giovedì 11 novembre 2021

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


Il settimo Comandamento: “Non rubare”. 


7.3 Quando si può arrivare a rubare per fame. 

Naturalmente vi è anche chi ruba per fame. È successo agli stessi Apostoli quando - affamati nel loro peregrinare e lontani da centri abitati, in aperta campagna, si inoltrarono in un campo di grano per mangiarne e sostenersi. 

Chi, non potendo procurarsi altrimenti il cibo, ruba per fame e non per vizio, agisce in stato di necessità: non può non avere sopra di sé l'occhio indulgente di Dio. 

A questo proposito val la pena di leggere questa visione di Maria Valtorta a proposito di due fanciullini di quattro e otto anni che avevano osato rubare una crosta di pane caduta per terra vicino al frantoio di uno che era stato tempo prima beneficato da Gesù. 

Assisteremo a un tenerissimo miracolo di Gesù che - dal nulla - in stagione invernale, fa divenire carico di mele un albero nudo che non ne portava nemmeno una. 

Quella di poter creare dal nulla è un diritto di cui molti vorrebbero derubare Dio, negandogli la possibilità di aver creato il mondo dal nulla, l'uomo dal fango (facendolo piuttosto discendere da una scimmia) e da pochi pani e pesci procedere alla loro moltiplicazione; come infine, dopo la Resurrezione, apparire o scomparire a seconda delle circostanze. 

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Un'altra dolce visione di Gesù e due bambini. 129 Dico così perché vedo che Gesù, passando per una vietta fra dei campi, che da poco devono aver ricevuto il seme perché la terra è ancora soffice e scura come quando da poco è seminata, si ferma ad accarezzare due piccini: un maschietto di non più di quattro anni ed una bambina che ne avrà otto o nove. Devono essere bambini molto poveri, perché hanno due povere vesticciuole stinte e anche rotte e una faccina mesta e patita.  

Gesù non chiede nulla. Li guarda soltanto fissamente mentre li carezza. Poi si affretta ad una casa che è in fondo al viottolo. Una casa di campagna, ma ben messa, con una scala esterna che dal suolo sale alla terrazza su cui è una pergola di vite, ora spoglia di grappoli e foglie. Solo qualche ultima foglia già ingiallita pende e ondeggia per il vento umido di una brutta giornata d'autunno. Sul parapetto della casa dei colombi sgrugolano aspettando l'acqua che il cielo grigio e tutto nuvoloso promette.  

Gesù, seguito dai suoi, spinge il rozzo cancelletto, che è nel muricciolo a secco che circonda la casa, ed entra nella corte, noi diremmo aia, dove è il pozzo e in un angolo è anche il forno. Suppongo sia tale quello sgabuzzino dalle pareti più scure per il fumo che ne esce anche ora e che il vento piega verso terra. 

Al rumore dei passi una donna si affaccia sulla porta dello sgabuzzino e, veduto Gesù, lo saluta con gioia e corre ad avvertire in casa. Ecco un uomo vecchiotto e grasso farsi sulla porta di casa e affrettarsi verso Gesù.  

«Grande onore, Maestro, vederti!», lo saluta.  

Gesù dice il suo saluto: «La pace sia con te», e aggiunge: «La sera scende e la pioggia è vicina. Ti chiedo ricovero e un pane per Me ed i miei discepoli».  

«Entra, Maestro. La mia casa è tua. La serva sta per sfornare il pane. Sono ben lieto di offrirtelo col cacio delle mie pecore e i frutti della mia campagna. Entra, entra, ché il vento è umido e freddo...», e premuroso tiene aperta la porta inchinandosi quando Gesù passa. Ma poi cambia subito tono per rivolgersi a qualcuno che egli vede, e dice iracondo: «Ancora qui sei? Vattene. Non c’è nulla per te. Vattene. Hai inteso? Qui non c'è posto per i vagabondi...». E borbotta fra i denti: «...e forse anche ladri come te».  

Una vocina di pianto risponde: «Pietà, signore. Un pane per il mio fratellino almeno. Abbiamo fame...».  

Gesù, che era entrato nell'ampia cucina, allegra per un gran fuoco che le fa anche da lume, viene sulla soglia.  

È già mutato in volto.  

Severo e triste, chiede, non all'ospite ma in generale, pare lo chieda all'aia silenziosa, al fico spoglio, al pozzo oscuro: «Chi è che ha fame?».  

«Io, Signore. Io e mio fratello. Un pane solo, e ce ne andremo». 

Gesù è ormai fuori, nell'aria sempre più fosca per crepuscolo e per imminente pioggia.  

«Vieni avanti», dice.  

«Ho paura, Signore!».  

«Vieni, ti dico. Non aver paura di Me».  

Da dietro allo spigolo della casa spunta la povera bambina. Alla sua misera tunichella sta attaccato il fratellino. Vengono avanti timorosi. Uno sguardo timido a Gesù, uno spaurito al padrone di casa che fa degli occhiacci e dice: «Sono vagabondi, Maestro. E ladri. Poco fa ho trovato costei a raspare vicino al frantoio. Certo voleva entrare a rubare. Chissà da dove vengono. Non sono del luogo».  

Gesù gli dà retta per modo di dire. Guarda molto fisso la bambina dal visetto smunto e dalle treccine spettinate, due codini ai lati delle orecchie, legati in fondo con una strisciolina di cencio.  

Ma il viso di Gesù non è severo guardando la miserella. È mesto, ma sorride per rincuorarla.  

«È vero che volevi rubare? Di' la verità».  

«No, Signore. Avevo chiesto un poco di pane, perché ho fame. Non me l'hanno dato. Ne ho visto una crosta unta là per terra, vicino al frantoio, ed ero andata a raccoglierla. Ho fame, Signore. Ieri mi è stato dato un solo pane e l'ho tenuto per Mattia... Perché non ci hanno messi con la mamma nel sepolcro?».  

La bambina piange desolatamente e il fratellino la imita.  

«Non piangere». Gesù la consola carezzandola e tirandosela a Sé. «Rispondi: di dove sei?».  

«Del piano di Esdrelon».  

«E fin qui sei venuta?».  

«Sì, Signore».  

«È tanto che t'è morta la madre? E il padre non l'hai?».  

«Il padre m'è morto ucciso dal sole al tempo della messe e la mamma alla passata luna... lei e il bambino che nasceva sono morti...». Il pianto cresce.  

«Non hai nessun parente?». 

«Veniamo da tanto lontano! Non eravamo poveri... Poi il padre ha dovuto mettersi a servire. Ora è morto e la mamma con lui».  

«Chi era il padrone?».  

«Il fariseo Ismaele».  

«Il fariseo Ismaele!... (è intraducibile il modo come Gesù ripete questo nome). Sei venuta via di tuo volere o ti ha mandato?».  

«Mi ha mandato, Signore. Ha detto: "Sulla strada i cani affamati"».  

«E tu, Giacobbe, perché non hai dato un pane a questi bambini? Un pane, un poco di latte e un pugno di fieno per letto alla loro stanchezza?...».  

«Ma... Maestro... ho il pane giusto per me... e il latte è poco... e metterli in casa... Sono come bestie randagie costoro. Se si fa loro buon viso non vanno più via...».  

«E ti manca posto e cibo per questi due infelici? Lo puoi dire con verità, Giacobbe? La molta messe, il molto vino, il molto olio e le molte frutta, che hanno fatto celebre il tuo podere quest'anno, perché ti vennero? Te lo ricordi ancora? L'anno avanti, la grandine aveva mortificato i tuoi beni e tu eri pensieroso per la tua vita... Io sono venuto e ti ho chiesto un pane... Tu mi avevi sentito parlare un giorno e mi eri rimasto fedele... e nella tua pena mi hai aperto il cuore e la casa e dato un pane e un ricovero. Ed Io, uscendo, che ti ho detto il mattino di poi? "Giacobbe, tu hai compreso la Verità. Sii sempre misericordioso e avrai misericordia. Per il pane che hai dato al Figlio dell'uomo questi campi ti daranno dovizie di biade, e carichi come se su loro fossero i grani della rena marina saranno d'ulive i tuoi ulivi, e piegati al suolo dal peso i tuoi meli". L'hai avuto e sei il più ricco della contrada quest'anno. E tu neghi un pane a due bambini!...».  

«Ma Tu eri il Rabbi...»  

«Appunto perché lo ero, potevo fare delle pietre pane. Questi no. Ora Io ti dico: vedrai un nuovo miracolo e te ne verrà pena, grande pena... Ma allora, battendoti il petto, di': "Io l'ho meritato"».  

Gesù si rivolge ai bambini: «Non piangete. Andate a quella pianta e cogliete».  

«Ma è spoglia, Signore», obbietta la bambina.  

«Va'».  

La bambina va e torna colla vesticciuola rialzata e piena di mele rosee e belle. 


«Mangiate e venite con Me»; e agli apostoli: «Andiamo a portare questi due piccoli a Giovanna di Cusa. Ella sa ricordare i benefici ricevuti ed è misericorde per amore a chi le fu misericorde. Andiamo».  
L'uomo, sbalordito e mortificato, tenta di farsi perdonare: «È notte, Maestro. L'acqua può cadere mentre sei per via. Rientra nella mia casa. Ecco che la serva va a sfornare il pane... Te ne darò anche per questi».  
«Non occorre. Lo daresti non per amore ma per paura del castigo promesso».  
«Non è dunque questo (e accenna alle mele colte sull'albero prima nudo e che i due affamati mangiano con avidità) non è dunque questo il miracolo?».  
«No».  
Gesù è severissimo. 
«Oh! Signore, Signore, pietà di me! Ho compreso! Tu mi vuoi punire nelle biade! Pietà, Signore!».  
«Non tutti quelli che mi chiamano "Signore" mi avranno, perché non è nella parola ma nell'atto che si testimonia amore e rispetto. Avrai la pietà che hai avuto».  
«Io ti amo, Signore».  
«Non è vero. Mi ama chi ama, perché Io così ho insegnato. Tu non ami che te stesso. Quando mi amerai come Io ho insegnato, il Signore tornerà. Ora Io vado. La mia dimora è nel fare del bene, nel consolare gli afflitti, nell'asciugare le lacrime degli orfani. Come una chioccia stende le ali sui pulcini indifesi, così Io stendo il mio potere su coloro che soffrono e sono tormentati. Venite, bambini. Presto avrete casa e pane. Addio, Giacobbe».  
E, non contento di andare, fa prendere in braccio la bambina stanca: è Andrea che la prende e la ravvolge nel suo mantello; e Gesù prende il bambino e vanno per la viottola ormai scura col loro carico di pietà che non piange più.  
Pietro dice: «Maestro! Gran ventura per costoro che Tu sia sopraggiunto. Ma per Giacobbe!... Che farai, Maestro?».  
«Giustizia. Conoscerà non la fame, perché ha ripieni i granai per molto ancora. Ma la ristrettezza, ché non farà seme il grano seminato, e gli ulivi e i pomi saranno coperti di sole foglie.  
Questi innocenti non da Me ma dal Padre hanno avuto pane e tetto.  
Perché il Padre mio è Padre anche degli orfani, Lui che dà nido e cibo agli uccelli dei boschi.  
Questi possono dire, e tutti i miseri con loro, i miseri che sanno rimanergli "figli innocenti e amorosi", che nella loro piccola mano è stato posto da Dio il nutrimento e con paterna guida Egli li conduce ad un tetto ospitale». 

La visione cessa così, e me ne resta una grande pace.  
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Giacobbe era un contadino che aveva un podere presso il lago di Meron. Una volta, l'anno precedente, aveva ospitato Gesù che in cambio - da bravo falegname quale Egli era - gli aveva riparato l'aratro e benedetto i campi, come ben si è capito leggendo il testo della visione. 
A causa del peccato verso i due bambini, Giacobbe verrà punito nei suoi raccolti, e successivamente sarebbe caduto anche malato, ma avrebbe finito per chiedere perdono a Gesù. 
I due orfanelli, Maria e Mattia, avrebbero invece trovato amore, pace e serenità oltre che sicurezza di vita, perché Gesù li avrebbe affidati e sarebbero stati adottati da Giovanna, discepola di Gesù e moglie di Cusa, procuratore di Erode 130 . 
Dio non fa mai le cose a metà. 

a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini  


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