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giovedì 14 gennaio 2021

Si vogliono chiudere loro gli orizzonti spirituali e imprigionare gli uomini tra loro, in questa massa umana che non sa più dove va, cosa fa, né cosa pensa.

 


La santità sacerdotale


La talare: una predicazione 

Voi siete venuti in seminario per incontrare Nostro Signore e, oggi, volete che ciò venga espresso con un segno esteriore che ormai testimonierà agli occhi del mondo che voi siete legati a Nostro Signore per sempre e che desiderate predicarLo, manifestarLo. Voi volete dimostrare il vostro attaccamento a Nostro Signore Gesù Cristo, manifestare la vostra fede nella Redenzione di Nostro Signore venuto nel mondo. Avete ragione, miei cari amici. Voi sarete gli araldi di Nostro Signore Gesù Cristo, Lo predicherete non fosse altro che con il vostro abito, con il vostro contegno. Questa sarà una eccellente predicazione per tutti quelli che v’incontreranno108.

 Si racconta, nella vita di san Francesco d’Assisi, che nel momento in cui andava a predicare nei borghi, nei paesi, egli si facesse accompagnare da frate Leone e, un giorno, disse a questo frate; “Venga, andiamo a predicare”. Ed ecco che san Francesco esce con frate Leone e attraversa la città di Assisi. E rimane in un silenzio completo, senza che gli esca di bocca una parola. E ritorna in convento. Frate Leone gli chiede: “Ma, frate Francesco, aveva detto che saremmo andati a predicare e non abbiamo detto niente!- Ebbene, gli risponde san Francesco, abbiamo predicato con il nostro abito. Girando per la città di Assisi con i nostri abiti, abbiamo predicato il Vangelo”109. Miei cari amici, è quello che la Chiesa vi chiede ora: predicare il Vangelo semplicemente con il vostro abito, che esprime proprio il distacco dalle cose del mondo per attaccarvi a Nostro Signore Gesù Cristo110.

La vestizione è un gran cambiamento nella vostra vita. Non solo è un cambiamento esteriore, ma anche interiore. Bisognerà che siate degni dell’abito che portate. Anche il mondo pagano che rifiuta Dio, che lotta contro Dio, aspetta da voi questa testimonianza; a maggior ragione i cristiani che hanno conservato la fede e che oggi sono smarriti. “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in terra così in Cielo” (Mt 6, 10), ecco cosa ci ha insegnato Nostro Signore ed insegnerete voi ai vostri fedeli. Essi hanno bisogno di sapere che Nostro Signore Gesù Cristo deve regnare, non soltanto in Cielo, ma quaggiù, nei nostri cuori, nelle nostre anime, nelle famiglie, nella società. Tutto appartiene a Nostro Signore, tutto è Suo. Noi non abbiamo il diritto di sottrarre nulla al suo Regno111.

Voi sarete così un segno di speranza. Il mondo muore per la mancanza di speranza, per la disperazione, perché si vogliono costringere gli uomini in una condizione terrena. Si vogliono chiudere loro gli orizzonti spirituali e imprigionare gli uomini tra loro, in questa massa umana che non sa più dove va, cosa fa, né cosa pensa. Li si vuole assetati dei beni del mondo perché non pensino più a Dio, né ai beni spirituali, né alla vita eterna. Ebbene, voi sarete il segno di questa speranza, perché la vostra talare è il segno dell’abbandono delle cose del mondo per legarsi alle cose celesti ed alle cose spirituali. Ora la speranza consiste precisamente nel fissare il nostro sguardo sui beni eterni. Voi camminate con lo sguardo fisso alla vita eterna e questo, la gente lo sa, lo capisce. Così facendo, voi farete loro del bene, li consolerete, mostrerete loro che la vera libertà non consiste nel vivere chiusi in questo mondo; tutto il contrario! Quello è il segno della schiavitù. La libertà consiste nel liberarsi dalle cose del mondo per attaccarsi ai beni eterni. La sera, a compieta, voi cantate: “Tu ci hai fondati sulla speranza” (Sal 4, 10)112. Sì, davvero il buon Dio ci ha dato un’anima che ha bisogno dei beni eterni. Allora noi, durante il nostro pellegrinaggio quaggiù, dobbiamo tenere gli occhi rivolti al Cielo. Voi sarete quindi un segno di speranza113.

L’abito clericale indica agli occhi del mondo la santità della Chiesa, cioè il distacco dalle cose del mondo e la vostra consacrazione a Nostro Signore Gesù Cristo. Che esempio darete della presenza di Nostro Signore Gesù Cristo in questo mondo, della presenza del suo sacerdozio! Come ha bisogno, il mondo, di vedere questo!

Com’è triste pensare che la cerimonia che facciamo noi, oggi non esiste più! Forse che non c’è più bisogno di manifestare Gesù Cristo al mondo? Non è forse il ruolo principale della Chiesa? Un mondo senza Gesù Cristo è un mondo senza Dio, un mondo perduto, un mondo destinato ad andare all’inferno. Soltanto Gesù Cristo è la nostra salvezza, la nostra gioia, la nostra ragion d’essere.

Allora voi manifesterete che credete in Nostro Signore Gesù Cristo, che credete nel suo sacerdozio, e in questo rendete un servizio inestimabile alle anime ed alla santa Chiesa114.

Mons. Marcel Lefebvre

giovedì 12 novembre 2020

La santità sacerdotale

 


La talare: un segno di sacrificio

Voi che state per indossare la talare, ricordate le parole che pronuncerà il vescovo fra qualche istante: “Rivestitevi di Cristo100”. La vostra talare, quindi, è immagine di tutte le virtù di Nostro Signore di cui dovete rivestirvi: virtù di penitenza, di austerità, di semplicità, di distacco dalle cose di questo mondo, ed anche di attaccamento a Nostro Signore Gesù Cristo, alla sua Croce101.

Voi porterete le vostre sofferenze, le vostre prove con Nostro Signore, come la santissima Vergine Maria. Voi ne sarete felici e ci troverete delle grandi consolazioni. La Croce, è la nostra speranza102. Sì, la Croce di Nostro Signore è la nostra speranza. Perché? Perché la Croce di Gesù Cristo conduce alla Resurrezione, alla vita eterna. Nostro Signore non è venuto ad insegnarci altro. E’ venuto a dirci che la vera vita non è quella di quaggiù, che la vera vita è nell’eternità103!

La talare che indosserete significa sacrificio104. Ormai, con il vostro abito, predicherete il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo. Non dovete avere paura di manifestarlo. D’altra parte, questa sarà la vostra consolazione e la vostra gioia, perché è specialmente nel Sacrificio della Messa che troverete la forza di essere dei veri e santi sacerdoti.

 Quando camminerete per le vie dei vostri paesini, delle vostre città, predicherete il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo. Oggi più che mai, c’è bisogno di questa predicazione. Mai come oggi, è stata rifiutata la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ stato distrutto l’altare del Sacrificio, si distrugge la Croce, non si sa più quel che significhi il Sacrificio della Messa.

Proprio per questo, allora, dato che questa idea di sacrificio scompare ovunque dalla vita degli uomini, bisognerà che voi la manifestiate. Gli uomini hanno bisogno della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. La salvezza è nella Croce. Di conseguenza, predicando la Croce con il vostro abito, voi predicherete la salvezza dell’umanità105.

Poiché è la festa della santissima Vergine Maria, rivolgiamoci alla nostra buona Madre del Cielo. Lei è stata veramente cristiana nel senso pieno della parola. Ha seguito Nostro Signore fino alle Sue sofferenze sulla Croce. E’ stata corredentrice, ha condiviso la Passione di Nostro Signore: Madonna della Compassione. Lei dunque ci dà l’esempio della carità misericordiosa, della carità nel sacrificio

Allora, chiediamo alla santissima Vergine Maria di capire sempre meglio il senso della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo106.

Lei è stata presente ai piedi della Croce perché ha voluto, con Nostro Signore, vincere il mondo. E’ nel momento in cui Nostro Signore è morto sulla Croce che la vittoria sul demonio è stata definitiva. La santissima Vergine è associata a questa vittoria di Nostro Signore contro il demonio e le potenze delle tenebre e di questo mondo. La santissima Vergine ci aiuterà anche a vincere questo mondo, il demonio e tutto ciò che, in noi, può opporsi all’amore di Nostro Signore Gesù Cristo107.

Mons. Marcel Lefebvre


venerdì 25 settembre 2020

La santità sacerdotale

 


1. I benefici della talare

Al di là della sua portata simbolica, la talare è al contempo una protezione per colui che la porta ed un prezioso mezzo di apostolato.

Come un militare indossando la propria uniforme sente benissimo che, se lo si chiama a difendere le famiglie del suo paese, le città della sua patria, egli ha una certa responsabilità e deve essere pronto ad andare in guerra e, se occorre, a versare il proprio sangue, così il clero che veste la talare si sente pronto a servire Nostro Signore Gesù Cristo, affinché si estenda il Suo regno nel mondo e nelle anime93.

Sarebbe inammissibile che noi, che abbiamo la grazia di credere in Nostro Signore Gesù Cristo, non fossimo missionari. Voi lo sarete, miei cari amici. Voi lo sarete già con il vostro comportamento, con il vostro abito, più tardi con la parola ed i sacramenti che amministrerete, ed in particolare con il Santo Sacrificio della Messa. Voi sarete missionari94.

La talare: una clausura

Insisterò particolarmente, come manifestano le preghiere che, tra pochi istanti, il vescovo reciterà per voi a nome della Chiesa, sulle disposizioni interiori che dovete avere per ricevere le grazie che stanno per esservi elargite con la vestizione. In un certo modo si potrebbe paragonare la talare ad una clausura. Sì, voi state per entrare in clausura, per ritirarvi in un certo senso in un romitaggio. Oramai la vostra anima sarà separata dal mondo95, come dicono le preghiere, liberata “dai fastidi del mondo e dai desideri del secolo, (…) da ogni accecamento spirituale e umano96”. Voi eviterete questo accecamento, non solo spirituale, ma anche umano, che dà il mondo del peccato, il mondo in quanto sottomesso alle influenze di Satana. La santa Chiesa utilizza il termine umano, tanto è vero che, quando non si ha più la luce di Nostro Signore Gesù Cristo, si perde anche il senso comune, l’intelligenza pura e semplice e davvero sensata della realtà, della verità.

Perché allora questo allontanamento dal mondo? Per riflettere sul gran dono che vi ha fatto Dio dandovi un’anima perché riceviate la luce. E’ ancora quello che chiede il vescovo97, che riceviate la luce della grazia, della vita eterna. Questa luce della vita eterna, voi la ricevete maggiormente, proprio perché siete separati dal mondo grazie alla vostra talare, che è una specie di clausura. Questa luce della vita eterna, sono le luci delle realtà eterne, delle verità di sempre98.

Rivestendovi di Nostro Signore Gesù Cristo, voi vi rivestirete anche di tutta la sua dottrina e, se c’è una dottrina che deve essere la luce della nostra vita, la regola del nostro comportamento, questa è proprio il discorso della montagna e delle Beatitudini.

Sì, voi siete beati perché, con la talare che vestirete tra pochi minuti, manifesterete il vostro spirito di povertà. “Beati quelli che hanno lo spirito di povertà, perché avranno la loro ricompensa eterna. Beati i miti, perché possederanno la terra. Beati quelli che avranno fame e sete di giustizia, di santità. Beati i misericordiosi. Beati i pacifici. Beati quelli che soffriranno persecuzioni a causa del mio nome” (Mt 5, 3-11), dice Nostro Signore.

 Così, Nostro Signore vi dà tutto un programma. Vestendo la talare, voi vi rivestite di Nostro Signore e, di conseguenza, vi rivestite anche della sua Legge99.

Mons. Marcel Lefebvre


sabato 22 agosto 2020

La santità sacerdotale



La vestizione

La prima cerimonia a segnare profondamente i seminaristi è quella della loro vestizione78. Quel giorno, concretizzano il loro dono totale a Nostro Signore Gesù Cristo abbandonando definitivamente l’abito secolare e indossando l’abito ecclesiastico. Questa commovente cerimonia nei seminari della Fraternità San Pio X dell’emisfero nord si svolge il due febbraio, cioè quattro mesi dopo l’ingresso in seminario.

1. Il due febbraio, una data provvidenziale

La festa liturgica del due febbraio è una festa che segna in modo molto particolare la vita del nostro caro seminario di Ėcône. Non solo è una festa radiosa, grazie alla rilevanza della bella liturgia della Purificazione della santissima Vergine Maria, tutta radiosa a causa della luce che Nostro Signore Gesù Cristo porta al mondo entrando nel Tempio di Gerusalemme, ma c’è, mi pare, un’affinità particolare tra il significato di questa festa meravigliosa e la vestizione di quelli che vogliono consacrarsi a Nostro Signore nel sacerdozio79.

La festa dell’incontro


Nei primi secoli della Chiesa, la festa della Purificazione era detta festa dell’incontro. Perché festa dell’incontro? Perché Simeone ed Anna, chiamati dallo Spirito Santo, erano andati incontro a Nostro Signore ed ai suoi genitori al Tempio di Gerusalemme (Lc 2, 25-38).

Ebbene! Oggi, miei cari amici, anche voi andate incontro a Nostro Signore, un incontro tutto speciale. Certo, avete già incontrato Nostro Signore quando i vostri genitori vi hanno preparato alla prima comunione. Vi ricordate certamente il giorno benedetto della vostra prima comunione. Fu il vostro primo incontro intimo, personale, con Nostro Signore Gesù Cristo. E da allora, quante volte avete avuto la grande grazia di unirvi a Nostro Signore, di conoscerLo meglio. Forse ci sono state delle nuvole, nel corso della vostra esistenza, in quest’unione con Nostro Signore, ma ecco che, attirati dallo Spirito Santo, siete venuti in questo seminario per incontrarLo di nuovo, questa volta in modo definitivo, in modo ancora più personale, più convinto, più affettuoso, più perfetto, più completo80.


La festa dei testimoni


Festa dell’incontro, la festa della Purificazione è anche la festa dei testimoni. E’ come la conclusione di tutte le feste che, da Natale, hanno costellato tutto il tempo della Natività e dell’Epifania. E, se volessimo riassumere questo tempo liturgico, potremmo dire che è stato quello dei testimoni, testimoni di Nostro Signore Gesù Cristo, testimoni di quella luce “che illumina ogni uomo venuto in questo mondo”, come dice così bene san Giovanni. Sì, “ Costui era la vera luce” (Gv 1, 9). Lo ha detto Egli stesso: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Nostro Signore è la luce che porta la chiarezza e la verità nelle nostre intelligenze e, al tempo stesso la vita, la carità dello Spirito Santo nei nostri cuori.

I testimoni di Nostro Signore sono stati numerosi. Già prima della Natività, l’angelo Gabriele testimonia la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo annunciando la buona novella alla Vergine Maria (Lc 1, 26-33). Poi fu la Vergine Maria stessa nel suo Magnificat ( Lc 1, 46-55), così come Elisabetta (Lc 1, 41-45) e Zaccaria (Lc 1, 67-79). San Giovanni Battista stesso nel seno di sua madre manifestò la grandezza di Dio che andava a visitarlo (Lc 1, 44). Poi i pastori a Betlemme furono invitati a loro volta dagli angeli del Cielo a cantare la gloria di Nostro Signore Gesù Cristo (Lc 2, 9-14). Poi furono i re magi ad andare ad umiliarsi davanti a quel bambino nel presepe, riconoscendo tutti i suoi privilegi regali (Mt 2, 1-11).

Oggi, la Chiesa ci ricorda che due testimoni speciali hanno accolto Maria, Giuseppe ed il Bambino Gesù nel Tempio. Sono Simeone e la profetessa Anna, che, dice il Vangelo, avevano atteso Gesù per testimoniare precisamente la venuta del Messia. Allora, il vecchio Simeone, prendendo il Bambino Gesù tra le braccia, cantò il suo Nunc dimittis ( Lc 2, 29-32).

Che magnifico nugolo di testimoni speciali ci ha preceduti nella testimonianza che dobbiamo rendere alla divinità di Nostro Signore Gesù Cristo!

Dopo tutti i testimoni che ho appena enumerato, anche voi, in questo XX secolo che non vuol più accogliere Nostro Signore Gesù Cristo, in questo mondo che si crede adulto, che non vuol più inchinarsi davanti a Nostro Signore Gesù Cristo, che non vuol più imitare i re magi che si sono inginocchiati davanti a quel Bambino povero, indigente, in quella stalla, ebbene! anche voi state per essere testimoni di Nostro Signore Gesù Cristo81.

Sì, se c’è un termine che ben si addice a ciò che ormai state per diventare, è proprio la parola testimoni. Voi sarete i testimoni di Nostro Signore Gesù Cristo: “Voi sarete miei testimoni fino alle estremità della terra” (At 1, 8). E’ questo che indica la vostra talare, l’abito ecclesiastico che state per ricevere. Questo abito vi invita ad essere nel mondo i testimoni della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Bisogna che voi vi poniate sul piano della fede, sul piano soprannaturale, sul piano della rivelazione che Nostro Signore Gesù Cristo è venuto a portarci incarnandosi, prendendo una carne simile alla nostra e vivendo in mezzo a noi. E’ Lui che rappresenterete, è Lui che predicherete, è il Suo esempio che manifesterete al mondo, è Lui di cui il mondo ha tanto bisogno82.

La festa della luce


La Chiesa, in questa festa commovente della Purificazione, rappresenta l’incontro di Nostro Signore con il vecchio Simeone grazie all’evocazione della luce. Essa vuole che meditiamo in modo del tutto particolare su Nostro Signore, luce del mondo, luce dei Gentili. Ce lo insegna con la liturgia, non solo nella festa della Purificazione, ma durante tutta la nostra vita cristiana. Ci ha già messo in mano, nel nostro battesimo, un cero illuminato, tramite i nostri padrino e madrina che ci rappresentavano. Quel cero simbolizzava lo Spirito Santo che veniva ad abitare nelle nostre anime. Durante l’anno liturgico, ci sono altre cerimonie in cui si utilizza un cero. Così, la Chiesa domanda al sacerdote di benedire il cero pasquale la notte tra il Sabato Santo e la Domenica di Pasqua. Il sacerdote contrassegna in modo particolare quel cero su cui si trovano cinque grani d’incenso disposti a forma di Croce. Quel cero resta con noi come la luce delle nostre anime per settimane fino all’Ascensione. E’ perché veramente Nostro Signore è la luce delle nostre anime. Allo stesso modo, la Chiesa domanda a tutti quelli che si preparano all’ordinazione di portare in mano un cero acceso per manifestare il desiderio di essere animati dalla luce di Nostro Signore Gesù Cristo e dalla sua carità83.

Gesù è la luce della verità. Egli è Dio, e Dio è verità. Nella sua santa anima, Gesù aveva la visione beatifica. E’ quella visione beatifica che riceve la Chiesa. La Chiesa trionfante partecipa alla visione beatifica della santa anima di Gesù. Quaggiù non abbiamo che la fede. Ora è la Chiesa che ha ricevuto da Nostro Signore la missione di trasmettere la fede, la verità. E’ il suo compito più intimo, più profondo, più necessario. Senza la fede, la Chiesa cattolica non è niente. Senza la verità di Nostro Signore Gesù Cristo, non c’è più Chiesa cattolica. Gesù vuole che le verità di fede si trasmettano di generazione in generazione tramite la Chiesa. Di conseguenza, sarà compito vostro, ed è proprio ciò che dicevano gli apostoli: “Noi saremo liberi per la preghiera ed il ministero della parola” (At 6, 4). Essi hanno costituito dei diaconi per potersi dare interamente alla preghiera ed al ministero della parola per trasmettere la verità. Ecco il compito degli apostoli84.

 “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 14). Se Nostro Signore chiede, a tutti noi, di essere la luce del mondo, noi dobbiamo essere simili a Lui perfettamente. Dobbiamo esserlo soprattutto con la fede, ma anche con le azioni, con la carità, perché Nostro Signore aggiunge: “Non si mette la luce sotto il moggio. Bisogna che essa illumini il mondo affinché gli uomini, vedendo le vostre opere, rendano gloria a Dio” ( Mt 5, 15-16).

Che responsabilità avete! Perché, tra qualche istante, voi non sarete più gli stessi. Per il fatto stesso di vestire la talare, il mondo si aspetterà che voi siate degli altri Cristi, che manifestiate la luce di Nostro Signore nelle vostre parole, nei vostri comportamenti, nei vostri gesti, nelle vostre azioni. Ed i fedeli avranno ragione, voi dovete essere degli altri Cristi, voi dovete essere il sale della terra, la luce del mondo85.

Fate in modo che i vostri studi, che tutta l’atmosfera del seminario siano per voi, precisamente, fonte di luce, fonte di carità, fonte di verità. Che gioia, che grazia essere stati scelti da Nostro Signore Gesù Cristo in questi tempi di tenebre per ricevere la luce! Voi avete appena ricevuto il cero che è il segno, il simbolo della luce che è Nostro Signore Gesù Cristo.

Conservate preziosamente questa fiaccola, mantenete nelle vostre anime la luce della verità86.

Il seminarista presentato al Tempio


Un’altra somiglianza tra la festa della Presentazione di Gesù al Tempio e la cerimonia della vostra introduzione nel Tempio di Dio è il fatto che i vostri genitori, qui presenti, vengono anch’essi a presentarvi al Tempio. Nelle cerimonie del sacramento del matrimonio, i genitori conducono i propri figli all’altare perché ricevano le grazie del sacramento del matrimonio.

Allo stesso modo, oggi, essi vi conducono ai piedi dell’altare per queste nozze mistiche delle vostre anime con Nostro Signore Gesù Cristo, e Gesù crocifisso, perché è Lui lo sposo delle vostre anime, è Lui che lo diverrà sempre più se voi gli date davvero interamente le vostre anime87.

Come il Bambino Gesù è stato presentato al Tempio, i seminaristi che, tra pochi minuti, si presenteranno all’altare per vestire il santo abito ecclesiastico, si presenteranno anch’essi al Tempio. Ma Nostro Signore si presentava nel suo Tempio, era il Dio che veniva adorato nel Tempio. Essi, da parte loro, si presentano umilmente, come delle creature di Dio scelte per pregare Dio, per onorare Dio nel suo Tempio88.

Anche voi, state per salire i gradini del Tempio. Anche voi, state per portare Nostro Signore Gesù Cristo. Anche voi, siete destinati a portare Colui che è la luce del mondo. Come la Vergine Maria, possiate tenere un giorno Nostro Signore Gesù Cristo tra le vostre mani e le vostre braccia con le stesse disposizioni, con la stessa fede, con la stessa carità, con lo stesso desiderio di dare, di portare quella luce al mondo. Ed è questo che esprimeranno le preghiere della benedizione delle vostre talari89.

Come Gesù e Maria si sono presentati al Tempio, anche voi, oggi, seguite Gesù e Maria per presentarvi a quel Tempio che è la Chiesa. Possiate presentarvi con dei cuori altrettanto puri, con delle disposizioni altrettanto sante di quelle della Vergine Maria e del Bambino Gesù. Non erano né il Tempio né la purificazione di Maria a rendere puri i loro cuori, era Gesù, il Dio vivente, che santificava il Tempio. Maria, essendo tutta pura, non aveva bisogno di purificazione, ma la Sacra Famiglia ha voluto obbedire alla Legge e mostrare così l’importanza della Chiesa.

Quanto a voi, voi avete bisogno di purificazione e venite in Chiesa per domandarle le sue grazie di redenzione. Voi ci venite per unirvi maggiormente a Nostro Signore Gesù Cristo90.

Presentatevi come Gesù al Tempio, con il cuore puro, distaccato, e chiedete a Maria di presentare al Tempio anche voi, come Nostro Signore. Voi siete figli suoi. Che vi presenti al Tempio affinché siate consacrati a Dio, a Nostro Signore Gesù Cristo. Chiedete a questa santa Madre di infondere nelle vostre anime, nei vostri cuori, le disposizioni che aveva quando vi presentò Lei stessa il suo Figlio divino91.

 Ecco il significato di questa bella giornata del due febbraio, in cui la luce è giunta nel Tempio di Gerusalemme e attraverso quel Tempio si è diffusa nel mondo “come la luce che deve illuminare le nazioni” (Lc 2, 32), secondo la parola del santo vecchio Simeone. Sì, è vero, la luce si è diffusa nel mondo per tutte le nazioni, non solo per Israele. Nostro Signore è la gloria del popolo d’Israele, senza dubbio, ma si è rivelato innanzitutto per tutte le nazioni.

Allora, quanto dobbiamo rendere grazie oggi per tutte le magnifiche cerimonie che ci tramanda la Chiesa e che hanno un significato ineffabile, meraviglioso, cerimonie che ci vengono dal Cielo e ci trasportano in Cielo92!

Mons. Marcel Lefebvre

sabato 27 giugno 2020

La santità sacerdotale



Una vita con Nostro Signore ed una scuola di carità


Durante gli anni di seminario, i seminaristi hanno la grazia insigne di vivere sotto lo stesso tetto di Nostro Signore Gesù Cristo. Di conseguenza possono avvicinarlo come facevano Maria e Giuseppe, nel silenzio, nel raccoglimento, nello spirito di preghiera che deve regnare in seminario. Nelle loro orazioni, nei canti liturgici, in tutte le loro cerimonie, imparano a conoscerLo e ad amarLo sempre un po’ di più. Lo avvicinano in modo particolare anche tramite i sacramenti che ricevono, il sacramento della penitenza e quello dell’Eucaristia. Rispetto agli altri fedeli hanno anche il vantaggio di potersi dedicare più a lungo alle Scritture, a tutto l’insegnamento della Chiesa, per capire meglio il posto che Nostro Signore deve occupare nella loro vita74.Così devono ringraziare Dio che offra loro queste grazie e che li abbia scelti per essere suoi intimi amici75.

Se si avvicinano a Nostro Signore, è per portarLo al mondo. Sono chiamati ad essere missionari per natura, per essenza, perché il sacerdote porta Colui che è la luce delle nostre intelligenze, il calore dei nostri cuori ed il motore delle nostre volontà.

Questa luce, deve innanzitutto risiedere nella loro intelligenza con il sapere che acquisiscono in seminario. Tuttavia, hanno da acquisire non soltanto la scienza ed una fede profonda in Nostro Signore Gesù Cristo, unica salvezza del mondo (secondo Lc 2, 30-31), come ha proclamato il vecchio Simeone, ma hanno ugualmente bisogno di infiammare i loro cuori con la carità di Nostro Signore Gesù Cristo.

La carità si acquista con degli sforzi costanti e con una preghiera assidua rivolta a Nostro Signore. Noi non possiamo sperare di ricevere tutte le grazie che ci trasformano nella carità di Nostro Signore senza pregare, senza fare orazione, senza domandarle a Nostro Signore Gesù Cristo.

Ecco perché i seminaristi amano raccogliersi in cappella vicino a Nostro Signore, per domandarGli le grazie e tutte le virtù che sono espressione di carità.

Così, saranno la luce del mondo, non solo con le parole, ma anche con l’esempio. E’ proprio quello che dicono le preghiere delle ordinazioni che li avvicinano poco a poco al sacerdozio.

 Con il loro esempio devono essere la luce del mondo. Devono irradiare le virtù di Nostro Signore Gesù Cristo, mostrarle al mondo. Ora, per riuscirvi, il cammino è lungo e forse faticoso e difficile. I seminaristi devono allora ricordarsi quel capitolo di san Paolo ai Corinti che elogia la carità (1 Cor 13). Dovrebbero conoscere a memoria le caratteristiche della carità menzionate da san Paolo: la carità è paziente, la carità sopporta tutto, crede tutto, gioisce quando è proclamata la verità. Noi dobbiamo avere questa carità nei nostri cuori per rappresentare veramente ciò che Nostro Signore Gesù Cristo è venuto a portare al mondo76.

I seminaristi sono in seminario per preparare la loro vita eterna e quella di coloro ai quali saranno inviati. La vita eterna consiste nel conoscere Dio e Colui che Egli ha mandato, Nostro Signore Gesù Cristo (Gn 17,3). Ecco perché Nostro Signore Gesù Cristo è l’oggetto di tutti i loro studi, di tutti i loro sforzi in seminario. E’ tutto lì. Gesù Cristo è la grande rivelazione per noi, rivelazione cominciata quaggiù in terra con il catechismo, con i sacramenti, con la preghiera, e soprattutto con la santissima Messa, con la santa Comunione. La Rivelazione sarà al suo apice quando vedremo Dio in Cielo. Noi prepariamo quaggiù questa visione che ci renderà felici per l’eternità77.

Mons. Marcel Lefebvre

sabato 30 maggio 2020

La santità sacerdotale



Un insegnamento sotto l’egida di san Tommaso

Tutta la filosofia canta la gloria di Nostro Signore Gesù Cristo, che ha creato le cose di questo mondo. La filosofia non è altro che la scoperta delle meraviglie che Dio ha fatto nel mondo, nel mondo materiale, nel mondo spirituale e nel mondo celeste, perché l’apice della filosofia, è la teodicea, è lo studio di Dio, di tutti gli attributi meravigliosi di Dio65. La teodicea ci fa conoscere il Creatore, Colui che è per se stesso, mentre noi non siamo che per Lui66. Il tutto di Dio ed il niente dell’uomo, è un soggetto di meditazione che i seminaristi dovranno seguire per tutta la vita e che dovranno manifestare al tempo stesso nella loro predicazione e nel loro comportamento. La filosofia in definitiva è quella luce del Verbo di Dio che illumina i seminaristi durante i propri studi.

Bisogna studiare e meditare le verità della filosofia alla luce della fede. In effetti, anche delle verità naturali sono oggetto di fede67. Le prime parole del Credo sono proprio delle parole che affermano delle verità della filosofia e quindi della ragione naturale: “Io credo in Dio, Creatore del Cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”. La filosofia si riassume in questo. In definitiva, è tutta la teodicea68.

Dopo gli studi di filosofia, la teologia69 ci fa scoprire la Santissima Trinità, Nostro Signore, l’Incarnazione, la Redenzione, la Chiesa, i sacramenti: delle meraviglie che dovrebbero catturarci sempre di più ed aumentare la nostra carità70.

Che cose grandi, che cose belle, dovranno insegnare ai bambini ed ai fedeli i seminaristi, una volta diventati sacerdoti, per tutta la vita, la grandezza, la magnificenza della misericordia del buon Dio, della bontà di Dio per noi!

I seminaristi che si avvantaggiano dell’insegnamento tradizionale devono ringraziare Dio di far compiere loro questi studi sotto l’egida di san Tommaso d’Aquino, quel gran dottore che è stato posto a modello di scienza e di saggezza per tutti quelli che fanno degli studi ecclesiastici71. Quando pensiamo a cosa siano oggi gli studi in molti seminari e anche nelle università cattoliche…

 Essi dunque devono approfittare di questi anni di studi perché, più tardi, in mezzo alle loro occupazioni pastorali, non sarà loro quasi più possibile dedicarsi a questi libri72.

Possiamo dire che tutti gli studi del seminario fanno comprendere meglio ai seminaristi Dio e Nostro Signore Gesù Cristo, che è Dio, e tutta la Redenzione. Tutta la teologia ruota intorno a Nostro Signore Gesù Cristo, alla sua Messa ed alla sua Croce. Tutta la filosofia è in qualche sorta il sostrato, il piedistallo su cui è elevato il Sacrificio della Messa. Tutti gli studi sono orientati in questo senso. La sintesi della formazione dei seminaristi durante i loro anni di studio, è l’altare, è il Sacrificio della Messa73.

Mons. Marcel Lefebvre

venerdì 15 maggio 2020

La santità sacerdotale



La filosofia e la teologia

Dopo aver sviluppato la vita interiore durante l’anno di spiritualità, il seminarista si dedica soprattutto, per due anni, alla filosofia. Poi tre anni di teologia tendono a costruire in lui la saggezza cristiana. Oltre alla formazione dell’intelligenza tramite questo sapere soprannaturale, la volontà del giovane chierico è fortificata dalla vita di comunità, che non è altro che una vita di fede e carità. Mons. Lefebvre invita i seminaristi a sintetizzare i loro studi con uno sguardo contemplativo su Nostro Signore e sul Santo Sacrificio della Messa, e a dare a Nostro Signore tutto il posto che merita nella loro vita imitando le Sue virtù.

Nostro Signore al centro degli studi


Cosa può caratterizzare l’atmosfera del seminario? E’ lo spirito di adorazione, lo spirito di dipendenza. Un vero seminario ci dà un’idea di cosa sia il Cielo, in adorazione, davanti a Dio, davanti a Nostro Signore Gesù Cristo che è Dio. L’atmosfera del seminario ci porta a quell’obbedienza dello spirito, della volontà, del cuore, a quella docilità che consente ai nostri spiriti di ricevere la verità di Nostro Signore Gesù Cristo57.

Per sei anni, i seminaristi studiano la scienza di Nostro Signore Gesù Cristo, “il mistero di Cristo” di cui parla così spesso san Paolo, con il desiderio di comunicarlo58. Che si tratti di filosofia, di teologia, di diritto canonico, di liturgia, tutto è riconducibile a Nostro Signore Gesù Cristo. E’ Lui al centro di tutti gli studi del seminario59.

Gli anni di seminario sono forse un po’ lunghi per i seminaristi. Molti potrebbero desiderare di abbreviarli per arrivare più in fretta all’ordinazione sacerdotale. Tuttavia devono sapere che sono loro profondamente utili. Hanno bisogno di meditare la Sacra Scrittura. Hanno bisogno di conoscere la Rivelazione fatta alle nazioni, “la Luce che deve dissipare le tenebre delle nazioni” (Lc 2,32), come dice il vecchio Simeone, e di approfondire le verità che Gesù è venuto ad insegnarci, e sei anni non sono troppi per prepararsi a predicare Nostro Signore Gesù Cristo60.

Per tutta la durata del seminario, i seminaristi riflettono su cosa sia l’eternità in confronto al tempo, su cosa sia lo spirito in confronto alla materia, in definitiva su cosa sia Dio in confronto alle povere creature che siamo. Riflettono, come diceva così bene la grande santa Caterina da Siena, “ su Colui che è tutto, e su colui che non è niente61”.

Nostro Signore è il nostro tutto e noi, noi non siamo niente perché siamo solo delle creature, e delle creature peccatrici. I seminaristi contemplano il grande amore di Nostro Signore Gesù Cristo per loro, questo amore immenso che li prepara a ricevere il dono del sacerdozio grazie alla sua Croce, al suo Sangue che li ha riscattati ed è stato dato loro con il battesimo, con tutti i sacramenti che hanno ricevuto, grazie immense!

Nella solitudine del seminario ed anche, direi, in mezzo al mondo, ma separati dal mondo, riflettono su queste cose perché la luce scenda su di loro. E questa luce, che cos’è se non Nostro Signore Gesù Cristo stesso? “Io sono la Luce del mondo” (Gv 8,12), dice Nostro Signore Gesù Cristo. Egli è “la Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo” (Gv 1,9), san Giovanni lo dice nel suo prologo.

 Anche San Luigi Maria Grignion de Monfort ha detto delle parole molto semplici , ma così suggestive: “Colui che conosce Nostro Signore Gesù Cristo sa tutto, anche se non sa nient’altro”. In compenso, dice, “colui che non conosce Nostro Signore Gesù Cristo, anche se conosce tutte le altre cose, non sa niente62. I seminaristi, da parte loro, fanno di tutto per conoscere Gesù Cristo, per amarLo, per servirLo. E’ la loro consolazione, la loro felicità, la loro gioia63.

San Paolo cerca questa “scienza del mistero di Nostro Signore Gesù Cristo”. Domanda perfino ai suoi fedeli di pregare per lui: “Pregate per noi affinché il Signore ci dia la possibilità di parlare, di predicare il mistero di Cristo e che io lo manifesti come bisogna parlarne” (Col 4, 3-4). E’ certo che san Paolo era come ossessionato dal mistero di Nostro Signore Gesù Cristo, lui che ha avuto il vantaggio di essere non solo convertito da Nostro Signore stesso, ma anche istruito direttamente da Lui. E’ lui a dirlo. Durante gli anni che ha trascorso nel deserto, “la rivelazione gli è stata data da Nostro Signore stesso” (Gal 1, 12; Ef 3, 3). Perciò ha questo desiderio di comunicare agli altri il mistero di Cristo. Bisogna dunque tentare di comprendere meglio chi sia Nostro Signore e, a questo proposito, c’è un pericolo nel considerarLo soprattutto come uomo trascurando di considerarLo come Dio. Gesù Cristo è Dio. Di conseguenza, conoscere il vero Dio, è conoscere Nostro Signore Gesù Cristo. Non si dovrebbero separare. Il Verbo di Dio ha assunto un corpo ed un’anima simile ai nostri, ed è venuto tra noi, ma non c’è disuguaglianza nelle persone divine. Nostro Signore quindi è pienamente Dio. Certo, è un grande mistero! Ed è pericoloso fare questa distinzione tra Dio e Gesù Cristo. D’altra parte, questo mistero, lo dobbiamo studiare con devozione, con pietà, per attaccarci di più a Nostro Signore Gesù Cristo e vedere quali siano le relazioni che dobbiamo avere con Lui e quelle che Egli vuole mantenere con noi. E’ soprattutto questo che interessa. Che cosa si aspetta Nostro Signore da noi? Che cosa vuole fare di noi Dio, in definitiva, grazie a Nostro Signore Gesù Cristo, poiché è da Lui che riceviamo ogni grazia64?

Mons. Marcel Lefebvre

giovedì 30 aprile 2020

La santità sacerdotale



Una fonte di grazie per tutto il seminario


Credo che l’anno di spiritualità sia molto importante per quelli che lo seguono, ma anche per tutto il seminario. In effetti, là dove l’anno di spiritualità è incorporato agli altri anni di seminario, esso non è, credo, ininfluente sugli altri anni, perché sarebbe inverosimile che si facesse un anno di spiritualità e dopo si dicesse: Dopo tutto, adesso il mio anno di spiritualità è finito, ho altro da fare che ricercare la pratica delle virtù. Ora devo studiare la filosofia, la teologia, il diritto canonico, la Sacra Scrittura, ecc. Ho abbastanza materie da studiare senza occuparmi ancora di questioni spirituali.

Eppure, è proprio quello che ho sentito. Una volta terminato il noviziato, ricevevo i membri della mia congregazione dei Padri dello Spirito Santo come superiore del seminario di filosofia a Mortain. Venivano per due anni e si sentivano abbastanza spesso queste riflessioni: “Oh! Non siamo più al noviziato. Allora adesso possiamo prendercela un po’ più comoda. Il noviziato è passato, è finito! Adesso è tempo di cose davvero serie, la filosofia e la teologia”.

Allora, sfortunatamente, si vedeva diminuire progressivamente il desiderio della perfezione, delle virtù, della pietà, cioè tutta la formazione spirituale. Così, si era meno spirituali quando si andava in seminario di teologia che quando si usciva dal noviziato53!

Veramente , l’anno di spiritualità unito agli anni di formazione più speculativa, più intellettuale, fa bene e ricorda a tutti lo scopo del seminario. Negli studi di filosofia, di teologia e di tutte le altre discipline si dovrebbe trovare di che mettere in pratica tutte le fonti della vita spirituale. La filosofia e la teologia sono scienze meravigliose, che dovrebbero portarci alla contemplazione, alla lode di Dio ed all’umiltà54.

Conclusione: un anno trascorso accanto al buon Dio


Quest’anno di spiritualità aiuta i seminaristi ad avvicinarsi al buon Dio. Come dice la famosa frase di san Tommaso, “più s’impara a conoscere Dio e più ci si accorge che Lo si conosce poco55”. In effetti, a mano che ci si avvicina, per quanto poco sia, alla grandezza di Dio, ci si accorge che Dio ci supera infinitamente, e contemplarLo faccia a faccia costituirà la gioia dell’eternità. Noi abbiamo fin da quaggiù una certa conoscenza di Dio, una visione di Dio, ma tuttavia Dio è ancora più grande di quanto pensiamo e possiamo immaginare. L’anno di spiritualità ben compiuto deve dunque contrassegnare la vita intera del futuro sacerdote56.

Mons. Marcel Lefebvre

lunedì 13 aprile 2020

La santità sacerdotale



Una scuola di vita interiore

I seminaristi, per tutto l’anno di spiritualità, si applicano a vivere della vita dello spirito. Cercano di trovare Dio; ora Dio è Spirito. Nostro Signore lo dice alla Samaritana, “Dio è Spirito e vuole essere adorato in spirito e verità” (Gv 4,24). Il mondo che rimarrà, è il mondo spirituale. Il mondo materiale proviene dal mondo spirituale. E’ creato dallo spirito e non il contrario. Una volta distrutta la terra e caduti gli astri dal cielo alla fine dei tempi, questo mondo scomparirà. Ci sarà allora una terra nuova che sarà quasi spirituale, come il nostro “corpo resuscitato sarà un corpo spirituale” secondo l’espressione di san Paolo (1 Cor 15,44), perché il corpo sarà sottomesso alle virtù dello spirito. Il corpo non sarà più un ostacolo per le funzioni spirituali. Oggi, il nostro spirito è in qualche sorta imprigionato. Per spostare la nostra anima, bisogna spostare il nostro corpo. Lo spirito per natura è sottile, rapido. Basta che desideri trovarsi in un luogo per trovarcisi, mentre quaggiù è prigioniero. L’anima è dipendente dal corpo. E’ lo stesso nel campo della conoscenza. Come dice san Tommaso, “ogni conoscenza proviene dai sensi48”. E’ questo che rende la nostra conoscenza frazionaria e ridotta. La nostra intelligenza procede con modo di ragionare che trae tale conclusione da ciò che abbiamo visto qui, tal altra da un certo avvenimento, ed è concatenando i ragionamenti che finiamo per giungere alla scienza, ma è complicatissimo. Noi in questo modo approfittiamo dei ragionamenti di tutte le generazioni passate.

Per gli angeli, non è così. Gli angeli hanno naturalmente una scienza infinitamente maggiore della nostra. Il mondo degli spiriti senza dubbio ci meraviglierà quando moriremo. Davanti a Dio, resteremo ammutoliti, non dallo stupore e dallo spavento, ma di fronte al posto incredibile che occupa. Dio è uno Spirito infinito, che è ovunque. Si ha un bel tentare di comprendere, noi siamo di fronte ad un mistero che supera totalmente la nostra immaginazione. Come dice san Paolo, “noi siamo in Dio, noi viviamo in Dio, noi ci muoviamo in Dio” (dagli Atti 17,28). E’ vero, Dio è qui. Noi non saremmo qui se Dio non ci mantenesse in vita. Evidentemente noi non Lo vediamo, questo dunque ci rende molto difficile la conoscenza esatta della realtà.

Per questo viviamo in un certo accecamento, in una certa illusione continua. Se vivessimo nella realtà, se vedessimo Dio, non potremmo vivere, umanamente parlando. Prendete ad esempio quelli che hanno visto qualcosa del Cielo, come la piccola Bernadette. Erano in estasi, non si muovevano più. Si bruciavano loro le dita, e non lo sentivano, catturati dal Cielo, anche se non vedevano che una piccolissima luce, un piccolo raggio del Cielo. Guardate gli apostoli sul Tabor, “cadono a terra, spaventati davanti allo splendore di Nostro Signore” (Mt 17,6). Ora Dio non ha mostrato loro che una piccolissima luce del Suo splendore.


Ma, se non possiamo vedere Dio, dobbiamo credere in Lui perché infine vivere con Dio, è tutta la nostra vita presente e la nostra vita futura! Non è un’invenzione, non è fare del misticismo, dell’immaginazione, è la realtà. E’ triste pensare che noi viviamo sempre in una specie d’illusione, in questa cecità, quest’accecamento di cui parla l’orazione49. 

Ma nella misura in cui noi sviluppiamo la nostra vita interiore, la vita spirituale, la vita con Dio, la vita del battesimo, sforzandoci di dare alla nostra anima il posto che le è dovuto nella nostra esistenza, scopriamo un mondo nuovo. E’ questo il mondo che scoprono i seminaristi, specialmente nel corso del loro anno di spiritualità, implorando spesso la luce dello Spirito Santo per vivere davvero spiritualmente50.


L’anno di spiritualità ha l’obiettivo d’insegnare a pregare affinché i seminaristi ricevano le grazie dello Spirito Santo.


La preghiera non si limita alla preghiera vocale. I seminaristi imparano nuove preghiere, imparano a meditare ed a apprezzare le belle preghiere del breviario e degli uffici liturgici. Ma la preghiera è più di questo. Nella preghiera, i seminaristi imparano soprattutto, spero, ad unirsi a Nostro Signore Gesù Cristo. Nella loro preghiera, imparano a contemplare Nostro Signore Gesù Cristo, a contemplare Dio.


La contemplazione non è riservata alle anime particolarmente privilegiate da Dio. La contemplazione è offerta a tutte le anime che si aprono a Dio, che desiderano conoscerLo, che desiderano prendere coscienza che Dio è in esse. “Se voi mi amate, dice Nostro Signore, mio Padre e Me, Noi verremo e stabiliremo la nostra dimora in voi” (da Gv 14,23). Lo dice a tutti, ma lo dice in modo particolare ai seminaristi che si preparano al sacerdozio. Dio è venuto in noi e abita in noi. E’ questa coscienza della presenza di Dio in noi ed in tutte le cose che definisce, in qualche modo, la contemplazione.


Noi sfortunatamente siamo talmente lontani da Dio! I nostri spiriti ed i nostri cuori sono così attaccati alle cose di questo mondo! Quello che possediamo, tutto ciò che abbiamo, la nostra reputazione, quello che si pensa di noi, che si dice di noi, tutto questo ci preoccupa molto più di Dio. Se potessimo distaccarcene maggiormente!


Perché è lì che si trova forse il principale sforzo che devono fare i seminaristi durante l’anno di spiritualità: distaccarsi dai beni di questo mondo, distaccarsi dagli onori, dalla reputazione, dai loro propri pensieri, dai loro propri desideri, per non avere più che quelli di Dio, per non pensare più che a Dio, per donarsi interamente a Dio, abbandonarsi nelle mani di Dio, per non avere più che gli interessi di Nostro Signore Gesù Cristo nei propri cuori e nelle proprie anime.


Allora, quando vanno in cappella davanti a Nostro Signore Gesù Cristo nel Santo Sacramento, le loro anime si elevano veramente da sole verso Dio, si danno interamente a Dio. Se per disgrazia le loro anime restassero attaccate, legate a tutti questi beni effimeri, che non sono nulla rispetto a Dio, alla Santissima Trinità, a Nostro Signore Gesù Cristo, esse non potrebbero elevarsi51.


Riassumendo, lo scopo della spiritualità dei seminaristi è l’imitazione di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ quello di ogni spiritualità, ma a maggior ragione per dei futuri sacerdoti. Ecco perché Nostro Signore Gesù Cristo deve essere l’oggetto della loro conoscenza, del loro studio, della loro meditazione, della loro orazione52.

Mons. Marcel Lefebvre

venerdì 20 marzo 2020

La santità sacerdotale



 L’anno di spiritualità

Nel corso dell’anno di spiritualità, l’aspirante apprende i principi della vita interiore, la vita di unione a Dio ed i fondamenti del combattimento spirituale che essa implica. Quest’anno, compiuto coscienziosamente, deve avere una ripercussione su tutti gli anni successivi e perfino su tutta la vita del futuro sacerdote.


Perché cominciare con un anno di spiritualità?


Una delle ragioni per cui i seminaristi devono prendere sul serio la propria vita spirituale, è il fatto che vogliono diventare sacerdoti. Hanno dunque la grave responsabilità di ricercare la perfezione, la santità44. Le anime che li aspettano contano su questa preparazione, su questa serietà, perché i seminaristi non hanno solo la propria anima da salvare. Dio si aspetta da loro che, con la propria santificazione e più tardi con l’apostolato, salvino forse migliaia e migliaia di anime, non fosse altro che con la loro offerta, il loro sacrificio, forse con la malattia o la persecuzione; che tutta la loro vita sacerdotale sia unita all’offerta di Nostro Signore. Quindi lì hanno ancora un motivo particolare per cercare la propria perfezione in modo profondo e attivo45.


Ci si chiede perché ci siano tante defezioni nel sacerdozio. Forse quei sacerdoti non hanno saputo cosa fosse la preghiera. Hanno pregato superficialmente, per abitudine, per un certo dovere sociale, in qualche modo. Hanno assolto quel dovere nell’esercizio delle loro funzioni, ma non hanno pregato veramente. Non hanno imparato chi è Dio, né in cosa consista la nostra unione con Nostro Signore Gesù Cristo46.


Per questo credo che l’introduzione di un anno di spiritualità nel seminario sia una cosa molto importante.


Negli ordini religiosi, c’è sempre stato il noviziato ma, nei seminari, in generale, ci si accontentava di conferenze spirituali la sera, come ne facciamo qui. Senza dubbio, il confessore ed il direttore di coscienza si sforzavano di fornire ai seminaristi dei principi di condotta spirituale, di sviluppo spirituale, ma ci è parso che non fosse sufficiente.


Da parte mia, all’epoca del mio seminario, ricordo che noi eravamo sovraccarichi di lezioni (non so le lo siate anche voi!) e che padre Guibert teneva un corso di spiritualità all’Università Gregoriana. Ci consigliavano vivamente di seguire quel corso, ma non era obbligatorio. Viste tutte le altre lezioni cui assistevamo, praticamente non ci andava nessuno. Allora non possiamo dire di aver ricevuto una formazione spirituale approfondita e, direi, un po’ scientifica. Che cos’è la vita spirituale? In che consiste? Che cos’è la vita interiore? Che significano queste parole per un cristiano, per un seminarista, per un futuro sacerdote? Sono delle cose importantissime, fondamentali. Si rischiava dunque di fare del seminario un luogo di studi puramente speculativi. Si formavano dei cervelli, ma non sempre dei cuori, dei cuori fatti per amare Dio ed il prossimo. Non dimentichiamo che i nostri cuori sono fatti per elevarsi alla santità, per vivere una vita interiore intensa ed in unione con Dio, con Nostro Signore, con tutti i santi del Cielo. Ecco perché dobbiamo cercare di acquisire le virtù necessarie che ci rendono più simili a Nostro Signore e c’identificano con Lui.


Non dico che tutto ciò ci fosse totalmente sconosciuto, ma insomma ci mancava quest’anno di preghiera, di riflessione, di studio, su cosa sia davvero la vita interiore, la vita di perfezione, la vita di santità47.

Mons. Marcel Lefebvre

mercoledì 4 marzo 2020

La santità sacerdotale



Il seminario

La formazione per diventare sacerdote dura sei anni nella Fraternità San Pio X. Inizia con un anno di spiritualità, seguito da due anni di studi di filosofia e tre di teologia. Mons. Lefebvre descrive lo spirito che deve animare i seminaristi durante tutta la loro formazione sacerdotale.

Lo scopo del seminario

Nei salmi scelti per la cerimonia della vestizione, è detto: “Felice chi non ha ricevuto invano la propria anima” (Sal 23, 4). Che parole profonde, come fanno riflettere! Se dei giovani vengono in seminario, è proprio per rispondere a questo invito di Dio e per dire: no, io non voglio aver ricevuto la mia anima invano26.

 I seminaristi cha hanno capito la natura della loro vocazione vanno in seminario come i monaci vanno in un monastero, per cercare Dio. Quando un giovane aspirante alla vita benedettina si presenta, il padre abate gli domanda: “Perché vieni27” in monastero? Quello risponde: “Per cercare Dio” . Allora l’abate prosegue: “Se veramente cerchi Dio28”, allora vieni, entra in monastero. Ebbene! Il seminario, è questo. I seminaristi devono applicarsi con cura ad avvicinare Dio, a conoscere Dio come può conoscerLo una creatura trasformata dalla grazia, la cui anima è diventata veramente divina per partecipazione. Possiamo dire veramente di conoscere Dio sufficientemente? Senza dubbio, i seminaristi credono in Dio. In genere, fin dal principio della loro esistenza, i loro genitori hanno parlato loro di Dio. Ma una cosa è sapere che Dio esiste, un’altra cosa è avvicinarsi davvero a Lui. Quindi, è questo che vengono a cercare in seminario ed è in questo che consiste la santità, la perfezione, la giustizia29.

Noi dobbiamo cercare Dio costantemente. Certo, noi non Lo cerchiamo come s’intende oggi. Noi conosciamo Dio. Noi sappiamo dov’è, noi crediamo nella Sua presenza ovunque, ma noi abbiamo bisogno di avvicinarci a Lui e possiamo così conoscere meglio noi stessi. Questo avvicinamento a Dio si fa con la scienza, con la fede, ma anche con l’amore di Dio. Voi mi direte che l’amore non è fonte di conoscenza. Invece sì, attraverso l’amore, c’è una conoscenza30. Colui che ama molto la madre, per esempio, ne indovina i pensieri; e la madre che ama suo figlio lo conosce forse meglio di chiunque altro, proprio a causa del suo amore materno. Ebbene! È lo stesso per l’anima riguardo a Dio. L’amore che l’anima nutre per Dio gli dà una conoscenza per connaturalità che gli fa conoscere Dio in un modo molto più perfetto che nei libri. Perciò è comprensibile che delle anime assai semplici, che non hanno mai studiato teologia né filosofia, abbiano una conoscenza di Dio più perfetta dei maggiori filosofi e teologi. Questo amore fa cogliere la grandezza di Dio. Fa considerare Dio come deve essere e rimette ogni cosa a suo posto. Dio dà le sue grazie di luce. Questo è molto importante per la nostra perfezione, per la nostra santità. Il seminarista deve chiedersi costantemente: “Davvero cerco Dio in seminario31?”

E’ gravissimo resistere alla chiamata di Dio quando si è in seminario. In effetti, nella misura in cui un seminarista si dà solo a metà e non vuole distaccarsi da se stesso, rischia di diventare un sacerdote mediocre. Ora, un sacerdote mediocre è un povero sacerdote, un sacerdote triste, perché in lui resta l’amore del mondo e vuole comunque l’amore di Dio. E’ sempre diviso tra questi due desideri. Non sa esattamente chi preferisce, se Dio o il mondo, se siano le sue soddisfazioni o quelle di Dio. E’ un povero sacerdote e un giorno, davanti alla tentazione, davanti alle difficoltà, rischia di crollare come hanno fatto tanti sacerdoti dopo il concilio Vaticano II32. Bisogna essere uomini di desiderio. Non si può rifiutare indefinitamente il richiamo di Dio senza mettersi in una situazione sempre vicina alla caduta, all’abbandono. Dalla qualità del dono di noi stessi dipende anche la salvezza di molte anime. Ditevi bene questo: “Se io non mi do interamente al buon Dio, se non ho veramente il desiderio di conoscerLo e amarLo, quante altre anime non Lo conosceranno33!”

Dio non vi chiama solo per voi. Vi chiama per tutte le anime per le quali vi dovrete sacrificare, prima con la rinuncia alla vostra propria volontà, con le vostre preghiere, soprattutto il Santo Sacrificio della Messa, e poi con il vostro apostolato. Se le anime hanno a che fare con un sacerdote non zelante, che ha più voglia di passare il tempo a fare quello che gli pare piuttosto che l’apostolato, esse si perderanno. Dal momento in cui non avremo preso la ferma decisione di donarci completamente a Dio, senza limiti, senza misura, noi saremo responsabili di tutte le anime che, di conseguenza, non si convertiranno e non saranno attirate a Dio. “La misura dell’amore per Dio, è amarLo senza misura34.” Le virtù teologali, la virtù di fede, di speranza e di carità non hanno misura, a differenza delle virtù morali. “La virtù sta nel mezzo35”, questo è vero per le virtù morali, ma non per le teologali36. Non c’è misura nella fede, né nella speranza, né nella carità37.

Come si manifesta questa carità? Come possiamo individuarla un poco in noi? San Tommaso38, dopo san Benedetto, dice che la prontezza con cui noi apriamo il nostro cuore a Dio manifesta che Lo amiamo, che siamo pronti ad obbedire alla Sua volontà, a donarci a Lui.

Questa prontezza, san Benedetto la nomina soprattutto a proposito dell’obbedienza.

 Parla della spontaneità e della rapidità con cui il soggetto risponde alla voce del suo superiore. “Con passo vivo39”, con passo rapido, dice san Benedetto nella sua regola40, il soggetto obbedisce ai suoi superiori, per amore di Dio41. Ecco cosa manifesta la carità.

Ed è anche quello che dice san Paolo: “Dio ama colui che dà con gioia” (2 Cor 9,7). Sembra che il buon Dio non ami colui che dà con tristezza, come se rimpiangesse il dono che fa di se stesso per ricevere lo Spirito Santo, per ricevere l’amore e la carità di Dio in lui.

 Ed è ancora san Paolo che dice ancora ai Corinti: “Vi parlo come a figli miei: anche voi, allargate i vostri cuori” (2 Cor 6,13).

 “La nostra bocca si è allargata per voi, o Corinti, il nostro cuore si è allargato” (2 Cor 6,11). Non abbiate dei cuori stretti, dei cuori chiusi, egoisti, che temono di donarsi a Dio.

Quindi allargate, aprite, dilatate i vostri cuori. Ecco le disposizioni che possono farci crescere nell’amore di Dio e farci ricevere le grazie dei sacramenti con abbondanza, e farci così crescere nell’unione con Dio, nell’intimità con Dio42.

Allora mi auguro che, mentre siete in seminario, perveniate ad un tale amore di Dio, ad una tale vicinanza a Dio, che vi dia un equilibrio, una pace, una solidità, una costanza in quest’attaccamento a Dio, tale che tutte le prove, tutte le difficoltà, tutte le contrarietà che potrete avere nel corso della vostra vita non intacchino mai più il vostro amore per il buon Dio43.

Mons. Marcel Lefebvre