giovedì 11 marzo 2021

MORTE AL CLERICALISMO o RISURREZIONE DEL SACRIFICIO UMANO

 


CAPITOLO XII 

ASIA ANTICA. — I FENICI. — I SIRI. — 

I MOABITI. — I GRECI 

I. 

Uno dei più antichi e celebri popoli del  mondo fu quello de' Fenici. Il loro paese, con­trada della Siria, stendevasi lunghesso il mare,  dall'Antilibano fino all'imboccatura del fiume  Belo. Commercianti attivi ed ardimentosi, essi  fabbricarono molte illustri città, Tiro, Sidone,  Berito, Biblo, Acri, ed altre ancora. 

Naviganti audaci, percorsero per molti se­coli i diversi mari conosciuti a quell'epoca. Si  crede pure che navigassero l'Oceano Atlantico, e facessero il giro dell' Affrica. Checche sia di ciò, eglino ricoprirono le coste e le isole del Mediterraneo di lor colonie e di loro stazioni coloniali; fra le quali Cartagine, la rivale di Roma, Ippona, Utica, Gades, Palermo, Lilibeo.

II

Quanto corrotto, altrettanto attivo, nessun popolo poteva esser meglio scelto da Satana,  per propagare Fidolatria nel mondo, ed in  particolare l'uso barbaro del sacrificio umano,  che presso di loro risaliva alla più remota an­tichità. Uno dei più antichi storici, loro compatriotta, Sanconiatone, i cui scritti ci sono  stati conservati da un altro loro compatriotta,  Filone di Biblo, cosi si esprime : « Presso i  Fenici è un' antica usanza, che nei gravi peri­coli, a prevenire una rovina universale, i capi della città e della nazione consegnano i loro  più cari figliuoli, per essere immolati, come  prezzo del riscatto, agli dèi vendicatori. 

È per questo che Crono, re di quel paese,  quegli stesso che dopo la sua morte fu consa­crato nell' astro che porta il suo nome, avendo  avuto da una ninfa della contrada, di nome  Anobret, un figlio unico, cui per questa ragione  appellò Ieoud, come anche oggidì s' appellano  in Fenicia i figli unici ; essendo il paese mi­nacciato da grandi pericoli di guerra, rivesti  quel figlio degli attribuiti della sovranità, e  l'immolò sull'altare, che aveva egli stesso pre­parato. 1 

III. 

A Laodicea di Siria una vergine era immo­lata ogni anno a Minerva. 

1. Apud Euseb. Praep. evang. lib. IV., c. XVI. 

« La Scrittura stessa riferisce che Mesa , re dei Moabiti, rifiutando di pagare a Ioram, re  d' Israele, il tributo che era solito di pagare al  padre, Ioram marciò contro lui insieme con  Giosafat, re di Giuda, e col re d' Edom. Mesa,  vedendosi stretto e non potendo più resistere  a tanti nemici, prese con se settecento uomini  di guerra, per forzare il campo del re d'Edom;  ma non vi riusci. Allora prendendo il suo pri­mogenito , il quale doveva regnare dopo lui,  l'offri in olocausto sulle mura della città, in  presenza degli assedianti. » 1 

IV. 

Tali sacrifìcii, dice lo storico, erano accom­pagnati da cerimonie misteriose. Quali erano  queste cerimonie? A giudicarne per analogia,  egli è verisimile che consistessero in preghiere,  in evocazioni, in pratiche superstiziose, e nella partecipazione al sacrifìcio per la manducazione della vittima in tutto, o in parte; al qual pro­posito, io fo qui un' osservazione, che mi vien  sotto la penna. 

Noi vedremo che presso la più parte degli  idolatri moderni, il sacrifìcio umano è seguito  dalla manducazione della vittima. Credere che 1' antropofagia sacra fosse sconosciuta presso i popoli del mondo antico, sarebbe un errore.  Fino al secolo nono essa vigeva nella Cina, a  Pegu, a Giavat e nelle nazioni dell' Indocina.  I condannati a morte, i prigionieri di guerra  erano uccisi e divorati. Si portavano a mensa  pasticci di carne umana.1 

Vicini ai Fenici, i cittadini di Domata, città  d'Arabia, immolavano ogni anno un fanciullo  che sotterravano sotto l'altare, ov' era sacrificato,  e che loro teneva luogo di statua.8 

Questo accadeva presso gli Ebrei, presso i  Fenici, e presso le nazioni vicine, avanti la  predicazione del clericalismo. E oggidì vogliono  esterminarlo ! E si dice che tutte le religioni  sono egualmente buone ! 

V. 

Prima di abbandonare l' alta Asia, traspor­tiamoci al Giappone. 

Nessun luogo della terra è sfuggito all'im­pero del demonio, il quale ha avuto dappertutto  il suo culto omicida. Il grande e bel paese del  Giappone gli ha pagato il suo tributo. Si sa  che i Giapponesi idolatri riconoscono più di centomila dèi, che essi appellano Kamis. Certi  animali, i quali passano per servitori dei Kamis,  vi sono onorati come divinità protettrici. Quello  che meglio è servito è la volpe (inari) : i  Giapponesi onorano soprattutto quella color  grigio come la più intelligente. La consultano  negli affari più spinosi : le innalzano un tem­pietto nell' interno delle loro case, e le offrono  in sacrificio fagiuoli e riso rosso. Se gli alimenti  spariscono, si crede che la volpe li ha mangiati,  e l' esito dell' affare sarà felice ; se mai restano  intatti, guai ! 

VI. 

Nei tempi più antichi, olocausti umani erano offerti alle divinità malefiche, quali Kiou-Sisiou,  il dracone a nove teste del monte Toka-Kousi.  Poscia il sacrificio si ridusse a diverse vivande,  di riso, di pesci, di caprioli. Una volta avvenendo  la morte dei grandi, veniano sotterrati vivi con  essi un certo numero dei loro amici e de' loro  servi. Più tardi non si sotterraron più, ma da  se stessi s'aprivano il ventre. E questa usanza  si perpetuò sino alla fine del sedicesimo secolo.* 

Questo succedeva nel Giappone, avanti la  predicazione del clericalismo! Ed oggidì vogliono esterminarlo ! E si dice che tutte le religioni  sono egualmente buone! 

Terminando la nostra escursione nell' alto Oriente, gettiamo uno sguardo sulla Tartaria.  Allorché i Tartari marciano al combattimento,  il generale passa una rivista delle otto bandiere riunite, e si rinnova una cerimonia barbara,  usitata, dicesi, da tempi immemorabili fra quei  popoli. S'immola un cavaliere, e tutti gli altri,  dal semplice soldato al comandante delle otto bandiere, vanno a bagnare la punta delle loro  lancie nel sangue ancora fumante. 4 

Discendiamo ora ai Greci. Quanto ai nostri  studii classici, questo popolo è riputato il più  civile, il più forbito, il più perfetto dei popoli  della bella antichità. Parlando cosi i nostri mae­stri, non han guardato, e non ci han mostrato  che la superfìcie. Il considerar le cose sotto il  rapporto dei costumi e della barbarie, avrebbe  guastalo i loro elogi. Ora la storia del sacrificio  umano presso i Greci riduce quegli elogi al loro  giusto valore. 

VII. 

Fra tutti i riti sacri, prescritti da Mose al  popolo di Dio, io non so se ve ne sia uno più misterioso e più celebre di quello del capro  emissario. Due capri, nutriti a tal uso, erano  menati al gran sacerdote all' ingresso del taber­nacolo. Carichi di tutt'i peccati del popolo, l'uno  era immolato in espiazione, l'altro cacciato nel  deserto, per dinotare 1' allontanamento dei fla­gelli meritati. Il sacrificio avea luogo ogni anno,  verso l'autunno, alla festa solenne delle espia­zioni. 

Vili. 

Il grande omicida diessi premura di con­traffare questa divina istituzione, ma la contraffece  a suo modo : invece del sangue d'un capro pre­tése il sangue di un uomo. Ascoltiamo i pagani  stessi raccontare nella loro calma glaciale l'orribil costume. 

« Nelle repubbliche della Grecia, e special­mente in Atene, nutrivansi a spese dello Stato alcuni uomini vili, ed inutili. Avveniva una peste, una carestia, o un'altra calamità ? Si prendevano  due di queste vittime, e s'immolavano per puri­ficare e liberare la città. Queste vittime si chia­mavano Demosioi, nutriti dal popolo ; Pharmakoi, purificatori; Katharmata, espiatori. 

IX. 

Era costume d'immolarne due la volta ; uno per gli uomini, ed uno per le donne, a  render senza dubbio più completa la parodia  dei due capri emissarii. E affinchè tutti potessero  godere della festa, si sceglieva un luogo acconcio  pel sacrificio. Uno degli arconti, o de* principali magistrati, era incaricato di curarne tutti i preparativi, e d'invigilarne tutti i particolari. 

X. 

« Il corteggio mettevasi in cammino, accom­pagnato da cori di musici superbamente orga­nizzati. Durante il tragitto, si percuotevano sette  volte le vittime con rami di fico, e con cipolle  selvatiche, dicendo : Siate la nostra espiazione ed  il nostro riscatto. 

« Arrivati al luogo del sacrificio, gli espia­tori erano bruciati sopra un rogo di legno sel­vaggio, e le loro ceneri gettate al vento nel mare,  per la purificazione della città inferma. 

« L'immolazione che da principio fu acci­dentale, addivenne periodica, e ricevette il nome  di Feste delle Targelie. La si faceva in autunno,  e durava due giorni, durante i quali i filosofi  celebravano con allegri banchetti la nascita di  Socrate e di Platone. » 1 

XI. 

Nella medesima categoria si può annoverare  il sacrificio annuale, offerto dagli Ateniesi a  Minosse. Gli Ateniesi avendo fatto morire Androgeo, furono assaliti dalla peste e dalla carestia.  L'oracolo di Delfo, interrogato sulla causa della  doppia calamità, e sul mezzo di mettervi fine,  rispose : « La peste e la carestia cesseranno, se  voi designerete a sorte sette giovanetti e sette  giovanette vergini per Minosse. Le imbarcherete  sul mare sacro, in isconto del vostro delitto.  Cosi vi renderete favorevole il Nume1 » 

XII. 

Questo non è nè un' allegoria, nè una favola,  è un fatto storico attestato dalla doppia testi­monianza degli storici pagani, e degli storici  cristiani. 

Le povere vittime erano condotte nell'isola  di Creta e rinchiuse in un laberinto, dove erano divorate da un mostro, mezzo uomo e mezzo toro, che non si nutriva che di carne umana.1 

XIII. 

« Chi è dunque questo Apollo (l'oracolo di Delfo), questo Dio liberatore, cui consultano gli  Ateniesi? dimanda Eusebio agli autori pagani,  storici del fatto. Senza fallo, egli esorta gli Ate­niesi al pentimento ed alla pratica della giustizia.  Ma che importano tali cure per questi eccellenti  dèi, o piuttosto per questi demonii perversi?  Loro bisognano al contrario azioni del medesimo genere, senza misericordia, feroci, inumane, aggiungendo, come dice il proverbio, la peste alla peste, la morte alla morte. 

<s Apollo ordina ad essi di inviare ogni anno al Minotauro sette giovanetti e sette giovanette, scelti fra i loro figli. Per una sola vittima, quattordici vittime innocenti ! E non una sola volta,  ma sempre; di maniera che sino al tempo della  morte di Socrate, ossia più di cinquecento anni  dopo, l' odioso tributo non era ancora soppresso  appo gli Ateniesi. Questa fu in effetto la causa  del ritardo dell' esecuzione della sentenza capi­tale pronunziata contro questo filosofo. » * 

XIV. 

Senza contare le Targelie, ecco durante cinquecento anni settemila vittime umane, il fiore della giovinezza ateniese, immolata al demonio!  E non si cessa di vantarci la bella antichità :  Atene soprattutto, come il tipo inimitabile della  civiltà ! 

Monsignor Gaume

Nessun commento:

Posta un commento