venerdì 9 settembre 2022

Un vescovo parla

 


PER UN VERO RINNOVAMENTO DELLA CHIESA *

*Un comunicato dell'A.F.P. del 30 settembre 1968 dalla Città del Vaticano aveva confermato la decisione dell'Arcivescovo Marcel Lefèbvre di rassegnare le dimissioni da Superiore generale dei Padri dello Spirito Santo «allo scopo di lasciare piena libertà al capitolo di procedere all'"aggiornamento" della congregazione nello spirito del Concilio» (N.d.E.). 


La Chiesa compirà in tempo il suo vero rinnovamento? Lo può ancora? Se la Chiesa fosse una società puramente umana dovremmo rispondere no, perché la corruzione delle idee, delle istituzioni, della disciplina è tale che nessuna speranza di ravvedimento sarebbe possibile. Tuttavia, da quando Dio veglia sull'umanità perché la fede non sparisca, non si contano più gli esempi di una situazione disperata dal punto di vista umano che diviene all'improvviso occasione di una straordinaria risurrezione: l'intervento più inatteso e più sublime che Dio abbia trovato nella sua saggezza e nella sua misericordia infinite è la promessa del Messia per il tramite di Maria dopo che l'uomo, con il suo peccato, aveva meritato la dannazione. Da quella promessa fino ai giorni nostri la storia della misericordia di Dio verso l'umanità è la storia dell'antico e del nuovo Testamento e pertanto tutta la storia della Chiesa. Lo Spirito soffia dove vuole e si sceglie, per venire in soccorso alla Chiesa in pericolo, pontefici e umili fedeli, principi e pastorelle. I nomi sono sulle labbra di tutti coloro che conoscono almeno un poco la vera storia della Chiesa. Ma se lo Spirito Santo soffia dove vuole, il suo soffio ha sempre la medesima origine, gli stessi mezzi fondamentali e lo stesso fine. Lo Spirito Santo non può fare se non quel che Nostro Signore ha detto di lui: «Non parlerà per suo conto, ma dirà quello che ascolta… Mi glorificherà perché prenderà del mio per comunicarvelo» (Gv. 16, 13 s.). In altre parole, lo Spirito Santo non potrà che far eco a Nostro Signore. Per questo, seppure con modalità esteriori diverse, coloro che egli ha scelto hanno ripetuto e fatto le medesime cose, si sono nutriti alle stesse fonti per rendere vitalità alla Chiesa. Sant'Ilario, san Benedetto, sant'Agostino, sant'Elisabetta, san Luigi, santa Giovanna d'Arco, san Francesco d'Assisi, sant'Ignazio, il santo curato d'Ars, santa Teresa del Bambino Gesù, hanno tutti insegnato la stessa spiritualità nei suoi princìpi fondamentali di penitenza, di preghiera, di devozione totale a Nostro Signore e alla Santa Vergine; di obbedienza senza limite alla volontà di Dio, di rispetto verso coloro che la interpretano, dai genitori fino alle autorità civili legittime e alle autorità religiose. Tutti tennero in grande stima i sacramenti e particolarmente l'Eucarestia e il santo sacrificio della Messa. Tutti manifestarono il distacco dai beni di questo mondo e lo zelo per la salvezza dei peccatori. Non avevano nulla di più caro che la gloria di Dio, di Nostro Signore Gesù Cristo, l'onore della sua unica Chiesa. La Sacra Scrittura era loro familiare e veneravano la Tradizione della Chiesa espressa nelle professioni di fede, nei concili e nei catechismi dove si trova l'autentica dottrina trasmessa dagli Apostoli. A queste fonti essi attinsero una grazia, una comunicazione particolare dello Spirito Santo, che fece di loro testimoni straordinari della fede e della santità del Vangelo.


RINNOVAMENTI SI IMPONGONO, MA… 

Tali constatazioni storiche dell'azione dello Spirito Santo ci consentono di credere che la Chiesa possa sempre rinnovarsi attraverso la santificazione dei suoi membri. Dio non ha mai abbandonato la sua Chiesa. Non l'abbandonerà oggi, ma le prove, le apparenze di trionfo dello spirito malvagio, del Principe di questo mondo, possono essere oggetto di scandalo, cioè di caduta e di abbandono della fede per molti. Hanno torto coloro che si lasciano sviare dai falsi profeti, i quali predicano che il loro tempo non rassomiglia in nulla ai tempi andati e che il Vangelo di ieri non può più essere il Vangelo di oggi. Il Cristo è di tutti i tempi: «Jesus Christus heri, hodie et in saecula», Gesù Cristo ieri, oggi e per tutti i secoli. È san Paolo a insegnarcelo. Purtroppo, bisogna confessarlo, il Concilio Vaticano II doveva, avrebbe dovuto essere il concilio del rinnovamento attraverso un ritorno alle fonti, com'è di regola nella Chiesa. In effetti, a mano a mano che la Chiesa militante cammina, può accadere che il messaggio si attenui, che i nemici della Chiesa riescano a soffocare la buona semente, che la negligenza dei pastori attenui la fede, che i costumi si corrompano, che la cristianità presti un orecchio benevolo alle critiche ironiche di questo mondo perverso. Allora i rinnovamenti si impongono, ma sull'esempio di Nostro Signore che è l'eco del Padre, dello Spirito Santo che è l'eco del Figlio, gli Apostoli non hanno mai cessato di ripetere ai loro discepoli: ricordate ciò che vi è stato detto, rimanete nella dottrina che vi è stata insegnata, conservate il deposito della fede, non vi lasciate raggirare dai falsi profeti, mentitori, figli di perdizione, destinati al fuoco eterno con tutti coloro che li seguono. Rileggiamo le epistole di san Paolo a Timoteo e a Tito, le epistole di san Pietro, di san Giacomo, di san Giovanni. Se si cerca in san Giovanni Crisostomo, in sant'Ilario, in sant'Agostino il loro criterio di giudizio sugli errori del loro tempo, si osserva che essi ritornano sempre a ciò che hanno insegnato coloro che avevano udito parlare gli Apostoli o i loro testimoni diretti, e specialmente a ciò che avevano insegnato coloro che si erano succeduti sulle cattedre degli Apostoli, in particolare sulla cattedra di Pietro. Più tardi si farà appello più specialmente ai concili e ai Padri della Chiesa, testimoni della dottrina degli antichi. Tutto l'insegnamento dei seminari si sforzerà di essere l'eco fedele di questa tradizione della Rivelazione, che è un fatto del passato ma pur sempre fonte di vita per tutti i tempi fino alla consumazione dei secoli.


L'ORGOGLIO DEL NOSTRO TEMPO 

Come spiegarsi che da qualche anno è parso che questa regola d'oro della Chiesa sia stata abbandonata, fino al giorno benedetto del 30 giugno scorso che ci ha reso la fede di Pietro, eco di questa tradizione immutabile e feconda per tutti i tempi? Non si può spiegarlo che attraverso l'orgoglio dei nostri tempi che si credono tempi nuovi, «tempi in cui l'uomo ha finalmente compreso la propria dignità, in cui ha preso una maggior coscienza di se stesso… Possiamo a questo punto parlare di una vera metamorfosi sociale e culturale che ha i suoi riflessi anche nella vita religiosa… Ne segue un'accelerazione della storia tale da poter essere difficilmente seguita dai singoli uomini… Il genere umano passa da una concezione piuttosto statica dell'ordine delle cose a una concezione più dinamica ed evolutiva; da ciò deriva un'immensa nuova problematica che stimola ad analisi e sintesi nuove…». Con premesse come queste ci si può attendere tutto, meno che il ritorno allo spirito evangelico, poiché esso era indubbiamente di ordine statico. Esso è dunque radicalmente condannato. D'altronde, molti altri testi lo confermeranno: «Si diffonde gradatamente il tipo di società industriale che trasforma radicalmente le concezioni della vita socievole. Si afferma ciò che ci si augura avvenga: una nuova concezione della società, che non avrà nulla a vedere con la concezione cristiana secondo la dottrina sociale della Chiesa. A tempi nuovi, nuovo Vangelo, nuova religione. Parlando di noi cattolici, o piuttosto dei credenti, si scrive: «Vivano dunque in strettissima unione con gli uomini del loro tempo e si sforzino di comprenderne perfettamente il modo di pensare e di sentire, di cui la cultura è espressione (singolari consigli che fanno eco al Vangelo che ci chiede di evitare le dottrine perverse)… Sappiano sposare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano, affinché la pratica della religione e rettitudine morale procedano in essi di pari passo con la conoscenza scientifica e con gli incessanti progressi della tecnica, in modo che possano giudicare e interpretare tutte le cose con sensibilità integralmente cristiana…». Per parte mia, penso che questi credenti perderanno semplicemente la fede cristiana. Ecco la conclusione del fatto affermato, confermato e riaffermato senza posa: i nostri sono tempi nuovi con i quali bisogna armonizzare il Vangelo e la Tradizione. La regola d'oro della Chiesa è completamente invertita dall'orgoglio degli uomini del nostro tempo. Non si sta più in ascolto della parola sempre viva e feconda di Nostro Signore, ma occorre «sposare» le teorie nuove con i costumi e l'insegnamento della dottrina cristiana.7 Questo «aggiornamento» si condanna da solo. Sarebbe inconcepibile che queste parole uscissero dalla bocca del Divino Maestro. La radice del disordine attuale sta in questo spirito moderno o piuttosto modernista che rifiuta di riconoscere il Credo, i comandamenti di Dio e della Chiesa, i sacramenti, la morale cristiana, come solo fondamento e sorgente di rinnovamento per tutti i tempi fino alla fine del mondo. In definitiva, è il rigetto di Nostro Signore Gesù Cristo perché incompatibile con i nostri tempi che sono, a quanto pare, tempi che Nostro Signore non poteva prevedere e di conseguenza tempi ai quali il suo messaggio non poteva adeguarsi… 


RITORNARE ALLA REGOLA D'ORO DI TUTTA LA TRADIZIONE 

Bisogna dunque ritornare alla regola d'oro di tutta la Tradizione, come ha fatto Papa Paolo VI il 30 giugno e il 25 luglio, sia per la fede sia per i costumi, pei quali non può esservi in vista nessun nuovo sposalizio. Bisognerà ritornare alla Tradizione: nell'autorità del Pontefice romano devono nuovamente apparire i suoi poteri significati dalla tiara; un tribunale protettore della fede e dei costumi sieda di nuovo in permanenza, i vescovi ritrovino i loro poteri e la loro iniziativa personale e i problemi comuni siano risolti in veri concili regionali sotto l'autorità del Pastore supremo. Bisognerà bene, un giorno, sciogliere il vero lavoro apostolico di una diocesi da tutte le pastoie con le quali lo si è oggi paralizzato e che, con le migliori intenzioni, fanno sparire l'essenziale del messaggio: la gloria di Dio e di Nostro Signore, la santificazione delle anime attraverso Gesù Cristo, l'insegnamento e l'educazione veramente cristiani dispensati dal sacerdote, dai religiosi, il riordinamento della società cristiana dove il vescovo e il sacerdote abbiano il posto ufficiale dovuto al sacerdozio in tutte le società. Ridare ai seminari la loro vera funzione, cioè la formazione di santi sacerdoti pieni di fede, di scienza e di zelo per la gloria di Nostro Signore e la salvezza delle anime. Ricreare congregazioni religiose, vivai di anime sante e generose che manifestino al mondo la presenza dello Spirito Santo nella Chiesa e nelle anime attraverso l'esercizio di una carità eroica in tutti i campi e in tutti i paesi. Ripristinare le scuole e le università cattoliche senza preoccuparsi dei programmi di Stato che laicizzano quelle scuole. Rendere alle famiglie cristiane il senso della vera fede e della società cristiana, mettendole in guardia contro le seduzioni del mondo. Organizzare associazioni o terz'ordini di famiglie decise a essere cristiane in tutto il loro comportamento nei confronti della corrotta società moderna. Sostenere le organizzazioni padronali e operaie decise a collaborare fraternamente nel rispetto dei doveri e dei diritti di tutti, che rinuncino al flagello sociale dello sciopero che altro non è se non una guerra civile fredda e instaurino organismi di dialogo e di intesa così come tribunali paritetici che dirimano in ultima istanza le liti. Infine, promuovere una legislazione civile conforme alle leggi della Chiesa e favorire la designazione di rappresentanti cattolici decisi a orientare la società verso un riconoscimento ufficiale della regalità sociale di Nostro Signore. Tale sembra dover essere il vero rinnovamento della Chiesa, desiderato dai veri fedeli, poiché quello che ci si attendeva dal Concilio fu viziato dall'introduzione dello spirito moderno e del suo orgoglio anticristiano nel Concilio stesso e soprattutto in seguito. 


UNA GIOVENTÙ VISIBILMENTE ISPIRATA DALLO SPIRITO SANTO 

Ora, per la consolazione di coloro che soffrono, vorremmo essi sapessero che se lo Spirito Santo li ha consolati negli ultimi atti del Santo Padre in modo ineffabile, lo stesso Spirito si manifesta nella nascita di una gioventù visibilmente ispirata da lui: gioventù generosa, vigorosa, assetata di verità, d'amore per Nostro Signore, per la Vergine, per la Chiesa. Gioventù dai costumi puri e sani, decisa a non lasciarsi sedurre dai miraggi di questo mondo, che reagisce alla sovversione ed è pronta a realizzare grandi e belle iniziative. E questa gioventù sorge come per generazione spontanea in tutti i paesi, sotto tutti i paralleli. È la stessa ovunque, con lo stesso orientamento, gli stessi desideri, gli stessi entusiasmi, segno evidente che è lo stesso Spirito Santo che la anima. Coloro che sono stati a Losanna e hanno avvicinato gli ottocento giovani venuti al congresso, ne hanno tratto un'immensa speranza. Ormai, giovani universitari, giovani impiegati riflettono, si istruiscono e illuminano la loro fede, pregano con fervore, hanno grande devozione per la Vergine, vogliono ritrovare i princìpi e la grazia che edificarono la cristianità d'altri tempi, al fine di costruire una società cristiana del loro tempo sugli stessi perenni fondamenti. Scoprono allora il vero posto di Nostro Signore e della Chiesa nella società familiare, economica, politica. E da tali gruppi, ovviamente, escono numerose e sante vocazioni. Si degni il Signore di far sorgere da questa gioventù nuovi Francesco d'Assisi, Domenico, Ignazio, Vincenzo de' Paoli, Jean Marie Vianney, don Bosco! A noi, con le nostre preghiere, con la nostra generosità, con i nostri incoraggiamenti, tocca aiutare in tutti i modi questa gioventù a costruire la città cristiana, cioè a edificare il corpo del Cristo, al fine di portare agli uomini, nella pace e nella giustizia, la salvezza eterna delle loro anime. 

Roma, 12 settembre 1968

Marcel Lefèbvre


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