontà, saranno presi dal gorgo della Sapienza e parleranno. Altri ve ne  saranno, di per loro non sapienti, ma docili come strumenti nelle mani dell'artiere, ed a nome dell'Artiere  parleranno, ripetendo come bambini buoni ciò che il Padre loro dice di dire, pur senza comprendere tutta  l'estensione di quello che dicono. Vi saranno infine quelli che parleranno come fossero maestri, e con  uno splendore che sedurrà i semplici, ma saranno superbi, duri di cuore, gelosi, iracondi, mentitori e  lussuriosi.  

Mentre ti dico di raccogliere le parole dei sapienti nel Signore e dei sublimi pargoli dello Spirito Santo,  aiutandoli anzi a comprendere la profondità delle divine parole - perché, se essi sono i portatori della  divina Voce, voi, miei apostoli, sarete sempre i docenti della mia Chiesa, e dovete soccorrere questi  soprannaturalmente stanchi dalla estasiante e grave ricchezza che Dio ha deposta in loro perché la  portassero ai fratelli - così ti dico: respingi le parole di menzogna dei falsi profeti, la cui vita non è consona  alla mia dottrina. La bontà della vita, la mansuetudine, la purezza, la carità e l'umiltà non mancheranno  mai nelle sapienze e nelle piccole voci di Dio. Sempre negli altri…» 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 

sabato 27 novembre 2021

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta

Il settimo Comandamento: “Non rubare”. 


E ancora dice Gesù: 

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Isaia cap. 10°. 134 

«Voi vi fate strumenti di Satana compiendo opere di nequizia. 135 

Grandi od umili, non siete diversi nell’agire. Prepotenti e ladri siete. I grandi con grande prepotenza e ladroneccio. I piccoli con prepotenza e ladroneccio sempre più grande di quanto la loro condizione farebbe pensare che potesse permettere lo fossero, e ancora non si sentono contenti e anelano ad essere qualcosa di più per opprimere e rubare di più.  

Non vi è categoria sociale immune da colpa. E quelli fra voi che sono onesti per legge morale o santi per amore di Dio, sono le vostre vittime più grandi perché, capovolgitori come siete della Legge dell’amore, voi date compensa d’odio a chi vi dà amore e bontà, voi siete cattivi coi buoni e torturatori di chi, in nome del suo Dio, non vi rende male per male. 

Ma se anche non vi sembra, non pensate di restare impuniti. Le folle vedono la punizione del grande e sfugge loro quella del piccolo, perché il grande che cade fa molto rumore e il piccolo invece passa inosservato fra i molti casi del mondo. Ma impuniti non rimanete fin da questa vita. Vi prendo quando e dove meno ve lo pensate. Il resto verrà poi nell’altra vita dove per i duri di cuore non vi sarà pietà. 

Ma voi, voi che ora siete grandi, che farete quando, in proporzione al vostro malfare, vi si solleverà contro l’ira di Dio e degli oppressi? Non la sentite incombere già su voi e montare come nube carica di folgori e piena che supera le dighe? E quando la nube si aprirà e l’onda traboccherà, dove andrete voi che avete sparso l’odio, il dolore, l’ingiustizia sul vostro cammino, seminatori folli e demoniaci, usurpatori dell’altrui pane e distruttori dell’altrui bene? 

A che non avete pensato 136 , mentre avevate il tempo a vostro servizio, a farvi, delle ricchezze ingiuste, un rifugio presso i cuori degli uomini e di Dio? Quanto bene potevate fare, e vivere benedetti e passare benedetti alla Vita della vera gloria! E come potrete, voi senza fede e senza amore, vivere quando sarete ridotti come avete ridotto? 

Voi vi fate strumenti di Satana. Ma Io, più potente di Satana, quando giudico esser l’ora di un nuovo diluvio, vi prendo e vi uso gli uni contro gli altri: nazioni contro nazioni e, nel piccolo: parenti o amici contro parenti e amici, per fare dell’uomo la punizione dell’uomo, punendo le colpe dell’uomo attraverso le colpe dell’uomo suo simile. Voi opprimete? E Io permetto ad altri di opprimervi. Voi rubate una patria? Ed Io permetto ad altri di rubarvi la patria. Bene dice 137 Isaia: “Bastone e verga della collera di Dio”. Questo siete l’uno con l’altro quando passate la misura. 

Onde bene sarebbe che coloro a cui è propizia la lotta e amica la vittoria non si credessero prediletti in eterno da Dio e tanto meno non si credessero tanto perfetti da meritare da Dio ogni riuscita umana. 

No. Se colui che trionfa fa mal uso del suo trionfo Io lo percuoterò e lo abbatterò nella polvere. Io sono il Re e il Signore e nessuno è più grande di Me. Io sono il Giusto e non conosco parzialità. Il mio sguardo vede tutti con una luce uguale. 

Uguale è il ceppo da cui venite, uguali i vostri obblighi verso Dio, Creatore vostro, e uguale il suo pensiero per tutti voi. Il più civile fra voi è per Me come il meno civile, come il selvaggio che ignora tutto che non sia il suo bosco vergine. 

Scrutatore come sono della verità dei vostri pensieri e della innocenza dei vostri sentimenti, guardo tante volte con amore il selvaggio che si prostra adorando la forma che per lui è dio e per essa forma si fa buono, e torco lo sguardo con sdegno dal civile che nega Dio, a lui cognito, con la parola blasfema, il pensiero negatore e le opere maledette. 

Quando l’ora del castigo è passata, Io dico il mio “Basta” e raccolgo le folle percosse e disperse, do loro pace e pane, poiché sono Padre, non dimenticatevelo, e se non foste ebbri di sangue o intossicati dal desiderio di berlo vi darei sempre pace e pane. Tanto più presto e tanto più abbondante e sicuro do pane e pace quanto più fra le torme di folli sono numerosi i giusti di Dio, travolti nel comune castigo non per loro punizione, ma per vostra redenzione. Perché il Bene per fiorire ha sempre bisogno di lacrime di santi e di olocausti di redentori. 

Oh! beati questi cristi che voi ignorate, ma che il mio Cuore raccoglie come gemme in uno scrigno! Oh! beati questi angeli che sanno, fra il coro delle bestemmie e delle oscenità nel quale perite, cantare il “Gloria” e il “Sanctus” al loro Dio! Purificatori di questa terra dai miasmi che le vostre colpe creano, vivono ardendo come turiboli e offrono a Dio il fuoco più sacro: quello dell’amore. Per questi Io compierò ancora il miracolo del perdono, il miracolo di radunare i resti del mio popolo e di far loro comprendere che soltanto in Dio è salute. Gli altri, coloro che non vogliono essere mio popolo - e ricordate che Io non misuro con la vostra misura - continueranno a seguire l’insegna del loro re. 

Non deve morire il mondo senza che l’esercito di Cristo sia raccolto sotto il suo comando. Dispersi, percossi, abbattuti, fatti simili ad arena che il vento sparge sui lidi del mare, udrete il comando e verrete a Me, perché un momento verrà in cui Io sarò Re di questi poveri regni senza corona e di questi sudditi senza re. Già vedo gli spiriti di quel tempo volgersi alla chiamata e venire lottando contro tutti gli ostacoli seminati da secoli di errore, venire verso la Luce e verso la Verità. Dico “spiriti”, perché solo i viventi dello spirito potranno conoscere la Voce che li chiama. 

O voi che ora siete già viventi dello spirito, precursori del Cristo nella sua seconda venuta, antitesi dei precursori dell’Anticristo che operano in suo nome l’opera preparatoria della desolazione, preparatemi le vie col vostro olocausto. I precursori del figlio di Satana hanno veste di dignità umana; i precursori del Figlio di Dio hanno la stessa corona del loro Re, e loro trono e cattedra sono la croce e il dolore. 

Ma come sempre, e come specialmente nell’ora in cui il Dolore dovette vincere il Peccato, è sempre il dolore quello che salva, è sempre il sacrificio quello che redime. Ed ora il mondo, per essere redento, ha bisogno non tanto di esser coperto di spighe quanto di anime eroiche, di vittime di carità.» 

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Potremmo concludere questa lettura valtortiana dicendo che “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. 

Se i “Grandi” rubano è perché i piccoli per una ragione o per l'altra glielo consentono. E se pur i piccoli non rubano lo fanno solo perché non gliene capita l'opportunità o perché temono di finire in galera. 

Alla fine però - anche nel corso della storia - grandi e piccoli ladri riceveranno da Dio il loro “salario” perché Dio punirà intere nazioni. 

Purtroppo a farne le spese saranno anche i “giusti” ma, attenzione, anche questa è Misericordia di Dio, se al momento della “mietitura” i “retti” soffriranno ingiustamente dal punto di vista umano, grande sarà il loro merito da quello divino, perché essi saranno stati vittime di espiazione per cooperare alla redenzione dei peccatori e guadagneranno grande gloria in Cielo perché Dio li ripagherà di quanto essi hanno ingiustamente sofferto. 

a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini 

martedì 23 novembre 2021

«Molti in Israele sono e saranno più idolatri e crudeli del più barbaro idolatra che nel mondo sia».

 


Dice Gesù al cugino e apostolo Giacomo: 

«In verità molti in Israele sono e saranno più idolatri e crudeli del più barbaro idolatra che nel mondo sia, e non  a questo o a quell'idolo sacrificheranno vittime umane, ma a se stessi, al loro orgoglio, avidi di sangue dopo che in  loro si sarà accesa una sete inestinguibile che durerà fino alla fine dei secoli. Solo il bere nuovamente e con fede  quanto ha acceso quella sete atroce potrebbe estinguerla. Ma allora sarà anche la fine del mondo, perché l'ultimo a  dire: "Noi crediamo che Tu sei Dio e Messia" sarà Israele, nonostante tutte le prove che ho dato e che darò della  mia Divinità». 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 

 

sabato 20 novembre 2021

I Dieci Comandamenti

 

Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta



Il settimo Comandamento: “Non rubare”. 


7.4 I “grandi peccatori” e i “piccoli peccatori”. 

Nella nostra moderna società il peccato del “rubare” è decisamente il più diffuso. 

In un modo o nell'altro si potrebbe dire che tutti, più o meno consapevoli, rubino a tutti, ed al riguardo avevo accennato al 'peccato collettivo' dei piccoli peccatori, anche se vi sono grandi ladri a livello di Governo e di Finanza internazionale, come abbiamo già avuto occasione di dire. 

Quante volte ci siamo sentiti dire dai nostri simili che se Dio esistesse non permetterebbe certe cose che succedono o chiedono a Dio interventi punitivi verso i peccatori? 

A questo riguardo Gesù ci fa una dura ma divina catechesi, spiegandoci il perché del comportamento di Dio e dandoci così una chiave di lettura veramente sapienziale. 

Ma chi capirà queste pagine?  

Come dice Gesù, molto pochi, ma noi ci auguriamo di essere fra quelli che non solo ascoltano, ma poi mettono in pratica… 

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26 febbraio 1944. 

Commentando il Salmo 93°. 131 

Dice Gesù: 

«Quante volte l’uomo, specie in questi momenti, non dice: “Ma, Signore, perché non intervieni a punire? Da’ ai superbi, ai cattivi, quanto si meritano. Se sei giusto, come puoi lasciare che i malvagi trionfino e i tuoi fedeli soffrano?”. 

Figli, vi ricordo una parola del Vangelo: “Prima di levare la pagliuzza all’occhio del fratello, levate la trave dal vostro”. 132 

È vero che siete tormentati dai “grandi peccatori”. Ma non siete neppure voi senza peccato. I vostri peccati, molto minori rispetto a quelli enormi dei corruttori del mondo, si sono andati accumulando continuamente fino a che hanno provocato lo sdegno di Dio. 

Dovete pensare che Dio, Perfezione e Giustizia, giudica i grandi ed i piccini, ed è ripugnato del peccato grande del grande e del peccato minore del piccolo. Se dunque dovesse intervenire a punire i grandi, come invocate, perché non gli è lecito punirvi dei vostri ripetuti e numerosi peccati? 

Sono peccati di nazioni intere. I cittadini di esse hanno dimenticato, sostituito Dio con infiniti altri dèi, che vanno da un “uomo” fra loro ad un’idea, da un’idea a un complesso di abitudini morali, ossia amorali, delle quali non ve ne è una che sia da Dio approvata. 

Che è avvenuto, perciò? Quello che avviene di una frana di rena. Vi sono posti sulla terra nei quali, per una speciale configurazione del suolo e per una sua speciale composizione, si accumulano sabbie trasportate lentamente ma continuamente dai venti in quel dato posto. Ci vogliono dei secoli, ma viene il momento che l’accumulo è tale che non può più essere sopportato da quella ruga della terra, ed essa lo scrolla da sé provocando catastrofi che inghiottono paesi e talora città intere. 

Se l’uomo fosse attento, provvederebbe a bilanciare l’opera dei venti con l’opera sua e spazzerebbe questi accumuli con tenacia pari a quella degli elementi. Invece non fa attenzione, ma anzi si rallegra che questi portino strati di terra dove prima era roccia o insabbino un estuario aumentando l’area coltivabile; e sfrutta il pseudo-dono del vento infido e della subdola corrente facendone fonte di lucro per godere e trionfare di più, magari a detrimento del vicino paese. 

Guardare a quel granello di polvere? Ma no! Cosa può fare di male? Tanto male nella sua piccolezza, che diviene grande per la cooperazione di infinite altre piccolezze, da provocare una catastrofe. Nulla di più piccino di un granello di rena. Ma mettetene milioni e miliardi insieme e poi fateli precipitare, e vedete che orribile morte vi provocano. 

Cosa è quel difetto? Quell’abitudine amorale? Niente: una piccolezza. Peccato grave? Ma no! Peccato veniale? Neanche! Una sola imperfezione dovuta alla fretta della vita di oggi, alle imposizioni di un complesso di circostanze. Vi dite: “Non siamo più nel medioevo. Bisogna essere all’altezza dei tempi. Vedute più larghe. Non pensare che Dio è sempre lì con foglio e penna a segnare le mie omissioni, le mie soddisfazioni, le mie transazioni. Oggi ho preferito trattare un affare che andare alla messa domenicale, o anche avere quel dieci minuti di colloquio con Dio che è la preghiera mattinale o serale. Ma se non approfittavo di stamane, quel cliente, quel professionista, non lo trovavo più; ma se perdevo quei dieci minuti, perdevo la possibilità di giungere in tempo. Domani...”. 

Dieci minuti! Siete stati mezz’ora a crogiolarvi nel letto, un’altra mezz’ora a questionare con la moglie ed i domestici, quasi un’ora a lisciarvi come degli effeminati. E poi non trovate dieci minuti per il vostro Dio. Avete sei giorni per trattare gli affari e ciondolate senza concludere nulla. Solo la mattina di domenica trovate che è urgentemente necessario fare quella cosa. Ma quel professionista, quel cliente, è libero solo alla domenica! Perché? Se nessuno si facesse trovare per i suoi malvezzi, egli dovrebbe decidersi a dedicarsi ai suoi affari negli altri sei giorni. 

Siete amorali l’uno e l’altro e non vi curate di Dio. Ecco tutto. 

E così: cosa è di male la mia piccola calunnia? Non è neanche calunnia, è mormorazione. Neppure: è una barzelletta detta alle spalle di Tizio e Caio, per ridere, per farsi vedere bene informati, per entrare nelle grazie dei superiori e dei potenti. Ma in fondo quella persona la stimate. Si sa... I superiori bisogna accarezzarli per carpire loro protezione e posti buoni. Si sa... morte tua vita mia, e se al tuo posto ci vado io, che ho famiglia piena di esigenze, meglio. Tanto tu, collega, sai vivere più modestamente. 

E così commettete un furto di reputazione e di posto. Siete dei ladri, o ipocriti, per soddisfare alle esigenze, ai capricci dell’epicureismo familiare, della vanità sociale o femminile. 

E così: cosa è di male fare un poco di corte a quella signora e questa farsela fare? È levare alla vita la monotonia. Dopo torniamo semplici amici come prima. Cose senza conseguenze. Non bisogna essere dei puritani. 

Siete degli adulteri , o ipocriti. E lo siete talora sotto gli occhi dei vostri figli che sembra non vedano, ma vedono tutto, e che scandalizzate e obbligate a giudicarvi. 

Cosa è di male emanciparsi dai genitori, dal marito, essere indipendenti, farsi la propria vita come più ci piace? Cosa è fare del matrimonio un utile di avere una infermiera e una serva nella moglie o uno che fatica nel marito per i nostri bisogni e capricci, ma non una missione di procreazione e di allevamento? i figli è bene non vengano o vengano poco numerosi. Sono crucci, sono spese, sono ragioni di rancori fra i parenti A o B, fra i figli stessi che li hanno preceduti. Niente più figli dopo quell’uno o due che, non si sa come, hanno proprio voluto nascere. E nati che siano, niente logorarsi per essi. Nutrice, bambinaie, istitutrice, collegio. Dite così voi. 

Siete degli assassini, o ipocriti. Sopprimete delle vite o delle anime. Perché, sappiatelo, per quanto un collegio sia buono e perfetta una istitutrice, non è mai la mamma, il padre, la famiglia. Quei figli, che sono stati di tutti fuorché vostri, come vi possono amare di quell’amore grande che continua a stare unito al vostro interno come avesse radici in voi? Come possono quei figli capirvi se voi siete degli estranei a loro e viceversa? Che società deve venire da popoli in cui la prima forma della società: la famiglia, è cosa arida, morta, scissa? Un’anarchia in cui ognuno pensa a sé, se pure non pensa a nuocere agli altri? 

E quelle monete che risparmiate negando ad un figlio di nascere, cosa credete che siano nel vostro portafoglio? Tarlo che distrugge la sostanza, perché ciò che non spendete per un figlio, spendete tre volte aumentato per divertimenti e lussi inutili e nocivi. E perché vi sposate allora se non volete avere dei figli? A cosa riducete il talamo? Il rispetto per il mio “portavoce” mi fa tacere la risposta. Ditevela da voi, indegni. Sono tante piccole cose, se confrontate ai delitti dei grandi peccatori. Ma provocano la valanga. Quella che vi sommerge. 

L’ho già detto 133 : Se i grandi avessero avuto di fronte - non dico contro, dico di fronte - un popolo moralmente, cristianamente sano, compatto nell’ubbidienza alla legge di Dio e della morale anche umana, non avrebbero potuto giungere ai loro delitti. Il loro satanismo si sarebbe spezzato come spada di vetro contro un blocco di granito, si sarebbe polverizzato. E Dio vi avrebbe benedetti e protetti. 

Voi invece avete ammirato i delinquenti maggiori, nei quali vedevate quella perfezione di delinquenza che non potevate raggiungere voi, quella perfezione di amoralità che vi piaceva perché giustificava la vostra. Dicevate: “Se così fa lui che ammiriamo, posso fare così io pure”. Dicevate: “Se Dio protegge lui che è così, proteggerà anche me che sono molto meno”. 

O stolti! Ma credete realmente che Io protegga chi, per trionfare e giungere a farsi di un altro un complice per trionfare con qualunque mezzo, “ha trucidato la vedova e l’ospite e assassinato gli orfani”? (v. 6) Chi ha tradito la fiducia altrui? Chi ha mentito a popoli interi? Chi non si è peritato di spingere al macello intere nazioni? Ma Io vedo e sento e noto. Ed è il mio dolore non potere intervenire, perché quando intervengo voi mi frustrate l’intervento con la vostra malvagità. Siete tanto avvelenati che del bene ne fate un male. 

Ora Io parlo a voi come foste retti di cuore, tutti, anche quelli che retti non sono. Vi voglio invitare ancora una volta. 

Popolo mio, vieni al Signore. Io, il Signore, non rigetterò il popolo che viene a Me e, se mi starà vicino, provvederò ad esso “finché la giustizia non diventi giudizio, ossia finché il tempo non avrà termine e comincerà l’eternità” (v.15). Aprirò le mie braccia a far scudo a chi in Me crede e mi invoca con cuore contrito e fiducioso della mia misericordia, e “li difenderò da coloro che vanno a caccia del giusto e condannano il sangue innocente” (v. 21). Poco ve ne è sulla terra, ma per quel poco darò ancora la grazia. 

Ma, ed è il vostro Dio che ve ne scongiura, ma tornate a Me. Vogliate tornare a Me. Liberatevi singolarmente dalle vostre colpe, di non fede, di disubbidienza morale, di vizio settemplice, e poi Io libererò la collettività dai suoi flagelli.» 

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a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini 

mercoledì 17 novembre 2021

«Verrà il Giorno - l’ultimo giorno della terra, il primo della Gerusalemme completata ed eterna - in cui gli Angeli separeranno i giusti dai malvagi».

 


Dice Gesù: 

«…Verrà il giorno - l'ultimo giorno della Terra, il primo della Gerusalemme completata e eterna - in cui gli  angeli, come i pescatori della parabola, separeranno i giusti dai malvagi, perché al comando inesorabile del  Giudice i buoni passino al Cielo e i cattivi nel fuoco eterno. E allora sarà resa nota la verità circa i pescatori ed  i pescati, cadranno le ipocrisie e apparirà il popolo di Dio quale è, coi suoi duci e i salvati dai duci. Vedremo  allora che tanti, fra i più insignificanti all'esterno o i più malmenati all'esterno, sono gli splendori del Cielo, e  che i pescatori quieti e pazienti sono quelli che più hanno fatto, splendendo ora di gemme per quanti sono i  loro salvati. La parabola è detta e spiegata». 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO

venerdì 12 novembre 2021

Risurrezione dello spirito.

 

Dice Gesù: 

«…E con la Vita il Padre mi ha dato il potere di giudicare, perché il Figlio del Padre è il Figlio dell'uomo, e  può e deve giudicare l'uomo. E non vi meravigliate di questa prima risurrezione, quella spirituale, che Io opero  con la mia Parola. Ne vedrete di più forti ancora, più forti per i vostri sensi pesanti, perché in verità vi dico che  non vi è cosa più grande della invisibile ma reale risurrezione di uno spirito. Presto viene l'ora in cui i sepolcri  saranno penetrati dalla voce del Figlio di Dio e tutti quelli che sono in essi la udranno. E coloro che fecero il  bene ne usciranno per andare alla risurrezione della Vita eterna, e quanti fecero il male alla risurrezione della condanna eterna…» 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO 

giovedì 11 novembre 2021

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


Il settimo Comandamento: “Non rubare”. 


7.3 Quando si può arrivare a rubare per fame. 

Naturalmente vi è anche chi ruba per fame. È successo agli stessi Apostoli quando - affamati nel loro peregrinare e lontani da centri abitati, in aperta campagna, si inoltrarono in un campo di grano per mangiarne e sostenersi. 

Chi, non potendo procurarsi altrimenti il cibo, ruba per fame e non per vizio, agisce in stato di necessità: non può non avere sopra di sé l'occhio indulgente di Dio. 

A questo proposito val la pena di leggere questa visione di Maria Valtorta a proposito di due fanciullini di quattro e otto anni che avevano osato rubare una crosta di pane caduta per terra vicino al frantoio di uno che era stato tempo prima beneficato da Gesù. 

Assisteremo a un tenerissimo miracolo di Gesù che - dal nulla - in stagione invernale, fa divenire carico di mele un albero nudo che non ne portava nemmeno una. 

Quella di poter creare dal nulla è un diritto di cui molti vorrebbero derubare Dio, negandogli la possibilità di aver creato il mondo dal nulla, l'uomo dal fango (facendolo piuttosto discendere da una scimmia) e da pochi pani e pesci procedere alla loro moltiplicazione; come infine, dopo la Resurrezione, apparire o scomparire a seconda delle circostanze. 

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Un'altra dolce visione di Gesù e due bambini. 129 Dico così perché vedo che Gesù, passando per una vietta fra dei campi, che da poco devono aver ricevuto il seme perché la terra è ancora soffice e scura come quando da poco è seminata, si ferma ad accarezzare due piccini: un maschietto di non più di quattro anni ed una bambina che ne avrà otto o nove. Devono essere bambini molto poveri, perché hanno due povere vesticciuole stinte e anche rotte e una faccina mesta e patita.  

Gesù non chiede nulla. Li guarda soltanto fissamente mentre li carezza. Poi si affretta ad una casa che è in fondo al viottolo. Una casa di campagna, ma ben messa, con una scala esterna che dal suolo sale alla terrazza su cui è una pergola di vite, ora spoglia di grappoli e foglie. Solo qualche ultima foglia già ingiallita pende e ondeggia per il vento umido di una brutta giornata d'autunno. Sul parapetto della casa dei colombi sgrugolano aspettando l'acqua che il cielo grigio e tutto nuvoloso promette.  

Gesù, seguito dai suoi, spinge il rozzo cancelletto, che è nel muricciolo a secco che circonda la casa, ed entra nella corte, noi diremmo aia, dove è il pozzo e in un angolo è anche il forno. Suppongo sia tale quello sgabuzzino dalle pareti più scure per il fumo che ne esce anche ora e che il vento piega verso terra. 

Al rumore dei passi una donna si affaccia sulla porta dello sgabuzzino e, veduto Gesù, lo saluta con gioia e corre ad avvertire in casa. Ecco un uomo vecchiotto e grasso farsi sulla porta di casa e affrettarsi verso Gesù.  

«Grande onore, Maestro, vederti!», lo saluta.  

Gesù dice il suo saluto: «La pace sia con te», e aggiunge: «La sera scende e la pioggia è vicina. Ti chiedo ricovero e un pane per Me ed i miei discepoli».  

«Entra, Maestro. La mia casa è tua. La serva sta per sfornare il pane. Sono ben lieto di offrirtelo col cacio delle mie pecore e i frutti della mia campagna. Entra, entra, ché il vento è umido e freddo...», e premuroso tiene aperta la porta inchinandosi quando Gesù passa. Ma poi cambia subito tono per rivolgersi a qualcuno che egli vede, e dice iracondo: «Ancora qui sei? Vattene. Non c’è nulla per te. Vattene. Hai inteso? Qui non c'è posto per i vagabondi...». E borbotta fra i denti: «...e forse anche ladri come te».  

Una vocina di pianto risponde: «Pietà, signore. Un pane per il mio fratellino almeno. Abbiamo fame...».  

Gesù, che era entrato nell'ampia cucina, allegra per un gran fuoco che le fa anche da lume, viene sulla soglia.  

È già mutato in volto.  

Severo e triste, chiede, non all'ospite ma in generale, pare lo chieda all'aia silenziosa, al fico spoglio, al pozzo oscuro: «Chi è che ha fame?».  

«Io, Signore. Io e mio fratello. Un pane solo, e ce ne andremo». 

Gesù è ormai fuori, nell'aria sempre più fosca per crepuscolo e per imminente pioggia.  

«Vieni avanti», dice.  

«Ho paura, Signore!».  

«Vieni, ti dico. Non aver paura di Me».  

Da dietro allo spigolo della casa spunta la povera bambina. Alla sua misera tunichella sta attaccato il fratellino. Vengono avanti timorosi. Uno sguardo timido a Gesù, uno spaurito al padrone di casa che fa degli occhiacci e dice: «Sono vagabondi, Maestro. E ladri. Poco fa ho trovato costei a raspare vicino al frantoio. Certo voleva entrare a rubare. Chissà da dove vengono. Non sono del luogo».  

Gesù gli dà retta per modo di dire. Guarda molto fisso la bambina dal visetto smunto e dalle treccine spettinate, due codini ai lati delle orecchie, legati in fondo con una strisciolina di cencio.  

Ma il viso di Gesù non è severo guardando la miserella. È mesto, ma sorride per rincuorarla.  

«È vero che volevi rubare? Di' la verità».  

«No, Signore. Avevo chiesto un poco di pane, perché ho fame. Non me l'hanno dato. Ne ho visto una crosta unta là per terra, vicino al frantoio, ed ero andata a raccoglierla. Ho fame, Signore. Ieri mi è stato dato un solo pane e l'ho tenuto per Mattia... Perché non ci hanno messi con la mamma nel sepolcro?».  

La bambina piange desolatamente e il fratellino la imita.  

«Non piangere». Gesù la consola carezzandola e tirandosela a Sé. «Rispondi: di dove sei?».  

«Del piano di Esdrelon».  

«E fin qui sei venuta?».  

«Sì, Signore».  

«È tanto che t'è morta la madre? E il padre non l'hai?».  

«Il padre m'è morto ucciso dal sole al tempo della messe e la mamma alla passata luna... lei e il bambino che nasceva sono morti...». Il pianto cresce.  

«Non hai nessun parente?». 

«Veniamo da tanto lontano! Non eravamo poveri... Poi il padre ha dovuto mettersi a servire. Ora è morto e la mamma con lui».  

«Chi era il padrone?».  

«Il fariseo Ismaele».  

«Il fariseo Ismaele!... (è intraducibile il modo come Gesù ripete questo nome). Sei venuta via di tuo volere o ti ha mandato?».  

«Mi ha mandato, Signore. Ha detto: "Sulla strada i cani affamati"».  

«E tu, Giacobbe, perché non hai dato un pane a questi bambini? Un pane, un poco di latte e un pugno di fieno per letto alla loro stanchezza?...».  

«Ma... Maestro... ho il pane giusto per me... e il latte è poco... e metterli in casa... Sono come bestie randagie costoro. Se si fa loro buon viso non vanno più via...».  

«E ti manca posto e cibo per questi due infelici? Lo puoi dire con verità, Giacobbe? La molta messe, il molto vino, il molto olio e le molte frutta, che hanno fatto celebre il tuo podere quest'anno, perché ti vennero? Te lo ricordi ancora? L'anno avanti, la grandine aveva mortificato i tuoi beni e tu eri pensieroso per la tua vita... Io sono venuto e ti ho chiesto un pane... Tu mi avevi sentito parlare un giorno e mi eri rimasto fedele... e nella tua pena mi hai aperto il cuore e la casa e dato un pane e un ricovero. Ed Io, uscendo, che ti ho detto il mattino di poi? "Giacobbe, tu hai compreso la Verità. Sii sempre misericordioso e avrai misericordia. Per il pane che hai dato al Figlio dell'uomo questi campi ti daranno dovizie di biade, e carichi come se su loro fossero i grani della rena marina saranno d'ulive i tuoi ulivi, e piegati al suolo dal peso i tuoi meli". L'hai avuto e sei il più ricco della contrada quest'anno. E tu neghi un pane a due bambini!...».  

«Ma Tu eri il Rabbi...»  

«Appunto perché lo ero, potevo fare delle pietre pane. Questi no. Ora Io ti dico: vedrai un nuovo miracolo e te ne verrà pena, grande pena... Ma allora, battendoti il petto, di': "Io l'ho meritato"».  

Gesù si rivolge ai bambini: «Non piangete. Andate a quella pianta e cogliete».  

«Ma è spoglia, Signore», obbietta la bambina.  

«Va'».  

La bambina va e torna colla vesticciuola rialzata e piena di mele rosee e belle. 


«Mangiate e venite con Me»; e agli apostoli: «Andiamo a portare questi due piccoli a Giovanna di Cusa. Ella sa ricordare i benefici ricevuti ed è misericorde per amore a chi le fu misericorde. Andiamo».  
L'uomo, sbalordito e mortificato, tenta di farsi perdonare: «È notte, Maestro. L'acqua può cadere mentre sei per via. Rientra nella mia casa. Ecco che la serva va a sfornare il pane... Te ne darò anche per questi».  
«Non occorre. Lo daresti non per amore ma per paura del castigo promesso».  
«Non è dunque questo (e accenna alle mele colte sull'albero prima nudo e che i due affamati mangiano con avidità) non è dunque questo il miracolo?».  
«No».  
Gesù è severissimo. 
«Oh! Signore, Signore, pietà di me! Ho compreso! Tu mi vuoi punire nelle biade! Pietà, Signore!».  
«Non tutti quelli che mi chiamano "Signore" mi avranno, perché non è nella parola ma nell'atto che si testimonia amore e rispetto. Avrai la pietà che hai avuto».  
«Io ti amo, Signore».  
«Non è vero. Mi ama chi ama, perché Io così ho insegnato. Tu non ami che te stesso. Quando mi amerai come Io ho insegnato, il Signore tornerà. Ora Io vado. La mia dimora è nel fare del bene, nel consolare gli afflitti, nell'asciugare le lacrime degli orfani. Come una chioccia stende le ali sui pulcini indifesi, così Io stendo il mio potere su coloro che soffrono e sono tormentati. Venite, bambini. Presto avrete casa e pane. Addio, Giacobbe».  
E, non contento di andare, fa prendere in braccio la bambina stanca: è Andrea che la prende e la ravvolge nel suo mantello; e Gesù prende il bambino e vanno per la viottola ormai scura col loro carico di pietà che non piange più.  
Pietro dice: «Maestro! Gran ventura per costoro che Tu sia sopraggiunto. Ma per Giacobbe!... Che farai, Maestro?».  
«Giustizia. Conoscerà non la fame, perché ha ripieni i granai per molto ancora. Ma la ristrettezza, ché non farà seme il grano seminato, e gli ulivi e i pomi saranno coperti di sole foglie.  
Questi innocenti non da Me ma dal Padre hanno avuto pane e tetto.  
Perché il Padre mio è Padre anche degli orfani, Lui che dà nido e cibo agli uccelli dei boschi.  
Questi possono dire, e tutti i miseri con loro, i miseri che sanno rimanergli "figli innocenti e amorosi", che nella loro piccola mano è stato posto da Dio il nutrimento e con paterna guida Egli li conduce ad un tetto ospitale». 

La visione cessa così, e me ne resta una grande pace.  
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Giacobbe era un contadino che aveva un podere presso il lago di Meron. Una volta, l'anno precedente, aveva ospitato Gesù che in cambio - da bravo falegname quale Egli era - gli aveva riparato l'aratro e benedetto i campi, come ben si è capito leggendo il testo della visione. 
A causa del peccato verso i due bambini, Giacobbe verrà punito nei suoi raccolti, e successivamente sarebbe caduto anche malato, ma avrebbe finito per chiedere perdono a Gesù. 
I due orfanelli, Maria e Mattia, avrebbero invece trovato amore, pace e serenità oltre che sicurezza di vita, perché Gesù li avrebbe affidati e sarebbero stati adottati da Giovanna, discepola di Gesù e moglie di Cusa, procuratore di Erode 130 . 
Dio non fa mai le cose a metà. 

a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini  


martedì 9 novembre 2021

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


Il settimo Comandamento: “Non rubare”. 


7.2 Le catechesi di Gesù all’Acqua Speciosa: “Non rubare e non desiderare ciò che è d'altri”.  

Cosa dirà Gesù questa volta ai suoi ascoltatori che ancora continuano ad assistere numerosi alle sue catechesi sui Dieci Comandamenti 128 , nonostante la brutta stagione, la pioggia uggiosa e il freddo?   

Intanto, come noterete, Gesù unisce al “non rubare” anche il “non desiderare ciò che è d’altri”, non solo perché il desiderare la roba d'altri può spingere a rubare ma può comportare invidia e altro ancora come ad esempio successe a Erode che non solo desiderò la moglie di suo fratello ma anche gliela 'rubò' divenendone concubino  creando così quel motivo di scandalo per il quale Giovanni Battista gli avrebbe gridato quel suo “Non ti è lecito”, che purtroppo lo avrebbe portato alla morte per  decapitazione. 

Con questi due divieti riuniti si concluderanno, di fatto, le catechesi sui Dieci Comandamenti. Come, infatti, Gesù aveva già detto, Egli non seguì l’ordine classico ma adeguò le sue lezioni ai casi ed alle necessità spirituali che di volta in volta gli capitavano.  

Ovviamente, io riprenderò a tempo debito a riflettere su questo Comandamento,  riporterò nuovamente il relativo testo integrandolo poi con quanto Gesù dice a questo riguardo in altre parti dell’Opera di Maria Valtorta. 

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15 marzo 1945. 

«Dio dà ad ognuno il necessario. Questo è in verità. Cosa è necessario all'uomo? Il fasto? Il grande numero di servi? Le terre i cui campi non si possono contare? I banchetti che vedono da un tramonto sorgere un'aurora?  

No. Necessario all'uomo è un tetto, un pane, una veste. L'indispensabile per vivere.  

Guardatevi intorno. Chi sono i più allegri ed i più sani? Chi gode di una sana vecchiezza serena?  

I gaudenti? No.  

Quelli che onestamente vivono, lavorano e desiderano. Essi non hanno veleno di lussuria e rimangono forti. Non veleno di crapule e rimangono agili. Non veleno di invidie e rimangono allegri. Mentre chi desidera avere sempre più uccide la sua pace e non gode, ma precocemente invecchia, arso da livore o da abuso.  

Potrei unire il comando del "non rubare" a quello del "non desiderare ciò che è d'altri". Perché infatti il desiderio eccessivo spinge al furto. Non è che un passo breve da questo a quello.  

È illecito ogni desiderio? Io non dico questo.  

Il padre di famiglia che, lavorando nel campo o nell'officina, desidera trarne di che assicurare pane alla prole, non pecca in verità. Anzi ubbidisce al suo dovere di padre.  

Ma quello che invece non desidera altro che godere di più, e si appropria di ciò che è d'altri per giungere a godere di più, costui pecca. L'invidia! Perché, che è il desiderio della cosa altrui se non avarizia e invidia? L'invidia separa da Dio, figli miei, e unisce a Satana. 

 Non pensate che il primo che desiderò la roba d'altri fu Lucifero? Era il più bello degli arcangeli, godeva di Dio. Avrebbe dovuto esser contento di questo. Invidiò Dio e volle essere lui Dio e divenne il demonio. Il primo demonio.  

Secondo esempio: Adamo ed Eva tutto avevano avuto, godevano del terrestre paradiso, godevano dell'amicizia di Dio, beati nei doni di grazia che Dio aveva loro dati. Avrebbero dovuto accontentarsi di questo. Invidiarono a Dio la conoscenza del bene e del male e furono cacciati dall'Eden divenendo i proscritti invisi a Dio. I primi peccatori.  

Terzo esempio : Caino invidiò Abele per la sua amicizia col Signore. E divenne il primo assassino.  

Maria, sorella di Aronne e Mosè, invidiò il fratello e divenne la prima lebbrosa della storia d'Israele.  

Potrei passo passo condurvi per tutta la vita del popolo di Dio, vedreste che il desiderio smodato fece, di chi lo ebbe, un peccatore, e della nazione un castigo. 

Perché i peccati dei singoli si accumulano e provocano i castighi delle nazioni, così come granelli e granelli e granelli di rena, accumulati in secoli e secoli, provocano una frana che sommerge i paesi e chi è in essi.  

Vi ho sovente citato ad esempio i pargoli, perché semplici e fidenti.  

Oggi vi dico: imitate gli uccelli nella libertà dai desideri. Guardate. Ora è inverno. Poco cibo è nei frutteti. Ma si preoccupano essi nell'estate di accumularlo? No. Fidano nel Signore. Sanno che un vermolino, un granello, una mica, un ragnetto, una moschina sull'acqua la potranno sempre catturare per il loro gozzetto. Sanno che un comignolo caldo o un bioccolo di lana ci sarà sempre per il loro rifugio d'inverno, come sanno che, quando verrà il tempo in cui necessita loro avere fieni per i nidi e maggior pasto per la prole, ci sarà fieno fragrante sui prati e succoso cibo nei frutteti e nei solchi, e di insetti sarà ricca l'aria e la terra. E cantano piano: "Grazie, Creatore, per quanto ci dai e ci darai", pronti ad osannare a piena gola quando nell'epoca degli amori godranno della sposa e si vedranno moltiplicati nella prole. C'è creatura più lieta dell'uccello? Eppure che è la sua intelligenza rispetto a quella umana? Una scaglietta di silice rispetto ad un monte. Ma vi insegna.  

In verità vi dico che possiede la letizia dell'uccello colui che vive senza desiderio impuro. Egli si fida di Dio e lo sente Padre. Egli sorride al giorno che sorge e alla notte che cala, perché sa che il sole è suo amico e la notte è sua nutrice. Egli guarda senza rancore gli uomini e non teme le loro vendette, perché non li danneggia in alcun modo. Egli non trema per la sua salute né per il suo sonno, perché sa che una vita onesta tiene lontane le malattie e dà dolce riposo. Non teme infine la morte perché sa che, avendo bene agito, non può che avere il sorriso di Dio.  

Anche il re muore. Anche il ricco muore. Non è lo scettro che allontana la morte né il denaro che compera l'immortalità. 

Come davanti al Re dei re e al Signore dei signori sono cosa risibile le corone e le monete, ma ha solo valore una vita vissuta nella Legge!  

Cosa dicono quegli uomini là in fondo? Non abbiate paura di parlare».  

«Dicevamo: l'Antipa di che peccato è colpevole? Di furto o di adulterio?».  

«Non vorrei guardaste gli altri ma i vostri cuori. Però vi rispondo che egli è colpevole di idolatria adorando la carne più di Dio, di adulterio, di furto, di illecito desiderio e presto di omicidio».  

«Sarà salvato da Te, Salvatore?».  

«Io salverò coloro che si pentono e tornano a Dio. Gli impenitenti non avranno redenzione».  

«Hai detto che è ladro. Ma che ha rubato?».  

« La moglie al fratello. Il furto non è di solo denaro. È furto anche levare l'onore a un uomo, levare la verginità ad una fanciulla, levare ad un marito la moglie, come lo è levare un bue al vicino o prendere delle sue piante.  

Il furto, poi, aggravato da libidine o da falsa testimonianza, si aggrava di adulterio, o di fornicazione, o di mendacio».  

«E una donna che si prostituisce che peccato fa?».  

«Se è sposata, di adulterio e di furto verso il marito. Se è nubile, di impurità e di furto a se stessa».  

«A se stessa? Ma dà via del suo!!».  

«No. Il nostro corpo è creato da Dio per essere tempio dell'anima che è tempio di Dio. Perciò deve essere conservato onesto, perché altrimenti l'anima viene derubata dell'amicizia di Dio e della vita eterna».  

«Allora una meretrice non può più essere che di Satana?».  

« Ogni peccato è meretricio con Satana. Il peccatore, come una femmina prezzolata, si dà a Satana per illeciti amori, sperandone sozzi guadagni. Grande, grandissimo il peccato di prostituzione che rende simili ad animali immondi. Ma credete che non lo è da meno ogni altro peccato capitale.  

Che dirò dell'idolatria? Che dell'omicidio?  

Eppure Dio perdonò agli israeliti dopo il vitello d'oro. Perdonò a Davide dopo il suo peccato, e che era duplice. Dio perdona a chi si pente. Sia il pentimento in proporzione del numero e della grandezza delle colpe, ed Io vi dico che a chi più si pente più sarà perdonato. Perché il pentimento è forma d'amore. Di operante amore. Chi si pente dice a Dio col suo pentimento: "Non posso stare col tuo corruccio perché ti amo e voglio essere amato". E Dio ama chi lo ama. Perciò Io dico: più uno ama e più è amato. Chi ama totalmente ha tutto perdonato.  

E questa è verità. Andate.» 

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Ecco dunque che Gesù - trattando del “non rubare” apre degli squarci nella nostra nebbia mentale per farci vedere aspetti che difficilmente avremmo preso in considerazione. 

Innanzitutto che per quanto grande sia il peccato, è confortante apprendere che Dio ci perdona se ce ne pentiamo contritamente e se ci mettiamo nel proposito di non ripeterlo più. 

Poi, che quelli di Lucifero e di Adamo ed Eva furono dei veri e propri tentativi di furto: quello del ruolo di Dio. 

Infine un’osservazione molto interessante, quella concernente il peccato collettivo di una nazione, in particolare di quelle più corrotte. 

Recentemente una presa di posizione della Commissione europea ci ha additato alla vergogna del mondo sostenendo che l'Italia è il paese più corrotto d'Europa: ogni pretesto, a livello pubblico ma anche privato, è buono per rubare. 

Ma se il sistema è corrotto - e lo vediamo con il prosperare delle organizzazioni criminali d'accordo con le Istituzioni e con la Politica - una grande responsabilità è dovuta a noi singoli cittadini che abbiamo consentito ciò per cui la somma dei singoli peccati individuali finirà per costituire una “montagna” di peccati collettivi che finirà per “franare” e sommergere tutti.

a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini 


lunedì 8 novembre 2021

«Chi si riduce all’ultimo momento per procurarsi l’olio della Fede e il lucignolo robusto della buona volontà, incorre nel pericolo di rimanere fuori quando giunge lo Sposo».

 


Dice Gesù: 

«… Ed ora sentite il sermone chiuso nella parabola.  

Vi ho detto al principio che il Regno dei Cieli è la casa degli sponsali compiuti fra Dio e le anime. Alle nozze  celesti sono chiamati tutti i fedeli, perché Dio ama tutti i suoi figli. Chi prima, chi poi, si trova al momento degli  sponsali, e l'esservi arrivati è gran sorte. Ma ora udite ancora. Voi sapete come le fanciulle reputino onore e fortuna  esser chiamate ad ancelle intorno alla sposa. Applichiamo al nostro caso i personaggi e capirete meglio.  

Lo sposo è Dio. La sposa, l'anima di un giusto che, superato il periodo del fidanzamento nella casa  del Padre, ossia nella tutela e ubbidienza della e alla dottrina di Dio, vivendo secondo giustizia, viene  portata nella casa dello Sposo per le nozze. Le ancelle-vergini sono le anime dei fedeli che, per l'esempio  lasciato dalla sposa - essere stata scelta dallo Sposo per le sue virtù è segno che costei era un esempio vivo  di santità - cercano di giungere allo stesso onore, santificandosi.  

Sono in veste bianca, netta e fresca, in bianchi veli, coronate di fiori. Hanno lampade accese in mano.  Le lampade sono ben pulite, dal lucignolo nutrito di olio del più puro perché non sia maleodorante.  

In veste bianca. La giustizia fermamente praticata dà candida veste e presto verrà il giorno che  candidissima sarà, senza neppur più il lontano ricordo di macchia, di un candore supernaturale, di un  candore angelico.  

In veste netta. Occorre con l'umiltà tenere sempre netta la veste. Tanto facile è offuscare la purezza  del cuore. E chi non è mondo di cuore non può vedere Dio. L'umiltà è come acqua che lava. L'umile si  accorge subito, perché ha occhio non offuscato da fumi di orgoglio, di essersi offuscata la veste e corre  dal suo Signore e dice: "Ho levato la nettezza a questo mio cuore. Io piango per mondarmi, ai tuoi piedi  piango. E tu, mio Sole, imbianca dei tuoi benigni perdoni, dei tuoi paterni amori, la veste mia!  

In veste fresca. Oh! la freschezza del cuore! I bambini l'hanno per dono di Dio. I giusti l'hanno per  dono di Dio e volontà propria. I santi l'hanno per dono di Dio e per volontà portata all'eroismo. Ma i  peccatori, dall'anima lacerata, bruciata, avvelenata, insozzata, non potranno allora mai più avere una veste  fresca? Oh! sì che la possono avere. Cominciano ad averla dal momento che si guardano con ribrezzo,  l'aumentano quando decidono di cambiare vita, la perfezionano quando con la penitenza si lavano, si disintossicano, si medicano, si ricompongono la loro povera anima; e con l'aiuto di Dio, che non nega  soccorso a chi gli chiede santo aiuto, e con la volontà propria, portata al supereroismo - perché in loro  non necessita di tutelare ciò che hanno, ma di ricostruire ciò che loro hanno abbattuto, perciò doppia e  tripla e settupla fatica - e infine con una penitenza instancabile, implacabile verso l'io che fu peccatore,  riportano la loro anima ad una nuova freschezza d'infanzia, fatta preziosa dall'esperienza che li fa maestri  di altri che sono come erano loro un tempo, ossia peccatori.  

In bianchi veli. L'umiltà! Io ho detto: "Quando pregate o fate penitenza, fate che il mondo non se ne  avveda". Nei libri sapienziali è detto: "Non è bene svelare il segreto del Re". L'umiltà è il velo candido  messo a difesa sul bene che si fa e sul bene che Dio ci concede. Non gloria per l'amore di privilegio che  Dio concede, non stolta gloria umana. Il dono verrebbe subito ritolto. Ma interno canto del cuore al suo  Dio: "L'anima mia ti magnifica, o Signore... perché Tu hai rivolto il tuo sguardo alla bassezza della tua  serva». 

Gesù ha una breve sosta e getta uno sguardo verso sua Madre, che avvampa sotto il suo velo e si china  tutta, come per ravviare i capelli del bambino che è seduto ai suoi piedi, ma in realtà per celare il suo  commosso ricordo...  

«Coronata di fiori. L'anima deve intessersi la sua quotidiana ghirlanda di atti virtuosi, perché al cospetto  dell'Altissimo non devono stare cose vizze, né si deve stare in aspetto sciatto. Quotidiana, ho detto.  Perché l'anima non sa quando Dio-Sposo può apparire per dire: "Vieni". Perciò non stancarsi mai di  rinnovare la corona. Non abbiate paura. I fiori avvizziscono. Ma i fiori delle corone virtuose non  avvizziscono. L'angelo di Dio, che ogni uomo ha al suo fianco, le raccoglie queste ghirlande quotidiane e  le porta in Cielo. E là faranno da trono al novello beato quando entrerà come sposa nella casa nuziale.   Hanno le lampade accese. È per onorare lo Sposo e per guidarsi nella via. Come è fulgida la fede, e che  dolce amica ella è! Fa una fiamma raggiante come una stella, una fiamma che ride perché è sicura nella sua  certezza, una fiamma che rende luminoso anche lo strumento che la regge. Anche la carne dell'uomo nutrito  di fede pare, fin da questa terra, farsi più luminosa e spirituale, immune da precoce appassimento. Perché  chi crede si regge sulle parole e sui comandi di Dio per giungere a possedere Dio, suo fine, e perciò fugge  ogni corruzione, non ha turbamenti, paure, rimorsi, non è obbligato ad uno sforzo per ricordarsi le sue  menzogne o per nascondere le sue male azioni, e si conserva bello e giovane della bella incorruzione del  santo. Una carne e un sangue, una mente e un cuore puliti da ogni lussuria per contenere l'olio della fede,  per dare luce senza fumo. Una costante volontà per nutrire sempre questa luce. La vita di ogni giorno, con  le sue delusioni, constatazioni, contatti, tentazioni, attriti, tende a sminuire la fede. No! Non deve avvenire.  Andate giornalmente alle fonti dell'olio soave, dell'olio sapienziale, dell'olio di Dio. Lampada poco nutrita  può essere spenta dal minimo vento, può essere spenta dalla pesante guazza della notte. La notte... L'ora  delle tenebre, del peccato, della tentazione viene per tutti. E la notte per l'anima. Ma se questa ha se stessa  colma di fede, non può la fiamma essere spenta dal vento del mondo, dal caligo delle sensualità.  

Infine vigilanza, vigilanza, vigilanza. Chi imprudente si fida dicendo: "Oh! Dio verrà in tempo, mentre ho  ancora luce in me", chi si induce a dormire in luogo di vegliare, e dormire sprovvisto di quanto necessita per  sorgere sollecito alla prima chiamata, chi si riduce all'ultimo momento per procurarsi l'olio della fede o il  lucignolo robusto della buona volontà, incorre nel pericolo di rimanere fuori quando giunge lo Sposo. Vegliate  dunque con prudenza, con costanza, con purezza, con fiducia per essere sempre pronti alla chiamata di Dio,  perché in realtà non sapete quando Esso verrà…» 

DA: L’EVANGELO COME MI È STATO RIVELATO