martedì 25 luglio 2023

DIAMO IL NOSTRO SANGUE A CRISTO

 


«Nella misura che avrete partecipato alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché quando la sua gloria sarà manifestata, voi sarete nell'allegrezza» (S. Pietro). S. Paolo poi dice che le nostre sofferenze sono il completamento di ciò che manca alla Passione di Gesù. È proprio nel dolore che si riconosce il vero cristiano. L'uomo tiepido o incredulo, si dispera, maledice, impreca; il cristiano invece è addirittura lieto di poter soffrire qualcosa per Colui, che tanto ha sofferto per noi e gode di poter offrire a Dio i propri dolori a beneficio del Corpo Mistico, al quale ogni cristiano appartiene. Perciò i discepoli del Signore, quando erano perseguitati, andavano pieni di gaudio, perché erano stati fatti degni di contumelie per il nome di Cristo. Diamo anche noi il nostro sangue a Cristo! Dobbiamo forse andare in cerca di carnefici? No, non è necessario. Ma quando a Dio piacerà visitarci con la sofferenza e sapremo ringraziarlo allora gli offriremo il nostro sangue. La Chiesa ha sempre circondato di particolare amore i sofferenti, perché sa che essi hanno una grande ricchezza da offrire a Cristo: le loro pene. Sono milioni le anime che soffrono, un esercito di veri martiri volontari, sui quali la Chiesa conta come sul pilastro più saldo della sua forza. Gli ospedali, i lebbrosari, gli orfanotrofi, tutti i tuguri e i giacigli, dove si soffre, formano il tesoro più grande della Chiesa; lì si posa lo sguardo di Dio e si placa il suo sdegno per i crimini dell'umanità.

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Nei primi decenni del nostro secolo il Messico fu oppresso da un regime di terrore e dispotismo e la Chiesa accanitamente perseguitata. Centinaia furono gli episodi di eroismo dei cattolici, senza distinzione di età, sesso o condizione sociale: fanciulle, donne, uomini semplici, laici, sacerdoti affollarono le carceri e diedero coraggiosamente il sangue per la fede cristiana. Nella cittadina di Falisco fu arrestato Fiorentino Alvarez, giovane di 18 anni, e gli fu imposto di gridare pubblicamente: «Abbasso Gesù Cristo!». Rispose con fermezza: «Sono cattolico, non posso e non voglio». «Sei dunque un rivoluzionario, nemico dello Stato e sarai fucilato». «No, rispose il giovane, sono soltanto cattolico ed amo la mia patria». Lo legarono dietro un camion e lo trascinarono velocemente per le vie fermandosi dinanzi alla sua casa. La madre, straziata alla vista del figlio insanguinato, lo strinse al petto e gli disse: «Figlio mio sai quanto ti amo e quanto soffro nel vederti in questo stato, però ti dico: Sii forte, non rinnegare Cristo, la fede è più preziosa della vita». I soldati, inviperiti, si diedero a percuotere madre e figlio, ma essi ad ogni percossa gridavano più forte: «Viva Cristo Re!», finché il giovane spirò fra le braccia della madre. Sulla terra il nome di Fiorentino Alvarez è stato scritto a caratteri d'oro nel Martirologio della Chiesa messicana; in cielo Dio lo ha accolto nella fulgida schiera dei suoi martiri. Quale esempio per tanti giovani di oggi che non solo si vergognano di essere cristiani ma addirittura lottano contro la Chiesa, sposa del Sangue di Cristo!


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