UNA FORTUNA
Se ci fosse una fata che, appena chiamata ricostruisse d'un colpo un palazzo distrutto o facesse rinverdire un giardino seccato, chi non la chiamerebbe? Se ci fosse un medico che guarisse tutte le malattie o un chirurgo che facesse con esito certamente positivo tutte le operazioni, quale ammalato non ricorrerebbe a lui, a costo di andare in capo al mondo e di vendersi tutto per pagare le spese?
Eppure questo medico che ti guarisce tutte le malattie che ti affliggerebbero e renderebbero infelice per tutta l'eternità, c'è; e nessuno vuole ricorrere a lui: è il confessore.
- Si può essere sicuri?
- L'ha detto Gesú la sera della resurrezione apparendo agli apostoli: « Ricevete lo Spirito Santo; a coloro ai quali rimetterete i peccati saranno loro rimessi; a coloro ai quali li ritenete saranno ritenuti». (Gv. 20,23).
Non ci può essere sicurezza maggiore.
- Che c'entra questo con la confessione?
- Tutto. Infatti il sacerdote non può assolvere secondo le sue simpatie o antipatie, ma secondo le disposizioni del penitente. È perciò che il penitente deve confessare a lui i suoi peccati ed eventualmente rispondere alle sue domande. Cosí anche il penitente resta sicuro d'essere stato perdonato e si tranquillizza; altrimenti resterebbe nel dubbio.
- Non poteva Gesú disporre qualcosa di piú leggero?
- Cosa ci potrebbe essere di piú leggero per un imputato per essere assolto dal giudice dai suoi reati, che confessarglieli, chiedendogli di perdonarlo? Come ne sarebbero felici tutti gli imputati e tutti i condannati! Ascolta: « Naaman, capo dell'esercito del re Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la vittoria agli Aramei. Ma questo uomo prode era lebbroso. Ora bande aramee in una razzia avevano rapito dal paese d'Israele una giovinetta, che era finita a servizio della moglie di Naaman. Essa disse alla padrona: "Se il mio signore si rivolgesse al profeta che è in Samaria certo lo libererebbe dalla lebbra". Naaman andò a riferire al suo signore: "La giovane che proviene dal paese d'Israele ha detto cosí". Il re di Aram gli disse: "Vacci! Io invierò una lettera al re d'Israele". Quegli partí, prendendo con sé dieci talenti d'argento, seimila sicli d'oro e dieci vestiti. Portò la lettera al re di Israele, nella quale si diceva: "Ebbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naaman, mio ministro, perché tu lo curi dalla lebbra". Letta la lettera, il re d'Israele si stracciò le vesti dicendo: "Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi mandi un lebbroso da guarire? Sí, ora potete constatare chiaramente che egli cerca pretesti contro di me". Quando Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: "Perché ti sei stracciate le vesti? Quest'uomo venga da me e saprà che c'è un profeta in Israele". Naaman arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: "Và, bagnati sette volte sul Giordano: la tua carne tornerà sana e tu sarai guarito". Naaman si sdegnò e se ne andò protestando: "Ecco, io pensavo: certo, verrà fuori, si fermerà, invocherà il nome del Signore suo Dio, toccando con la mano la parte malata e sparirà la lebbra. Forse l'Albana e il Papar, fiumi di Damasco, non sono i migliori di tutte le acque d'Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per essere guarito?" Si voltò e se ne partí adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: "Se il profeta ti avesse ingiunto una cosa gravosa, non l'avresti forse eseguita? Tanto piú ora che ti ha detto: Bagnati e sarai guarito". Egli, allora, scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era guarito ». (2 Re 5,1-14).
Se Dio ti avesse imposto delle condizioni anche durissime per perdonarti i tuoi peccati, come andare a piedi in capo al mondo o pagare una grandissima multa, tu non l'avresti fatto per salvarti dalla morte eterna e andare in Paradiso? Perché non fare una cosa tanto facile quale la confessione?
- Non basta che, pentito chieda perdono a Dio, sia pure rivolgendomi al cielo, o a un quadro sacro?
- Se uno ti deruba o ti ferisce e poi, pentito o per non andare in galera vuole essere perdonato da te, le condizioni del perdono chi deve metterle: lui o tu?
- Evidentemente io.
- È Gesú che ha stabilita la confessione, come già ti ho detto. L'ha fatto per amore; per darci la certezza del suo perdono. Una notte mi viene a trovare un uomo, ora da molti anni morto, e, soli, a quattr'occhi mi dice:
- Posso parlare?
- Se lo crede.
- Sono sicuro che lei non parlerà?
- Amico mio, non sono venuto io a casa sua per estorcerle un segreto. Se si sente sicuro di me parli; se non si sente sicuro non parli.
- Parlerò. Fino ad oggi siamo stati due soli a saperlo: io e Dio. Da stanotte saremo in tre: io, Dio e lei. Dieci anni addietro ammazzai in campagna un amico e scappai lontano. Il giorno dei funerali accorsi da lontano, piansi piú degli altri, organizzai il funerale. A nessuno mai venne in testa che fossi stato io l'uccisore. Da dieci anni non dormo: sono ricco, ancora giovane, sposato, pieno di salute. Sono infelice. Può Dio perdonarmi?
- Amico mio, quell'uomo aveva famiglia?
- Moglie e due figli piccoli.
- Bisogna che lei mantenga quella famiglia come se fosse sua, finché i ragazzi cresceranno e saranno in grado di mantenersi. Se lei fa questo Dio la perdona; se non lo fa Dio non la perdona.
- Le giuro che lo farò.
Gli diedi l'assoluzione e la penitenza. Da quel giorno quell'uomo acquistò la pace.
Di Padre Ildebrando A. Santangelo
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