1846-1849: L'ORA DELLA SCELTA
Un Papa secondo i nostri bisogni.
«Giungere con piccoli mezzi ben graduati, benché mai definiti, al trionfo dell'idea rivoluzionaria per mezzo del Papa» 10: questo il disegno enunciato con spregiudicata lucidità nelle carte dell'Alta vendita sequestrate dalla polizia pontificia ai congiurati.
«Il lavoro al quale noi ci accingiamo - spiega l'istruzione segreta permanente data ai membri della setta nel 1817 - non è l'opera d'un giorno, né
di un mese, né di un anno. Può durare molti anni, forse un secolo: ma nelle nostre file, il soldato muore e la guerra continua. (...) Quello che noi dobbiamo cercare ed aspettare come gli ebrei aspettano il Messia,
si è un Papa secondo i nostri bisogni. (...) Con questo solo noi andremo più sicuramente all'assalto della Chiesa, che non cogli opuscoletti dei nostri fratelli di Francia e coll'oro stesso dell'Inghilterra.
E volete sapere il perché? Perché con questo solo, per stritolare lo scoglio sopra cui Dio ha fabbricato la sua Chiesa, noi non abbiamo più bisogno dell'aceto di Annibale, né della polvere da
cannone e nemmeno delle nostre braccia. Noi abbiamo il dito mignolo del successore di Pietro ingaggiato nel complotto, e questo dito mignolo val per questa crociata tutti gli Urbani II e tutti i san Bernardi della Cristianità»
11.
Queste direttive da leggersi accanto alle istruzioni di Buonarroti, di Mazzini e dei principali esponenti del movimento rivoluzionario nell'età della restaurazione,
ci aiutano a ricostruire gli avvenimenti che si dispiegano in Italia e in Europa a partire dal 1846 e a comprendere il significato di opere come Del primato morale e civile degli italiani di Vincenzo Gioberti 12, pubblicata nel giugno 1843 a Bruxelles dove l'abate piemontese era esule. In quest'opera Gioberti auspicava la creazione di un'unità politica, su base federativa,
fra i vari Stati della penisola sotto la bandiera di un Papato "riformato". L'Italia, nel quadro giobertiano, diventava il nuovo Israele e il Pontefice il suo redentore. L'omaggio reso dall'abate al Papato
era in realtà, come egli stesso confessava, puramente strumentale 13; dei due fondamenti del suo pensiero, la religione e la nazione, la prima era subordinata alla seconda. Lo avvertivano i liberali più coerenti, come Cesare Balbo ne Le speranze d’Italia (1844) e soprattutto gli scrittori gesuiti, che l'abate piemontese percepì immediatamente come i più temibili avversari del suo progetto.
Nel 1845 egli corredava la nuova edizione del Primato con una Avvertenza o Prolegomeni, in cui, per prevenire le critiche, apriva contro i gesuiti una polemica tanto aspra, da allarmare
molti cattolici moderati come Niccolò Tommaseo, Cesare Cantù e Silvio Pellico 14.
Ne Il gesuita moderno, apparso a Lucerna nel 1847, Gioberti presenta il "gesuitismo", retrivo e oscurantista,
come il principale ostacolo all'incontro tra il Cattolicesimo e la civiltà moderna nata dalla Rivoluzione francese. «Stimo assai più i Turchi che amano le riforme e i miglioramenti, dei cristiani che
le ripulsano - scrive il 4 ottobre dello stesso anno all'amico Dalmazzo -. Stimerei più un diavolo riformatore che un angelo retrogrado» 15. L'opera lo accreditò come il "profeta" della riscossa nazionale, ma i cattolici più avvertiti, anche se di sentimenti liberali, ancora una volta non
nascosero la loro preoccupazione 16.
Giuseppe Montanelli, che fu vicino a Gioberti, traccia un efficace quadro della strategia rivoluzionaria che andava delineandosi in quegli anni. «V'erano due Italie: l'Italia
dei letterati, dei dotti, degli avvocati, dei medici, degli artisti, degli studenti; e l'Italia dei contadini, degli operai, dei preti e dei frati. Dalla prima, imbevuta più o meno dello spirito moderno, uscivano
le congiure liberali, la seconda vedea passare le rivoluzioni, apparire e scomparire la bandiera tricolore, senza commuoversene punto. Cotesta indifferenza politica del popolo traeva le sue origini soprattutto dal disaccordo
che regnava tra la Chiesa Romana e lo spirito nuovo. Per entrare nel liberalismo, era d'uopo sentirsi la forza di affrontare le censure ecclesiastiche. Ora il popolo si confessava; ed il confessore minacciava del fuoco
eterno chiunque avesse partecipato alle iniziazioni ed alle imprese dei novatori. Per far penetrare l'idea nuova nella coscienza popolare, non c'erano che due vie: o togliere questa alla direzione del clero, mutando
la forma religiosa insieme con la forma politica, o persuadere il clero di mettersi egli stesso alla testa del progresso liberale. I Carbonari e la Giovine Italia avevano invano tentato il primo mezzo; Gioberti volle sperimentare
il secondo. Pellegrino avventuriero della libertà, egli si pose in cammino per piantare la bandiera tricolore sul duomo di San Pietro» 17.
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