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lunedì 31 agosto 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE




RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

AMMIRABILE SUA CASTITA'


La castità, che S. Bernardo chiama la luna del cielo spirituale, brillò in Geltrude di chiaro e puro splendore. Ella stessa confessava con semplicità di non aver mai guardato volto d'uomo, in modo da ritrarne i lineamenti. Tutti gote, vano affermarlo. Se le capitava di avere con qualche servo di Dio colloqui intimi, anche di lunga durata, ella non levava mai lo sguardo per mirare il suo interlocutore. Questa riservatezza ammirabile non s'applicava solo agli sguardi, ma a tutto il contegno, sia che parlasse, od ascoltasse, così da dare impronta celeste ad ogni espressione di vita.

Lo splendore della sua castità era tale che le suore del Monastero dicevano, ridendo, che si sarebbe potuto metterla sull'altare, fra le reliquie dei Santi, per la illibatezza del suo cuore.
Questo non deve stupire. Geltrude si deliziava nel meditare la Sacra Scrittura, cioè trovava la sua gioia in Dia stesso; ora non v'è mezzo più sicuro per mantenersi casti. Dice S. Gregorio a questo proposito: « Chi gusta le cose dello spirito, fugge da quelle della carne». E S. Gerolamo scrive al monaco Rusticus: « Ama le sacre carte e fuggirai il vizio impuro » (Lettera 125), Anche solo questa prova convince dell'eminente purezza di Geltrude. Se talvolta, leggendo la Sacra Scrittura, incontrava qualche passo che non le sembrasse adatto al suo stato verginale, subito volgeva lo sguardo altrove; se proprio era obbligata a leggere, lo faceva con rapidità e trepidazione, svelando, nella vampa di timido rossore che le incarnava le guance, la lotta intima del suo delicato riserbo. Interrogata su tali passaggi schivava di rispondere, mostrando una specie di attristata ritenutezza che faceva ben capire come avrebbe preferito essere trapassata da una spada piuttosto che sfiorare certi argomenti. Quando però si trattava della salvezza, delle anime superava ogni ripugnanza e toccava questo soggetto con senno, prudenza, carità, senz'aggiungere alla necessaria trattazione, parola superflua.
Un santo vecchio, al quale Geltrude manifestava i segreti della sua coscienza e le tenere familiarità di cui godeva da parte di Nostro Signore, diceva: « Non ha incontrato nessuno che fosse più di lei alieno a tutto ciò che può offendere la purità ed oscurarne lo splendore». Così, tacendo delle altre virtù, perchè aveva più particolarmente studiato in Geltrude il dono della castità, non si stupiva che Dio l'avesse scelta per rivelarlo ai suoi più intimi, segreti, giacchè il Vangelo dice espressamente: « Beati i cuori puri perchè vedranno Dio » (Matt. V, II). Leggiamo in S. Agostino: « Noi non vediamo Dio con gli occhi del corpo, ma con lo sguardo dell'anima » (Ag. lettera 147). Lo stesso Dottore afferma altrove che la luce del giorno non è raccolta che da un occhio sano, così Dio non è visto che dal cuore puro, cioè dal cuore che ha espulso perfino il ricordo del peccato, e che è veramente il tempio di Dio.
Concludiamo con un'ultima prova, degna di fede. Un'anima pia aveva pregato Dio di affidarle un messaggio per la sua diletta Sposa Geltrude. Rispose Gesù: « Dille da parte mia: "E' bella e ricca di attrattiva". Tale persona per tre volte fece la stessa richiesta, non afferrando bene il senso della risposta. Infine richiese: "Dammi, o amantissimo Signore, l'intelligenza di queste parole". "Dirai alla mia diletta - spiegò Gesù - che mi compiaccio della sua bellezza interiore, perché lo splendore della mia purezza e della mia immutabile Divinità, irradiano nella sua anima incomparabili fulgori. Così io prendo le mie delizie nell'incanto delle sue virtù, perchè la linfa vivificante della mia Umanità deificata, comunica alle sue azioni una vita incorruttibile" ».


sabato 15 agosto 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



CARITA' SUA COMPASSIONEVOLE

Allo zelo ardente per la giustizia, Geltrude univa un sentimento profondo di tenera, compassionevole carità. Quando vedeva alcuno gemere sotto il peso della tribolazione, oppure sentiva dire che una persona lontana si trovava nella sofferenza, subito cercava di consolarla e, se non poteva farlo di presenza, le inviava delicati incoraggiamenti.
Come un povero malato febbricitante invoca guarigione e ristoro, così Geltrude domandava allo Sposo divino sollievo per i sofferenti.
La sua tenera compassione non abbraccia soltanto gli esseri ragionevoli, ma si allargava dolce e diffusiva, ad avvolgere qualsiasi creatura. Quando vedeva gli uccelletti, o altri animali soffrire fame, sete, freddo, si commoveva per le opere del Signore così provate; di più, considerando la grande nobiltà che riveste qualsiasi creatura se si considera nella luce del suo Autore, offriva a Dio, come tributo di lode, le pene degli esseri irragionevoli, supplicandolo di avere pietà delle opere delle sue mani, e di ristorarle nelle loro materiali necessità.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

venerdì 5 giugno 2020

ZELO PER LA SALVEZZA DELLE ANIME



L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

Parole ed azioni esprimono chiaramente in Geltrude zelo per la salvezza delle anime, e l'amore per la Religione. Quando scorgeva nel prossimo qualche difetto, non si dava pace finchè non l'avesse corretto; e se il suo desiderio non si realizzava, ne era inconsolabile; nulla lasciava d'intentato per raggiungere lo scopo: preghiere, esortazioni, consigli, ambasciate di altre persone. Se, vedendo inutili tali premure, si tentava di consolarla dicendole che, dopo tutto, non doveva crucciarsi per quelle anime incorreggibili, avendo fatto tutto il possibile per salvarle, e che alla fin fine esse sole ne avrebbero scontata la pena: « Ah! », esclamava la Santa, «queste crudeli parole mi trafiggono l'anima come acuto strale! Preferisco morire piuttosto che darmi pace sulla perdita eterna de' miei fratelli».
I sacri ardori dello zelo l'animavano a tradurre dal latino, in uno stile semplice e fresco, i passaggi più oscuri, per renderli evidenti, anche alle intelligenze meno dotate. Da mane a sera era impegnata a sunteggiare i sacri testi, ed a dilucidare i punti più difficili per la gloria di Dio e il vantaggio del prossimo.
Beda esprime in modo mirabile la grandezza di tale lavoro quando afferma: « Non c'è grazia più sublime, nè occupazione più meritoria di quella che guida il prossimo verso l'Autore di ogni bene e che accresce il giubilo della patria celeste, aumentando il numero degli eletti ».
E S. Bernardo: « La vera e casta contemplazione ha come carattere fondamentale il sacro fuoco dello zelo, cioè la brama d'attirare a Dio altri cuori, tanto che l'anima zelante interrompe volentieri persino l'esercizio del divino amore, per darsi all'apostolato; essa poi ritorna alla contemplazione con accrescimento di carità, ottenuto dai frutti abbondanti delle sue fatiche (Trattato della Carità, VIII, 34 e commento del Cant. dei cant., LVII, 9).
Se poi si considera che, come dice S. Gregorio, nessun sacrificio è più caro a Dio dello zelo per la salvezza dei fratelli, si capirà perchè Gesù riposasse con tanta delizia nel cuore di Geltrude, altare vivente, da cui si elevava incessantemente il profumo soave di tale preziosa offerta apostolica. Un giorno il Signore Gesù, il più bello fra i figli degli uomini, le si presentò portando sulle regali e delicate spalle una casa enorme, che pareva sul punto di cadere. « Come vedi - diss'Egli alla sua Sposa - io sono schiacciato sotto il peso di quest'edificio. Esso è la Religione; l'edificio crolla da tutte le parti, e s'incontrano ben poche anime generose che vogliono venirmi in aiuto per sostenerlo! O mia amatissima Sposa, compatisci alla mia stanchezza! ». E aggiunse: « Coloro che, con atti o parole, diffondono la Religione, sono poderose colonne che sostengono il mio peso e mi aiutano a portarlo, secondo le loro forze»«. Geltrude, profondamente commossa e piena di compassione per l'amato suo Signore, propose di dedicare ogni energia al progresso della Religione, e di osservare la Regola al di là delle sue forze, per essere a tutte stimolo di buon esempio.
Dopo qualche tempo di fedeltà rigorosa e assoluta, Nostro Signore, pago delle sue buone disposizioni, la chiamò al dolce riposo della contemplazione, di cui però non era mai stata priva, neppure nel periodo del più intenso lavoro. Egli le fece sapere, da parte di alcuni fedeli amici, che doveva abbandonare ogni occupazione esteriore per non intrattenersi che col Diletto dell'anima sua. Geltrude accettò con gioia questo invito, e si diede tutta al mistico riposo della contemplazione, ricercando nel suo cuore Colui che si degnava comunicarsi a lei con effusioni speciali di grazia.
Non posso tralasciare di rendere note alcune espressioni che scrisse a Geltrude un gran servo di Dio, in seguito ad una rivelazione. « Oh fedele Sposa di Cristo, "entra nel gaudio del Tuo Signore" (Mat. XXV, 21). Grande è la predilezione di Gesù per il sacro ardore con cui hai speso le tue forze nella difesa delle verità; ora desidera vederti riposare tranquillamente all'ombra delle divine consolazioni, per soddisfare alle sue e tue brame. Come l'albero "piantato in riva all'acqua" (Ps. I, 3) produce frutti abbondanti, così tu offri al Diletto, con l'aiuto della divina grazia, frutti soavissimi per ogni pensiero, parola ed opera. Nulla va perduto: il vento cocente della persecuzione non potrà giammai inaridire l'anima tua, continuamente irrorata dal profluvio della grazia celeste. Ricercando in tutte le cose la gloria di Dio e non la tua, offri al Diletto il centuplo di tutto il bene che desidereresti compire, o promuovere negli altri. Di più, il divin Salvatore si compiace di riparare, davanti al Padre suo, le fragilità à le debolezze che deplori in te, o negli altri, e si prepara a ricompensarti come se nulla fosse mancato alla perfezione de' tuoi atti. La Corte celeste gode a tale vista, ed esulta, cantando le lodi del Signore, e ringraziandolo di tutti i beni di cui ti ha ricolmata ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

lunedì 25 maggio 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE




INFLESSIBILE SUA GIUSTIZIA


La giustizia, cioè lo zelo di un'accesa carità, che S. Bernardo, nel capitolo precedente, chiama sole dell'anima, brillava in Geltrude con tale magnificenza, che si sarebbe esposta ad affrontare un battaglione in armi, pur di difenderne i diritti. Nessuna cosa ai mondo poteva farla deviare menomamente dal sentiero della giustizia, neppure l'amicizia più cara, anzi, se l'equità l'avesse comandato, ella sarebbe stata pronta a veder condannare la sua stessa madre, piuttosto di liberarla con la minima ingiustizia. Quando l'occasione si presentava di dare al prossimo qualche buon consiglio, metteva da parte la sua naturale modestia (virtù che le brillava in cuore come regina), deponeva il rispetto umano e, piena di fiducia in Colui che l'aveva armata con lo scudo della fede e al Quale ella avrebbe voluto sottomettere l'universo intero, attingeva dal suo gran cuore parole di vita, tanto che anche gli spiriti più chiusi e refrattari si sentivano inteneriti e conquisi.
Quando poi s'accorgeva che un'anima era scossa dalle sue parole, la circondava di una compassione così tenera, e d'una così affettuosa carità, da sciogliersi tutta in delicatezze per consolarla efficacemente, sia con detti, come con preghiere. In tali opere di santo apostolato, usò sempre grande vigilanza per non pregiudicare la libertà del cuore, evitando qualsiasi occasione che potesse allontanarla, sia pure per poco, dall'amore del suo Dio! Tutto doveva essere mezzo per andare a Lui, non ostacolo per deviare in espansioni naturali. Perciò rifiutava come veleno qualsiasi amicizia che non la portasse a Dio, e soffriva quando s'accorgeva, anche da una sola parola, che il prossimo l'amava naturalmente: in questo caso rifiutava qualsiasi beneficio che potesse derivarle da tale amicizia, preferendo mancare di soccorsi necessari, piuttosto di occupare, per un solo istante, il cuore di una creatura a detrimento del divino amore.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

martedì 12 maggio 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



CARATTERE E BELLEZZA DI UN CIELO SPIRITUALE

Le testimonianze che abbiamo espresse nei capitoli precedenti, confermano chiaramente la santità di Geltrude, alla quale dobbiamo credere, perché avvalorata da persone eminenti, degne di fede.
L'incredulo dovrebbe arrossire delle sue incertezze, perché non contento di demeritare grazie tanto elette, trascura persino d'appropriarsele con sentimento di umile riconoscenza, ringraziando il Signore di averle elargite, in tanta copia, alla sua diletta Sposa. Nessun dubbio infatti che Geltrude sia un'anima privilegiata, una di quelle creature angeliche di cui S. Bernardo ha detto nel commento al « Cantico dei cantici »: « L'anima del giusto non è soltanto celeste per origine, ma può realmente chiamarsi un cielo in miniatura, giacchè la sua vita e conversazione è nei cieli ». Di queste anime scrisse la Sapienza: « L'anima del giusto è il trono della Sapienza », ed ancora « Il cielo è mia dimora » (Isaia, XVI, 1).
Infatti a Dio, puro spirito, conviene un trono tutto spirituale, come bene si esprime l'eterna verità. A Lei, cioè all'anima santa « noi verremo e faremo in essa la nostra dimora » (Giov. XIV, 23). Il profeta stesso non parlava di un altro cielo, quando diceva: « Voi abitate il santuario, voi che siete la lode d'Israele » (Sal. XXI, 4) e l'Apostolo, con espressione concisa, dichiara che « Cristo abita nei nostri cuori, per la fede » (Ef. III, 17). Fortunate quelle anime di cui è detto: « Abiterò in esse e camminerò con esse » (Cor. II, VI, 16). Oh, com'è grande quest'anima, e come sono gloriosi i meriti di colei che racchiude in sè la divina potenza!
Non solamente la racchiude in sè, ma fu giudicata degna di poterla piacere, capace di contenerla e di offrire alla divina Maestà gli spazi necessari per la diffusione della sua opera. Quest'anima si è dilatata nel Signore, ed è diventata il tempio di Dio. Si è ingrandita, è cresciuta, dico, nella carità, perchè ben sappiamo che l'anima è vasta in proporzione della sua carità. La chiameremo dunque un cielo, dove il sole simboleggia l'intelligenza, la luna, la fede, le stelle, le altre virtù: oppure in quest'anima il sole sarà la giustizia, o il fervente amore, e la luna la santa continenza. Qual meraviglia che il Signore si compiaccia d'abitarvi. Per creare questo cielo non si è accontentato di una semplice parola, ma ha combattuto per acquistarlo, ed è morto per riscattarlo. Dopo tante fatiche, giunto al coronamento de' suoi voti, dice « Ecco il luogo del mio riposo; ivi stabilirò la mia dimora » (S. CXXXI, 14). (Questa citazione è di S. Bernardo).
Per dimostrare chiaramente, seconda le deboli mie forze, che Geltrude è veramente una delle anime privilegiate di cui parla S. Bernardo, cioè di quella che Dio preferisce allo stesso cielo, esporrò quanto un'amicizia spirituale di lunghissimi anni con la Santa mi ha permesso di raccogliere. S. Bernardo afferma che « il cielo spirituale, cioè l'anima in grazia, vera dimora di Dio, deve avere per ornamento il sole, la luna, le stelle, cioè il corteggio delle più elette virtù »: (Pr. XXVII, 6) mostrerò quindi brevemente, secondo le mie forze, l'irradiamento di perfezione che splendeva in quell'anima benedetta: lo splendore di tali luci sarà pegno sicuro della divina presenza.


RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

mercoledì 29 aprile 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



LA TERZA TESTIMONIANZA

Il terzo e più splendido testimonio è la vita stessa di Geltrude, che fu un continuo anelito alla ricerca della gloria di Dio. Non solo la ricercava, ma la promuoveva con tale ardore da sacrificarle l'onore, la vita e perfino la sua stessa anima. La verità di tale testimonianza brilla nel S. Vangelo, là dove Nostro Signore afferma: « Chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato, è veritiero, e in lui non vi ha ingiustizia» (Giov. VII, 18). Oh, fortunatissima quell'anima che può trovare approvazione nelle pagine del S. Vangelo! A lei si applicano anche le parole della Sapienza: « Il giusto ha il coraggio del leone» (Prov. XXVIII, 1). Infatti ella era così appassionata della divina gloria da disprezzare qualsiasi noia, o contrarierà, pur di sostenere i diritti della giustizia e della verità.
Per procurare onore a Dio e salvezza alle anime, non si saziava di raccogliere scritti spirituali che poi diffondeva senza mai pensare ad averne riconoscimento umano. Regalava tali scritti soprattutto alle persone che potevano trarne maggior profitto; quando poi s'accorgeva che, in certi ambienti, i libri della Sacra Scrittura facevano difetto, s'interessava per procurarne parecchie copie e guadagnare cuori a Cristo. Per questa nessun sacrificio le tornava gravoso: sonno scarso, pasti ritardati, comodi personali tenuti in non cale, le riuscivano più di gioia che di pena; bene spesso arrivava persino a troncare le dolcezze della contemplazione, pur di recare una parola di sollievo ad anime afflitte, o compiere altri doveri di carità. Come il ferro immerso nel fuoco si trasforma tanto da sembrare fuoco, così l'anima sua, infiammata dal divino amore, si era trasformata in luce di carità per la salvezza delle anime.
Quantunque, per quanto ci consta, non ci fosse sulla terra, a quei tempi un'anima che avesse comunicazioni divine pari alle sue, per elevatezza e frequenza, pure ella viveva inabis sata nell'umiltà più sincera e profonda.
Intimamente convinta che nessuno fosse di lei più indegno dei divini favori, non aveva il minimo dubbio che le venissero accordati al solo scopo di seminarli, come grana prezioso, in terre più feraci. Il lasciare nascosti tali tesori nella sentina e nell'immondezzaio del suo cuore non era che un disonorarli, mentre solo il giorno in cui venivano affidati a un altro più degno di riceverli, avrebbero incominciato a fruttificare per Nostro Signore, e diventare pietre preziose, incastonate in monili d'oro. Con ingenua fede ella credeva che gli altri, per la purezza e la santità della loro vita, davano più gloria a Dio con un solo pensiero, di quello che potesse far lei con la donazione di tutto il suo essere, per la sua vita negligente ed indegna.
Questa la vera ragione che la decise a rivelare i favori che riceveva da Dio: giudicandosene indegna, non supponeva che fossero stati offerti per lei, ma per salvezza dei fratelli. 

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

domenica 5 aprile 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



SECONDA TESTIMONIANZA

Una seconda, infallibile testimonianza ci è data dalla uniformità del giudizio esposto da parecchie persone di grande scienza e virtù. Tutte, indistintamente, affermarono atee le divine rivelazioni avute riguardo a Geltrude, sia che trattassero la correzione dei loro difetti, o il progresso nelle virtù, erano tali da convincerle che il Signore aveva scelto quell'anima per adornarla di grazie straordinarie.
Ella, sprofondata nell'abisso dell'umiltà, si considerava indegnissima dei divini favori, compiacendosi di consultare altre persone che stimava migliori di sè, per conoscere se quello ch’ella provava era realmente opera di Dio. Dopo maturo esame, tali persone dichiararono che il Signore esaltava la sua Sposa, non solo con le grazie di cui Ella aveva parlato, ma con altri favori ancora più sublimi.
Una persona, che aveva grande esperienza di divine rivelazioni, venne da lontano al nostro Monastero. Siccome non conosceva nessuno, pregò istantemente Nostro Signore di metterla in relazione con una Monaca che potesse infervorarla nel divino amore.
Rispose Gesù: « Colei che si siederà a quel posto vicino a te, è veramente la mia fedelissima. Sposa, l'eletta fra mille ». Infatti Geltrude venne a sedersi vicino a lei, ma seppe così bene, per spirito di umiltà, nascondere i doni meravigliosi di cui era adorna, che la visitatrice, alquanto delusa, se ne lamentò davanti a Dio con rimpianto.
Ma Gesù confermò ch'ella era veramente la sua fedelissima Sposa, prediletta fra tutte.
Più tardi la stessa persona ebbe un intimo colloquia con Matilde di Hackeborn, cantora del Monastero, di felice me moria, e fu affascinata da' suoi discorsi pieni della dolcezza dello Spirito Santo. Perplessa e indecisa osò domandare a Nostro Signore come mai tanto esaltasse la prima, preferendola a tutte, mentre sembrava neppure notare la seconda. E Gesù: « Io opero grandi cose in quest'ultima, però sappi che quelle che opero nella prima sono di gran lunga più grandi ».
In altra occasione una persona pregava per Geltrude e, ammirando le delicatezze del Salvatore per la sua Sposa, Gli chiese: « O Dio, che sei tutto amore, cosa scorgi in quest'anima per esaltarla con tante preferenze, e per inclinare verso di lei il tuo Cuore con tanta tenerezza? ».
Rispose Gesù: « Sono attratto verso di lei da un amore gratuito, amore che, con dono speciale, ha disposto e va conservando nell'anima sua cinque virtù che formano la mia delizia: cioè vera purezza, per il continuo influsso della mia grazia, vera umiltà, in mezzo all'abbondanza de' miei doni; infatti, più opero in essa grandi cose e maggiormente si sprofonda nel suo nulla per la conoscenza della sua fragilità; vera bontà, che le fa desiderare la salvezza di tutti gli uomini; vera fedeltà, che le fa offrire tutti i suoi beni a vantaggio universale; infine vera carità che la spinge ad « amarmi con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e il prossimo come se stessa (Luc. X, 27) per amor mio ».
Dette queste parole Nostro Signore mostrò a quella persona uno splendido gioiello a tre foglie, che adornava il suo sacro petto.
Aggiunse Gesù: « Io porterò sempre questo gioiello in onore della mia Sposa, e le tre foglie parleranno chiaramente a tutta la Corte celeste. La prima foglia dirà ch'Ella è veramente proatma mea (Cant.) infatti nessuno al mondo è più vicino a me di questa Sposa amatissima. La seconda foglia esprimerà che non v'è sulla terra creatura alcuna, verso la quale io mi senta così dolcemente attirato. Infine lo splendore della terza foglia dimostrerà che nessuno al mondo uguaglia la fedeltà di quest'anima, la quale, godendo dei miei doni, me ne rimanda sempre la lode e la gloria ».
Il Signore si compiacque di aggiungere: « Il cercarmi nel SS. Sacramento dell'altare, o nell'anima e nel cuore della mia amata Sposa Geltrude, vale quanto essere sicuro di ritrovarmi ».
Un giorno ella si era raccomandata alle preghiere di una persona, la quale ne parlò a Nostro Signore, che ebbe questa risposta: « Sono tutto suo: l'amore mi ha reso suo prigioniero e l'ha unita a me come il fuoco unisce, fondendole, la verga d'oro e quella d'argento ». Continuandosi il colloquio, quella persona insistette: « Amatissimo Signore, che fai Tu per essa? ». Egli rispose: « Il suo cuore, battendo all'unisono col mio amore, mi, procura un'incomparabile gaudio; ritengo però in me fino all'ora della sua morte l'ardore dei palpiti del mio Cuore; in quel supremo momento, Ella, per loro mezzo, proverà tre effetti potenti: il primo sarà la gloria a cui il mio divin Padre l'inviterà; il secondo sarà la gioia che proverò nel riceverla; ed il terzo sarà l'amore col quale lo Spirito Santo ci unirà eternamente » (Araldo del divino amore, libro III, c. LI-LII, libro IV, cap. IV e libro della Grazia speciale, 1, I, cap. V e libro V, cap. XXXII).
La stessa persona, pregando altra volta per Geltrude, ricevette questa risposta: « Ella è per me una colomba senza fiele, perchè fugge accuratamente il minimo peccato volontario. E' un giglio candidissimo che mi compiaccio di tenere in mano, giacchè prendo le mie delizie in un'anima casta e pura; è una rosa olezzante, per lo spirito di pazienza che l'anima a ringraziare Dio nella tribolazione. E' un fiore primaverile, sul quale mi riposo con compiacenza, perchè scorgo nell'anima sua ardente zelo per giungere alla vetta della virtù, ad una elevatissima perfezione. Ella è infine una nota melodiosa che dolcemente risuona nel mio diadema, giacchè in esso tutte le sue sofferenze sono sospese come altrettante campanule d'oro, che rallegrano gli abitanti del cielo ».
Un giorno Geltrude faceva in refettorio la lettura prescritta prima di cena; giunta a quelle parole: « bisogna amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze» (Luc. X, 27) le pronunciò con tanta enfasi, che una delle sue consorelle ne fu profondamente commossa e disse al Signore: « Ah, mio Dio, come ti ama questa Tua Sposa che ti parla d'amore con tanto entusiasmo! ». Le rispose il Signore: « Dalla prima età l'ho portata e custodita fra le mie braccia, conservandola illibata fino al momento in cui, di sua spontanea volontà, si è unita a me: allora mi sono dato interamente a lei con la mia divina virtù, abbandonandomi, a mia volta, a' suoi sacri amplessi. L'ardore della sua carità scioglie l'intimo del mio essere come la cera si liquefa al fuoco, così la dolcezza del mio divin Cuore, fusa al fuoco del suo amore, distilla perennemente gocce celesti nell'anima sua ».
Aggiunse il Signore: « La sua anima mi è talmente, cara che ne feci il mio rifugio. E' là che io mi nascondo per consolarmi degli oltraggi che mi hanno recato gli uomini, e mi riposo nel suo cuore. Permettendo che soffra tribolazioni di corpo e di spirito, essa le riceve con tanta gratitudine, le sopporta con tanta pazienza e umiltà; unendole ai dolori della mia Passione, che mi vedo costretto a placarmi ed a perdonare, per amor suo, a innumerevoli peccatori ».
Una pia donna, cedendo alle sue istanze, pregava per la correzione di alcuni suoi difetti: ma Nostro Signore le disse: « I difetti di cui sii lagna la mia prediletta Sposa, le sono molto utili. Io riverso sull'anima sua ogni giorno tale abbondanza di grazie che, per preservare la sua umana fragilità dagl'insulti dell'amor proprio, devo nasconderle sotto le leggere nubi dei suoi difetti. Il concime feconda la terra, e il sentimento che ha un'anima della sua infermità fa germogliare la riconoscenza; ogni qualvolta pertanto si umilia dei suoi mancamenti, io le elargisco una grazia che li distrugge; tramuto a poco a poco i difetti in virtù e l'anima un giorno, in una luce senza ombre, si troverà completamente trasfigurata ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

mercoledì 11 marzo 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



TESTIMONIANZA DELLA GRAZIA

Tutto ciò che il cielo racchiude ne' sudi spazi, la terra ne' suoi confini, l'abisso nelle sue profondità, canti un inno di ringraziamento al grande Iddio, che diffonde su noi la magnificenza delle sue grazie! Tutti gli tributino quella lode eterna, immensa ed immutabile che, procedendo dall'amore increato, non trova la sua pienezza, che risalendo al medesimo amore!
L'eterno Iddio sia universalmente glorificato per aver diretto i flutti della sua tenerezza verso la valle dell'umana fragilità, degnandosi di guardare un'anima che l'attraeva per i meravigliosi favori di cui l'aveva ricolmata! Poichè la Scrittura afferma che « due o tre testimoni bastano per stabilire solidamente, un'asserzione » (II, Cor. XIII, 1) e noi già abbiamo parecchi di tali testimoni, così possiamo concludere, con certezza, che il Signore ha scelto particolarmente quest'anima per manifestarle i segreti del suo amore.
Il primo e principale testimonio è Dio stesso, il quale si compiacque di eseguire quanta ella aveva predetto, di svelare quanto ella aveva appreso in segreto; di manifestare l'effetto delle sue preghiere, liberando dalle tentazioni coloro che, con cuore contrito ed umiliato, avevano supplicato Dio, mediante il suo ausilio.
Citeremo qualcuno fra i moltissimi fatti occorsi.
Morto Rodolfo re dei Romani, si pregava in Monastero per l'elezione del suo successore: ebbene, Geltrude palesò alla Madre Abbadessa il nome dell'eletto, il giorno e, a quanto pare, persino l'ora dell'elezione avvenuta lontano, aggiungendo che sarebbe stato ucciso dallo stesso suo successore: ciò che avvenne.
Altra volta un uomo sospetto minacciava l'abbazia. Il pericolo era evidente ed inevitabile, ma la Santa, dopo breve preghiera, annunciò alla Madre che il rischio era scomparso. Infatti ben presto un procuratore di corte avvisò che quell'uomo, essendo stato condannato, non poteva più nuocere; ciò che la Santa aveva segretamente saputo per divina rivelazione. L'Abbadessa, e coloro che conobbero il fatto, ne ringraziarono Dio con immenso giubilo.
Una persona tormentata da gravissime tentazioni ricevette, in sonno, l'avviso di raccomandarsi alle preghiere di Geltrude per esserne liberata: lo fece con umile devozione, ed ebbe la grande consolazione di essere immediatamente esaudita.
Riportiamo un altro fatto degno di essere conosciuto. Una persona, mentre stava per comunicarsi durante la S. Messa, venne assalita da tentazioni ossessionanti, causate da funesta occasione capitatale qualche giorno prima. La tentazione divenne così incalzante da farle sembrare impossibile la resistenza, e prossima la caduta. Desolatissima non osava comunicarsi, avendo la mente infestata da simili suggestioni diaboliche. In quel frangente si sentì spinta da superna Ispirazione a raccogliere un lembo di stoffa che Geltrude aveva strappato dalla sua calzatura. La povera tentata se lo pose sul cuore, e pregò con fiducia il Signore di liberarla per l'amore col quale aveva purificato la sua diletta Sposa da ogni affezione umana, per colmarla di grazia celeste e farsene un tempio di predilezione. Cosa ammirabile e degna di essere considerata con venerazione. Appena ebbe posato quel lembo di stoffa sul cuore, la tentazione si dileguò e non disturbò più neppure in avvenire quella persona.
Nessuno neghi fede a queste meraviglie! Non ha forse detto Nostro Signore nel S. Vangelo: « Qui credit in me, opera quae ego facio et ipse faciet, et malora horum faciet? - Colui che crede in me farà le opere che faccio io, anzi ne farà di più grandi?» (Giov. XIV, 12). L'uomo Dio, che si degnò di guarire l'emoroissa col semplice tocco del suo mantello, volle, per i meriti della fedele sua Sposa, liberare dalla tentazione un'anima per la quale non si meritò di morire in Croce.
Questi fatti bastano per stabilire la prima testimonianza, quantunque non ci sarebbe difficile aggiungerne molti e molti altri ancora.

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

venerdì 28 febbraio 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



RACCOMANDAZIONE DELLA PERSONA

«Oh, profondità delle ricchezze e della scienza di Dio! come i suoi giudizi sono incomprensibili e come sono impenetrabili le sue vie! » (Rom. XI, 33). Perciò Dio chiama coloro che ha predestinati da vie differenti, misteriose, ammirabili. Dopo d'averli chiamati li colma di grazie, come se adempisse opera di giustizia verso anime, che giudica degne di condividere le sue ricchezze ed eterne delizie.
La cara Santa di cui trattiamo ce ne dà una prova evidente. Simile a giglio splendente di candore, venne posta da Dio nell'aiuola fragrante del giardino della Chiesa, cioè nell'assemblea delle anime giuste, quando, bimba di appena cinque anni la ritirò dalle agitazioni mondane, per introdurla nella dimora nuziale della santa Religione. Al candore del giglio ella univa la magnificenza e la freschezza dei fiori più eletti, così che, non solo affascinava lo sguardo, ma rapiva i cuori. Benchè d'età tenerissima, lasciava intravvedere rara maturità di giudizio, mostrando tale ricchezza di sapere, di eloquenza e facilità nell'apprendere qualsiasi cosa, da farne rimanere rapiti.
Ammessa alla scuola, subito si distinse per vivacità e finezza d'intelligenza, sorpassando le compagne in qualsiasi ramo dell'insegnamento. Con cuore illibato ella trascorse l'infanzia e l'adolescenza, dandosi tutta allo studio delle urti, in modo da preservarsi, per bontà del Padre delle misericordie, da quelle frivolezze, che così spesso trascinano a rovina l'incauta gioventù.
Lodi e ringraziamenti a Te, o Dio onnipotente!
Venne infine il momento in cui Colui, che l'aveva scelta fin dal seno di sua madre, introducendola poi, ancor pargoletta, a condividere il banchetto della vita monastica, volle condurla, per grazia particolare, dalle cose esteriori alla contemplazione interiore, dalle azioni terrestri alla ricerca delle cose celesti; più avanti racconteremo come avvenne tale mutamento (vedi Lib. II, cap. I).
Ella comprese allora di essere restata troppo tempo lungi da Dio, « in ragione dissimilitudinis, in una regione dissimile », (come ben dice S. Agostino, Lib. VII, cap. X), quando, applicandosi con passione allo studio delle lettere, aveva trascurato di fissare la luce della scienza spirituale, ed attratta troppo sensibilmente dal fascino della sapienza umana, s'era privata del delizioso sapore della vera sapienza.
Fedele al divino richiamo, disprezzò gli allettamenti intellettuali che l'avevano fin allora sedotta, e s'abbandonò tutta al suo Dio che volle introdurla nel regno dell'allegrezza e della gioia, sulla montagna di Sion, ammettendola alle delizie della divina contemplazione. Là si spogliò del vecchio uomo e de' suoi atti per rivestirsi dell'uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e santità della verità.
Così si mutò da intellettuale a spirituale, meditando continuamente le pagine divine che poteva procurarsi, e riempiendo il cuore delle dolci, utilissime sentenze della Sacra Scrittura. Perciò, quando venivano a consultarla su questioni religiose, aveva sempre pronti detti scritturali, e lo faceva con tanta opportunità e senno, da convincere pienamente i suoi interlocutori. Ella era avidissima di immergersi nelle dolcezze della contemplazione e di meditare i libri sacri: quelle pagine erano per lei favo di miele, dolce armonia, giubilo spirituale. Simile alla colomba che raccoglie il chicco di grano, Ella scrisse libri spirituali ricchi di grande soavità, ove sono raccolte le parole dei Santi.
Suo scopo era di rendere chiari e luminosi, anche alle intelligenze meno dotate, certi passaggi un po' oscuri. Inoltre compose preghiere veramente ispirate e deliziose, nonchè gli Esercizi spirituali che, ancor oggi, si leggono con frutto, diletto, edificazione.
Il suo stile è così corretto che i maestri, nonché fare appunti sulla sua dottrina, ne subirono l'incanto ed apprezzarono le sue opere, sia per l'agilità dell'esposizione, sia perché infiorate e profumate dai detti della S. Scrittura che loro danno un pregio elevatissimo, specialmente allo sguardo dei teologi e delle anime pie.
E' quindi evidente che tali produzioni non sono il frutto dello spirito umano, ma della grazia celeste, di cui Geltrude era ricolma.
Per non dare a queste lodi un senso puramente umano, aggiungeremo qui un titolo che merita di essere esaltato. La Sacra Scrittura non dice forse: « La grazia esterna inganna e la bellezza è fallace: solo la donna che teme il Signore sarà lodata?» (Prov. XXXI, 30).
Ella era una fortissima colonna della Religione, zelante difesa della giustizia e della verità, tanto che si può applicarla quello che si disse del grande Sacerdote Simone, nel libro della Sapienza: « Ha sostenuto la causa durante la vita » cioè la Religione « ed ha durante i suoi giorni assodato il tempio » (Eccl. L, I), cioè con esempi e consigli, ha riscaldato il sacro tempio della divozione, eccitando nelle anime vivo fervore. Possiamo dunque ripetere che durante il suo terreno pellegrinaggio, « i pozzi hanno riversato le loro acque » (ibld) perchè nessuno più di Geltrude ha diffuso ampiamente le onde di una salutare dottrina.
Ella aveva parola dolce e penetrante, linguaggio eloquente, persuasivo, efficace e così colmo di grazia da meravigliare coloro che l'ascoltavano, parecchi dei quali affermarono che sentivano vibrare lo spirito di Dio, ne' suoi discorsi, sì da esserne inteneriti nel cuore e trasformati nella volontà. Infatti « la parola viva ed efficace, più penetrante di una spada a due tagli, la quale divide l'anima dallo spirito » (Ebr. IV, 12) abitava in essa, operando tali meraviglie. Agli uni essa ispirava quel sincero pentimento che guida all'eterna salvezza, agli altri la luce per conoscere Dio ed approfondire la propria miseria; ad altri ancora dava sollievo e conforto, infine in molti accendeva la fiamma del divino amore.
Parecchie persone esterne, che l'avevano accostata una sola volta, assicuravano d'averne provato dolcezze ineffabili. Però, quantunque possedesse a dovizia í doni che piacciono al mondo, non bisogna concludere che, quanto si racconta in questo libro, sia il frutto del suo ingegno naturale, della vivacità dell'immaginazione, o il risultato della grazia del suo facile eloquio. Tutto in essa procedeva dalla sorgente della divina Sapienza, diffusa nell'anima sua da quello Spirito Santo, « che soffia dove vuole » (Giov. III, 8), quando vuole, per chi vuole e ciò che vuole, secondo la convenienza dei tempi, dei luoghi, delle persone.
Siccome per le cose visibili e invisibili sono generalmente meglio comprese dall'umano intelletto per mezzo di immagini, così è necessario rivestirle di forme concrete Ugo di S. Vittore lo prova chiaramente nel « Discorso dell'uomo interiore » (cap. XVI).
« Le divine scritture, per adattarsi alla fragilità umana, descrivono le cose invisibili sotto forme visibili, imprimendo così nell'intelligenza delle immagini, la cui bellezza ridesta i nostri desideri. Parlano perciò, talora, di una terra ove scorre latte e miele, tal altra di fiori e di profumi: così pure, assai spesso, esprimono l'armonia delle gioie celesti, coi cantici degli uomini ed i concerti degli uccelli. Leggendo l'Apocalisse di S. Giovanni troverete descritta una Gerusalemme celeste adorna d'oro, d'argento, di gemme e di altre pietre preziose. Eppure sappiamo che in cielo, ove nessuna cosa manca, non v'ha nulla di simile, ma tali cose vi sono nella loro « sostanza spirituale ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

venerdì 7 febbraio 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



DOTTRINA E MISSIONE DI S. GELTRUDE
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Studiando la sua religione profonda, forte, affettuosa, è impossibile non notare lo stridente contrasto con l'errore gelido e tenebroso che doveva nascere e svilupparsi, due. secoli dopo, proprio nei luoghi ove Geltrude era vissuta. Tale coincidenza è troppo rilevante per passarla sotto silenzio: « Nel 1483 - dice il continuatore dell'Anno liturgico - Lutero nasceva ad Eisleben e la sua mente disordinata gettava le basi dell'odioso sistema che doveva fare del Dio infinitamente buono che i nostri padri avevano conosciuto, l'autore diretto dei male e della dannazione, che crea il peccatore per il delitto e per l'eterno supplizio, affine di proclamare la sua onnipotente autocrazia » (Anno liturgico, tempo dopo la Pentecoste: libro I - Festa del Sacro Cuore).

La migliore risposta a quell'eresia, che aveva per pretesto la negazione delle indulgenze, e per fine quella della grazia, non era forse la rivelazione dei tesori d'amore e di misericordia racchiusi nel sacratissimo Cuore di Gesù? Fu appunto questa la divina risposta rivelata dal Salvatore alle vergini di Helfta, due secoli prima che nascesse l'errore: essa però restò per lungo tempo dominio privato. Siamo quasi tentati di pensare che Dio aspettasse per manifestarla, che il protestantesimo avesse prodotto i suoi peggiori effetti: ma, ohimè, il divino pensiero non fu corrisposto, e neppure ai nostri giorni si è saputo trarne logiche conseguenze. Dio attese per altro l'ora sua, ora che non lasciò ignorare alla diletta Sposa, S. Geltrude. Un giorno essa chiese al Discepolo prediletto come mai non avesse rivelato i misteri del Cuore di Gesù, che pur aveva così bene conosciuto, riposando sul suo petto. Rispose Giovanni: « La mia missione, in quei primi tempi della Chiesa, doveva limitarsi a dire sul Verbo divino, Figlio eterno del Padre, poche, altissime parole che l'intelligenza umana potesse sempre meditare, senza mai esaurirne la ricchezza: agli ultimi tempi era riservata la grazia di sentire il grido eloquente del Cuore di Gesù. A questo grido il mondo invecchiato ringiovanirà, si scuoterà dal torpore e l'infiammerà ancora il fuoco del divino amore » (Libr. IV, cap. IV).
Giunta la pienezza di questi ultimi tempi, Nostro Signore intervenne direttamente, e, mediante il concorso di S. Margherita Maria Alacoque, nonchè dei Padri della Compagnia di Gesù, rivelò al mondo i misteri ineffabili del suo divin Cuore.
L'inferno fremette e i Giansenisti vomitarono la loro bava su quella « novità indecente ».
Però nessuno dei santi, che in questi ultimi secoli furono chiamati da Nostro Signore a diffondere il culto pubblico del suo sacratissimo Cuore, ne ha esposti i misteri con la precisione e l'insistenza della nostra cara Santa, dalla quale non si può separare S. Matilde.
L'intuizione profonda ch'Ella ebbe dei misteri del Cuore di Gesù sorprende, se non si considera come la prova più convincente della verità della sua ispirazione. Essa venne eletta per accogliere questa rivelazione. Ora il divin Cuore le appare come un forziere che racchiude tutti i tesori: ora è una lira arpeggiata dallo Spirito Santo, le cui melodie rapiscono la SS. Trinità e tutta la Corte celeste. Poi appare come una sorgente freschissima, che, con un triplice getto, reca ristoro alle anime purganti, fortezza alla Chiesa militante e torrenti di delizie alla Chiesa trionfante. Altrove il divin Cuore è rappresentato da un incensiere d'oro da cui s'innalzano tante onde di profumo quanti sono í popoli, per i quali il Salvatore è morto in Croce. Altra volta è un altare sul quale i cristiani depongono le loro offerte, gli eletti i loro omaggi, gli angeli le loro adorazioni, e su cui l'eterno Sacerdote immola Se stesso. Il divin Cuore è anche rappresentato da una lampada sospesa fra cielo e terra, da una coppa alla quale si dissetano i Santi, non però gli Angeli, i quali vi attingono anch'essi delizie ineffabili.
La preghiera del Signore, il Pater Noster è un frutto squisito del Sacro Cuore di Gesù.
Inoltre l'adorabile Cuore è il divino supplemento per riparare le negligenze nel servizio di Dio: Eglii si fa nostra servo, nostro pegno per aiutarci ad adempiere i nostri obblighi: soltanto, in Esso le opere possono rivestirsi di quella perfezione e nobiltà che le rendono gradite allo sguardo del Padre: dal Cuore di Gesù passano tutte le grazie che discendono a ristorare la terra. Infine, è il benedetto santuario ove le anime dei morenti possono trovare sicuro rifugio, in attesa di essere la loro delizia per tutta l'eternità.
All'indomani di un secolo che ha visto i progressi e gli sviluppi del culto al Sacro Cuore, nel secolo attuale che può notare nei suoi fasti la solenne consacrazione del genere umano al divin Cuore, pare che non ci sia libro migliore da raccomandare utilmente alle anime delle Rivelazioni di S. Geltrude. Esso le aiuterà a penetrare nei segreti ineffabili dell'amore incomprensibile che ha prodotto il mistero dell'Incarnazione, affinchè loro sia dato di proclamare con fierezza soprannaturale: a Et nos cognovimug et credidimus caritati quam habet Deus in nobis. E noi pure abbiamo capito qual'è l'amore di Dio per noi e vi abbiamo creduto » (Giov, IV, 16).

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domenica 19 gennaio 2020

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



DOTTRINA E MISSIONE DI S. GELTRUDE

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Non è possibile fare un'analisi esatta delle opere di S. Geltrude, per mettere in evidenza sino a qual punto le sue rivelazioni sono conformi alla tradizione cattolica: daremo solo qualche accenno riguardante la missione della nostra Santa, la quale non è meno importante della sua dottrina. La teologia cattolica, di cui la mistica è un ramo da ben diciannove secoli vive dell'insegnamento di S. Paolo, il grande educatore delle generazioni cristiane, che nutre tuttora le anime, senza quasi ch'esse se n'accorgano. L'Apostolo delle genti, come lo Spirito Santo di cui è l'interprete, si dà a tutti, senza pretendere riconoscenza da nessuno.
Le opere di S. Geltrude vanno studiate alla luce delle epistole di S. Paolo: per S. Geltrude, come per l'Apostolo, il centro della religiose è Cristo, Dio e uomo, il Verbo incarnato, per cui tutto fu fatto: « Unus Dominus, Jesu Christus, per quem omnia, et nos per ipsum. Un solo Signore, Gesù Cristo, per cui tutto venne fatto, e noi per Lui » (Cor. I, VIII, 6). Il Cristo è il principio e la fine di tutti gli atti: la sua vita umile e nascosta è il commento del consiglio dato dall'Apostolo ai Colossesi: « Gustate le cose che sono in alto non quelle che sono in basso, perchè voi siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio » (Coloss. 111, 2, 3). Meglio ancora, la sua vita è il Cristo: « Mihi vivere Christus est » (Filip. 1, 21). Così la cara Santa può far sua la sublime antitesi di Paolo: « Vivo autem, jam non ego, vivit vero in me Christus. Vivo, ma non io, bensì Cristo in me » (Gal. II, 20). Gesù stesso si compiacque rivelare a un'anima santa che chi vuole trovarlo, deve cercarlo nel cuore della sua prediletta Sposa, ove abita con delizia. Anzi, per dimostrare quanto essa gli sia cara « si degna in una comunicazione ineffabile, scambiare il suo Cuore con quello della vergine sua Sposa, la quale sente il suo Dio vivere e amare in essa »! (Don Guéranger - Prefazione degli Esercizi di S. Geltrude).
L'idea-forza di S. Geltrude, come di S, Paolo, il loro filo conduttore, starei per dire, è Nostro Signore Gesù Cristo, autore della grazia: Egli è il Pontefice Supremo, Sacerdos in aeternum, incaricato di distribuire all'umanità le cose sante di Dio e di riconsegnare a Dio le cose sante dell'umanità. « Vivendo Egli eternamente, possiede un sacerdozio eterno, perciò può salvare tutti coloro che s'avvicinano a Dio per suo mezzo, essendo ognor vivente, affine d'intercedere per noi » (Eb. VII, 24, 25).
Geltrude vede spesso Nostro Signore sotto le sembianze di Pontefice, e lo mira talora nel cielo che si schiude allo sguardo della sua intelligenza, talora sulla terra, mentre assiste al S. Sacrificio. Gesù è sempre per essa il sovrano Mediatore, il Redentore « per il cui Sangue fummo ricomperati, mentre n'eravamo indegni » (Ef. 11, 13). Ecco la sorgente di quell'ineffabile confidenza che è il lineamento speciale, il carattere distintivo di Santa Geltrude. Essa chiede tutto, tutto fiduciosamente attende; è tranquilla, serena, sicura perchè sa che nulla può mancarle e va ripetendo a se stessa la parola tenera e fiera dell'Apostolo: « Qui etiam proprio Filio suo non pepercit sed pro nobis omnibus tradidit iilum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? - S'Egli non ha risparmiato il proprio Figlio: se l'ha immolato per noi, cosa mai potrà negarci? » (Rom. VIII, 32).
In una stessa famiglia e in uno stesso corpo, (in forma anche più intima), il bene di tutti, non è forse il bene? di ciascuno in particolare? Però se Geltrude comprende a meraviglia i vantaggi della sua unione al Corpo mistico del Cristo, ne intuisce anche gli obblighi: così, mentre il dolce Salvatore aggiunge alle azioni della sua Sposa il merito della Sua vita e delle Sue santissime opere, essa « compie ciò che manca alla Passione del Cristo » (Coloss. I, .4) e questo, non già perchè il Sacrificio divino sia in se stesso incompleto, ma perchè gli manca precisamente la parte che debbono portarvi gli eredi della promessa.
Geltrude sa poi che la pienezza della legge è l'amore e che il precetto della carità ha due oggetti, Dio e il prossimo, perciò il suo cuore investe i fratelli con la fiamma della carità, « piangendo con coloro che piangono, rallegrandosi con coloro che godono » (Rom. XII, 15).
Questo basta per dare esatto rilievo alla missione della nostra cara Santa.
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RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

giovedì 26 dicembre 2019

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



DOTTRINA E MISSIONE DI S. GELTRUDE

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Prima di spiegare le sue ali Geltrude si è lasciata trasportare da quelle della Santa Madre Chiesa: grazie a quel volo vigoroso si è trovata, fin dall'inizio, su alte vette, a cui molto raramente arrivano gli sforzi personali dello spirito umano. Ascoltiamo, a questo proposito, un autore competente: «Nelle grandi scuole della vita contemplativa, si pensava, che l'uomo, per penetrarsi di cose divine, dovesse occuparsi ininterrottamente di Dio. Ora la preghiera individuale, o l'orazione mentale, quantunque minore per dignità, hanno sulla preghiera sociale il vantaggio di poter offrirsi a Dio in ogni tempo e luogo, nella malattia e nella sanità, di giorno e di notte. Pure nessun contrasto fra le due forme di preghiera, giacché si richiamano a vicenda. Felice l'anima che sa disposarle in un unica palpito d'amore, e tenerle al loro posto, nella stima e nella praticai Nel palazzo di un re il cerimoniale determina le forme solenni di omaggio, che sono indispensabili per il decoro della dignità reale: però tali forme non pregiudicano le effusioni personali dell'amicizia e della tenerezza. « Così il nostro sommo Re, il Rex regum et Dominus domínantium » (Apoc. XIX, 16), avendo diritto a tutto lo splendore del culto pubblico, vuole però anche la tenerezza segreta de' suoi amici fedeli, l'amore delle sue spose, la pietà. de' suoi figli, l'attenzione generosa di coloro che si degna chiamare fratelli. Egli vuol vedere, anche nel cuore dell'ultimo de' suoi cortigiani, non la rigida servilità che si piega esteriormente al dovere, ma l'amore che trasfigura ogni atto e lo fa compiere con cura piena di finezze.
Non ignoriamo, è vero, che la preghiera individuale può alimentarsi a sorgenti private: ma non è meno vero che la principale e la più abbondante sorgente della contemplazione, si troverà nell'Ufficio divino. Dice l'Apostolo: « Nam quid oremus, sicut oportet, nescimus: sed ipse Spiritus postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus » « noi non sappiamo neppure come pregare degnamente: ma è lo Spirito di Dio che prega in noi con gemiti ineffabili » (Rom. VIII, 26). Un'anima plasmata dallo Spirito Santo non saprà forse, meglio di altre, conversare con Dio nell'intimità del suo cuore, quando si racchiude nella solitudine, portando seco, come mistica ape, il succo di tanti fiori, raccolto nel giardino della Chiesa? Dopo di essere stata tutta impregnata della preghiera del Verbo, troverà forse difficoltà a parlare con Dio, nel segreto della coscienza? La contemplazione, nella forma più elevata, non è forse la fioritura delle stupende affermazioni che ci offre la preghiera della Chiesa? Si può quindi concludere che l'anima non può trovare una forma più esatta per tradurre la verità ch'ella ha contemplata, della preghiera liturgica, la quale si presta mirabilmente al timido balbettare dell'anima che cerca Dio, come alle effusioni di quella che l'ha già trovato.
Non conviene quindi creare opposizione fra preghiera liturgica, voluta dalla Chiesa, e preghiera individuale, libera nelle sue espansioni e ne' suoi progressi. La prima non esiste con pienezza senza la seconda: la seconda attinge le sue forze dalla prima, appoggiandovisi con piena sicurezza. La Chiesa non mutila l'anima umana, e non attenua i suoi slanci verso Dio, fissa e determina le forme della preghiera ufficiale, lasciando alle anime piena libertà di effondersi in Dio: non sdegna nessun mezzo che possa condurre all'unione divina, e si serve persino del bello fisico, come di un prezioso ausiliare per aiutarci a salire verso l'unica sorgente della vera bellezza. Con ciò non vogliamo confondere lo spirito di preghiera con l'emozione vaga e semplicemente estetica, che afferra l'anima davanti alle bellezze della liturgia: tali impressioni possono colpire anche un incredulo: ma vogliamo soltanto affermare che la S. Chiesa utilizza tutte le energie naturali che trova nell'anima, per aiutarla ad elevarsi fino a Dio.

Così, con un doppio movimento che consiste nel far bene l'orazione per meglio salmodiare l'Ufficio divino, e a cercare nell'Ufficio fresche energie per l'orazione, l'anima giunge senza scosse, senza rumore, direi quasi senza sforzo, alla vera contemplazione. Queste due forme di preghiera non possono essere nè separate, nè opposte nella pratica quotidiana di quelle anime che sono votate, per istato, alle altezze della vita contemplativa. S. Geltrude è ritratta fedelmente in queste righe. Il lettore stesso potrà giudicare se le sue effusioni personali con Dio hanno trovato inciampo nelle forme liturgiche: egli converrà con noi che la dolce Santa ha saputo, ape diligente, comporre un miele squisito e inalterabile, delizia delle generazioni future; giacchè i suoi scritti hanno il privilegio di rivelare bellezze sempre nuove, e di scoprire al lettore riflessivo, tesori inesauribili, attinti alle meravigliose sorgenti della Liturgia.
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RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

giovedì 5 dicembre 2019

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



DOTTRINA E MISSIONE DI S. GELTRUDE

L'elogio delle opere di S. Geltrude ci sembra inutile ripetizione: ci limiteremo dunque a domandare rispettosamente alla nostra cara Santa, ov'Ella attinse la sua dottrina, e a scrutarne l'importanza nella storia religiosa.
Non sarà tuttavia inutile ripetere, almeno per i lettori che conoscono poco S. Geltrude, il giudizio che ne diede qualche anno fa, Don Guéranger, nella prefazione dei suoi « Esercizi spirituali ».
« L'enumerazione degli ammiratori di S. Geltrude sarebbe lunga e imponente. A capo si potrebbe scrivere il nome di S. Teresa che, secondo la narrazione del P. Ribera, suo confessore, l'aveva presa per maestra e per guida. Luigi Blois la raccomanda nel suo « Monile spirituale » con espressioni del più vivo entusiasmo: S. Francesco di Sales ne parla con ammirazione, il sapiente Cornelio A, Lapide nel suo commentario sulla Scrittura, chiama S. Geltrude perfettissima maestra di spirito. Ci sarebbe facile continuare a lungo tale enumerazione: la concluderemo invece col giudizio dell'Olier, tolto dalle sue opere inedite: ecco come si esprime quel grande Servo di Dio.
«S. Geltrude, con l'incantevole sua semplicità e profonda umiltà, ha indotto Nostro Signore a trattarla e ad arricchirla con divina generosità. La lettura delle sue opere guida l'anima a unione sempre più stretta con Gesù; tale dottrina è assai diversa da quei libri contemplativi che si sforzano di allontanare l'anima dall'unione con la santa Umanità di Nostro Signore.
Il carattere di S. Geltrude venne studiato e definito da giudici assai competenti, tanto che sarebbe difficile trovare un altro libro che abbia avuto elogi così numerosi ed eminenti. C'è però un'autorità ancor più sicura e decisiva: quella della santa Chiesa, la quale, diretta dallo Spirito Santo, ha espresso il suo giudizio, mediante l'organo della santa Liturgia. L'Ufficio solenne della Santa contiene accenti di glorificazione sublime ».
Riguardo poi allo spirito che animava S. Geltrude, l'illustre abate Olier aggiunse:
«Grandi sono i vantaggi che risultano dalla spiritualità geltrudiana, la quale mediante la libertà dello spirito, produce nelle anime, senza rigidezza di metodi, disposizioni eccellenti di cui non posseggono il segreto i moderni sistemi. Nessuno può leggere gli scritti dell'antica Scuola Benedettina, senza sentirsi penetrato da un senso di libertà e di gioia. S. Geltrude, seguace di S. Benedetto, ne rappresenta un magnifico esempio. Lo spirito della religione cattolica è uno spirito facile, dilatato, sereno, uno spirito, di libertà, come dimostrano, gli scrittori ascetici della vecchia Scuola Benedettina: i moderni invece hanno cercato di restringere, le anime, e queste, metodo, ha fatto più male che bene».
Lo spirito di S. Geltrude è dunque quello della Chiesa cattolica, attinto alle sorgenti più pure: la sacra Scrittura e la Liturgia. Per capir bene gli scritti della nostra Santa, bisogna cercarvi la semplice e sublime armonia di un'anima, le cui facoltà equilibrate vibrano al tenue soffio dello Spirito Santo: da ciò deriva la sua ammirabile libertà, perchè « ove vi è lo spirito del Signore, là vi è la libertà », (Cor. III, 17) da ciò pure deriva quell'autorità dolce « che non s'impone, ma trascina » (Esercizi di S. Geltrude, Prefaz. p. XX).
Nei primi tempi della Chiesa, essere cristiani e vivere della Sacra Scrittura e delle verità divine, era tutt'uno. L'Apostolo, ne constatava l'evidenza, quando diceva: « La parola di Cristo abiti in voi, con pienezza e con sapienza. Istruitevi, esortatevi gli uni gli altri, con salmi, con inni, con cantici spirituali, cantando a Dio nei vostri cuori con edificazione » (Coloss. III, 16); e ancora « Intrattenetevi con salmi, con inni, con cantici spirituali, cantando e salmeggiando al Signore, nei vostri cuori » (Ef. V, 19).
A quei tempi la vita sociale, come la vita privata, subiva l'influenza del ciclo liturgico, e nessuno avrebbe mai pensato d'isolare la pietà dal centro di luce e di calore della Chiesa, e di nutrirla d'altro alimento che non fosse il pane soprasostanziale della divina parola, distribuita dalla santa Chiesa. Per lunghi secoli i cristiani vegliarono con la loro Madre, consacrando alla preghiera pubblica un tempo che, nel nostro secolo dinamico, si stimerebbe perduto. Quando, col dilatarsi della Chiesa, il fervore cominciò a raffreddarsi, la perfezione cristiana si rifugiò nei Monasteri, ove assunse un'altezza che stupisce e quasi spaventa.
Ma tale stupore cresce se si studia da vicino la grande semplicità di quelle esistenze: « I santi dottori dei primi secoli, i divini patriarchi della solitudine - dice Don Guéranger - attingevano luce e calore dalla recita dei salmi nelle lunghe ore di salmodia, durante le quali la verità semplice e multiforme, passando davanti agli occhi della loro anima, li riempiva di luce e d'amore » (Anno liturgico - Prefazione).
Ora che abbiamo colto il segreto della sua vita e la chiave della sua dottrina, ritorniamo alla nostra cara Santa. Geltrude ha vissuto la vita de' suoi padri: pietà e doni sono quelli dei primi cristiani. La sua preghiera privata era nutrita dalla preghiera della Chiesa, perciò poco importa che le sue rivelazioni non seguano un ordine strettamente cronologico.

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RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

lunedì 18 novembre 2019

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



HELFTA E SANTA GELTRUDE

Sofia di Mansfeld, figlia di Burchard de Querfurt, succedette a Geltrude di Hackeborn: se ne parla al libro I, quando si afferma che S. Geltrude le manifestò l'elezione di Adolfo di Nassau, il 7 marzo 1292, profetizzando la morte violenta di quell'imperatore, come infatti avvenne, il 2 luglio 1298.
Sofia governò breve tempo, perchè fortissimi mali di capo la resero incapace di compiere i doveri della sua carica, obbligandola a dare le dimissioni nel 1298. Alcuni hanno confuso questa Sofia con la cugina, che pure si chiamava Sofia e ch'era figlia di Hermanno il Pacifico, conte di Mansfeld. Quest'ultima non fu giammai Abbadessa: se ne parla al capitolo VI del libro V, ove è chiamata « senior » (Sofia, la maggiore), forse per l'età avanzata o, più probabilmente, perchè discende dal ramo maggiore della famiglia di Mansfeld: Sofìa, la maggiore, morì prima della nostra Santa.
Cinque anni passarono prima della nuova elezione: questa grave tribolazione s'aggiunse alle difficoltà esterne. Il seggio episcopale di Halberstadt era vacante: alcuni canonici della diocesi s'arrogarono il diritto di fulminare L'interdetto contro il monastero, per affari di ordine temporale. Tali noie finirono verso la fine del 1296, ma la Santa afferma, in parecchi luoghi, (libro III, cap. XVI e XVII), che la comunità dovette soffrire assai per la privazione della SS. Comunione, e per altre gravi conseguenze. S. Matilde ne parla anch'essa nel Libro della grazia speciale.
S. Matilde morì, dopo una malattia durata otto anni. Fu in questo tempo che Geltrude, aiutata da una consorella, scrisse o dettò, i favori accordati alla Santa, Nostro Signore le fece conoscere quello che aveva operato in quell'anima eletta, alla sua dipartita da questo mondo, cioè nella festa di S. Elisabetta, 19 novembre 1298.
Nel 1303 venne eletta Abbadessa Jutta d'Alberstadt: poco tempo prima, nel 1302, o nel 1301, Geltrude era stata chiamata all'eterna beatitudine.
Il libro V ci parla di questa morte preziosa e delle grazie eminenti che la prepararono, l'anno precedente, al passo estremo.
Arrivata all'età di circa quarant'anni, ella conobbe, per divina rivelazione, che il termine del suo pellegrinaggio si avvicinava. Nella festa di S. Martina fu colta da un desiderio acceso di morire e d'essere con Cristo: tale brama pareva poi calmarsi alquanto, ma crebbe più che mai nella festa di Pasqua dell'anno seguente. Però, desiderando ella soprattutto il compimento della divina Volontà, supplicò il Signore di esaudire i suoi voti, senza diminuire il merito del suo totale abbandono. A quest'epoca appartiene il favore oggetto del capitolo XXV, del libro V. Durante una predica sull'amore divino, Nostro Signore apparve alla Santa e le ferì il cuore con una freccia d'amore, grazia analoga a quella ricevuta da molte altre sante, come S. Teresa e parecchie anime elette. Poco dopo s'ammalò gravemente di fegato, e i medici disperarono di salvarla.
Mentre Geltrude aspettava, nella sofferenza, il momento fortunato delle nozze eterne, Nostro Signore moltiplicava i doni della sua grazia, adornando l'anima della sua diletta Sposa, e preparandola al felice trapasso.
Il Signore non volle lasciarci ignorare le meraviglie di quell'ora suprema: rivelò quindi alla nostra Santa quello che sarebbe accaduto alla sua morte, perchè potesse renderlo noto ed essere fino all'ultimo l'Araldo del divino amore (libro V, cap. XXIII). Dal suo letto di dolore la cara Santa, compiva un pio esercizio ch'ella medesima aveva composto, e insegnato ad altri in preparazione alla morte.
Quando stava appunto tutta occupata a pregare Nostro Signore, Egli le mostrò la sua ultima ora. Si vide entrare in agonia nelle braccia dello Sposo divino, riposando sul suo stesso Sacratissimo Cuore. Vide il demonio tenuto a distanza dalla spada fiammeggiante di S. Michele, mentre gli Angeli circondavano giubilanti il suo letto, e la Madre di Dio si chinava su di Lei, in atto d'abbracciarla teneramente.
In seguito vide i vari ordini dei Santi affrettarsi, intorno al suo giaciglio per assicurarla: i martiri, i confessori, le vergini, gli innocenti: questi ultimi rivestiti dei meriti di Cristo, più che dai loro propri meriti; tutti le facevano doni speciali, tolti dai loro tesori. Infine, il Figlio dell'Eterno, lo Sposo che Geltrude aveva unicamente amato, si chinò su di Lei con tenerezza ineffabile e, penetrando nell'anima sua, come il fuoco penetra il ferro nella fornace, l'attirò a sè e s'assimilò quell'anima felicissima, così dolcemente, e vittoriosamente, come il raggio del sole, a mezzogiorno, assorbe l'umile gocciolina di rugiada.
Questa rivelazione non precedette di molto il felice transito: Geltrude mori il 17 di novembre 1301, a 1302, a quarantacinque o a quarantasei anni d'età. Il silenzio che per lungo tempo avvolse la Santa e le sue opere, (fino al 1536), fu cagione che il nome di S. Geltrude venisse iscritto nel martirologio solo nel 1677, anno in cui il suo Ufficio fu obbligatorio per tutta la Chiesa.
La sua festa venne fissata dapprima il 17 novembre, giorno della sua morte, e in tale epoca è ancora celebrata in tutto l'Ordine Benedettino, quantunque il Martirologio romano, l'abbia trasferita al 15 dello stesso mese.
Da quel momento la divozione a S. Geltrude si diffuse rapidamente: il suo culto però si era già propagato per concessioni particolari, come quella che fu accordata all'Ordine del Carmelo. Nel 1633, il Padre Dionigi della Madre di Dio, provinciale dei Carmelitani, dichiarò, che i suoi confratelli avevano ereditato lo spirito della loro serafica Madre, poichè ottennero dal Papa il permesso di celebrare la festa di S. Geltrude con ufficio proprio, e coi privilegi dei Santi dell'Ordine. « La conformità degli spiriti fra le due Sante è così stretta, dice egli, che chiunque approva lo spirito dell'una, deve approvare anche quello dell'altra ».
Il re di Spagna ottenne che S. Geltrude venisse proclamata patrona delle Indie occidentali. Nel Perù la sua festa è celebrata con pompa straordinaria, e nel Messico venne costruita una città che porta il suo nome.
Alcuni accenni sul Monastero, ove Geltrude passò la, sua vita, non saranno discari al lettore.
Nel 1342 il monastero di Helfta fu invaso dai soldati di Alberto di Brunswick, vescovo scismatico di Halberstadt, che vi appiccò il fuoco con le sue proprie mani. Fortunatamente andarono distrutte le parti meno importanti: ma il saccheggio ed altre vessazioni determinarono Burchard IV di Mansfeld, la cui figlia Ludgarde era Abbadessa in quell'epoca, di trasferire il monastero ad Eisleben, in un luogo che venne chiamato Neu-Helfta (Nuova Helfta) cioè Trud-Kloster, (chiostro-di Géltrude), del nostro tempo. Questa traslazione ebbe luogo nel 1346: pare che i resti mortali delle monache non siano stati trasportati nel nuovo convento, poichè l'antico monastero restava ancora proprietà della comunità. Il corpo di S. Geltrude, di S. Matilde e delle altre monache aspettano ad Helfta il giorno della gloriosa risurrezione: ma il luogo della loro sepoltura è tuttora sconosciuto, come se Dio volesse nascondere a tutti gli sguardi le preziose spoglie di coloro che, durante la loro vita, non avevano desiderato che il segreto del suo Volto divino.
Fino all'epoca della riforma la nuova Helfta fu santamente governata.
L'ultima Abbadessa, Caterina di Watzdorf meritò l'onore di essere personalmente insultata dall'empio Lutero, che scrisse contro di lei nel 1524, una satira ov'ella è chiamata Nuova Gezabele. L'anno seguente i contadini, in nome della pretesa riforma, ne praticarono i principi rivoluzionari, saccheggiando, devastando e bruciando il Monastero. Essi cacciarono le monache e distrussero l'archivio, facendo bollire le carte ed i manoscritti nei tini della birra.
Caterina di Watzdorf fuggì all'antica Helfta, ove morì poco dopo: non essendovi nessun accenno, in seguito, alla carica abbaziale, pare evidente che la comunità si spense: del tutto a quell'epoca.
Il Monastero, ove Geltrude visse, e dove molto probabilmente si trovano le sue reliquie, divenne un dominio secolare, oggi dominio reale. La sorte della Nuova Helfta fu più fortunata: 17 novembre 1868, le Benedettine dell'Adorazione perpetua, tenute d'Osnabrúck, lo comperarono e ne fecero un cenacolo di vita perfetta,

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE