martedì 27 settembre 2022

Come, per desiderio di far bene, dobbiamo istirpare da' nostri cuori ogni radice di mali vizii, a ciò che meglio vi passino eradicare le virtù.

 


Abbiamo, per la grazia di Dio, detto in alcun modo che cosa è peccato, e che modo è da  tenere da provvedere di non peccare più, e ancora in che modo ci dobbiamo partire dal  peccato; il quale s'accade alla prima parte, che ci comanda il profeta, dicendo: Pàrtiti dal  male. Ora s'accade a dire alcuna cosa intorno alla seconda parte, cioè, come dobbiamo far  bene; il quale è assimigliato a quello, che ha tagliato le legna del giardino insalvatichito. Il  quale, desiderando d'avere d'esso frutto e consolazione, non istà contento d'avere solamente  tagliato le legne, e le spine, e l'altre male erbe, se prima non disbarba e stirpa e diradica ogni  mala radica; a ciò che, essendo la terra ben purificata d'ogni mal seme, possano poi fare  meglio frutto le virtù, che vi seminerà. Questa similitudine dee pigliare ognuno, che  desidera di perfettamente piacere a Dio, e di venire in Lui a qualche gusto. 

   La prima cosa che ci bisogna fare, dopo la confessione, a volere pervenire a qualche gusto  di Dio, si è di diradicare da' nostri cuori ogni radice di vizii e di peccati. E che questo sia  vero, ben si può comprendere per quello che la Santa Chiesa ha ordinato che, dopo la  confessione che l'uomo ha fatto, seguita la penitenza. Che cosa è penitenza, se non di  rimanersi de' mali e de' peccati passati? E dove procedono li peccati, se non dalle male  radici e barbe de' vizii, che l'uomo ha invecchiati in sé? Onde chi perfettamente istirpasse le  radici e barbe degli arbori infruttuosi, e dell'altre male erbe, non rimetterebbeno più; ma chi  taglia solamente le legne, e le spine, e le altre male erbe sopra la terra, senza istirpare e  divegliere le loro radici, sempre vi germineranno e rimetteranno da capo. 

   Così spiritualmente, chi si dispone in verità a volere vivere secondo Dio, e pervenire a  qualche gusto e dolcezza di Lui, e a qualche perfezione, si de' studiare, dopo la confessione,  quanto a lui sia possibile, di stirpare dal cuor suo ogni vizio che conosce essere in lui; a ciò  che, stirpate le radici de' vizii, vi possa poi seminare e far crescere le virtù. E questa è la  vera e perfetta penitenza. Onde dice santo Gregorio, che «la vera penitenza è piagnere i  peccati commessi, e per l'avvenire non commetterli più». E santo Tomaso d'Aquino dice,  sopra la detta parola, che «gli effetti della penitenza sono due: uno ragguarda il peccato  passato, e però dice che si debbono piagnere; l'altro effetto ragguarda il peccato per lo  tempo che ha da venire, e però dice che non si denno commettere più, per li quali piagnere  si convenga». Come se quasi volesse dire: da poi che Dio t'ha tocco, che ti se' confessato, e  partitoti dal male, fa' che tu diradichi e stirpi e disboschi sì le male radici dei vizii, che non  possino più germinare, né crescere nel giardino dell'anima tua. 

   Vuole dunque, figliuola mia, il nostro Padre celestiale da quelli che Ei comincia a  riscaldare del suo santo calore, che dopo il chiamamento che ci fa, il quale de' essere dopo la  confessione, si sia che noi c'ingegniamo, quanto noi possiamo, d'attendere a stirpare le male  radici dei vizii, e ogni mala consuetudine che conosciamo regni in noi. Che solamente  confessarsi l'uomo de' suoi peccati, e dire alcuni paternostri che l'imporrà il confessore, e  non istudiarsi di emendare la vita sua, istirpando ogni mal vizio dal cuor suo, questa tale  confessione è propriamente la confessione del lupo, del quale si dice per modo d'esempio. 

   Onde si dice, che volendosi una volta confessare, se ne andò a uno romito che abitava  sopra ad un ponte, confessandosi da lui, e dolendosi ch'egli aveva mangiate molte pecore, e  altro bestiame. E domandandolo poi il romito, se egli era ben pentito de' suoi peccati,  rispose che sì. E ponendoli il romito la mano in capo per assolverlo, in quello ch'e' l'assolveva, passò sotto il ponte un branco di pecore, che andavano a bere. E sentendo il  lupo il belar delle pecore, interruppe l'assoluzione, e disse al romito: Taci un poco! E  domandollo, che romore era quello. Rispose il romito, che erano pecore, che andavano a  bere. Disse il lupo: Spicciati presto, e assolvimi, però ch'io ne voglio andare a mangiare una.  Or così dico che fanno tutti coloro, che non hanno cura di stirpare de' loro cuori li vizii, che  dentro vi sono radicati; ma stanno pure contenti alla semplice confessione, e alla penitenza  che dà loro il confessore, e d'altro non si curano. 

   Questi tali, ad esempio del lupo, pare loro mille anni di essere assoluti, per andare  issofatto a commettere quei medesimi peccati, e anco peggio. Onde di questi tali dice San  Piero, che «sarebbe stato lor meglio che non avessero mai conosciuto la verità, che poi che  l'hanno conosciuta, non l'hanno saputa mettere in esecuzione, ricadendo issofatto nei  peccati». Onde dice il Signore, nel vangelio, di questi tali, «che il demonio che prima s'era  partito dall'uomo (per la santa confessione), ricadendo poi in peccato, sì ci torna, e menane  sette altri con seco, peggiori di sé; e ritrovando la casa (cioè l'anima) spazzata e netta (per lo  sacramento della confessione), diventa questo cotale molto peggiore che non era prima». 

   Voi dunque, figliuola mia, se desiderate di venire a qualche lume e amore e gusto di Dio,  è necessario che la prima cosa che facciate, dopo che vi siete partita dal male, per vigore  della confessione generale che avete fatta, che v'affatichiate valentemente a stirpare dal  vostro cuore ogni mala consuetudine, che la coscienza vostra giudica di avere in voi. E  questa è la vera penitenza. Penitenza non vuol dire altro, se non molto affaticarsi con pena.  Onde è un proverbio che dice, quando l'uomo è molto affaticato da uno, o da qualche cosa,  e' suole l'uomo dire: Tu mi se' una grande penitenzia! 

   E credetemi, figliuola mia, credetemi, che chi non si studia di vincere le sue passioni, e  diradicarle bene del suo cuore, è impossibile cosa che mai possa pervenire a nullo gusto di  Dio, né a nulla perfezione spirituale; né a mai potere giungere alla terza parte dalla pace, che  Dio ci dice per lo Profeta, ciò è di cercare la pace. Or come, figliuola mia, può mai sentire  pace di riposo spirituale quell'anima, se in essa regnano ancora li vizii? I quali ogni dì la fan  conturbare infinite volte, tirandola chi in una passione e chi in un'altra, da tanti e tante volte,  da quanti vizii ell'è posseduta. 

   Non sia dunque nullo che si confidi di dire molti ufficii, o molti salmi, o molti paternostri,  o molte orazioni, né in suoi digiuni, né in sue lemosine, né in sue vigilie, di potere pervenire  a perfetta pace e consolazione di mente, se prima non istirpa da sé le male radici de' vizii  che regnano in lui; però che Dio, come dice per la Sapienza, Egli che è somma pace, non  abita in anima maligna. Vuole dunque Dio, come ci fa dire per lo Profeta, che, la prima  cosa, ci partiamo dal male con animo di non ci tornare più; e non è possibile a non tornarci  più, e non ricaderci, chi prima non istirpa perfettamente le cagioni del peccare. 

   Or su dunque, figliuola mia, se questa è la cagione che c'impedisce che non possiamo far  bene, né pervenire a pace, affatichianci perfettamente a stirpargli da' nostri cuori; però che,  come dice il Signore, «il regno del cielo s'ha per forza, e i violenti lo rapiscono». 

   Facciamo dunque violenza alla nostra fragilità: e a similitudine di quelli che desiderano di  raddomesticare il loro giardino, che con ogni sforzo s'ingegnano di nettare la terra da ogni  mal a radice, e da ogni mala sementa, non cogitando la fatica che durano, ma il frutto e  diletto che aspettano da esso giardino; così noi, spiritualmente, quando ci pare indurito, di  perdonare le ingiurie, o lasciare i diletti, e le nostre male consuetudini a tempo; leviamo le  nostre menti a Dio, a contemplare quei beni, li quali Iddio ci ha apparecchiati, non per certo  tempo, né con fastidio, come sono questi di nostra vita presente, ma in eterno senza fine. I  quali sono tanti e siffatti, che, come dice l'Apostolo, «occhio non può vedere, né orecchio udire, né cuore d'uomo comprendere quello che Dio ha apparecchiato a tutti quelli che in  verità l'amano». 

   Or questo poco basti aver detto, come dobbiamo istirpare da' nostri cuori ogni mala  passione, per desiderio di pervenire al terzo grado della pace; assomigliatolo a quello che  desidera d'addomesticare il suo giardino, che prima stirpa le male radici che si trovano nella  terra: a ciò che, poi che d'esse sia bene purificata, vi possa seminare il buon seme, a ciò che,  come disse il Signore, possa fare frutto centesimo, ciò è rendere cento per uno. Ciò è, per  una poca di fatica temporale, rendercene cento cotante consolazioni spirituali. 

   Ora resta a vedere qualche cosa, per che modo si debbino stirpare dagli animi nostri le  nostre passioni; a ciò che, poi che le abbiamo cacciate da noi, le menti nostre rimanghino  pacifiche, a potere senza fatica operare il bene. 

SAN ANTONINO

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