martedì 3 marzo 2020

VITA DI CRISTO



Betlemme  

Cesare Augusto, il capo contabile del mondo, sedeva nel suo palazzo sul Tevere, tenendo innanzi a sé spiegata una carta geografica intorno a cui correva la leggenda: Orbis Terrarum, Imperium Romanum. Stava per emanar l'ordine del censimento del mondo, ché tutte le nazioni del mondo civile erano soggette a Roma. Codesto mondo aveva una sola capitale: Roma; una sola lingua ufficiale: il latino; un solo reggitore: Cesare. Ad ogni avamposto, ad ogni satrapo e governatore pervenne l'ordine che ogni suddito romano provvedesse a farsi iscrivere nella propria città; e ai margini dell'Impero, nel villaggetto di Nazaret, i soldati affissero ai muri l'ordine che tutti i cittadini si facessero censire nelle città da cui le rispettive famiglie traevano origine.  

Il falegname Giuseppe, oscuro discendente del gran re Davide, fu pertanto costretto a farsi censire in Betlemme, la città di Davide, appunto. In obbedienza a quell'editto, Maria e Giuseppe partirono dal villaggio di Nazaret alla volta del villaggio di Betlemme, che si trovava a circa otto chilometri di distanza, sull'altro versante di Gerusalemme. A proposito di quel villaggetto, così il profeta Michea, cinquecento anni prima, aveva profetato:  

«E tu, Betlemme, non sei la più piccola tra le principali città di Giuda, perché da te uscirà il duce che deve reggere il mio popolo, Israele» (Matt. 2: 6).  

Nell'entrare nella città della sua famiglia, Giuseppe era pieno di speranza, nonché affatto sicuro che non avrebbe avuto alcuna difficoltà a trovare un alloggio per Maria, delle cui condizioni per certo si sarebbe tenuto particolarmente conto. E andò di casa in casa, Giuseppe, e tutte le trovò ingombre di gente, invano cercando un sito dove Colui al quale il cielo e la terra appartenevano potesse nascere. Poteva mai darsi che il Creatore non trovasse una casa nel creato? Su per un erto colle si arrampicò Giuseppe attratto da una lanterna fioca che, sospesa a una fune, si dondolava dinanzi a una porta: era la locanda del villaggio. Dove, a preferenza di ogni altro sito, egli avrebbe certamente trovato asilo. Ebbene, nella locanda c'era posto per i soldati romani che brutalmente avevano soggiogato il popolo di Giuda; c'era posto per le figlie dei ricchi mercanti orientali; c'era posto per quanti, sontuosamente vestiti, vivevano nelle dimore del re; insomma c'era posto per chiunque si trovasse in grado di dare una moneta al locandiere; ma non c'era posto per Colui che sarebbe venuto al mondo per essere la Locanda d'ogni e qualunque cuore derelitto di questa terra.  

Quando finalmente le pergamene della storia saranno tutte ricoperte nel tempo sino alle ultime parole, la frase più triste sarà questa: «Non c'era posto nella locanda».  

Dipartitisi dalla collina, Giuseppe e Maria finirono col riparare in una stalla sotterranea, dove talvolta i pastori guidavano le greggi durante la tempesta. Là, in un cantuccio tranquillo nello squallore di una gelida caverna esposta al vento, là, sotto il livello del mondo, Colui che in cielo nasce senza madre, in terra nasce senza padre.  

D'ogni altro fanciullo che venga al mondo, gli amici possono ben dire che rassomiglia alla madre. Era invece quello il primo caso, nel tempo, in cui chiunque avrebbe potuto dire che la madre rassomigliava al Figlio. Ecco lo stupendo paradosso del Figlio che aveva creato la Propria madre. Onde la madre finiva ad essere soltanto figlia. Era inoltre quella la prima volta, nella storia di questo mondo, che tutti avrebbero potuto giustamente ritenere che il cielo non si trovasse «in alto»; giacché, quando teneva il Figlio fra le braccia, Maria abbassava gli occhi verso il Cielo.  

Nel sito più sudicio del mondo, in una stalla, nacque la Purezza. Colui che poi sarebbe stato massacrato da uomini operanti al pari di bestie nacque fra le bestie. Colui che si sarebbe definito il «Pane di Vita disceso dal Cielo» giaceva in una greppia, in una vera e propria mangiatoia. Alcuni secoli prima, gli Ebrei avevano adorato il vitello d'oro; e i Greci, l'asino d'oro: dinanzi ad essi, gli uomini si erano inchinati come dinanzi a Dio. Sia il bue che l'asino erano adesso presenti per fare atto d'innocente riparazione, chini dinanzi al loro Dio.  

Nella locanda non c'era posto, ma c'era posto nella stalla. La locanda è il luogo in cui si riunisce la pubblica opinione, il punto focale delle mode del mondo, il luogo di convegno degli spiriti mondani, il sito in cui si radunano quanti abbiano raggiunto la notorietà e il successo. La stalla invece è il sito dei proscritti, degli ignoti, dei dimenticati. Era lecito che il mondo si aspettasse che il Figlio di Dio nascesse - se proprio doveva nascere - in una locanda; una stalla era l'ultimo luogo al mondo in cui si sarebbe andati a cercarLo. La Divinità sta sempre dove meno ci aspettiamo di trovarla.  

Nessuna mente terrena avrebbe mai sospettato che Colui che poteva ordinare al sole di riscaldare la terra avesse un giorno bisogno di essere riscaldato dall'alito di un bue e di un asino; che Colui che, per dirla con le Scritture, poteva fermare il moto circolare di Arturo nascesse in un luogo stabilito a séguito di un censimento imperiale; che Colui che rivestiva d'erba i campi potesse esser nudo; che Colui dalle cui mani provenivano pianeti e mondi avesse un giorno braccia così piccine da non poter raggiungere i musi degli animali; che i piedi che avevano percorso i colli eterni fossero un giorno tanto deboli da non riuscire a camminare; che il Verbo Eterno potesse essere muto; che l'Onnipotenza potesse essere avvolta in fasce; che la Salvezza potesse giacere in una greppia; che l'uccello che aveva fabbricato il nido venisse covato nel nido stesso: nessuno insomma avrebbe mai sospettato che Dio, al Suo avvento su questa terra, potesse esser così impotente.  

Ed è appunto per questo che tanti non Lo trovano. La Divinità sta sempre dove meno ci aspettiamo di trovarla.  

Se il pittore si trova a suo agio nel suo studio perché i quadri sono la creazione della sua mente; se lo scultore si trova a suo agio fra le sue statue perché esse sono opera delle sue mani; se l'agricoltore si trova a suo agio fra le sue viti in quanto è stato lui a piantarle; se il padre si trova a suo agio fra i suoi figli appunto perché san figli suoi, allora per certo, presume il mondo, Colui che ha creato il mondo avrebbe dovuto trovarvisi a Suo agio: in esso Egli sarebbe dovuto venire al modo stesso che il pittore nel proprio studio ed il padre fra i propri figli; ma poiché era stabilito che il Creatore venisse fra le Proprie creature e ne fosse ignorato; che Dio venisse fra i Propri figli e non ne fosse accolto; che Dio si trovasse a Proprio agio in quanto derelitto, allora le menti attaccate alle cose del mondo poterono trame una sola deduzione: che il Bambino non poteva assolutamente esser Dio. E appunto per questo non lo trovarono. La Divinità sta sempre dove meno ci aspettiamo di trovarla. 
***
Venerabile Mons. FULTON J. SHEEN 

Nessun commento:

Posta un commento