mercoledì 19 luglio 2023

IL SANGUE CHE NUTRISCE

 


«Non bastò a Gesù dare all'umanità una prova del suo immenso amore con lo spargere il Sangue una volta, ma volle, istituendo il sacramento dell'Eucarestia, spargerlo continuamente, quasi volesse morire giornalmente per noi». (S. Bernardino). L'amore infatti non si accontenta di sacrificarsi per chi si ama, ma vuol essere sempre vicino e donarsi completamente alla persona amata. Perciò Gesù, con la stessa onnipotenza che aveva adoperata per nascondere la sua divinità sotto l'ombra della carne umana, la nasconde ora sotto le specie del pane e del vino, e proprio in quella notte in cui gli uomini gli preparano la morte, pronuncia le grandi parole «Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo». «Prendete e bevete, questo è il mio Sangue». Per eternare poi nei secoli, attraverso il servizio sacerdotale, il suo gran dono, aggiunge: «Fate questo in memoria di me». L'Eucarestia è dunque il memoriale della Passione di Cristo, è il vero cibo e la vera bevanda delle nostre anime. Quando il fedele si accosta alla S. Comunione, pur ricevendo soltanto l'Ostia, è di fede, che riceve non solo il Corpo, ma anche il Sangue del Signore. Riflettiamo che la S. Comunione è indispensabile per la vita della nostra anima: «Se non mangerete la mia Carne e non berrete il mio Sangue, non avrete la vita in voi». Ecco perché la Chiesa pone questa fontana zampillante al centro della sua vita quotidiana, perché, come il peccato consuma quotidianamente la vita dell'anima, così il Corpo e il Sangue di Cristo la nutriscono e la dissetano. L'anima ha bisogno di quel Sangue, perché frena il vizio e spegne il fuoco delle passioni; ne ha bisogno per essere rinfrancata e sostenuta nella lotta contro il male; ne ha bisogno quando è sopraffatta dalla tristezza e dall'aridità; ne ha bisogno proprio come il corpo necessita del pane quotidiano. Corriamo perciò al Sangue di Gesù per purificarci e dissetarci; corriamo a questo fiume di grazie che trabocca dai calici per inondare il mondo; corriamo al Tabernacolo, dove Gesù ci aspetta prigioniero d'amore; confidiamo a Lui solo le nostre gioie, le nostre speranze, i nostri dolori; giuriamogli il nostro amore e ripariamo con la S. Comunione alle offese che riceve da tante anime ingrate.

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 Imperversa la persecuzione di Diocleziano e i campioni di Cristo erano rinchiusi a migliaia nelle carceri di Roma, in attesa d'essere gettati in pasto alle belve. Una cosa sola essi attendevano dai fratelli rimasti ancora liberi: il Pane dei forti, Gesù Eucaristico. Egli solo avrebbe potuto sostenerli nella dura lotta. Ma chi oserà penetrare in quelle prigioni così accuratamente vigilate? «Padre Santo, dice Tarcisio, andrò io!» «Ma tu sei piccolo, come potrai difender l'Eucarestia dalla profanazione, se ti scoprono?» «Appunto perché sono piccolo nessuno sospetterà di me. Se mi scopriranno, darò il mio sangue, ma l'Eucarestia non sarà profanata». Eccolo che corre già verso le carceri, stringendo il Pane consacrato al petto, quando alcuni monelli lo fermano, vogliono che giochi con loro, vogliono vedere cosa porta e comprendono. «E’ un cristiano, porta i Misteri, ammazziamolo!» Una fitta gragnuola di sassi lo abbatte, ma nessuna forza riesce a strappargli Gesù dalle mani. Il centurione Quadrato lo raccoglie, lo porta alle catacombe. L'Eucarestia è bagnata di quel sangue innocente. Quanto coraggio in un bambino e quanta ammirazione suscita in noi, che invece abbiamo tanta paura del giudizio umano e ci vergogniamo di scoprirci il capo, quando passa Gesù per le strade; ci vergogniamo di inginocchiarci all'elevazione nella S. Messa e cerchiamo di andar di nascosto a fare il precetto pasquale, come se ci recassimo a compiere una cattiva azione.


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