domenica 16 febbraio 2020

PADRE PIO E IL DIAVOLO



Gabriele Amorth racconta... 


Complotto 

Che monsignor Maccari, il suo segretario e una misteriosa “segretaria” che li accompagnò  nei due mesi di indagine a San Giovanni Rotondo siano stati uno strumento dell’aggressione  diabolica nei confronti di Padre Pio è opinione condivisa da molti, e ne abbiamo trovato numerose testimonianze all’interno della Positio, la monumentale raccolta di documenti  che è servita di base alla beatificazione prima, e poi alla canonizzazione del monaco santo.  Dalla mole di interviste, studi e dichiarazioni raccolte nel corso degli anni da Gerardo di Flumeri, Alessandro da Ripabottoni e dal postulatore della causa, padre Cristoforo Bove,  emergono circostanze e particolari di grande interesse. In particolare abbiamo trovato una  testimonianza, quella di un sacerdote, don Francesco Putti, residente presso la Chiesa di  San Francesco Saverio, ad Avellino, che getta una luce inquietante, e rivelatrice sulla  «leggenda nera» che travagliò per anni e anni Padre Pio. E interessante, questa deposizione, perché avanza, documentandola, la tesi che sia stato messo in opera un vero e proprio  complotto per screditare il monaco del Gargano. Un complotto “autonomo” rispetto alla  visita apostolica di Maccari, con propaggini in tutta Italia; ma le sue autrici - perché si trattava di donne - alcune delle quali, secondo quanto affermava nella Positio don Francesco  Putti, collegate alla Massoneria, approfittarono con grande tempismo dell’occasione offerta  dalla presenza a San Giovanni Rotondo di un indagatore così decisamente prevenuto e ostile. L’effetto della loro azione, collegato con la «bomba Serritelli» naturalmente fu  devastante. 

«Tra le persone interrogate dal Visitatore Apostolico» raccontava don Francesco Putti «vi sono state alcune donne, che erano dei veri demoni incarnati: ciò mi era notorio precedentemente alla Visita apostolica. Sarebbe ridicolo pensare che tali persone, che ci tenevano a camuffarsi da angeli, abbiano deposto negli interrogatori dell'attivo Visitatore apostolico cose che siano in armonia con lo sviluppo dell'apostolato di bene che Padre Pio compie a gloria di Dio e a salvezza delle anime; invece mi consta, con certezza materiale e morale, che infami furono le loro deposizioni contro Padre Pio, perché infame era il loro comportamento. Del resto spudoratamente se ne vantarono. » 

É noto che ci fossero gelosie e rivalità, come sempre accadono in situazioni del genere,  anche nel mondo femminile che gravitava intorno al convento di San Giovanni Rotondo, e  in particolare fra le «figlie spirituali» del santo. Ma qui, se è vero quanto affermato dal  sacerdote avellinese, il panorama è totalmente diverso. Non si tratta soltanto di sfoghi  caratteriali, ma di un piano organizzato, di una vera e propria strategia, studiata a tavolino,  lontano dal monastero del Gargano, e poi messa in atto con cura lungo un arco di tempo  non circoscritto a pochi giorni o episodi. «Io ho esaminato il comportamento di tali donne» diceva don Francesco Putti «e ho constatato che le loro singole azioni erano spesso rivolte al male, non per errore, ma con malizia e atto di volontà. La loro prolungata e difficoltosa presenza a San Giovanni Rotondo aveva uno scopo ben definito che fu portato a termine attraverso dichiarazioni, deposizioni segrete, giurate e firmate, per trarre in inganno la Santa Madre Chiesa. » 

Ma a quale obiettivo tendeva, questa congiura? L’effetto principale dell’azione svolta da  questo gruppo di cospiratrici sarebbe stato quello di modificare l’atteggiamento di alcuni  frati e sacerdoti, fino a quel momento devoti stimatori di Padre Pio da Pietrelcina. Non solo:  anche il momento più alto della vita spirituale del monaco santo sarebbe stato  strumentalizzato, per ottenere “materiale” da usare in riti di tutt’altro genere. Raccontava  don Francesco Putti: «Non vi faccio nomi, ma vi porto solo un esempio: c'è stata una donna, era tedesca, e secondo l'uso massonico, dopo la Santa Comunione, in finto atto di adorazione, nel mentre nascondeva il suo volto in un libro di preghiera, fu sorpresa nel far ricadere l'ostia consacrata fra le pagine del libro stesso».  

Il sacerdote parla di «uso massonico»; chi però ha una certa conoscenza del mondo  legato alle sette sataniche, sa che l’ostia consacrata ha un’importanza tutta particolare, in  quell’ambiente; il possesso di un’ostia consacrata è fondamentale per celebrare le messe  nere, e perciò la “particola” dopo la transustanziazione è ricercatissima dai satanisti.  Possiamo immaginare quanto fosse ricercata un’ostia consacrata da Padre Pio, la cui missione era la lotta al demonio nelle sue varie manifestazioni. 

E il gusto perverso e particolare con cui poteva venire celebrata una messa satanica con  un’ostia trafugata dalle mani del monaco santo. 

«Ci fu un'altra che si presentò a un frate, con una teca ancora con dei frammenti di ostie consacrate, asserendo che lei stessa, per incarico della Massoneria, aveva profanato, dopo la Comunione, le ostie, consegnandole direttamente ai massoni» 

La testimonianza di don Francesco Putti naturalmente non può ignorare le maggiori  accusatrici di Padre Pio nella visita apostolica di monsignor Maccari, mosse dalla gelosia  nei confronti del monaco del Sannio. Don Putti giudica «interessante che le cinque sorelle Serritelli (da come si dice, autodefinitesi le “Cinque piaghe di Padre Pio"), residenti da sempre a San Giovanni Rotondo, proprio loro, spontaneamente facessero conoscere le deposizioni firmate e giurate fatte al Visitatore Apostolico». Oggi, contrariamente a ciò che si credeva,  non tutto è rimasto segreto... Sono a conoscenza che Emmanuele Brunatto è in possesso di  ventidue deposizioni delle persone interrogate da monsignor Maccari, Visitatore  Apostolico. Emmanuele Brunatto, il grande difensore di Padre Pio, è morto il 10 febbraio  1965, da solo, dopo aver manifestato il timore di essere ucciso. Una valigia piena di  documenti, che voleva affidare a Luigi Peroni, un altro protagonista della battaglia a favore  di Padre Pio, scomparve quella mattina; e non fu mai più ritrovata. Brunatto il giorno prima  aveva telefonato a casa di un amico di anni, confidando: «Vogliono farmi la pelle». Sul corpo  di Brunatto non venne eseguita nessuna autopsia; era anziano, cardiopatico... ma le sue  azioni di quelle ultime ore - la telefonata, il desiderio di consegnare la valigia di documenti,  prima possibile - a Luigi Peroni lasciano un’ombra inquietante sulla sua fine. 

La testimonianza di don Francesco Putti risale agli anni Sessanta, qualche anno dopo la  visita apostolica di monsignor Maccari, ed è stata acquisita alla Positio nel 1986. Fra l’altro,  il sacerdote ebbe in mano la copia fotostatica di un documento di eccezionale rilevanza. Si trattava di una dichiarazione firmata dell’architetto Mario Schierano, che riportiamo qui di  seguito, contenuta al N. 2284 della Positio. «Nel maggio 1964 andai con il prof. Di Raimo a San Giovanni Rotondo» scrive l’architetto «per vedere Padre Pio. In un colloquio da solo, gli chiesi se era vero che avevano messo microfoni nel suo confessionale. Mi rispose: “Sì, hanno osato tanto”. Roma, 23 aprile 1986. In fede, Mario Schierano». 

Luigi Peroni si recò a trovare don Francesco Putti, per chiedergli che cosa avesse potuto  concludere, dopo aver ricevuto il documento. «Proprio nulla» fu la risposta. «Le persone che mi affidarono il documento si attendevano da me la soluzione di un problema di cui io non sono l'arbitro. Quale azione corrispondente al mio dovere, informai alcuni Superiori e penso che essi si siano resi perfettamente conto dell'importanza del documento. Tuttavia qualcuno mi consigliò di disinteressarmi di tutto; un altro mi rispose: “Che ci posso fare io?”. Certamente la situazione è molto intricata, soprattutto perché la verità è solo in parte conosciuta.» 

I microfoni furono messi anche in confessionale, oppure no? La versione ufficiale,  consolidata, sostiene il “no”; forse anche per non colorare di tinte ancora più cupe un  quadro di per sé già fosco, che vede dei sacerdoti impegnati a spiare, violandone l'intimità  spirituale, un monaco santo. 

Da alcune frasi di Padre Pio, però, si può ricavare un'impressione diversa. Ricorda Luigi  Peroni, che «a un sua affezionata figlia spirituale, accorsa da Torino al primo diffondersi della notizia dello scandalo, la quale sgomenta, gli chiede: “Ma è vero, padre, dei registratori in confessionale?” egli risponde: “Altroché, figlia mia, è vero... e come!... Quando io ero in confessionale, lavoravano su; quando io ero su, lavoravano qui!”.» E alcuni anni più tardi,  parlando con il Delegato Apostolico padre Clemente da Santa Maria in Punta, Padre Pio  dirà: «Se io avessi saputo prima che c’erano i registratori in confessionale, non sarei andato a confessare per non esporre il sacramento della confessione a un orribile sacrilegio». 

É più che probabile che la violazione del segreto sacramentale legato alla confessione ci  sia stato comunque, perché Padre Pio ascoltava i penitenti anche in parlatorio. E anche  comprensibile che in seguito si siano cercate di evitare conseguenze di immagine ancora  più pesanti, che in ultima analisi si sarebbero riversate sulla Chiesa. E così, lo stesso Padre  Pio sulla vicenda dei microfoni in confessionale si è sempre mostrato molto dolorosamente  reticente, quasi che ne sentisse il peso della vergogna. Tutto per dimostrare un teorema. 
«Egli è accusato di immoralità con donne» diceva don Putti, «come già ai tempi di monsignor Gagliardi, vescovo di Manfredonia e compagni, le cui gesta sono note. » 

Padre Pio accusato di rapporti illeciti con le donne: «Non solo non ci credo, ma mi ripugna il pensarlo. Non si ha rispetto neanche dei settantacinque anni del frate! Però la verità è che chi aveva interesse che così fosse creduto, ha orchestrato tutto al fine di raggiungere una parvenza di verità». 

La Positio registra a questo punto un'accusa gravissima, a cui abbiamo già accennato  all'inizio del capitolo, ma che adesso vi presentiamo in tutta la sua ampiezza. Cioè a un vero  e proprio complotto. «I fatti ci sono, e ancor più le prove» ha raccontato don Francesco Putti,  che era intervistato a sua insaputa. «Ponete mente al diabolico e perfido sistema per far colpire dalla stessa Chiesa un sacerdote. Ecco il caso pratico, come infatti è avvenuto. In primo luogo è necessario che alcuni confratelli, o altri sacerdoti, vengano legati al segreto naturale o della confessione sacramentale con alcune donne, e mi spiego. Un bel giorno, ossia un brutto giorno, una figlia del demonio in carne e ossa, incaricata espressamente “da chi ha interesse” di agire contro il sacerdote N.N., si presenta al confessore A.B. e dice che il sacerdote N.N. si è comportato male con lei, tentando e facendo cose innominabili. Altra volta, altra figlia del demonio riferisce al confessore C. D. che il sacerdote N.N. di cui sopra le ha fatto proposte oscene e ha avuto un cattivo comportamento proprio con lei stessa. E così di seguito a ottenere che più donne, figlie del demonio, si rivolgano ai singoli propri confessori, accusando iniquamente sempre lo stesso sacerdote N.N. di impurità e complicità in peccato turpe. Con tale operazione diabolica, fatta per lungo tempo con perfetta arte, ogni singolo sacerdote viene a sapere che il sacerdote N.N. si è comportato male. D'altra parte il singolo confessore non ha motivo di dubitare della sincerità dell'accusa circostanziata, anche perché la penitente, nel complesso, si mostra all’apparenza retta e timorata di Dio, mentre in realtà è un'emissaria incaricata di rovinare il sacerdote N.N. Nel caso di un’inchiesta sul sacerdote N.N. è logico che i suoi confratelli non prendano nessuna iniziativa in difesa del creduto colpevole, perciò l’Autorità ecclesiastica troverà la strada libera per i provvedimenti di rigore, richiesti dal caso suddetto, e il sacerdote N.N. è rovinato per sempre». 

Si tratta di un caso teorico? Secondo don Francesco Putti, tutt’altro; quello che abbiamo  appena esposto sarebbe il canovaccio della tragedia del monaco santo del Gargano. Una  strategia che il sacerdote residente ad Avellino non ha esitazioni nell'attribuire a forze  oscure. «Questa che vi ho raccontato è la storia di Padre Pio, e ve lo dimostro. In primo luogo, nell’estate del 1960 mi capitò di incontrare un padre cappuccino che mi aprì il suo addolorato animo, e proprio in tale circostanza ebbi occasione di citare, a nostro esempio, non solo le virtù di Padre Pio, ma principalmente la silenziosa accettazione della sofferenza che offre in favore delle anime. Dopo di ciò sorse tra di me e quel confratello di Padre Pio una divergenza di giudizio sulla realtà delle virtù di Padre Pio, e in modo speciale sulla castità. Detto padre affermò che sinceramente non poteva condividere l’elogio sulla castità di Padre Pio. Alla mia sorpresa, avvalorò il suo pensiero dicendomi: "Purtroppo non è come lei dice; a me risulta differentemente. Infatti una donna mi ha confessato che Padre Pio proprio con lei stessa si era comportato moralmente male, perciò...”. A mia volta, istintivamente, sapendo per esperienza che in qualsiasi caso il nome del complice in peccato turpe, non viene mai fatto, domandai se fosse stato lui a richiederlo. La risposta fu precisa: "No, spontaneamente mi è stato fatto il nome di Padre Pio quale complice in peccato turpe”. Restai perplesso sentendo che era stato fatto il nome del complice spontaneamente, ripeto ciò non avviene mai! In secondo luogo, il comportamento di molti, anzi troppi confratelli di Padre Pio è e rimane totalmente ingiustificabile. Da entusiasti quali erano verso il loro confratello si sono tramutati in veri e acerrimi nemici. In alcuni c è stato un mutamento radicale e repentino che non trova alcuna giustificazione: l'unica spiegazione viene fornita soltanto da quanto sopra esposto.» 

Quante volte è stata ripetuta questa operazione di perfidia eccezionale? É impossibile  saperlo. Fu un'operazione di estrema efficacia; la sua forza derivava, e ancora adesso deriva  dall'essere strettamente collegata a un Sacramento così delicato come quello della  Riconciliazione. Il sacerdote che riceve la confessione è “vulnerabile”, in quanto deve  presupporre la buona fede di chi ammette le proprie colpe, in maniera gratuita, e  apparentemente, senza secondi fini; e nello stesso tempo, essendo vincolato al segreto, non  può farne parte a nessuno, confrontare la sua esperienza o le confidenze ricevute. Un  obbligo che garantisce la riservatezza, e la copertura della macchinazione, praticamente  per sempre. Da quanto abbiamo letto, questo attacco alla credibilità di Padre Pio non era  limitato a San Giovanni Rotondo. Ecco un altro brano della deposizione, registrata senza  che il suo autore ne fosse a conoscenza. «Il padre Cappello, S.J. che esercitava il suo apostolato nella chiesa di Sant'Ignazio in Roma e che io ho avuto il piacere di conoscere e di avvicinare più volte, mi risultava personalmente che verso Padre Pio nutriva amore, stima e venerazione. Dopo circa un mese che un demonio di donna, G.F. aveva lasciato San Giovanni Rotondo e si era trasferita a Roma, alle calcagna di padre Cappello, anche questi (che ora è in cielo) ebbe la sua metamorfosi nei riguardi di Padre Pio: aveva cessato di considerare Padre Pio come l’uomo di Dio, giungendo a influenzare negativamente le alte sfere ecclesiastiche e a sconsigliare vari sacerdoti di frequentare Padre Pio. Lo stesso visitatore apostolico, durante la visita apostolica, a un sacerdote che da diverso tempo si tratteneva a San Giovanni Rotondo ingiunse di partire, dicendo: “Qui lei non può stare, questo non è un luogo adatto per sacerdoti!”. A San Giovanni Rotondo spesso hanno preso la residenza per lungo tempo donne che da prima si sono ostentatamente mostrate perfette cristiane e devotissime - con forme esteriori anche fuori del normale - verso Padre Pio; poi gradatamente aumentando l’ostentazione della loro rettitudine e devozione verso il padre, si sono fatte scoprire, anche in modo sciocco, per quello che veramente erano: immorali, bugiarde, figlie del demonio. Il momento in cui si sono fatte scoprire è stato quando hanno creduto che fosse giunta l’occasione propizia per attuare il male; il demonio è più scaltro che intelligente.» 

É evidente che una Visita apostolica come quella compiuta da monsignor Maccari  avrebbe rappresentato un'opportunità unica ed eccezionale per coronare un lungo lavoro  di scavo intorno alle fondamenta della fama di integrità di Padre Pio. Laddove una serie  infinita di attacchi frontali, fisici e spirituali, aveva fallito e continuava a mostrarsi  inefficace, la sottile velenosa perfidia di una calunnia mascherata da pentimento poteva  finalmente avere effetti dirompenti. In un'ottica spirituale e religiosa l'uso maligno di un  futuro successore degli apostoli, come monsignor Maccari, è motivo di riflessione sul «mysterium iniquitatis», e della libertà di agire concessagli da Dio. 

«Tra le persone interrogate dal visitatore apostolico vi sono alcune donne, che erano dei veri demoni incarnati: ciò mi era noto precedentemente alla Visita apostolica. Sarebbe ridicolo pensare che tali persone, che ci tenevano a camuffarsi da angeli, abbiano deposto negli interrogatori dell'attivo visitatore apostolico cose che siano in armonia con lo sviluppo dell'apostolato di bene che Padre Pio compie a gloria di Dio e a salvezza delle anime; invece mi consta, con certezza materiale e morale, che infami furono le loro deposizioni contro Padre Pio, perché infame era il loro comportamento. Del resto spudoratamente se ne vantarono. Ho esaminato il comportamento di tali donne e ho constatato che le loro singole azioni erano spesso rivolte al male, non per errore, ma con malizia e atto di volontà. La loro prolungata e difficoltosa permanenza a San Giovanni Rotondo aveva uno scopo ben definito che fu portato a termine attraverso dichiarazioni, deposizioni segrete, giurate e firmate, per trarre in inganno la Santa Madre Chiesa». 

Sull'operato di G.F., la donna che seguì fino a Roma padre Cappello, don Francesco Putti  non aveva dubbi: «Costei è l'ultimo demonio in ordine di tempo (ma primo per importanza per le infamie che asserisce di aver “visto” riguardo a Padre Pio che ho scoperto). Già da prima venne a Roma per preparare il suo diabolico piano, avvicinando più ecclesiastici, e si allontanò definitivamente da San Giovanni Rotondo trasferendosi a Roma dopo la visita apostolica di monsignor Maccari. Ma non prima di aver compiuto la sua missione diabolica contro Padre Pio». 

Non era sola, dunque, secondo don Putti, la calunniatrice nel confessionale; era  coadiuvata da altre persone, donne anch'esse; e quando gli fu chiesto, come risulta dalla Positio se pensava che quelle persone avessero il compito di denigrare Padre Pio ubbidendo  agli ordini di qualche organizzazione, la risposta è stata positiva: «Certamente, e non poche. 
Del resto dovete ben comprendere che il gettare maldicenza con fango secco e fresco attraverso la certezza che quanto si dice resta rinchiuso nel rigoroso segreto degli archivi del Santo Uffizio, è allettante per qualsiasi demonio incarnato. É stata veramente per questa gente un'occasione propizia e impensata. Era giunto il momento adatto, sapendosi fuori di ogni possibile controllo, responsabilità, confronto o denuncia, il completare il servizio al loro iniquo padrone che, per tale scopo, le aveva istruite. Notate che l'azione così come è stata ideata, guidata e attuata è veramente un capolavoro d’infamia». 

Il collegamento con la visita apostolica che portò a conseguenze così umilianti per Padre  Pio, fino a quando non cambiò papa, e le sanzioni vennero abolite, è diretto; in pratica la  visita apostolica ebbe come effetto quello di impedire il ministero pastorale, cioè la lotta  che Padre Pio conduceva con l'avversario per strappargli delle anime. «Si assiste a San Giovanni Rotondo a un fenomeno stranissimo» sottolineava don Putti, «altrove si cerca di attirare i fedeli con ogni mezzo moderno e dispendioso, lì invece si caccerebbero tutti via se fosse possibile. Difatti la chiesa (dei Cappuccini) lavora alacremente contro le direttive della santa Madre Chiesa: il voluto disservizio nell'amministrazione dei sacramenti ai fedeli - e ancor peggio per i poveri malati del luogo - tocca punte altissime; le devozioni che altrove la santa Madre Chiesa insistentemente raccomanda per il bene delle anime, nella chiesa (dei Cappuccini) se possibile sono soppresse, altrimenti ostacolate; le sante Messe, per maggior incomodo dei fedeli non possono essere celebrate dopo le ore 8.30, neanche dai sacerdoti forestieri. Quanto sopra insieme a tante altre cose, che mi astengo di elencare è fatto scientemente, poiché, così dicono, questi sono gli ordini lasciati dal Visitatore apostolico. 
Questi interrogativi e punti oscuri sono e rimangono un mistero per i loro controsensi.» 

Se si accetta l'ipotesi che anche questa persecuzione non fosse che un episodio della  guerra, si può pensare che il nemico giurato di Padre Pio sia rimasto molto soddisfatto di questa particolare “campagna". Quanto agli strumenti umani del complotto don Francesco  Putti ha lasciato una sua interpretazione: «Padre Pio ha convertito, nel suo lunghissimo e fecondo apostolato, tra tanti peccatori, diversi esponenti della Massoneria. Questo fatto ha provocato una rabbiosa reazione, che è stata attuata con una programmazione lenta e sicura. 
Nessun altro mezzo avrebbe potuto frenare Padre Pio nel suo apostolato che un'accusa di immoralità, come infatti è avvenuto. Con tali sistemi sono stati rovinati non pochi sacerdoti e non è il caso che ora vi faccia t nomi. Basta rammentarsi di sant'Alfonso. Accusato di immoralità, fu disprezzato, vilipeso e morì fuori dell'Ordine da lui fondato, perché discacciato. 
Contrariamente a ogni aspettativa di allora, è salito alla gloria degli altari: la sua gloria è la sentenza contro gli accusatori.» 

MARCO TOSATTI 

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