CAPITOLO XII
ASIA ANTICA. — I FENICI. — I SIRI. —
I MOABITI. — I GRECI
I.
Uno dei più antichi e celebri popoli del mondo fu quello de' Fenici. Il loro paese, contrada della Siria, stendevasi lunghesso il mare, dall'Antilibano fino all'imboccatura del fiume Belo. Commercianti attivi ed ardimentosi, essi fabbricarono molte illustri città, Tiro, Sidone, Berito, Biblo, Acri, ed altre ancora.
Naviganti audaci, percorsero per molti secoli i diversi mari conosciuti a quell'epoca. Si crede pure che navigassero l'Oceano Atlantico, e facessero il giro dell' Affrica. Checche sia di ciò, eglino ricoprirono le coste e le isole del Mediterraneo di lor colonie e di loro stazioni coloniali; fra le quali Cartagine, la rivale di Roma, Ippona, Utica, Gades, Palermo, Lilibeo.
II
Quanto corrotto, altrettanto attivo, nessun popolo poteva esser meglio scelto da Satana, per propagare Fidolatria nel mondo, ed in particolare l'uso barbaro del sacrificio umano, che presso di loro risaliva alla più remota antichità. Uno dei più antichi storici, loro compatriotta, Sanconiatone, i cui scritti ci sono stati conservati da un altro loro compatriotta, Filone di Biblo, cosi si esprime : « Presso i Fenici è un' antica usanza, che nei gravi pericoli, a prevenire una rovina universale, i capi della città e della nazione consegnano i loro più cari figliuoli, per essere immolati, come prezzo del riscatto, agli dèi vendicatori.
È per questo che Crono, re di quel paese, quegli stesso che dopo la sua morte fu consacrato nell' astro che porta il suo nome, avendo avuto da una ninfa della contrada, di nome Anobret, un figlio unico, cui per questa ragione appellò Ieoud, come anche oggidì s' appellano in Fenicia i figli unici ; essendo il paese minacciato da grandi pericoli di guerra, rivesti quel figlio degli attribuiti della sovranità, e l'immolò sull'altare, che aveva egli stesso preparato. 1
III.
A Laodicea di Siria una vergine era immolata ogni anno a Minerva.
1. Apud Euseb. Praep. evang. lib. IV., c. XVI.
« La Scrittura stessa riferisce che Mesa , re dei Moabiti, rifiutando di pagare a Ioram, re d' Israele, il tributo che era solito di pagare al padre, Ioram marciò contro lui insieme con Giosafat, re di Giuda, e col re d' Edom. Mesa, vedendosi stretto e non potendo più resistere a tanti nemici, prese con se settecento uomini di guerra, per forzare il campo del re d'Edom; ma non vi riusci. Allora prendendo il suo primogenito , il quale doveva regnare dopo lui, l'offri in olocausto sulle mura della città, in presenza degli assedianti. » 1
IV.
Tali sacrifìcii, dice lo storico, erano accompagnati da cerimonie misteriose. Quali erano queste cerimonie? A giudicarne per analogia, egli è verisimile che consistessero in preghiere, in evocazioni, in pratiche superstiziose, e nella partecipazione al sacrifìcio per la manducazione della vittima in tutto, o in parte; al qual proposito, io fo qui un' osservazione, che mi vien sotto la penna.
Noi vedremo che presso la più parte degli idolatri moderni, il sacrifìcio umano è seguito dalla manducazione della vittima. Credere che 1' antropofagia sacra fosse sconosciuta presso i popoli del mondo antico, sarebbe un errore. Fino al secolo nono essa vigeva nella Cina, a Pegu, a Giavat e nelle nazioni dell' Indocina. I condannati a morte, i prigionieri di guerra erano uccisi e divorati. Si portavano a mensa pasticci di carne umana.1
Vicini ai Fenici, i cittadini di Domata, città d'Arabia, immolavano ogni anno un fanciullo che sotterravano sotto l'altare, ov' era sacrificato, e che loro teneva luogo di statua.8
Questo accadeva presso gli Ebrei, presso i Fenici, e presso le nazioni vicine, avanti la predicazione del clericalismo. E oggidì vogliono esterminarlo ! E si dice che tutte le religioni sono egualmente buone !
V.
Prima di abbandonare l' alta Asia, trasportiamoci al Giappone.
Nessun luogo della terra è sfuggito all'impero del demonio, il quale ha avuto dappertutto il suo culto omicida. Il grande e bel paese del Giappone gli ha pagato il suo tributo. Si sa che i Giapponesi idolatri riconoscono più di centomila dèi, che essi appellano Kamis. Certi animali, i quali passano per servitori dei Kamis, vi sono onorati come divinità protettrici. Quello che meglio è servito è la volpe (inari) : i Giapponesi onorano soprattutto quella color grigio come la più intelligente. La consultano negli affari più spinosi : le innalzano un tempietto nell' interno delle loro case, e le offrono in sacrificio fagiuoli e riso rosso. Se gli alimenti spariscono, si crede che la volpe li ha mangiati, e l' esito dell' affare sarà felice ; se mai restano intatti, guai !
VI.
Nei tempi più antichi, olocausti umani erano offerti alle divinità malefiche, quali Kiou-Sisiou, il dracone a nove teste del monte Toka-Kousi. Poscia il sacrificio si ridusse a diverse vivande, di riso, di pesci, di caprioli. Una volta avvenendo la morte dei grandi, veniano sotterrati vivi con essi un certo numero dei loro amici e de' loro servi. Più tardi non si sotterraron più, ma da se stessi s'aprivano il ventre. E questa usanza si perpetuò sino alla fine del sedicesimo secolo.*
Questo succedeva nel Giappone, avanti la predicazione del clericalismo! Ed oggidì vogliono esterminarlo ! E si dice che tutte le religioni sono egualmente buone!
Terminando la nostra escursione nell' alto Oriente, gettiamo uno sguardo sulla Tartaria. Allorché i Tartari marciano al combattimento, il generale passa una rivista delle otto bandiere riunite, e si rinnova una cerimonia barbara, usitata, dicesi, da tempi immemorabili fra quei popoli. S'immola un cavaliere, e tutti gli altri, dal semplice soldato al comandante delle otto bandiere, vanno a bagnare la punta delle loro lancie nel sangue ancora fumante. 4
Discendiamo ora ai Greci. Quanto ai nostri studii classici, questo popolo è riputato il più civile, il più forbito, il più perfetto dei popoli della bella antichità. Parlando cosi i nostri maestri, non han guardato, e non ci han mostrato che la superfìcie. Il considerar le cose sotto il rapporto dei costumi e della barbarie, avrebbe guastalo i loro elogi. Ora la storia del sacrificio umano presso i Greci riduce quegli elogi al loro giusto valore.
VII.
Fra tutti i riti sacri, prescritti da Mose al popolo di Dio, io non so se ve ne sia uno più misterioso e più celebre di quello del capro emissario. Due capri, nutriti a tal uso, erano menati al gran sacerdote all' ingresso del tabernacolo. Carichi di tutt'i peccati del popolo, l'uno era immolato in espiazione, l'altro cacciato nel deserto, per dinotare 1' allontanamento dei flagelli meritati. Il sacrificio avea luogo ogni anno, verso l'autunno, alla festa solenne delle espiazioni.
Vili.
Il grande omicida diessi premura di contraffare questa divina istituzione, ma la contraffece a suo modo : invece del sangue d'un capro pretése il sangue di un uomo. Ascoltiamo i pagani stessi raccontare nella loro calma glaciale l'orribil costume.
« Nelle repubbliche della Grecia, e specialmente in Atene, nutrivansi a spese dello Stato alcuni uomini vili, ed inutili. Avveniva una peste, una carestia, o un'altra calamità ? Si prendevano due di queste vittime, e s'immolavano per purificare e liberare la città. Queste vittime si chiamavano Demosioi, nutriti dal popolo ; Pharmakoi, purificatori; Katharmata, espiatori.
IX.
Era costume d'immolarne due la volta ; uno per gli uomini, ed uno per le donne, a render senza dubbio più completa la parodia dei due capri emissarii. E affinchè tutti potessero godere della festa, si sceglieva un luogo acconcio pel sacrificio. Uno degli arconti, o de* principali magistrati, era incaricato di curarne tutti i preparativi, e d'invigilarne tutti i particolari.
X.
« Il corteggio mettevasi in cammino, accompagnato da cori di musici superbamente organizzati. Durante il tragitto, si percuotevano sette volte le vittime con rami di fico, e con cipolle selvatiche, dicendo : Siate la nostra espiazione ed il nostro riscatto.
« Arrivati al luogo del sacrificio, gli espiatori erano bruciati sopra un rogo di legno selvaggio, e le loro ceneri gettate al vento nel mare, per la purificazione della città inferma.
« L'immolazione che da principio fu accidentale, addivenne periodica, e ricevette il nome di Feste delle Targelie. La si faceva in autunno, e durava due giorni, durante i quali i filosofi celebravano con allegri banchetti la nascita di Socrate e di Platone. » 1
XI.
Nella medesima categoria si può annoverare il sacrificio annuale, offerto dagli Ateniesi a Minosse. Gli Ateniesi avendo fatto morire Androgeo, furono assaliti dalla peste e dalla carestia. L'oracolo di Delfo, interrogato sulla causa della doppia calamità, e sul mezzo di mettervi fine, rispose : « La peste e la carestia cesseranno, se voi designerete a sorte sette giovanetti e sette giovanette vergini per Minosse. Le imbarcherete sul mare sacro, in isconto del vostro delitto. Cosi vi renderete favorevole il Nume1 »
XII.
Questo non è nè un' allegoria, nè una favola, è un fatto storico attestato dalla doppia testimonianza degli storici pagani, e degli storici cristiani.
Le povere vittime erano condotte nell'isola di Creta e rinchiuse in un laberinto, dove erano divorate da un mostro, mezzo uomo e mezzo toro, che non si nutriva che di carne umana.1
XIII.
« Chi è dunque questo Apollo (l'oracolo di Delfo), questo Dio liberatore, cui consultano gli Ateniesi? dimanda Eusebio agli autori pagani, storici del fatto. Senza fallo, egli esorta gli Ateniesi al pentimento ed alla pratica della giustizia. Ma che importano tali cure per questi eccellenti dèi, o piuttosto per questi demonii perversi? Loro bisognano al contrario azioni del medesimo genere, senza misericordia, feroci, inumane, aggiungendo, come dice il proverbio, la peste alla peste, la morte alla morte.
<s Apollo ordina ad essi di inviare ogni anno al Minotauro sette giovanetti e sette giovanette, scelti fra i loro figli. Per una sola vittima, quattordici vittime innocenti ! E non una sola volta, ma sempre; di maniera che sino al tempo della morte di Socrate, ossia più di cinquecento anni dopo, l' odioso tributo non era ancora soppresso appo gli Ateniesi. Questa fu in effetto la causa del ritardo dell' esecuzione della sentenza capitale pronunziata contro questo filosofo. » *
XIV.
Senza contare le Targelie, ecco durante cinquecento anni settemila vittime umane, il fiore della giovinezza ateniese, immolata al demonio! E non si cessa di vantarci la bella antichità : Atene soprattutto, come il tipo inimitabile della civiltà !
Monsignor Gaume
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