IL DIPLOMATICO
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Queste furono le principali questioni politiche da Pio V trattate durante il suo pontificato. La sua attenzione fu pure rivolta ad altre questioni; ma la stretta connessione di queste con la repressione dell'eresia e l'organizzazione della Lega antimusulmana esige che non se ne parli separatamente. Dobbiamo tuttavia segnalarle, per poter meglio comprendere la sua immensa attività.
Queste discussioni politiche, che avrebbero occupata tutta l'attenzione del più fine diplomatico, non erano per lui che dei leggeri incidenti, i quali si perdevano in mezzo ad avvenimenti assai più considerevoli. Cosa erano queste piccole competizioni di fronte alla quotidiana resistenza al protestantesimo, ai suoi grandiosi progetti d'una intesa europea contro i turchi, e le riforme interne della Chiesa? Soltanto uno spirito ben ordinato, una grande prontezza nelle decisioni e una costanza a tutta prova potevano resistere al peso d'un si grave compito. Diciamo meglio: solo uno speciale aiuto di Dio, da lui ottenuto con umili, frequenti preghiere e con mortificazioni, poteva guidarlo in mezzo a tanti scogli.
Su qualsiasi campo si eserciti la sua diplomazia, essa tende con tutti gli sforzi verso un solo fine: la gloria della Chiesa.
La Chiesa! Pio V non la perde mai di vista, e non ha che una sola preoccupazione, servirla, difenderla, onorarla. Attraverso le rivalità al di sopra degli egoismi e delle umane ambizioni, la Chiesa si erge vigile, disinteressata, divina. Ben lontano dal rapirle una piccola parte di gloria, egli sembra perfino ignorare l'onore che la Chiesa riceve dalla sua collaborazione. Questa totale dedizione di sé riveste tutte le sue imprese che effettivamente sono grandiose.
Mentre l'uomo scompare volontariamente nell'ombra e cede il posto al Sommo Pontefice, unicamente preoccupato di compiere sotto la guida dello Spirito Santo la sua alta missione, le considerazioni terrene svaniscono, e gli orizzonti si aprono oltre i confini di questo mondo. Non si tratta di conquistare dei territori o di mirare a risultati effimeri, meno ancora di sacrificarsi con ardore per l'orgogliosa soddisfazione di soggiogare dei re, ma di consolidare le forze soprannaturali della Chiesa e di allargare la sfera della sua azione.
Questo assoluto distacco da tutto ciò che è terreno spiega la condotta diplomatica di Pio V, e giustifica la fermezza con la quale seppe rivendicare i diritti della Chiesa.
La Fontaine ha scritto: Le persone più abili sono le più accomodanti”, ma Pio V ignorava affatto una simile abilità. Via le sottilità litigiose, le scaltrezze raffinate, le concessioni simulate! Ai suoi occhi la politica non era un vano esercizio d'equilibrio, dove quel che importa è manifestare subito la propria destrezza. Egli misurava una cosa sola: la formidabile responsabilità che pesava sulla sua coscienza. Di qui le sue lunghe riflessioni prima di prendere una decisione importante. “Sua Santità domanda tempo per decidere, scriveva suo nipote, il cardo Alessandrino; poiché secondo il costume della Santa Sede, che non giudica senza aver prima ben esaminato, il Santo Padre intende discutere la causa con tutte le circostanze e con la dovuta ponderatezza” 20 .
Di qui il domandar consigli, il convocare commissioni: “Sua Santità, scriveva lo stesso cardinale al Nunzio apostolico di Spagna, ha designato quattro cardinali, versati nella conoscenza del diritto, molti dottori ecclesiastici e laici, per dilucidare bene la questione”. Di qui soprattutto le notti trascorse in preghiera, e i suoi digiuni e le sue austerità nei giorni che precedevano qualche decisione d'importanza.
Di qui finalmente quella meravigliosa serenità d'animo, ch'egli sapeva conservare dopo aver presa una deliberazione.
Inaccessibile alla paura, fermo nei suoi disegni, qualora venissero lese o misconosciute le prerogative della Santa Sede, avrebbe creduto di commettere un tradimento, se non le avesse difese con tutta la forza del suo animo; e perciò esigeva che i diritti e i privilegi della Chiesa rimanessero intangibili, con un coraggio e una risolutezza che sembravano far rivivere la costanza e l'ardore di Gregorio VII.
Queste qualità, da lui rivelate nella soluzione di questioni politiche a un tempo e religiose, risplendevano di luce ancora fulgida, quando si trattava di questioni concernenti la dottrina e i destini del cattolicesimo. L'eresia non ha forse mai avuto un avversario più formidabile.
Del Card. GIORGIO GRENTE
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