LA “ACCUSE” DI HOCHHUTH E LE “RISPOSTE” DELLA STORIA
Il “carteggio Tittman-Dipartimento di Stato”
In questo “carteggio”, si trovano pressanti richieste da parte di Governi delle Nazioni Alleate (luglio-settembre 1942) per ottenere da Pio XII “una pubblica protesta contro le atrocità naziste”. Oltre quelle osservazioni che ho già fatto più sopra, va osservato che se il Papa si fosse associato a tali proteste, avrebbe dato un valore politico che sarebbe stato subito ampiamente sfruttato dalla propaganda nazista; sarebbe stato compromesso e messo in condizioni di non avere più possibilità né efficacia nel suo movimento di carità e di diplomazia. Lo stesso C. Barlas, rappresentante dell’Agenzia ebraica per la Palestina, scriveva, il 20 gennaio 1943, da Istanbul, al Delegato Apostolico per l’Egitto e Palestina: «L’atteggiamento, altamente umanitario, di Sua Santità che ha espresso la sua indignazione contro le persecuzioni razziali, fu una sorgente di conforto notevole per i nostri fratelli. Potrei avventurarmi a suggerire di cercare un’occasione per dichiarare, con la radio o altro mezzo utile, che l’aiutare gli Ebrei perseguitati è considerato dalla Chiesa come opera buona? Certamente, questo rafforzerebbe i sentimenti di quei cattolici, i quali, come noi sappiamo e apprezziamo, aiutano gli ebrei destinati allo sterminio nei territori occupati d’Europa. Per questo, non sottovalutiamo le difficoltà più che evidenti».
Gli Ebrei stessi sapevano quanto fosse pericoloso, per loro, il ricorrere a pubbliche minacce e proteste, appunto perché causavano altre rappresaglie più violente e feroci.
Nella conferenza straordinaria del Congresso ebraico mondiale, tenuta ad Atlantic City, il 26-30 novembre 1944, A. Leone Kubowitzki, parlando delle dichiarazioni di Roosevelt e di Churchill, dell’estate 1942, («che si sarebbe chiesto conto ai responsabili di tale crudeltà»), pur riconoscendone l’alto valore, soggiungeva: «Noi sappiamo, però, che i tedeschi non si lasciarono distogliere dai loro scopi. Convinti che la loro marcia verso il dominio del mondo non potrebbe essere fermata da alcuna potenza, essi accelerarono persino il ritmo dei loro massacri».
Lo stesso Rabbino-Capo di Gerusalemme, Herzoq, in un appello-radio lanciato a tutto il mondo, il 2 dicembre 1942, disse: «Ricordate, tuttavia, che proteste ed ammonimenti, per quanto possano essere importanti, non sono sufficienti. Con questi, occorre che giungano aiuti tempestivi ed efficaci. Create, finalmente, un corpo internazionale, incaricato di trovare vie e mezzi di pratico aiuto. Aprite le porte, anche quelle delle terre dei nostri padri, a tutti quelli che cercano rifugio dalla tirannia nazista».
Gli stessi Ebrei di Roma, dopo la razzìa, in lettere inviate a Pio XII nell’ottobre-novembre 1943, non Gli chiesero gesti spettacolari, ma di far loro avere notizie dei razziati e deportati, e di far loro giungere dei soccorsi.
Una intelligenza superiore, come quella di Pio XII pur provando il naturale desiderio di alzare, pubblicamente, voci di protesta, si rendeva, tuttavia, conto che il nazismo avrebbe risposto solo con più violenti forme di rappresaglia 7.
Contro la facile “accusa” di Hochhuth, dunque, va lodata invece la geniale illuminata saggezza di Pio XII e il suo sapiente tatto politico.
In una lettera al Vescovo di Berlino, von Preysing, del 30 aprile 1943, Pio XII approvava tutte le iniziative (e furono molte e coraggiose!) che quel Vescovo aveva suscitato nella sua diocesi; e rendendo omaggio alla memoria di Mons. Lichtenberberg, vittima del suo zelo per i non-ariani, così si esprimeva: «Lasciamo ai competenti Pastori delle Diocesi valutare se, e fino a che punto, il periodo di rappresaglie e misure repressive... non facciano apparire più consigliabile, nonostante i motivi addotti, un prudente “riserbo” “ad maiora mala vitanda”. Sta qui uno dei motivi per cui Noi stessi, nelle nostre dichiarazioni, Ci imponiamo dei limiti; l’esperienza che nel 1942 abbiamo fatto, trattandosi di scritti pontifici, messi da noi a disposizione perché fossero trasmessi ai fedeli, per quanto Ci è dato di giudicare, legittima la nostra condotta».
«Per i non-ariani cattolici, come pure per quelli di religione israelita, la Santa Sede ha fatto quanto era in Suo potere di opera caritativa, sia finanziaria che morale... Quanto a ciò che si compie al presente, in territorio tedesco, contro i non-ariani, abbiamo detto una parola nel Nostro radio-messaggio natalizio. Il cenno fu breve, ma è stato ben capito! Né Ci occorre assicurare i cattolici non-ariani o semi-ariani, tanto i figli della Chiesa che gli altri tutti, che nella rovina della loro esistenza esteriore e nelle loro necessità spirituali, il Nostro paterno affetto e interesse è cresciuto per essi di misura. Nella situazione attuale non possiamo far pervenire loro altro soccorso attivo che quello della preghiera. Ma siamo risoluti, non appena le circostanze lo richiederanno o permetteranno, di alzare nuovamente la voce a loro favore».
Risulta chiara, perciò, l’azione concreta e la linea politica di Pio XII così attento all’evolversi delle situazioni, e così consapevole delle Sue responsabilità, davanti a Dio e davanti alla Storia; più pronto ad aiutare i perseguitati che ad aizzare i persecutori.
Sul piano diplomatico, l’azione della Santa Sede fu duplice: con le Nazioni con le quali era in relazioni diplomatiche, esercitò un’azione costante e forte. 8
Per tutto il periodo bellico, in Vaticano, fu un lavoro immane di pratiche d’ufficio, di dispacci, di rapporti, di note diplomatiche; fu tutto un cumulo di lavoro diuturno, di perseveranti fatiche, di lunghe notti insonni, per alleviare sofferenze, sollecitare aiuti, invocare comprensione e umanità, richiamare al proprio dovere chiunque, in qualsiasi modo, mostrasse di esorbitare o trascendere o calpestare i diritti umano-divini.
Nessuno saprà mai quante vite abbia salvato Pio XII, nonostante che il Governo nazista fosse inaccessibile a qualsiasi intervento diretto, e ostinato a perseguire, con una politica pazza, i suoi infernali disegni di distruzione.
Anche solo la presenza e il sovrano atteggiamento di Pio XII era un continuo monito e una scottante condanna a tutto quel mondo, così lordo di sangue e di crimini!
Alla clamorosa denuncia, di momentaneo successo, di clamore giornalistico, Pio XII preferì l’umile silenziosa opera cristiana, fondando - come vedremo - tante preziose iniziative che partirono dal Suo cuore, buono e grande!
Questo, tutto il mondo lo sapeva, lo intuiva, ne era commosso.
Il 2 gennaio 1940, la “United Jewsh Appeal for Refugees and Oversees Needs”, con sede a Chicago, offrì a Pio XII la somma di 125.000 dollari, per la sua opera di soccorso ai perseguitati, per religione e razza.
Erano, quindi, gli stessi circoli responsabili ebraici che si fidavano dell’opera caritatevole e disinteressata del Pontefice di Roma!
Il 21 aprile 1944, l’Ufficio del Presidente degli Stati Uniti, domandava se il Santo Padre poteva trasmettere aiuti in danaro a ebrei polacchi, rifugiati in Roma e alla or ganizzazione di assistenza a bambini ebrei, in Roma. La Santa Sede, il 25 aprile, rispondeva che, come in passato, anche in avvenire, era suo dovere di continuare le opere di carità.
A una lettera scrittaGli dal Vescovo di Berlino, il 30 aprile 1943, Pio XII rispondeva: «... quello che ancora più af fligge è tutto quel seguito di dolori e di colpe che accompagnano la guerra. La fredda ferocia della tecnica guerresca, che senza contrasto va crescendo, rende insopportabile il pensiero che la vicendevole strage abbia a durare a lungo ancora...».
Se avesse fatto, dunque, un “atto solenne di protesta”,9 avrebbe provocato la chiusura dei conventi e degli Istituti religiosi, nei quali trovarono rifugio e scampo decine di migliaia di ebrei; sarebbe stato come un attrarre l’attenzione verso loro della furia pazzesca nazista; e Hitler avrebbe incluso certamente, nella feroce carneficina, anche tutti quei cristiani che erano diventati la salvezza degli ebrei.
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7 Ne era stato un caso la Polonia. Quando il Vescovo esiliato di Vladislavia, Mons. Radonski, presentò, come modello di intrepida resistenza all’oppressore, l’Arcivescovo di Cracovia, Mons. Sapieha, il Papa gli chiese se riteneva “opportuna” la pubblicazione di alcune Sue lettere. Mons. Radonski, il 23 marzo 1943, rispose di “no”, ma di scriverne un’altra, in latino, e solo sugli “Acta Apostolicae Sedis”; appunto perché, come Gli aveva scritto fin dal 28 agosto 1942, «già abbiamo vittime per i sospettati contatti con Roma». E questo avveniva dappertutto, dove era entrato il nazismo. In Olanda, per esempio, i Vescovi, assieme ai dirigenti di alcune Chiese riformate, il sabato 1 1 luglio 1942, avevano indirizzato un telegramma di protesta contro la minacciata deportazione degli ebrei, al Reichskommissar Seyss-Inquart. Il 20 luglio, inclusero il telegramma in una “Lettera Pastorale”, che doveva essere letta, ai fedeli, la domenica successiva, 26 luglio. La risposta nazista non si fece attendere. Il 2 agosto, la rappresaglia era già stata fatta, e il Generalkommissar Schimdt accusò i Vescovi per aver pubblicato il telegramma, contrariamente a quanto avevano promesso. L’accusa all’episcopato olandese naturalmente fu solo un pretesto e una evidente calunnia. I vescovi olandesi, infatti, non erano mai stati interpellati, né mai avevano dato una qualsiasi promessa!
8 Si leggano, al proposito, le ampie documentazioni sul lavoro di Pio XII, perseverante ed ef ficace, sui governi di Slovacchia e Romania. L ’effetto decisivo sul Reggente d’Ungheria, Horty , per salvare gli ebrei ungheresi, lo si deve solo a Pio XII.
Lo stesso dicasi per gli ebrei rifugiatisi nel sud della Francia e sulla costa
e sulle isole della Dalmazia. Garanzia, per loro, era la presenza dell’esercito italiano; ma era Pio XII e il Cardinal Maglione che tenevano, di continuo, vivi i sentimenti umani; che ottenevano impegni; che ricordavano promesse, per impedire ingiustizie e delitti. Prova ne sono le innumerevoli pratiche, concluse dal Nunzio Apostolico, Mons. Bor goncini, e dal gesuita P. Tacchi Venturi.
Il Cardinal Maglione, nel gennaio 1942, otteneva impegno da Buf farini Guidi che non ci sarebbero state altre repressioni contro gli ebrei, e che tutta la legislazione sarebbe stata riveduta.
Il 22 gennaio 1943, ottenne preciso impegno che gli ebrei non sarebbero stati consegnati né alla polizia francese né a quella tedesca.
Il 18 marzo 1943, avuto sentore di pericolo per gli ebrei, ordinò al Nunzio di “parlare alto e forte”. L ’indomani, il pericolo era scongiurato.
A Zagabria, il Visitatore Apostolico Mons. Marcone, già nel 1941, aveva ricevuto espresso incarico da Pio XII perché si interessasse e aiutasse gli ebrei.
9dotto Hitler a più miti consigli. Secondo Hochhuth una denuncia pubblica da parte di Pio XII avrebbe inMa è un ragionare da demagogo; e la “prova” che porta, citando il Vescosultato, quando si oppose, pubblicamente, all’eutanasia; e citando il re divo di Muenter, Mons. von Galen, poi Cardinale, che ottenne qualche rinon conosce, o vuole artefare la Storia. Infatti: il Danimarca, che protesse gli Ebrei nel suo Stato, dice solo che HochhuthVescovo di Muenter ave
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