mercoledì 4 marzo 2020

La santità sacerdotale



Il seminario

La formazione per diventare sacerdote dura sei anni nella Fraternità San Pio X. Inizia con un anno di spiritualità, seguito da due anni di studi di filosofia e tre di teologia. Mons. Lefebvre descrive lo spirito che deve animare i seminaristi durante tutta la loro formazione sacerdotale.

Lo scopo del seminario

Nei salmi scelti per la cerimonia della vestizione, è detto: “Felice chi non ha ricevuto invano la propria anima” (Sal 23, 4). Che parole profonde, come fanno riflettere! Se dei giovani vengono in seminario, è proprio per rispondere a questo invito di Dio e per dire: no, io non voglio aver ricevuto la mia anima invano26.

 I seminaristi cha hanno capito la natura della loro vocazione vanno in seminario come i monaci vanno in un monastero, per cercare Dio. Quando un giovane aspirante alla vita benedettina si presenta, il padre abate gli domanda: “Perché vieni27” in monastero? Quello risponde: “Per cercare Dio” . Allora l’abate prosegue: “Se veramente cerchi Dio28”, allora vieni, entra in monastero. Ebbene! Il seminario, è questo. I seminaristi devono applicarsi con cura ad avvicinare Dio, a conoscere Dio come può conoscerLo una creatura trasformata dalla grazia, la cui anima è diventata veramente divina per partecipazione. Possiamo dire veramente di conoscere Dio sufficientemente? Senza dubbio, i seminaristi credono in Dio. In genere, fin dal principio della loro esistenza, i loro genitori hanno parlato loro di Dio. Ma una cosa è sapere che Dio esiste, un’altra cosa è avvicinarsi davvero a Lui. Quindi, è questo che vengono a cercare in seminario ed è in questo che consiste la santità, la perfezione, la giustizia29.

Noi dobbiamo cercare Dio costantemente. Certo, noi non Lo cerchiamo come s’intende oggi. Noi conosciamo Dio. Noi sappiamo dov’è, noi crediamo nella Sua presenza ovunque, ma noi abbiamo bisogno di avvicinarci a Lui e possiamo così conoscere meglio noi stessi. Questo avvicinamento a Dio si fa con la scienza, con la fede, ma anche con l’amore di Dio. Voi mi direte che l’amore non è fonte di conoscenza. Invece sì, attraverso l’amore, c’è una conoscenza30. Colui che ama molto la madre, per esempio, ne indovina i pensieri; e la madre che ama suo figlio lo conosce forse meglio di chiunque altro, proprio a causa del suo amore materno. Ebbene! È lo stesso per l’anima riguardo a Dio. L’amore che l’anima nutre per Dio gli dà una conoscenza per connaturalità che gli fa conoscere Dio in un modo molto più perfetto che nei libri. Perciò è comprensibile che delle anime assai semplici, che non hanno mai studiato teologia né filosofia, abbiano una conoscenza di Dio più perfetta dei maggiori filosofi e teologi. Questo amore fa cogliere la grandezza di Dio. Fa considerare Dio come deve essere e rimette ogni cosa a suo posto. Dio dà le sue grazie di luce. Questo è molto importante per la nostra perfezione, per la nostra santità. Il seminarista deve chiedersi costantemente: “Davvero cerco Dio in seminario31?”

E’ gravissimo resistere alla chiamata di Dio quando si è in seminario. In effetti, nella misura in cui un seminarista si dà solo a metà e non vuole distaccarsi da se stesso, rischia di diventare un sacerdote mediocre. Ora, un sacerdote mediocre è un povero sacerdote, un sacerdote triste, perché in lui resta l’amore del mondo e vuole comunque l’amore di Dio. E’ sempre diviso tra questi due desideri. Non sa esattamente chi preferisce, se Dio o il mondo, se siano le sue soddisfazioni o quelle di Dio. E’ un povero sacerdote e un giorno, davanti alla tentazione, davanti alle difficoltà, rischia di crollare come hanno fatto tanti sacerdoti dopo il concilio Vaticano II32. Bisogna essere uomini di desiderio. Non si può rifiutare indefinitamente il richiamo di Dio senza mettersi in una situazione sempre vicina alla caduta, all’abbandono. Dalla qualità del dono di noi stessi dipende anche la salvezza di molte anime. Ditevi bene questo: “Se io non mi do interamente al buon Dio, se non ho veramente il desiderio di conoscerLo e amarLo, quante altre anime non Lo conosceranno33!”

Dio non vi chiama solo per voi. Vi chiama per tutte le anime per le quali vi dovrete sacrificare, prima con la rinuncia alla vostra propria volontà, con le vostre preghiere, soprattutto il Santo Sacrificio della Messa, e poi con il vostro apostolato. Se le anime hanno a che fare con un sacerdote non zelante, che ha più voglia di passare il tempo a fare quello che gli pare piuttosto che l’apostolato, esse si perderanno. Dal momento in cui non avremo preso la ferma decisione di donarci completamente a Dio, senza limiti, senza misura, noi saremo responsabili di tutte le anime che, di conseguenza, non si convertiranno e non saranno attirate a Dio. “La misura dell’amore per Dio, è amarLo senza misura34.” Le virtù teologali, la virtù di fede, di speranza e di carità non hanno misura, a differenza delle virtù morali. “La virtù sta nel mezzo35”, questo è vero per le virtù morali, ma non per le teologali36. Non c’è misura nella fede, né nella speranza, né nella carità37.

Come si manifesta questa carità? Come possiamo individuarla un poco in noi? San Tommaso38, dopo san Benedetto, dice che la prontezza con cui noi apriamo il nostro cuore a Dio manifesta che Lo amiamo, che siamo pronti ad obbedire alla Sua volontà, a donarci a Lui.

Questa prontezza, san Benedetto la nomina soprattutto a proposito dell’obbedienza.

 Parla della spontaneità e della rapidità con cui il soggetto risponde alla voce del suo superiore. “Con passo vivo39”, con passo rapido, dice san Benedetto nella sua regola40, il soggetto obbedisce ai suoi superiori, per amore di Dio41. Ecco cosa manifesta la carità.

Ed è anche quello che dice san Paolo: “Dio ama colui che dà con gioia” (2 Cor 9,7). Sembra che il buon Dio non ami colui che dà con tristezza, come se rimpiangesse il dono che fa di se stesso per ricevere lo Spirito Santo, per ricevere l’amore e la carità di Dio in lui.

 Ed è ancora san Paolo che dice ancora ai Corinti: “Vi parlo come a figli miei: anche voi, allargate i vostri cuori” (2 Cor 6,13).

 “La nostra bocca si è allargata per voi, o Corinti, il nostro cuore si è allargato” (2 Cor 6,11). Non abbiate dei cuori stretti, dei cuori chiusi, egoisti, che temono di donarsi a Dio.

Quindi allargate, aprite, dilatate i vostri cuori. Ecco le disposizioni che possono farci crescere nell’amore di Dio e farci ricevere le grazie dei sacramenti con abbondanza, e farci così crescere nell’unione con Dio, nell’intimità con Dio42.

Allora mi auguro che, mentre siete in seminario, perveniate ad un tale amore di Dio, ad una tale vicinanza a Dio, che vi dia un equilibrio, una pace, una solidità, una costanza in quest’attaccamento a Dio, tale che tutte le prove, tutte le difficoltà, tutte le contrarietà che potrete avere nel corso della vostra vita non intacchino mai più il vostro amore per il buon Dio43.

Mons. Marcel Lefebvre

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