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giovedì 25 marzo 2021

CHIAMAMI PADRE

 


DIO, UN PADRE MISERICORDIOSO

O Padre, sempre pronto ad accogliere pubblicani e peccatori appena si dispongono a pentirsi di cuore, tu prometti vita e salvezza ad ogni uomo che desiste dal male:

il tuo Spirito ci renda docili alla tua parola, e ci doni gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù.


Dio, un Padre misericordioso

 

IL DIO DELL'ANTICA ALLEANZA È UN DIO "RICCO DI MISERICORDIA"

La storia dell' antico popolo di Dio si può definire una peculiare esperienza della misericordia di Dio, a livello individuale e sociale.

Israele è il popolo dell'Alleanza.

Si è alleato con Dio, con solenni giuramenti, con tante promesse vicendevoli e sacrifici a non finire:

Ma quante infedeltà! Quanti tradimenti!

Ma Dio non si dà per vinto, e per questo suo alleato fragile e imprevedibile riserva solo:

-         comprensione,

-         compassione,

-         perdono.

È un Dio

- ricco di misericordia,

-         pieno di tenerezza e di grazia,

-         lento all'ira,

-         sempre in attesa di un pentimento e di un ritorno.

L'Antico Testamento, per esprimere la misericordia, usa diversi

termini con alcune sfumature, che si completano a vicenda.

I due principali sono:

- hesed, che significa bontà e fedeltà. Viene spesso usato unito all' altro termine we-emet, che significa grazia e fedeltà;

- rahamin, che ha una sfumatura materna, perché rehem è il grembo materno.

Indica il particolare rapporto di amore che si instaura fra la madre e il suo bambino.

È un amore gratuito, un'esigenza del cuore, che genera una gamma di sentimenti, fra i quali la tenerezza, la pazienza, l'attesa, il perdono facile e generoso.'

Nella predicazione dei Profeti, la misericordia è una speciale potenza dell'amore, che prevale sempre sul peccato e sull'infedeltà.

Per quanto grande sia il peccato, la misericordia divina lo supera infinitamente, "quanto l'Oriente dista dall'Occidente".

Sarebbe lunga e interessante l'elencazione dei numerosi testi dei Profeti e dei Salmi che parlano della misericordia, ma è forse preferibile concentrare l'attenzione su ciò che ha detto e fatto Gesù.


GESÙ RIVELA E TESTIMONIA L'INFINITA MISERICORDIA DEL PADRE

 

È ascoltando e guardando Gesù che possiamo riuscire a comprendere l'infinito amore e la sorprendente misericordia del Padre!

Si può dire che il tema della misericordia è stato al centro di tutta la sua vita terrena: una vita segnata dall' amore, dal perdono, dal dono di sé fino alla morte, per cancellare e riparare il peccato di tutta l'umanità.

Gesù è «la vera incarnazione della misericordia».2

Dice la Preghiera eucaristica quinta: «il Padre misericordioso ci ha donato il suo Figlio, come fratello e redentore.

In Lui ha manifestato il suo amore per i piccoli e per i poveri, per gli ammalati e gli esclusi.

Mai Egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli.

Con la vita e la parola, ha annunziato al mondo che Tu sei Padre e che hai cura dei tuoi figli».

Dunque: il Padre, per dimostrarci la sua infinita misericordia, ci ha fatto un incomparabile dono: il Figlio!

Gesù rende presente, quindi, fra gli uomini, il suo Padre; è anzi lo stesso Padre che, in Lui, agisce e parla, dimostrando, con la sua vita e con la sua parola, che

- Dio è Padre,

- Dio è Amore (cf. 1 Gv 4, 8.16),

- Dio è ricco di misericordia (cf. Ef 2, 4).

Anzi: Gesù fa della misericordia non solo il centro della sua predicazione, ma anche la verifica dell'autenticità della sua missione!

Infatti:

- a Nazaret, nella Sinagoga Gesù aveva detto che lo Spirito era su di lui e che lo aveva consacrato e inviato ai poveri, ai ciechi, ai prigionieri, agli oppressi ecc. (cf. Lc 4, 14-27);

- agli inviati di Giovanni Battista dice di essere il vero Messia perché sta attuando tutta questa misericordia: i ciechi vedono, gli zoppi camminano ecc. (cf. Lc 7, 22).


CON LA VITA

 

Tutta la vita pubblica di Gesù è dono di sé, è accoglienza, è cura di malati e sofferenti, è ascolto, è compatimento, è aiuto, è conforto, è gesto di amore, è, soprattutto, perdono.

Sono così numerosi i peccatori che a Lui ricorrono, da farlo definire amico dei peccatori (cf. Mt 11, 19).

Lui stesso ripetutamente dirà «non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9, 13).

E qual è, in particolare, il suo rapporto con essi?

Un atteggiamento:

- di estrema comprensione,

- di grande compassione,

- di attenta distinzione per il peccato in sé e il peccatore che lo compie.

Gesù è sempre disponibile a perdonare e a scusare. Una sola cosa lo trattiene: "il peccato contro lo Spirito Santo" che è l'accettazione a occhi aperti della menzogna, il capire cosa sia male e volerlo fare ugualmente, la mancanza di pentimento (cf. Mt 12, 31). Al paralitico Gesù dice: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mc2, 5).

 

Il malato chiede la guarigione, e Lui gli dà la guarigione del corpo e dello spirito. E una fede grande quella del paralitico, una fede che lo salva; ma è grande l'amore del medico divino! All'adultera dice: «Neanch'io ti condanno, va' e d'ora in poi non peccare più» (Gv 8, 11).

Gesù non approva il suo peccato, ma dona il suo perdono a lei, peccatrice da tutti rifiutata.

Anche a Zaccheo, usuraio e imbroglione, Gesù perdona: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa» (Lc 19, 9).

Motivo di questo perdono? «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19, 8).

Alla peccatrice, in casa di Simone, Gesù dice: «Ti sono perdonati i tuoi peccati... la tua fede ti ha salvata, va' in pace!» (Lc 7, 48-50).

Il perché di tanto perdono? «Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato (Lc 7, 47).

Al buon ladrone sulla croce, che grida a Gesù: «ricordati di me quando entrerai nel tuo regno», Gesù risponde con prontezza: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23, 42-43).

La schiettezza e la fede fanno breccia nel cuore di Gesù.

Il perdono per Gesù è una festa!

Afferma: «ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Le 15, 7).

Dio si rallegra della pecorella ritrovata «più che per le novanta-nove che non si erano smarrite» perché «il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli»

(Mt 18, 12-13).

 

CON LA PAROLA: "LE PARABOLE DELLA MISERICORDIA"

Quante volte Gesù si è dilungato a illustrare la misericordia e il perdono con parole, con esempi, con parabole ricavate dal comune modo di vivere dei suoi contemporanei!

Soprattutto le parabole, che vengono appunto chiamate "le parabole della misericordia".

Sono tre:

-  la pecorella smarrita e ritrovata (Le 15, 4-7);

-    la dramma perduta e ritrovata (Le 15, 8-10);

-    il figlio (o figliol prodigo) perduto e ritrovato (Le 15, 11-32).

Esse furono pronunciate davanti a un pubblico eterogeneo, composto in prevalenza da persone che "si credevano giuste", ma che in realtà erano ben lontane dall'atteggiamento di umiltà e di disponibilità richiesto per accogliere il dono della misericordia e del perdono... e dal comprendere il vero senso della parola del Salvatore!


LA PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGO, O DEL FIGLIO PERDUTO E RITROVATO

 

È la parabola che, pur non usando la parola "misencordia", ne esprime il contenuto in modo particolarmente limpido.

La si può dividere in tre parti:

-    il dramma del figlio che abbandona il padre (cf. Le 15, 12-19);

-    la festa e il perdono accordato dal padre al suo ritorno (cf. Le 15, 25-31);

-  il rifiuto del fratello di perdonare e accogliere il fratello (cf. ibid.).

 

1. Voglio andarmene di casa!

È il dramma di un figlio che ha la fortuna di avere una casa e un padre, e quindi ciò che di meglio si possa desiderare, ma che se ne vuole andare, forse suggestionato e traviato dagli amici.

 Vuole lasciare la sua casa, perché?

Perché vuole essere pienamente libero, senza controllo alcuno; perché vuole divertirsi senza alcun freno;

perché vuole disporre dei beni "che gli spettano" senza dover rendere conto a nessuno;

perché non può più sopportare l'ambiente di casa!

2. Il padre lo guarda angosciato, ma non lo maledice, non lo maltratta, e neppure gli impedisce con la forza di realizzare il suo folle disegno.

Soffre in silenzio e piange lacrime amare!

L'amore è tolleranza, resistenza, pazienza infinita.

Dio è tutto questo... e non per un solo figlio insensato, ma per ogni uomo che decide di voltargli le spalle.

3. Il figlio non si lascia commuovere e mette in atto la sua decisione; "parte per un paese lontano e là sperpera, le sue ricchezze, vivendo da dissoluto".

È inizialmente "felice", perché ha raggiunto il suo scopo.

Poveretto! Non sa che sta distruggendo la sua fortuna, e, soprattutto, la propria persona!

4. Scoppia il dramma.

Il denaro finisce, gli amici si dileguano, e si profila la disperazione. E avviene l'inevitabile: la fame, la solitudine, il tradimento dei compagni di baldoria, il disastro!

- Lui, l'indipendente che rifiutava il padre, è obbligato a guadagnarsi il pane;

- Lui, non abituato a "contare i soldi", deve umiliarsi a fare il garzone;

Lui, il sensuale, il gaudente, lo sprecone, vorrebbe saziarsi con il cibo per i porci, ma non gli è concesso.

Dio conduce dolcemente l'errante a "toccare con mano" la sua povertà e lo fa con infinita pazienza, rispettando i tempi e la libertà di ciascuno.

 

5. Incominciano i ripensamenti e i pentimenti.

"Ma come posso continuare a vivere così? Non ho più mezzi per tirare avanti e non ho più alcuna dignità per presentarmi a nessuno!... Com'era bella la mia casa! Come mi sentivo amato, rispettato, servito!... Quanta nostalgia, quanto rimpianto!".

E affiora un pensiero di speranza, anzi una certezza: "tutti mi hanno abbandonato, tutti mi possono abbandonare... ma mio padre no! Non è possibile che lui mi abbia dimenticato! Non è possibile che lui non mi aspetti ancora!... Io l'ho tradito e abbandonato, ma lui non può tradirmi e abbandonarmi! Non è possibile... perché lui è mio padre!"

 

L'amore di Dio, creativo e inesauribile, aiuta a riflettere e a prendere decisioni fino ad allora impensabili!

6. Decide di tornare a casa!

La decisione avviene dopo molti ripensamenti ed è determinata dalla nostalgia di casa e dalla certezza di ritrovarvi un padre buono, accondiscendente, comprensivo oltre ogni limite.

È umiliante ripercorrere quella strada che ha conosciuto la sua fuga! Mille timori lo assalgono: mio padre riconoscerà in questa larva di uomo suo figlio? Mi accoglierà, mi aprirà la porta (almeno quella di servizio!)? Mi perdonerà?

Eccolo: è già sulla porta! Lo attende l'esperienza di un perdono che non avrebbe mai potuto immaginare!

Il perdono, nel cuore del Padre celeste, è presente fin dall'inizio di ogni traviamento, ma non può raggiungere il figlio se questi non decide, in piena libertà, di ritornare a casa!

 

7. Il padre lo attende con impazienza.

Il padre non ha mai perduto la speranza! Era sicuro che le tristi esperienze della lontananza lo avrebbero maturato! E "commosso gli corre incontro e lo bacia". Nulla si frappone a questo abbraccio tanto atteso! Nulla di più bello di questo bacio tanto amorevole!

Dio è sempre in attesa del peccatore. Conta i passi del suo ritorno.

E quando arriva, non si comporta come un papà offeso e ferito, desideroso di rivalsa, e non è vendicativo, perché ama soltanto.

Il peccato ha già in sé la sua punizione; perché infierire ancora? Il padre bacia il figlio: il bacio è il segno del perdono pieno, soprattutto se scambiato in silenzio, senza disturbare l'intima e traboccante effusione del cuore!

 

8. Il figlio si confessa: "Padre, ho peccato contro il Cielo e contro dite...". Mette Dio prima del Padre! Ha già capito che il tradimento nei confronti del padre è una cosa orribile davanti a Dio! Non si sente degno davanti al Padre celeste e a quello terreno.

 

9. Il padre lo perdona senza esitazione e senza attese.

Non vuol perdere tempo! Vuole fare festa! Vuole rivestire il figlio degli abiti belli, degli abiti festivi. Vuole gli abiti della Pasqua, quello delle nozze. Vuole una festa bella, ricca, con la presenza di tutti i componenti della famiglia. Occorre che tutto sia come prima, figlio come prima, erede come prima, responsabile come prima.

È un padre impazzito per la felicità, come il protagonista della Parabola parallela del pastore che ha ritrovato la pecora smarrita. È pazzo di gioia perché "ci sarà più festa in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti".

 

10. Incominciano a far festa.

È una festa grande, anche se rattristata dal rifiuto del fratello maggiore.

La festa è tanto più sentita quanto meno immaginata prima: chi poteva pensarla?

È la festa della vita: il figlio era morto ed è tornato in vita.

È la festa del grande ritorno: era perduto ed è stato ritrovato. Era morto, dato per morto da tutti.

Ma non per il cuore del Padre, che non si dava pace per lui e lo inseguiva ostinatamente, con coraggio e con fiducia.

Dio, nonostante tutto, è il Padre insostituibile e l'amico fedele.

Nella parabola del Padre è celebrata la vittoria dell'amore misericordioso. La vittoria di un Padre che è anche Madre, perché, ovviamente, quella figura è onnicomprensiva di un infinito amore paterno e materno insieme.5

Scrive il Card. Biffi: «il Padre è l'unico che resta alla fine. Prima vogliamo provare tutto, ci rivolgiamo a tutti, tentando di sfuggirgli in qualche modo; poi cadiamo fra le sue braccia... Lo lasciamo per ultimo, perché possediamo la certezza di ritrovarlo, quando ogni altra speranza sarà andata in fumo».6

DON NOVELLO PEDERZINI

giovedì 28 gennaio 2021

CHIAMAMI PADRE

 


PROVVIDENZA SÌ, MA CON IMPEGNO PERSONALE

La Provvidenza è l'aiuto che il Padre dona a ogni uomo per aiutarlo a raggiungere lo scopo che Egli ha fissato per lui.

Dio non si sostituisce all 'uomo, ma lo invita a collaborare, lasciandogli:

-         la sua libertà,

-         la sua responsabilità,

-         la sua personalità;

lo pone nelle condizioni di dare il suo personale e insostituibile apporto.

A ciascuno la sua parte:

- la Provvidenza non può fare tutto senza l'uomo;

-      l'uomo non può far nulla senza la Provvidenza.

Madre Teresa di Calcutta scrive: «se a volte i nostri poveri arrivano a morire di fame, non dipende dal fatto che Dio non si prende cura di loro. Dipende piuttosto dal fatto che né voi, né io siamo abbastanza generosi. Dal fatto che non siamo strumenti impegnati nelle mani di Dio per dare loro cibo e vestito».

 

UNITÀ E VARIETÀ DELLA PROVVIDENZA

Il Padre ama tutti con un amore personale, originale, unico e diverso.

È il Padre di tutti e di ciascuno, e la sua Provvidenza raggiunge ogni singola persona.

Il suo primo e grande scopo è quello di "salvare tutti gli uomini e di farli arrivare alla conoscenza della verità".

E siccome la salvezza si attua attraverso Cristo, tutto Egli dispone in modo che ogni uomo, prima o poi, si possa incontrare con Lui.

Cristo è l'unico Salvatore del mondo: l'azione della Provvidenza è quindi rivolta a condurre, direttamente o indirettamente, a Lui. Le vie per arrivare sono tante, e tutte sono predisposte per questo incontro, che resta il più importante e decisivo nella vita di ciascuno.

La Provvidenza, che è unica per tutti, acquista aspetti diversi a seconda delle diverse persone e dei loro diversi ruoli.

Dio accetta il rischio di sembrare ingiusto.

Non rifiuta l'indispensabile a nessuno, ma a certe persone sembra dare con più abbondanza...

Sembra ingiusto ma non lo è, perché a chi ha dato di più chiede di più; chi riceve di più, riceve per gli altri. Deve servire di più. Deve vivere per servire.

 

RESTA IL MISTERO

Scrive Rosmini: «stimo necessario dare alla gioventù una grande idea della divina Provvidenza, e infonderle il rispetto per tutte le disposizioni divine, senza mai prendere scandalo dagli avvenimenti, siano quali si vogliano»!

"Senza prendere scandalo": sì, perché è assai difficile non restare sconcertati e addirittura scandalizzati di fronte a tante situazioni complesse, sconvolgenti, assurde e insolubili.

Non resta che dire: le vie della Provvidenza sono avvolte da oscurità misteriose. E non è in nostro potere la facoltà di comprendere e di comporre ogni cosa.

«Solo in certi speciali istanti ci è permesso gettare uno sguardo fugace in tale mistero, per averne un presentimento e percepirne una minima traccia».

Il credente, il figlio consapevole della bontà del Padre, non ha che una possibilità intelligente e valida: attendere, riflettere, pregare, e, soprattutto, abbandonarsi con filiale confidenza fra le braccia di Colui che tutto volge per il suo vero bene, anche se non lo comprende.


mercoledì 2 dicembre 2020

CHIAMAMI PADRE

 


NUOVO TESTAMENTO: GESÙ RIVELA CHIARAMENTE LA DOLCE PROVVIDENZA DEL PADRE

 

Lo fa principalmente in questi due testi immediati e comprensibili:

1. «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5, 44-45).

2. «Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete: la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai, eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?

E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?

E perché vi affannate per il vestito?

Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.

Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani sarà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?

Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo?

Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani, il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.

Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte

queste cose vi saranno date in aggiunta.

Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani

avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6, 25-34).

 


FIDUCIA E ABBANDONO

 

Gesù usa parole semplici e comprensibili, partendo dalla considerazione di ciò che tutti vedono e sentono.

Egli conosce i problemi della gente comune in mezzo alla quale vive, e che è in continuo assillo:

- per il cibo,

- per le bevande,

- per il vestito,

- per la sofferenza personale e familiare,

- per le miserie fisiche della vecchiaia,

- per la morte,

- per le ingiustizie a tutti i livelli...

Gesù conduce la sua vita terrena in mezzo a persone inquiete, preoccupate, ribelli, polemiche, protese al raggiungimento di un futuro migliore. Ed è continuamente interpellato e contestato.

Come si comporta?

Con un atteggiamento di grande fiducia e di pieno abbandono alla volontà del Padre.

Gesù è forte e sereno perché è consapevole di fare la volontà del Padre e perché è certo che nulla gli può accadere senza che lo sappia Lui!

Poi dice: avete problemi? siete preoccupati per il futuro? volete spiegazioni?

Non cercate risposte o soluzioni, ma semplicemente: guardate! Guardate come il Padre si comporta con gli esseri più umili e insignificanti, e state certi che farà altrettanto con voi, che valete ben più di loro!

Di conseguenza:

-     niente paura: a voi pensa il Padre!;

-     vivete alla giornata: basta a ciascun giorno il suo affanno!;

-         non fate confronti: sforzatevi di amare i nemici, perché anch'essi sono amati e assistiti dal Padre!;

-         preoccupatevi di cercare come prima cosa il regno di

Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta!

La Provvidenza quindi, secondo Gesù, non la si insegna, ma la si vede nel tessuto ordinario e straordinario delle cose che sono disegnate dalla mano sapiente e amorevole del Padre.

È un disegno di amore che solo chi ha l'occhio puro e il cuore buono riesce a capire!

DON NOVELLO PEDERZINI


venerdì 2 ottobre 2020

CHIAMAMI PADRE

 


DIO, UN PADRE PROVVIDENTE

Padre santo, che vedi e provvedi a tutte le creature, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché in mezzo alle fatiche e alle preoccupazioni di ogni giorno... operiamo con piena fiducia per la libertà e la giustizia del tuo regno.


IL PADRE HA "CURA E PROVVIDENZA" DELLE COSE CREATE

Dio ha creato l'uomo e lo ha posto al centro della creazione. Ha fatto di lui l'oggetto:

- delle sue attenzioni,

- del suo amore,

- della sua tenerezza paterna e materna.

L'uomo è il suo vero e insuperabile capolavoro.

Su di lui ha un solo grande progetto: farlo suo alleato e suo figlio in senso pieno e definitivo.

Nel momento nel quale lo ha creato, non ha cessato la sua opera, ma la continua ininterrottamente, perché l'uomo, che èuna causa seconda, nulla può fare senza l'intervento della Causa prima.

È come il raggio di luce che si fa presente e agisce solo se, all'origine, sussiste il sole dal quale proviene.

Che significa che Dio è provvidente?

Significa che il Creatore «ha cura e provvidenza delle cose create e le conserva e dirige tutte al proprio fine, con sapienza, bontà e giustizia infinita».'

La Provvidenza è quindi la continuazione e lo sviluppo della creazione. È l'amorevole presenza e l'efficace sostegno che il Padre dona all'uomo perché possa raggiungere lo scopo per cui è stato creato.


L'ANTICO TESTAMENTO RIVELA APERTAMENTE LA VIGILE PROVVIDENZA DEL PADRE

A livello cosmico.

Jahvé è il Signore della natura. Tutto è diretto da lui: il sole, la luna, le stelle, il mare, le piogge, le stagioni ecc.

È un dominio esercitato sempre per il bene del suo popolo: «Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica, io vi darò le piogge alla loro stagione, la terra darà prodotti, e gli alberi della campagna daranno frutti» (Lv 26, 3-4).

- A livello personale.

Giuseppe è venduto dai fratelli e deve molto soffrire, ma tutto si risolverà per il bene suo e degli stessi fratelli che l'hanno perseguitato. Esclama: «non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio» (Gen45,8).

Tobia deve sottostare a molte vicende dolorose, ma deve constatare il trionfo della Provvidenza che interviene a premiare il giusto (cf. Tb 11, 14-15).

Giobbe sopravvive alle prove perché è sorretto e guidato dalla Provvidenza. Afferma: «Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha custodito il mio spirito» (Gb 10, 12).

Il Libro della Sapienza inneggia sovente alla Provvidenza con espressioni significative come queste: «In suo potere siamo noi e le nostre parole» (Sap 7, 16); "la tua Provvidenza, o Padre, guida la barca perché tu hai predisposto una strada anche nel mare" (cf. Sap 14, 3).2

- A livello sociale e storico.

Tutta la storia del popolo di Dio è contrassegnata da interventi prodigiosi, a cominciare dalla liberazione dalla schiavitù dell'Egitto e di Babilonia e dall'assistenza nel deserto.

Jahvé non abbandona un istante il suo popolo, ed è sempre pronto a sostenerlo, a difenderlo, a nutrirlo, a proteggerlo.3

Dio interviene anche sui popoli stranieri: dirige i destini degli Etiopi, dei Filistei, degli Aramei (cf. Am 9, 7), degli Egiziani (cf. Is 19, 21-25).

E si serve di Ciro, re dei Persiani, per ricondurre il suo popolo da Babilonia a Gerusalemme. Di lui dice: «Io l'ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni» (Is 45, 1).


I SALMI CANTANO LA PROVVIDENZA

Alcune espressioni fra le più note:

- «non abbandoni chi ti cerca, Signore» (Sal 9, 10-lì).

- «il Signore è il mio pastore: non manco di nulla» (Sal 23, 1).

- «mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto» (Sal 27, 10).

- «Signore, tu mi scruti e mi conosci, ... dove andare lontano dal tuo spirito... Sei tu che hai creato le mie viscere, e mi hai tessuto nel seno di mia madre» (Sal 139, 1.7.13).

- «tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni» (Sal 104, 27-28).

- «Egli copre il cielo di nubi, prepara la pioggia per la terra, fa germogliare l'erba sui monti. Provvede il cibo al bestiame... Manda una sua parola ed ecco si scioglie, fa soffiare il vento e scorrono le acque» (Sal 147, 8-9.18); «Il Signore si compiace di chi lo teme, di chi spera nella sua grazia» (Sal 147, 11).

Poche verità sono rivelate in termini così espliciti e rassicuranti, come quella della Provvidenza.

Non per nulla il Dio dell'Antico Testamento si rivela con un nome, Jahvé, il cui significato, fra gli altri, è quello di "Io sono Colui che è qui": e quindi un Padre che è sempre disponibile ed è l'unico punto di riferimento sicuro per qualsiasi necessità.

DON NOVELLO PEDERZINI


lunedì 7 settembre 2020

CHIAMAMI PADRE



L'UNICO PROGETTO DEL PADRE: FARCI SUOI FIGLI COMPLETI

Farci suoi figli: non in senso ontologico, perché col Battesimo lo siamo già, ma in senso morale, cioè nel senso di una maturità che ci porta a essere figli in senso completo.
La nostra storia terrena non è che la storia della nostra gestazione come figli di Dio.
Siamo come il feto nel seno della mamma.
Noi amiamo il ventre della mamma, ma ne siamo usciti appena abbiamo potuto.
Non basta essere concepiti: bisogna uscire dal seno materno, crescere, svilupparsi in piena autonomia personale.
Il cosmo e la storia sono come il seno immenso e molteplice dove si compie questa nostra gestazione, e tutto è predisposto per questo.
E se l'unico progetto divino è quello di farci pienamente figli, è bello pensare alla presenza di un Padre che lavora per noi e con noi per realizzare il suo progetto.
Il progetto non è finito e il lavoro non è ancora compiuto: se fosse finito, sarebbe già la fine del mondo!
E infatti "tutta la creazione, anelando alla gloriosa manifestazione dei figli di Dio, geme e soffre nei dolori del parto" (cf. Rm 8, 19-22). Chi vive nella fede, è consapevole di stare realizzando in se stesso un piano superiore e a lieto fine.
- Sa di dover andare oltre le realtà contingenti e sensibili.
- Sa che il meglio per lui è nel futuro.
- Sa che il domani sarà meglio dell'oggi.
- Sa che il Padre lo sta attirando, attraverso vie misteriose e spesso dolorose, verso una maturità che sarà piena solo quando riuscirà a vivere totalmente la sua realtà di figlio.
E quando, divenuto pienamente figlio, lascerà questa terra nella quale è stato generato, potrà dire con entusiasmo: finalmente! Finalmente sono giunto a casa, da mio Padre!

DON NOVELLO PEDERZINI

domenica 6 settembre 2020

CHIAMAMI PADRE



NELL'UNICO FIGLIO DIVENTIAMO TUTTI FRATELLI

Nell'unico Figlio diventiamo, dunque, tutti fratelli.
Tutti: cioè gli uomini che, senza alcuna distinzione, liberamente accettano di diventare partecipi dell'unica natura divina.
E diventando figli, diventano fratelli, perché acquistano la generazione dal Padre e la comunione col suo unico Figlio.
È dunque questo l'autentico fondamento della cristiana fraternità: la comune dignità di figli.
Siamo tutti fratelli perché diciamo "Padre" alla stessa Persona, e perché il Primogenito, Gesù, ci unisce in Lui in un unico Corpo, in un'unica realtà divina.



"CIO’ CHE SAREMO NON È ANCORA RIVELATO"

Ma non tutto è ancora stato rivelato, e quindi non tutto è ancora evidente.
Occorre fare un arduo passaggio da ciò che è visibile a ciò che è invisibile.
Ogni realtà sensibile è segno di una realtà sopra-sensibile. Occorre fare un balzo nella fede per riuscire a immaginare ciò che è ancora nascosto.
Il Regno di Dio sulla terra, la Chiesa, racchiude realtà divine, ma agli occhi terreni, queste realtà sono ben poca cosa~ Basta pensare all'Eucaristia: che cosa c'è di più umile di quella piccola ostia? Eppure è segno e presenza del Corpo di Gesù!
Noi siamo una realtà fragile e mortale, ma già possediamo una tale dignità che ci farà esplodere di gioia nel momento nel quale essa ci sarà pienamente e definitivamente rivelata. È celebre la frase di J. H. Newman: «Grace is glory in exile. Glory is grace at home» (La grazia è la gloria in esilio. La gloria è la grazia giunta a casa).



"GIÀ" E "NON ANCORA"

Il Padre fa di noi dei figli.
Nati da un padre e da una madre che ci hanno trasmesso le realtà terrene, nel Battesimo siamo rinati a figli delle realtà celesti.
Ora siamo come un feto immaturo, a mezza strada:
-     fra il passato e il futuro,
-     fra le cose che vediamo e quelle che non vediamo,
-     fra il bene e il male,
-     fra il rischio di accogliere il dono divino o di rifiutarlo,
in una lotta perenne con le nostre cattive tendenze e con l'azione di Satana che ci ostacola, con ogni mezzo, nel nostro cammino incontro alla piena e perfetta figliolanza divina.
Non siamo in una posizione né facile né comoda, e per questo soffriamo:
- di incompletezza, perché non abbiamo ancora la maturità definitiva;
di cecità, perché siamo chiusi nelle cose, non vediamo ancora con chiarezza;
di nostalgia, perché abbiamo già nelle vene il sangue di Dio e siamo costretti a sopportare il sangue turbolento e malato di uomini.'


venerdì 4 settembre 2020

CHIAMAMI PADRE



SIAMO CHIAMATI FIGLI

Quando nasciamo non siamo figli di Dio, ma semplicemente sue creature.

Dio è Creatore perché, nel seme generato dai genitori, Egli infonde l'anima, che è il principio dinamico della vita.
Per diventare suoi figli, occorre un ulteriore intervento soprannaturale, una seconda generazione.
Cerchiamo di capire.
Figlio è colui che procede da un altro per via di naturale generazione.
La generazione è l'origine di un vivente da un altro vivente della stessa specie.
Noi siamo figli dei nostri genitori perché ci hanno generato nella loro identica specie. Un tavolo non può dirsi generato dal falegname, perché il tavolo non è un essere vivente e non proviene dal falegname per via di naturale generazione.
Siamo figli dei nostri genitori e, insieme, creature di Dio, perché Dio ha infuso in noi quell'anima intelligente che ci fa vivere e ci fa comprendere.
L'essere uomini, sia maschio che femmina, significa già possedere una grande dignità.
Nella "scala degli esseri" l'uomo è al vertice di una scala che parte dai minerali e prosegue con le piante e gli animali. E anzi, di essi, il signore e il sacerdote, perché tutto è stato creato per lui, e di essi egli è l'interprete intelligente e cosciente per dar lode al Creatore.
È già tanto così!
Ma qui nasce lo stupore: nell'apprendere che il Padre ha voluto per l'uomo un ulteriore salto di dignità e di qualità, un ulteriore intervento creativo, una seconda generazione.
Questa rigenerazione, ci dice Giovanni,
- non è dovuta al volere di uomo,
- non si realizza attraverso i canali della carne e del sangue,
- non è imposta a nessuno, ma è liberamente offerta a quanti accolgono il Figlio di Dio e credono in Lui.
Tutto si opera nel Battesimo, che ci immerge nel mistero della Morte e Risurrezione di Cristo Salvatore e opera quella realtà per la quale diventiamo
- figli di Dio,
- figli nel Figlio,
  - figli come il Figlio,
con una sola differenza: Gesù è figlio per natura; noi lo diventiamo per partecipazione.


LO SIAMO REALMENTE!

L'amore di Dio verso l'uomo era già motivo di stupore per gli uomini dell'Antico Testamento:
Esclama il Salmista: «che cosa è l'uomo perché te ne ricordi...?»(Sal8,5).
Il Dio onnipotente e trascendente aveva scelto Israele e aveva stretto con lui un'alleanza sponsale, ma non aveva ancora fatto dell'uomo un suo figlio.
Anche se Dio nell'Antico Testamento veniva, a volte, chiamato Padre, la paternità divina si estendeva a tutto il popolo "nel suo insieme" e in senso metaforico.
È nel Nuovo Testamento che l'uomo:
- entra nel mistero della vita intima divina,
- diviene partecipe di questa vita divina,
- diventa personalmente figlio di Dio. Diviene figlio:
-              il singolo uomo,
-              il singolo credente,
-              il singolo battezzato,
e non l'umanità nel suo complesso, il "popolo di Dio" nel suo insieme, la Chiesa come realtà mistica.


È COLMATO L'ABISSO!

Siamo figli di Dio!
E diventando tali, veniamo in un certo senso a colmare l'abisso, per sé invalicabile, che separa l'uomo finito dal Dio infinito.
Padre è colui che comunica a qualcuno la sua stessa natura. Dio Padre comunica la sua stessa natura al Figlio, che è tale perché è "della stessa sostanza del Padre".

Ma questo unico Figlio, incarnandosi, è divenuto una cosa sola con noi, e noi, in un certo modo, diveniamo "figli nel Figlio".

DON NOVELLO PEDERZINI