domenica 16 luglio 2023

Il letto

 


I FIORETTI DI SAN GASPARE


I lettori, ovviamente, vorranno subito far conoscenza con quei genitori, che donarono al mondo un Santo così straordinario come Gaspare.

Essi conoscono già i loro nomi: Antonio e Annunziata.

Antonio, genuino romano de Roma, ne aveva anche i difetti e le virtù. Allegrone, amante della compagnia spensierata e contenta, alquanto grossolano e un po' spendereccio, piuttosto irruente, attaccato alla buona cucina - era cuoco d'un Principe! - con uno spiccato debole per gli spettacoli e il gioco del pallone, anche allora in auge nell'Urbe! Anzi, questa passione lo portò ad improvvisarsi addirittura impresario con catastrofiche conseguenze finanziarie, sicché comprese ch'era meglio tornare al mestiere più sicuro dell'umile cuoco. D'altra parte era uomo di provata onestà, di profonda fede cristiana, gran lavoratore, fedelissimo alla consorte e premuroso verso i figli, dei quali prendeva ogni cura, seguendoli, passo passo, negli svaghi, negli studi, nella scelta di sane compagnie.

Annunziata era di carattere mite, delicata, dal tratto distinto, di fine senso estetico. Le due modeste stanze dove alloggiavano nel Palazzo Altieri, erano tutto lindore ed ordine, sicché - dicevano - esser lei, e non il marito, la vera discendente dei nobili marchesi Del Bufalo. L'elogio più grande da lei meritato, senza meno, è questo: Era madre temprata nella fede, educatrice perfetta, eroica quando, oltre che le pazzie del marito, dové affrontare le durissime prove della povertà, dell' immatura morte del primogenito, dell' esilio di Gaspare, che la portò ben presto alla tomba.

Gaspare prese un po' della mamma e un po' del papà. Riprodusse in sé, perfezionandola con gli anni, la soda pietà della genitrice, il di lei gusto delle cose linde e fini, i tratti cortesi, il senso dell' ordine e della pulizia, fino al punto che, la buona Annunziata, anche intimamente orgogliosa, soleva dire:

«Con questo figlio ho da star sempre con la scopetta in mano»! Stile ch'egli conservò sempre e inculcò ai suoi missionari, tanto da essere chiamato: Cavaliere nato!

Dal padre ereditò il carattere vivace e schietto, l'impazienza, a volte impetuosa e stizzosa, ma sempre ben repressa e controllata, fino a dire: «Scusate... Mi arrabbio, perché m'arrabbio!» Mai arrivò ad offendere alcuno. Ereditò dal babbo anche la passione per le folle, la parola calda, che affascinava 1' uditorio, ed il genio organizzativo.

L'anima del piccolo Gaspare, precocemente mistica, plasmata dalla madre, divenne anche precocemente attiva ed apostolica, sicché, fin dall'infanzia, espresse quello zelo che lo avrebbe consumato per tutta la vita. Dopo i fervori della prima Comunione e l'assidua frequenza dei corsi di predicazione e feste religiose, si diede ad erigere altarini in casa, ad organizzare funzioni, salir sulle sedie e, come da un pulpito, ad arringare l'uditorio - babbo, mamma, fratello, compagni, servi del Principe - e ad esortar tutti con gran calore alla... conversione!

Nel contempo è proprio convinto esser lui più peccatore di tutti e, per scontare... i tanti peccati, passava intere notti ginocchioni, in preghiera, sul nudo pavimento. Annunziata, sempre tenera e vigile, è costretta spesso a sollevarlo di peso e portarlo a letto, mentre esclama angosciata: «Questo figlio, mi si storpia!».

Una mattina, nel riassettare il lettino, allibì: le lenzuola erano striate di sangue! Gasperino, con tutto candore, le mostrò il cilizio, che circondava i suoi fianchi. Un vero ordigno! «Una funicella, munita di pezzi di latta tagliati a stellette, le cui punte ritorte, penetrando nelle teneri carni, ne facevano sprizzare sangue». La madre, inorridita, glielo sciolse e medicò le profonde ferite. Gaspare, comprendendo il dolore e le apprensioni della buona mamma, le si gettò al collo, la carezzò e promise: «Mamma, volevo imitare S. Luigi. Non lo farò più».

L'episodio è autentico. Il cilizio, tenuto gelosamente a ricordo da Don Berga, dopo la morte del Santo, fu consegnato al suo secondo successore, D. Giovanni Merlini.

Quel sangue innocente, versato da Gaspare fanciullo «in isconto dei propri peccati e degli altrui» è come l'albore della sua vita missionaria, quando nelle chiese, sulle piazze e al capezzale dei moribondi, si flagellerà con strumenti ben più terribili per indurre a pentimento i peccatori più ostinati.

 

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