martedì 30 luglio 2019

Don Bosco



Chi lavora per salvare le anime salva la sua propria. XVIII,470. 


RIMANETE NEL MIO AMORE



«MI ABBANDONO ALLA FEDELTA' DI DIO, ORA E SEMPRE ». SALMO 52, 10

 «Io amo tanto le anime che in me si abbandonano... Quando riconosci che non puoi niente e che sei incapace di fare ciò che ti eri proposta di fare, invece di angustiarti inutilmente, dovresti consolarti, pensando che tocca al tuo Divino Amante riparare: Egli stesso te l'ha assicurato e promesso. Eccita il tuo cuore a un'assoluta confidenza in Dio e sappi che sempre più progrediscono nella virtù quelle anime che, sempre diffidando di se stesse, ripongono in me tutta la loro confidenza. Che tu senta o non senta se fai bene ciò che fai, non toglie per nulla che tu non lo faccia bene, anzi aumenta il merito. Lascia che Iddio giudichi la tua condotta: tu anima tutte le tue azioni con la retta intenzione di far tutto per piacere a Dio, unicamente per quel santo fine e poi sta tranquilla, anche quando il demonio ti suscitasse in cuore i più desolanti pensieri di scoraggiamento. Che hai tu da temere, quando sai che Gesù ti ama, che sei tutta sua, che Egli mai ti abbandona un istante? Credi tu forse che il demonio abbia qualche potere sopra una anima che è tutta di Dio? Egli potrà cimentarti finchè Dio lo permette per il bene dell'anima tua, ma non può nuocerti in nessun modo, perchè essendo tutta di Dio, Egli ti custodisce gelosamente.
   La prima, la principale e la più indispensabile disposizione che io cerco in un'anima per comunicarmi a lei, è l'abbandono, perchè se ha l'abbandono ha la fede, ha la speranza, ha la carità, ha la confidenza, ha l'indifferenza. Tutte queste virtù stanno assieme; come non si fabbrica una casa con un solo mattone, ma con tanti e poi occorre la calce, e non bastano i muri, ma occorrono le porte e le finestre, così in un'anima occorrono tanti atti di virtù.
  Gesù lavora l'anima che è tanto felice di abbandonarsi una volta per sempre, interamente, a Lui.
  Se vuoi farmi cosa gradita, abbandonati alla mia Provvidenza.
  Il vero abbandono consiste nel rimettermi tutta la cura dell'interno e dell'esterno, e nel non più pensarvi se non quando Io stesso voglio che l'anima ci pensi, cioè per fare ciò che lo voglio da lei. L'anima così disposta non cammina più, ma vola nella via della perfezione, perchè ciò che fa volare un'anima in quella via, è il moltiplicare gli atti di carità e l'intensificarne l'ardore.
   Desidero un abbandono più completo ai miei disegni: sono tutti disegni d'amore, anche quando hanno un po' l'apparenza del rigore. In questo completo abbandono sta l'essenza della perfezione.
   Gesù vuole solo abbandono, confidenza e amore.
   L’abbandono è una miniera di grazie e di virtù.
    Quando l'anima si abbandona all'azione dell'amore di Dio, è al sicuro.
   Se con la fede scopriamo Gesù, se con la speranza gli andiamo incontro, se con la carità ci gettiamo nelle sue braccia, con l'abbandono e con la confidenza di Lui facciamo dimora non solo sul suo Cuore, ma nel suo Cuore.
   Tu devi essere a disposizione dell'Amore, come una foglia secca è in balia del vento.
   Non vi è cosa più perfetta che l'abbandono assoluto alla Divina Provvidenza; non si può dimostrare un più grande amore a Dio che nell'amare e nel compiere la sua volontà, anche quando essa sembra opposta a ciò che pensiamo ci sia utile.
   Tu devi abbandonarti completamente in me, come una povera cieca si abbandona con piena fiducia alla guida che si è proposta di accompagnarla.
   Se anche creassi mille mondi materiali, essi non mi darebbero tanta gloria quanto un'anima che si abbandona all'Amore.
   Un'anima interamente abbandonata alle soavissime disposizioni dell'Amore, è un'anima che mi rapisce il Cuore.
   Quando l'anima è pieghevole alle operazioni dell'Amore, Io la lavoro: è come cera molle che prende qualunque forma. Io sono sempre in movimento per la sua santificazione, eppure non perdo mai il mio riposo. Abbandonati all'amore del tuo Dio, lasciati da Lui muovere, formare, non opporre la minima resistenza. Sei dell'Amore, non ti appartieni più.
   L'anima deve nutrirsi di abbandono come il corpo si nutre di pane. Come il corpo vive di aria, così l'anima deve vivere d'amore e come il corpo viene illuminato dalla luce del sole, così l'anima deve sempre stare esposta alla luce del sole del mezzogiorno, cioè alla luce che viene dal suo dolce Gesù.
   I frutti dell'abbandono sono:
   1°) Una pace sempre più intima, sempre più profonda, più durevole, perchè l'anima abbandonata si fissa solo in Dio, e siccome Dio è immutabile, così essa non si turba mai.
   2°) Una grande uguaglianza di spirito che facilita di molto i rapporti con il prossimo.
Un'anima abbandonata prende tutto in buona parte.
   3°) Un rapido progresso nella perfezione e nell'unione più intima con Dio, perchè il tempo che altre volte avrebbe impiegato a pensare a sè, lo impiega a fare atti di carità.
   4°) Una continua e amorosa presenza di Dio, perchè a guisa di un bambino che viene portato in braccio dal suo tenero papà, l'anima abbandonata fissa di tanto in tanto i suoi sguardi in Dio da cui le viene ogni bene, ogni riposo, e questo è tutto il suo ringraziamento.
   Fidarsi di Dio vuol dire abbandonarsi alla cura di Dio.
   Le anime che colgono tutte le occasioni di mortificarsi, giungono alla morte interiore lentamente; quelle che, oltre alle occasioni che si presentano, aggiungono altre mortificazioni, fanno più presto a morire interiormente, e quelle che giungono subito a questa morte interiore sono le anime che si abbandonano all'amore: essendo fedeli, l'amore le fa morire a se stesse.
   Una paglia, quando cade nell'acqua, fa il cammino che fa l'acqua e se quella paglia non è fermata, va a gettarsi nel mare. L'anima religiosa vuota di sè, è come una paglia che l'amore porta fino a perdersi nel mare della divinità, nel suo Gesù, ma non deve essere fermata. Se tu ti fermi a pensare a te stessa, l'amore va avanti e tu resti ferma.
   Soffrire e tacere, soffrire e amare, soffrire e sperare, soffrire e confidare, soffrire e abbandonarsi.
   Il martirio d'amore consiste nell'abbandonarsi all'amore come un legno al fuoco, come l'oro nel crogiolo; il fuoco consuma il legno e lo riduce in cenere; il fuoco purifica l'oro e lo fa diventare splendente.
Un'anima abbandonata non può più arrestare le operazioni dell'Amore; se da se stessa, per sua infedeltà, non si toglie alla sua azione, l'Amore continua la sua opera finchè non l'abbia condotta a quel grado di perfezione che Dio vuole da lei, come il fuoco continua a consumare il legno finchè ce n'è. Basta gettarsi nell'Amore e poi Lui fa il resto.
   Il mio amore si nutre con il consumare miserie, e l'anima che ne porta di più, purchè sia con un cuore contrito e umiliato, è quella che mi piace di più, perchè mi dà più occasione di esercitare il mio ufficio di buon Salvatore.
   Credere alla mia bontà, sperare nella mia bontà, amare la mia bontà, abbandonarsi alla mia bontà.
   Abbandonati nelle mani di Dio come il contadino abbandona alla terra il seme che ha in essa gettato; non prenderti cura del come si operi questo cambiamento interiore; fidati di Dio e sii soddisfatta di ciò che in te avviene.
   Non desiderare di sapere molte cose; ama il silenzio e il raccoglimento, trattieniti con il tuo Dio, da Lui imparerai la vera scienza che forma i santi.
   Se si vuol farmi un piacere grande, è di credere al mio amore; se me lo si vuol fare più grande, è di crederci di più; se si vuol farmelo poi grandissimo, è di non mettere limiti a questa fede nel mio amore.

PREGHIERA

«Mio buon Gesù, ti abbandono il mio passato con tutte le sue miserie, il mio presente con tutte le sue fragilità e imperfezioni, e il mio avvenire con i miei più cari interessi, l'anima e l'eternità.
Mio Gesù, tutto buono e misericordioso, l'abbandonarti ogni cosa è un dirti con i fatti che mi fido di te, che mi riposo in te, che tutto spero e aspetto da te.
Gesù, siimi Gesù!».

Suor Benigna Consolato Ferrero

Pregare “uniformandoci” con Gesù



“Figlia mia, questa mattina voglio uniformarti tutta a Me: voglio che pensi con la mia stessa mente, che guardi coi miei stessi occhi, che ascolti con le mie stesse orecchie, che parli con la mia stessa lingua, che operi con le stesse mie mani, che cammini coi miei stessi piedi e che mi ami col mio stesso Cuore”. 
Dopo ciò Gesù univa i suoi sensi, nominati sopra, ai miei, e vedevo che mi dava la sua stessa forma; non solo, ma mi dava la grazia di farne quell’uso che fece Egli stesso. (Vol. 2°, 12.08. 1899). 

 SCRITTI DI  LUISA  PICCARRETA 

CON L’IMMACOLATA CONTRO MASSONI E “NEMICI” DELLA CHIESA DI DIO



L'Immacolata, segreto di vittoria su tutti i nemici.

Se ogni grazia viene data attraverso l'Immacolata, è ovvio che anche quella della vittoria sui nemici viene attraverso Lei: «L'Immacolata è la "onnipotenza supplice". Ogni conversione e ogni santificazione è opera della grazia, ed Ella è la Mediatrice di tutte le grazie. Perciò Ella sola basta per ottenere e distribuire tutte le grazie, qualunque grazia».
I presupposti teologici che indicano nell'Immacolata il segreto di vittoria sono confermati da varie constatazioni:
   a) Solo all'Immacolata è stata fatta la promessa della vittoria finale e definitiva su satana: «Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la Sua stirpe... Essa ti schiaccerà il capo». Parole a cui fanno riscontro quelle altre dell'Apocalisse che, intese e in senso ecclesiologico e in senso ecclesiologico-mariano, preannunciano, comunque, sempre, la vittoria, dalla quale l'Immacolata non è affatto estromessa.
   b) Solo l'Immacolata, essendo costituzionalmente, per così dire, la stessa immacolatezza o luce, si pone, col suo stesso essere, come radicale, completa e vittoriosa opposizione a satana e a tutti i nemici del bene. E, infatti, non avendo l'Immacolata, in tutta la sua esistenza, contratto la benché minima macchia di peccato - né originale, né attuale personale -, ed essendo stata, già dal primissimo istante della sua Concezione Immacolata, come inondata dal fulgore stesso di Dio qual'è, appunto, la grazia, non solo non ha nulla che sia o possa richiamare l'influsso o il dominio di satana che è tenebra, ma Essa lo mette in fuga, lo annienta, così come la luce, di per sé, annienta e mette in fuga la tenebra. L'Immacolata, anzi, si pone, nel suo stesso essere di somma luce di grazia e di amore, come la massima contrapposizione vittoriosa a colui, satana, che è la massima concentrazione di notte e di tenebra. Lei è come il mezzogiorno della grazia che, perciò, si contrappone e mette in fuga, meglio di qualsiasi altra ora del giorno, (quali possono essere i santi, luce anch'essi, ma più o meno inficiata o ottenebrata dalla tenebra del peccato; luci più o meno distanti dal mezzogiorno e vicini alla notte!) la tenebra dei nemici di Dio e specialmente di quel satana, che ne è come la mezzanotte, essendo il massimo della milizia.
   c) P. Kolbe poteva avere, forse, conferma di questa intuizione, dall'operato di alcuni santi, come per es. della «veggente» polacca Marianna Popolewska. Questa aveva indirizzato al Papa Benedetto XIV una lettera - di cui esiste una traduzione in latino di P. Kolbe - nella quale rivelava che la Madonna voleva salvare il mondo con la Medaglia miracolosa: supplicava perciò il Papa a disporre perché il Clero si desse a divulgarla il più largamente possibile.
In pratica Lei sola, e da sola - come canta la Liturgia - ha distrutto tutte le eresie, e cioè tutto il corpo del serpente infernale. Parole che P. Kolbe ha così spiegato in uno dei molteplici commenti, che ne ha fatto: «L'Immacolata quindi schiaccia il capo del serpente e distrugge il suo enorme corpo, composto dalle più svariate eresie dei vari tempi e luoghi. (...) "Tutte" è scritto, perciò senza alcuna eccezione. "Tu sola", dunque basta Lei. "Hai distrutto", quindi non le ha solo ridotte, domate, ma Ella è tanto potente e la sua vittoria è talmente efficace che i suoi nemici non possono avere alcuna speranza di vittoria. "Sul mondo intero", perciò non solo in un settore più o meno vasto, ma su tutto l'orbe terrestre». A chi volesse obiettare che le eresie ci sono ancora e sempre ce ne saranno, fino alla fine dei secoli, P. Kolbe chiede: «Come intendere questa affermazione (= «Tu sola hai distrutto tutte le eresie...»)? E risponde sottolineando la verità dell'affermazione con una analogia storica. Napoleone, in guerra, avendo saputo di una mossa dell'avversario, ha esclamato: «il nemico ha perso, pur non essendo affatto terminata la battaglia». E conclude, applicando il tutto all'Immacolata: «Benché la cosa non sia ancora conclusa (e cioè, benché l'azione vittoriosa di Maria non sia ancora conclusa) tuttavia è ormai senza speranza. Oggi, a conferma di queste parole della Liturgia della Chiesa, splendidamente capite dal P. Kolbe, si comincia a capire che, quando è salvaguardato, appieno, il ruolo di Maria, è salva anche la purezza della fede. Tutti i suoi privilegi sono gloria di Cristo e di Dio e anche «segno» di salvezza per la fede autentica.
L'Immacolata può e, cioè, è in grado di vincere, ma lo vuole anche, per quell'amore a Dio e al suo Gesù, che è l'essenza stessa del suo essere, e per l'amore sconfinato che porta agli uomini, figli suoi, che vuole salvi e felici a tutti i costi.
Ma in che modo l'Immacolata permette, anche ai suoi, di vincere i nemici di Dio? Si potrebbe riassumere il tutto dicendo che Ella ottiene da Dio tutte le grazie, per la salvezza e la santificazione dei fedeli, per la conversione dei nemici stessi, per la confusione degli ostinati e l'arresto delle conseguenze, provocate dagli errori (scongiurando così i castighi, preservando anime indifese, ecc.), per la conservazione e la rinascita della Chiesa di Dio. Le conversioni, perciò, la salvezza e la santificazione, con la conseguente parallela confusione dei nemici e dell'errore che non si arrendono alla verità, costituiscono la vittoria della grazia. Quindi vere e proprie battaglie, combattute con tutti i mezzi leciti, che si concludono, in modo spesso manifesto a tutti o, anche, solo nel silenzio del mistero, con la vittoriosa affermazione di Dio. 

P. ANTONIO M. DI MONDA O.F.M.Conv

OPERA DEI "TABERNACOLI VIVENTI"



Il grande dono di Gesù agli uomini d'oggi tramite Vera Grita


26-XII-1967

Gesù
 Domani sarà giorno di festa in Terra e in Cielo. La mia Opera avrà la sua pietra angolare. Ecco il "mio Tempio", ecco il mio "Tabernacolo Vivente" in voi. Noi così andremo insieme verso tutte le anime. Io non rimarrò "chiuso", né dimenticato perché voi mi porterete nella pienezza della mia Grazia. L'anima che racchiude nel suo intimo il Tabernacolo Vivente deve così comportarsi nei confronti di un altro Tabernacolo Vivente, l'uno saluta l'altro adorando insieme Me, Gesù, e ringraziando di tanto dono. Ciascuna anima rimanga nell'umiltà più profonda, rinunzi a se stessa per lasciare il posto a Me. Sarò in ogni anima in misura del posto che questa lascia a Me. La mia Grazia compirà grandi cose. Io, Vivente e Presente nell'anima, entro nelle vostre famiglie, nella vostra casa, rimango con voi. Stamani ti ho detto di portarmi in seno alla tua famiglia; il tuo bacio è stato il mio bacio per ciascuno di loro. Poi saranno le "parole"; saranno le vostre parole. Io mi servirò del vostro modo di parlare, di esprimervi, per parlare, per arrivare alle altre anime. Datemi le vostre facoltà, perché Io possa incontrarmi con tutti e in ogni luogo. Sull'inizio sarà per l'anima un lavoro di attenzione, di vigilanza, per scartare da sé tutto ciò che pone ostacolo alla mia permanenza in lei. Le mie grazie nelle anime chiamate a quest'Opera, saranno graduali. Oggi tu porti di Me in famiglia, il mio bacio; un'altra volta, qualcosa di più e sempre più ancora, finché quasi all'insaputa dell'anima stessa, Io farò, agirò, parlerò, amerò, attraverso lei, quanti si avvicineranno a quest'anima, e cioè a Me. C'è chi agisce, parla, guarda, opera sentendosi guidato dal mio Spirito; ma Io sono già Tabernacolo Vivente e in quest'anima, ed essa non lo sa. Deve però saperlo, perché Io voglio la sua adesione alla mia permanenza eucaristica nella sua anima; voglio che quest'anima mi dia anche la sua voce per parlare agli altri uomini; i suoi occhi perché i Miei, incontrino lo sguardo dei fratelli; le sue braccia perché Io possa abbracciare altri; le sue mani, per carezzare i piccoli, i bambini, i sofferenti. Quest'Opera ha però per base l'amore e l'umiltà. L'anima deve avere sempre innanzi a sé le proprie miserie, le proprie nullità, e mai dimenticare di quale pasta è stata impastata. Quanto do’ all'anima, è un Dono d'Amore del Padre Mio Celeste, per mezzo mio alle anime. È ancora il Padre mio che mi manda a voi, fra voi, per confondermi fra voi, come una volta a Betlemme, per chiamarvi alle cose del Cielo. Dai tutto, tutto di te...; e quanto potrà contrariarti, non è mai opera mia. Adesso distingui gli assalti del nemico. Stai attenta. Io, Gesù, ti darò la mia Forza. Sì, le mie Parole sono semi che devono cadere nel "mio solco"; i seminatori sono i miei Sacerdoti. A p. G. consegnerai le mie Parole. Egli sa cosa fare. È necessario avviare subito le anime chiamate da Me a questa scuola. Vi do una Maestra: mia Madre. Ogni anima faccia passare se stessa dalla sua Anima, e nel suo Cuore di Madre di Dio e degli uomini, deponga preghiere, offerte, consacrazioni, grazie. Io riceverà tutto dalla Madre mia. Ogni anima si consacri a Lei nella donazione completa di se stessa a Me per mezzo suo. Quindi mi parli attraverso il Cuore della Madre mia. Deponga nel Cuore dell'immacolata le anime che va incontrando, di cui desidera con più ardore la salvezza. Io leggerò nel Cuore della Madre mia questi nomi: Voto di obbedienza, umiltà profondissima, spogliamento del proprio io, purità di spirito, purità di intenzioni, semplicità e abbandono. Tutto questo germogIia nell'Amore, dall'Amore, con l'Amore, per l'Amore. P. G. riceverà le mia Parole, lavorerà per la mia Opera. Io lo illuminerò, ed egli scriverà, parlerà, tratterà, lotterà per Me, per la mia Lega. Il suo Gesù esaudisce le sue suppliche, ed Io sono con lui perché lui fa la mia volontà. In lui devi obbedire Me, perché sono Io che ti parlo in lui. Attraverso p. G. ti chiederò quanto desidero da te. Obbedisci, obbedisci, obbedisci: è la via più semplice per la quale troverai pace; è la via per la quale ti avvicinerò alla mia Croce. Vieni, anima mia, vieni e saliremo insieme il Monte del Calvario. Io e te, tu ed Io, perché nulla ci divida in questa terra, ma tutto per amore ci unisca, e faccia di noi una sola Croce, un solo sofferente Crocifisso, sicché non si distingua più l'umana e miserabile creatura dal suo Amore, dal suo Dio: Gesù. Sposa mia diletta, Io ti conduco a questo sposalizio. Lo accetti? Domani... Domani... O figlia mia, domani, domani, domani... Io e te, tu ed Io e il Sacerdote. Domani..., nel primo Sacerdote della mia Opera porrò la mia Pietra. Esulta, figlia di Sion, il tuo Re viene a te, il tuo Sposo avanza. Non lasciarmi senza il tuo amore, senza il tuo respiro, senza te. 

Signore, accresci la nostra fede



Signore Gesù, tu sei con noi,
vivo e vero, nell’Eucaristia.
Signore, accresci la nostra fede.
Signore, donaci una fede che ama.
Tu che ci vedi, tu che ci ascolti, tu che ci parli:
illumina la nostra mente perché crediamo di più;
riscalda il nostro cuore perché ti amiamo di più!
La tua presenza, mirabile e sublime
ci attragga, ci afferri, ci conquisti.
Signore, donaci una fede più grande.
Signore, donaci una fede più viva.

(Beato gIoVannI Paolo II)


lunedì 29 luglio 2019

SAN MICHELE ARCANGELO



Figli dell’Altissimo, i Doni dello Spirito Santo elevano la coscienza ed inculcano nell’uomo la Conoscenza Spirituale del Sapere Celestiale, che comunica all’anima quello di cui ha bisogno, quando questo viene desiderato e cercato per avvicinarsi di più al Divino. 

La nube della non-conoscenza



Come si fa a sapere se un pensiero è da considerare peccato o meno; e se è peccato, quando è mortale e quando è veniale


Ma questo non vale per qualsiasi ricordo di una persona vivente o, di qualunque altra cosa materiale o mondana. Quel pensiero spontaneo e improvviso che nasce dentro di te senza che tu lo abbia cercato o voluto, non ti può certo essere imputato a peccato. Lo si può sì considerare peccato, in un certo senso, in quanto è la conseguenza del peccato originale, che ti ha privato del dominio sui tuoi pensieri. Dal peccato originale però sei stato purificato nel battesimo.
Diventa, invece, un vero e proprio peccato se questo impulso improvviso non lo metti subito a tacere. Il tuo cuore di carne è così fragile che ne sarebbe facilmente attratto o per una specie di compiacimento, se si tratta di qualcosa che ti piace o ti è piaciuto in passato, o per una specie di risentimento, se si tratta di qualcosa che ti fa soffrire o ti ha fatto soffrire in passato.
Per coloro che già vivono in peccato mortale, l’attaccamento a questo impulso non è altro che un ulteriore peccato mortale; ma per te e per tutti coloro che hanno volontariamente lasciato il mondo per vivere devotamente, in un modo o nell’altro, in obbedienza alla santa chiesa (non importa se con voti pubblici o privati), intendendo così essere governati non dalla vostra volontà o opinione personale, ma dalla volontà e dai consigli dei vostri superiori, religiosi o secolari; per voi, dunque, un tale attaccamento del vostro cuore carnale, o per compiacimento, o per risentimento, non va certo al di là di un peccato veniale.
La ragione di tutto questo è che la tua intenzione era già basata e radicata in Dio quando ancora eri all’inizio dello stato di vita in cui ora ti trovi, grazie anche all’assistenza e ai consigli di qualche buon padre spirituale. Ma se tu concedi ampio spazio a questo compiacimento o risentimento legato al tuo cuore carnale, senza far niente per reprimerlo, allora finisce per piantar radici nel tuo cuore spirituale, cioè nella tua volontà, e tutto questo con il tuo pieno consenso. In tal caso è peccato mortale.
E questo accade ogni qualvolta tu, o uno di quelli di cui ho appena parlato, rievochi deliberatamente alla memoria qualche persona vivente o qualche oggetto materiale o mondano. Se si tratta di qualcosa o di qualcuno che ti fa soffrire o ti ha fatto soffrire in passato, allora nasce in te una passione furiosa e una sete di vendetta: ecco l’ira.
Oppure ti mostri sdegnato e provi un certo disgusto nei confronti di quella persona, e fai dei giudizi severi e malevoli sul suo conto: ecco l’invidia.
O ancora, si fa strada dentro di te una certa stanchezza e indifferenza di fronte a qualsiasi buona occupazione, sia materiale che spirituale: ecco l’accidia.
Se invece si tratta di qualcosa che ti piace o ti è piaciuto in passato, allora provi uno smodato piacere ogni qualvolta ci pensi sopra, qualunque cosa sia, così che ti riposi all’ombra di questo pensiero, e finisci per legarvi il tuo cuore e la tua volontà, e per nutrire di questo solo pensiero il tuo cuore carnale. A questo punto non pensi di poter desiderare nient’altro di meglio se non di vivere e riposare in pace, in compagnia di questo piacevole pensiero. Ora, se questo pensiero che tu rievochi deliberatamente o a cui fai spazio quando viene o su cui ti soffermi con piacere, riguarda l’eccellenza della natura o del sapere, il fascino o la posizione sociale, i privilegi o la bellezza, allora ecco la superbia.
Se invece si tratta di beni terreni, ricchezze o proprietà, o qualsiasi altra cosa si può possedere o di cui si può essere padroni, ecco la cupidigia.
Se poi si tratta di cibi e bevande raffinati, o di qualsiasi altra forma di delizie del palato, ecco la golosità.
Infine, se c’entra l’amore o il piacere, o una forma qualsiasi di impurità, di allettamento o di lusinga, verso gli altri o verso se stessi, allora ecco la lussuria.

O stigmate adorabili del mio Gesù!



IL MISTERO DEL SANGUE DI CRISTO


Gesù ha attratto a sé con potenza sovrumana la povera, piccola anima e, dopo averle rinnovato la stola immacolata, dopo aver deposto, con suprema bontà e indicibile tenerezza, il bacio del nuovo patto d'amore, ha ripetuto: - Su questa anima imprimerò le mie stigmate, ma guai se, accanto ad esse, si rinnovassero quelle del peccato!
La perfezione alla quale devi elevarti è altissima, perchè è sublime l'apostolato che ti assegno. Vi giungerai con la virtù del Sangue, con la forza dell'amore, con la grazia, che renderà sempre più pura l'anima, con l'amore, che renderà sempre più puro il cuore. -
O bacio divino, che versi nell'anima le supreme dolcezze del Cielo; o espansione sostanziale di grazia, di purezza, di santità, di amore o nuova, sublime creazione che dà allo spirito mille slanci, mille forme nuove; o solco misterioso, che ti riempi delle mistiche produzioni dell'amore! Chi celebrerà la tua grandezza, la tua soavità, la tua possanza?
O stigmate adorabili del mio Gesù, venite a piagarmi, non soltanto l'anima, ma il cuore e il corpo altresì! q. 11 : s.d.

SR. M. ANTONIETTA PREVEDELLO

La Preghiera per le anime cieche che sono perdute



Dio Altissimo, io vengo dinnanzi al Tuo Trono, 
ad implorare per le anime dei miei fratelli e delle mie sorelle che si rifiutano 
di riconoscere la Tua Esistenza. 
Io Ti esorto a colmarle con le Tue Grazie,  
così che aprano i loro cuori per ascoltare la Tua Santissima Parola. 

San Bernardo di Chiaravalle



Gli eletti hanno tre desideri: abitare insieme nel Signore, per cui sta scritto: «Questa sola cosa ho domandato al Signore»; ottenere la vittoria sul mondo, per cui: “Chi mi libererà da questo corpo destinato alla morte?”; scomparire e stare con il Cristo, per cui è detto: «Desidero scomparire, e stare con il Cristo”.

L’ITALIA



Dal Volume 24 - Ottobre 3, 1928
Scambio tra Gerusalemme e Roma.  Iddio nel creare l’uomo mise in lui tanti germi di felicità per quante cose creava.

La mia povera mente pensava a tante cose sulla Divina Volontà, specie come poteva venire il suo Regno, come poteva diffondersi e, tant’altre cose che non è necessario scriverle sulla carta;  ed il mio amato Gesù, movendosi nel mio interno, mi ha detto: “Figlia mia, se Roma tiene il primato della mia Chiesa lo deve a Gerusalemme, perché il principio della Redenzione fu proprio a Gerusalemme; di quella patria scelsi dalla piccola città di Nazareth la mia Madre Vergine. Io nacqui nella piccola città di Betlemme, tutti i miei Apostoli furono di detta patria, e sebbene questa, ingrata, non volle conoscermi e rigettò i beni della mia Redenzione, non si può negare che l’origine, il principio, le prime persone che ricevettero il bene di essa furono di questa città.  I primi banditori del Vangelo, quelli che fondarono in Roma il cattolicesimo, furono i miei Apostoli, tutti di Gerusalemme, cioè di questa patria.
Ora ci sarà uno scambio: se Gerusalemme diede la vita della religione e quindi della Redenzione a Roma, Roma darà a Gerusalemme il Regno della Divina Volontà.  Ed è tanto vero questo che, come scelsi una Vergine dalla piccola città di Nazareth per la Redenzione, così ho scelto un’altra vergine in una piccola città d’Italia appartenente a Roma, a cui è stata affidata la missione del Regno del Fiat Divino che, dovendosi conoscere a Roma, come si conobbe a Gerusalemme la mia venuta sulla terra, Roma avrà il grande onore di ricambiare Gerusalemme del gran bene ricevuto da essa, cioè della Redenzione, col farle conoscere il Regno della mia Volontà.  E allora Gerusalemme si ricrederà della sua ingratitudine ed abbraccerà la vita della religione che diede a Roma e, riconoscente, riceverà da Roma la vita ed il gran dono del Regno della mia Volontà Divina.
E non solo Gerusalemme, ma tutte le altre nazioni riceveranno da Roma il gran dono del Regno del mio Fiat, i primi banditori di Esso, il suo Vangelo tutto pieno di pace, di felicità e di ripristinamento della creazione dell’uomo. E non solo le mie manifestazioni porteranno santità, gioie, pace e felicità, ma tutta la Creazione facendo gara con esse, sprigionerà da ogni cosa creata ciascuna felicità che contiene e le riverserà sopra le creature. Perché Noi nel creare l’uomo mettevamo nel suo essere tutti i germi della felicità che ciascuna cosa creata possedeva, disponendo l’interno dell’uomo come un terreno, in cui conteneva tutti i germi delle felicità, tanto da tenere in sé tutti i gusti per assaporare e ricevere in sé tutte le felicità delle cose create; se non possedesse l’uomo questi germi, gli mancherebbe il gusto, l’odorato, per poter gustare ciò che Dio aveva messo fuori di lui in tutta la Creazione.
Ora, l’uomo col peccare ammalò tutti questi germi di felicità che Iddio, nel crearlo, gli aveva infuso, e perciò perdette il gusto di poter godere tutte le felicità che ci sono nella Creazione.  Successe come ad un povero malato che non gode tutti i gusti che ci sono nei cibi, anzi sente il peso, lo stesso cibo si converte in dolore, tutto lo nausea e, se lo prende non [è] perché lo gusti, ma per non morire. Invece uno sano sente gusto, forza, calore, perché il suo stomaco tiene forza di assimilare i beni che ci sono nei cibi e gode di essi. Così successe nell’uomo:  col peccare ammalò i germi, la stessa forza di poter gustare tutte le felicità che ci sono nella Creazione, e molte volte si convertono in dolore. Ora col ritornarmi l’uomo nel mio Fiat Divino, i germi acquisteranno la sanità, ed acquisterà la forza di assimilare e gustare tutte le felicità che ci sono nell’ordine della Creazione.  Sicché per lui si formerà una gara di felicità, tutto gli sorriderà e ritornerà l’uomo felice come Iddio lo aveva creato”.

negli Scritti di Luisa Piccarreta 

COLLOQUI EUCARISTICI



LA IMMOLAZIONE

A - "Vi sono diverse specie di amore. Quale preferisci da me?"

R - "Sì. Vi è quello del buon Samaritano che cura le piaghe del corpo e dell'anima; quello che previene il male con la vigilanza, facendo, in tutte le occasioni, agli altri ciò che si vorrebbe fosse fatto a lui.
Ma l'amore più alto è quello interiore, che si immerge in Dio e si occupa di mostrarlo, di farlo conoscere, di costruire il suo Regno; è quello che libera le anime, affinché da sè stesse vengano a Me che dono la vita, forza e gioia; è quello che si immola silenziosamente, ma concretamente, nello sforzo costante di ascoltare Me, di seguire Me, di far convergere verso di Me tutti i progetti di vita, ogni disegno esistenziale, tutte le persone amate, tutte quelle che si incontrano, ricordando che Io sono la Via, la Verità, la Vita. È l'amore paziente che vince ogni resistenza interiore ed esteriore.
Ricorda: l'immolazione è amore e l'amore è assenza assoluta di separazione.
Quando si ama si vive insieme, si lavora insieme. Lavoriamo insieme anche noi: lavora con Me con la pazienza che Io ho sempre avuto con te. Se pretendi di realizzare tutto in una volta, non sei paziente. Se ti scoraggi, non sei paziente.
Quando tu ripari, lavori con Me. Ma non basta riparare, occorre immolarsi. Se la riparazione non ha la potente leva dell'immolazione, è, sì, conforto al mio Cuore, ma non ha la forza sufficiente ad arrestare il castigo del Padre."

A - "Ma noi non siamo capaci di immolarci."

R - " Il Padre vi ha fatti capaci di amare. L'immolazione è amore vero, incondizionato, e per questo, solo per questo, fecondo.
Perché tu che sei qui con Me non risvegli, non attivi il tuo amore per Me?
La mia immolazione che cos'è stata se non un incondizionato atto d'amore? Per questo è stata, è, e continuerà ad essere sino alla fine, feconda.
Voi però aiutate con la vostra immolazione questo mio amore a salvare il mondo. Immolatevi, cioè amate incondizionatamente i poveri sacerdoti ottenebrati dal male, le comunità religiose in cui, oggi più che mai, satana tenta di fare il padrone, la gioventù abbruttita dal vizio, i bambini che non sono più miei perché troppo presto Mi rinnegano, Mi calpestano, non sono più motivo di gioia ma di grande dolore; le famiglie nelle quali avvengono troppi scandali. Guai a tutti gli scandali!
Avete dimenticato le mie parole: "È necessario che avvengano scandali, ma guai a colui per il quale avvengono. È meglio per lui che gli si metta al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzi tutti questi piccoli. State attenti a voi stessi". (Lc. 17 -1, 2)
Io salverò ancora il mondo con il mio amore, ma voi datemi il vostro, e aiutatemi a fermare il braccio del Padre. "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò". (Mt. 11- 28, 30)

A - "Sì, o Signore, io accolgo il Tuo invito. Ma cosa devo fare in pratica per immolarmi?"

R - "L'annientamento è la radice della umiltà e l'umiltà vera è indispensabile per l'immolazione.
Per questo, dopo avervi chiesto l'annientamento, ora vi chiedo l'immolazione. Non vi faccia paura la parola. Essa non vuol dire, come voi pensate, solo sofferenza e martirio. L'immolazione è fatta di amore vero, fecondo, costruttivo. Quindi è gioia e fonte di vera felicità.
Attento però che non è l'amore frutto di sentimentalismo, ma l'amore imposto dalla volontà sopra la voce dei sensi, l'amore che si rivolge a Me perché la volontà glielo comanda. Perché l'immolazione è il tenace, persistente, cosciente lavorìo della volontà per aderire al mio Cuore, alla mia legge, al mio Vangelo. È questo lavorìo, è questa adesione che chiedo a te e a tutti dal mio nascondimento d'amore nel divino Sacramento.
Che cosa mi hai dato tu perché Io ti amassi fin dal principio?
Dapprima niente, e poi... col passare degli anni è cresciuta la tua malizia e mi hai donato frutti avvelenati...
Orgoglio, lussuria, invidia, pigrizia, rancore, odio, ti hanno fatto assimilare lo spirito del mondo, mentre Io mi preoccupavo di te, ti mandavo il mio Spirito perché ti facesse capire i tuoi errori, ti mandavo la Madre Santa perché ti facesse sentire l'attrattiva del bene, ti facesse pregustare la gioia della bontà, e ti riconducesse a Me perché Io potessi donarti il mio abbraccio di perdono.
E tu, anima mia diletta, sei venuta a Me per trovare finalmente la pace che rende possibile e bella la vita umana, nonostante le lotte che devi affrontare. Ma questo non ti basta per resistere alla tentazione del Maligno che vuole farti tornare indietro, vuole farti abbandonare la strada intrapresa che è strada di predilezione, di perfezione, di santità."


LA VERGINE MARIA negli scritti di Luisa Piccarreta



Il “ti amo” infinito tra Gesù e Maria 

Stavo meditando quando la Mamma Regina dava il latte al bambino Gesù. Dicevo tra me: “Che poteva passare tra la Mamma Santissima e il piccino Gesù in quest’atto?”  

In questo mentre, me lo sentii muovere nel mio interno e mi sentii dire: “Figlia mia, quando succhiavo il latte dal petto della mia dolcissima Madre, unito al latte vi succhiavo l’amore del suo cuore, ed era più amore che succhiavo che latte; ed Io come in quel succhiare sentivo dirmi: "Ti amo, ti amo, o Figlio", 
Io ripetevo a Lei: "Ti amo, ti amo, o Mamma". E non ero solo in questo; al mio “ti amo”, il Padre e lo Spirito Santo, e la Creazione tutta, gli Angeli, i Santi, le stelle, il sole, le gocce d’acqua, le piante, i fiori, i granelli di sabbia, tutti gli elementi correvano appresso al mio “ti amo” e ripetevano: "Ti amiamo, ti amiamo, o Madre del nostro Dio, nell’amore del nostro Creatore". La mia Madre vedeva tutto ciò, ne restava inondata, non trovava neppure un piccolo spazio dove non si sentisse dire che Io la amavo; il suo amore restava indietro e quasi solo, e ripeteva: "Ti amo, ti amo", ma mai poteva uguagliarmi, perché l’amore della creatura ha i suoi limiti, il suo tempo; l’Amore mio è increato, interminabile, eterno. E questo succede ad ogni anima, quando mi dice “ti amo”, anch’Io le ripeto “ti amo”, e con Me è tutta la Creazione ad amarla nel mio amore. Oh, se le creature comprendessero qual è il bene, l’onore che si procurano, anche col sol dirmi “ti amo”, basterebbe solo questo, che un Dio al loro fianco replica con onorarle: Anch’Io ti amo.” (8°, 27-12-1908) 

di P. Pablo Martín

SPIRITO SANTO



Vieni, o Fonte di salute, per mezzo del quale si opera in noi ogni atto buono, e senza il quale non v'è in noi nessun bene; vieni e fa che la nostra fede in Te, ci conduca a corrispondere fedelmente alla tua vitale azione dentro di noi. 

Gli uomini perversi agiranno e alberi che danno buoni frutti saranno sradicati.




Cari figli, sono la vostra Madre Addolorata e soffro per quello che viene per voi. Gli uomini perversi agiranno e alberi che danno buoni frutti saranno sradicati. Il Popolo di Dio perderà molto. Ecco che sono arrivati i tempi da Me predetti. Piegate le vostre ginocchia in preghiera. Non vi allontanate dalla verità. Cercate forze nella preghiera sincera, nel Vangelo e nell'Eucaristia. Qualunque cosa accada, rimanete fedeli al vero Magistero della Chiesa del Mio Gesù. Non tiratevi indietro. Dio ha bisogno di ognuno di voi. Fatevi coraggio e testimoniate che siete del Signore. Avanti nella difesa della verità. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per averMi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Io vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

domenica 28 luglio 2019

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



ESISTE ANCHE L'INFERNO DELL'ALDILÀ 

Se è impossibile negare l'esistenza di veri e propri inferni sulla terra, un inferno eterno, invece, appare più che mai, a tanti, una vera e propria favola inaccettabile per mille ragioni. Eppure - ne abbiamo già fatto cenno -: "Tutti i popoli furono persuasi dell'esistenza di una pena eterna per gli empi. 
I Greci, i Romani, i Galli, i Persiani, gli Indiani, i Cinesi e altri popoli dell'Oriente, quelli barbari e pagani dell'Europa settentrionale come i Germani e i Britanni, numerose tribù primitive dell'Africa, varie scuole maomettane, come pure i gruppi indigeni scoperti recentemente in America e in Australia, tutti ammettono una vita ultraterrena, dove gli empi soffriranno pene gravissime. È rilevante il valore di questo consenso perché s'impone per la sua antichità e universalità, riguarda una verità spiacevole (specialmente per i malvagi), a cui non si può assegnare altra origine che la Rivelazione o la voce della coscienza. Questa, allo stesso modo che promulga la legge naturale e rende certa l'esistenza del Legislatore Supremo, così ne manifesta anche la sanzione. Un tale consenso non può essere basato sull'errore". Questa credenza universale è confermata in pieno dalla Rivelazione. 
Il catechismo della dottrina cattolica - che abbiamo riportato sopra - non fa che ripetere e riassumere la rivelazione divina, portata alla perfezione da Cristo stesso. Non vogliamo qui elencare tutti i testi e le prove del N. e V. Testamento, per i quali rimandiamo ad autori competenti. 
Eccone però almeno alcuni, tra i più significativi. 
Nel libro di Giuditta si legge: "Il Signore onnipotente si vendicherà di essi (gli empi e ribelli a Dio), e li visiterà nel giorno del giudizio; Egli farà entrare il fuoco e i vermi nella loro carne, perché siano bruciati e straziati in eterno" (Giuditta 16, 20- 21). 
È chiaro che qui si parli dello stato del dannato, bruciato e straziato in eterno dal fuoco e da altre pene. 
Non meno esplicito il profeta Isaia: "Si sono atterriti in Sion i peccatori, il tremito ha invaso gli ipocriti. Chi di voi potrà stare col fuoco divoratore? Chi di voi potrà stare nelle fiamme eterne?" (Is 33, 14). 
Chi non conosce poi la parabola del ricco epulone? Il ricco che banchetta tutti i giorni e il povero Lazzaro tormentato dalla fame. Ma ecco, questi muore ed è portato dagli angeli nel seno di Abramo (= in paradiso). Muore il ricco e va all'inferno: in mezzo ai tormenti, torturato dalla sete e dal fuoco, implora una stilla d'acqua ma gli viene negata, oltre tutto perché "tra noi e voi - dice Abramo - è stabilito un grande abisso, che non si può attraversare" (Lc 16,19-31). Gesù spesso parla di fuoco eterno, di verme inestinguibile, di tenebre e stridore di denti, ecc. 
Al giudizio finale - dice il Signore - buoni e cattivi sono separati: i buoni alla destra e i perversi alla sinistra. A questi egli dirà: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli" (Mt 25,31-46). 
"Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 8,12). 
Per l'uomo trovato al banchetto nuziale senza l'abito nuziale, "il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti" (Mt 22,13). 
La metafora "tenebre esteriori" è, secondo Maurizio Blondet, agghiacciante. "Gesù - egli dice -, quando allude a 'le tenebre esteriori dove non è che pianto e stridor di denti', deve ricorrere a parole scelte da una zona estrema del linguaggio', come fa dire Thomas Mann al suo diavolo, che con il nome di Sammael (angelo del veleno) si presenta al musicista Leverkhun per comprargli l'anima. Perché si possono usare molte parole, ma tutte stanno soltanto per nomi che non esistono. 
Questa è precisamente la gioia segreta, la sicurezza dell'inferno: che non è enunciabile, che è salva dal linguaggio. Che esiste semplicemente, ma non la si può mettere nel giornale, non la si può rendere pubblica, non se ne può dare una nozione critica con parole. (...) E, infatti, ciò che più colpisce è come Gesù, nell'alludere a ciò che avviene nelle tenebre esteriori, ricorra a una frase d'impersonalità inaudita, una impersonalità di secondo grado. Non dice che `nelle tenebre esteriori' si piange e si stridono i denti. 
Non dice nemmeno che `non c'è altro' che pianto e stridore; già quell'altro è di troppo, perché non c'è più, forse, nemmeno la minima traccia di `altro'. 
Tutto ciò che c'è là fuori non è che pianto e stridor di denti. Potremmo sospettare che non esistano nemmeno più esseri umani nel senso proprio, ma solo residui. C'è infatti là fuori qualcuno che piange e stride? A prendere le parole di Cristo nel senso letterale, non c'è che pianto e stridore". 
S. Pietro e l'Apocalisse ci dicono, pure, tra l'altro, per chi è destinato l'inferno. "Non sapete voi che gli ingiusti non possederanno il regno di Dio? Badate a non errare: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né quelli che peccano contro natura, né i ladri, né gli avari, né i dediti all'ubriachezza, né i maldicenti, né i rapaci, avranno l'eredità del regno di Dio". L'inferno è soprattutto per quelli "che vanno dietro alla carne, nell'immonda concupiscenza, e disprezzano l'autorità" (2 Pt 2,9-10). 
L'inferno è per "i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori" (Apoc 21,8). 
Anche l'apostolo Paolo afferma che coloro che non obbediscono al Vangelo saranno: "castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore" (2 Thess 1,9). Alla fine dei tempi "il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 13,41-42). 
Da dire pure che, leggendo attentamente il Vangelo si ha addirittura l'impressione che esso parli soprattutto dell'inferno: vedi, per es., la parabola delle vergini sapienti e stolte (queste trovano la porta chiusa e sono escluse dalla cena e lasciate nella tenebra e freddo della notte...); la parabola dei talenti (il servo fannullone, cacciato e spogliato di tutto), ecc. Non c'è, quasi pagina soprattutto del Vangelo, dove non si parli o non si alluda all'inferno. 
Superfluo ricordare che chi parla, con tanta chiarezza e decisione dell'inferno, è Cristo Redentore, Colui cioè che ha dato la vita per l'umanità, e che ha mostrato e parlato in maniera ammirabile della divina misericordia (si pensi solo alla parabola del Figliuol prodigo). Si può allora rimanere sconcertati quanto si vuole, incapaci come siamo di conciliare l'infinita misericordia con l'infinita giustizia divina, ma non si può mettere in dubbio la verità affermata: esiste un inferno, spaventoso luogo di tormenti, e un inferno eterno. 
Di fronte ad affermazioni così categoriche, che senso hanno certe affermazioni o difficoltà avanzate magari, spesso, anche da preti e teologi di fama? Tutte le obiezioni - quali che siano e anche moltiplicate all'infinito e non risolte in pieno dalla ragione -, mai potranno scalfire le affermazioni chiarissime della Rivelazione. Il Cardinale Newman, se non erro, diceva che cento obiezioni non costituiscono un argomento. Se, infatti, si ha a che fare con una verità autentica, alle obiezioni si può anche non saper rispondere per mille ragioni, ma esse mai potranno vanificarla o eliminarla. 

Padre Antonio Maria Di Monda

Sant’Agostino



Perché lo si cerca per trovarlo con maggiore dolcezza, lo si trova per cercarlo con maggiore ardore. (De Trin. 15, 2, 2)

OBBEDIENZA E SOTTOMISSIONE



  L'Imitazione di Cristo

 1.     Stare sottomessi, vivere soggetti a un superiore e non disporre di sé è cosa grande e valida. E' molto più sicura la condizione di sudditanza, che quella di comando. Ci sono molti che stanno sottomessi per forza, più che per amore: da ciò traggono sofferenza, e facilmente se ne lamentano; essi non giungono a libertà di spirito, se la loro sottomissione non viene dal profondo del cuore e non ha radice in Dio. 
Corri pure di qua e di là; non troverai pace che nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore. Andar sognando luoghi diversi, e passare dall'uno all'altro, è stato per molti un inganno.   

2.     Certamente ciascuno preferisce agire a suo talento, ed è maggiormente portato verso chi gli dà ragione. Ma, se Dio è dentro di noi, dobbiamo pur talvolta lasciar perdere i nostri desideri, per amore della pace. C'è persona così sapiente che possa conoscere pienamente ogni cosa? Perciò non devi avere troppa fiducia nelle tue impressioni; devi ascoltare volentieri anche il parere degli altri. Anche se la tua idea era giusta, ma la abbandoni per amore di Dio seguendo quella di altri, da ciò trarrai molto profitto. Stare ad ascoltare ed accettare un consiglio - come spesso ho sentito dire - è cosa più sicura che dare consigli. Può anche accadere che l'idea di uno sia buona; ma è sempre segno di superbia e di pertinacia non volersi arrendere agli altri, quando la ragionevolezza o l'evidenza lo esigano. 


Il Sacro Cuore



Riparazioni e consacrazioni


La consacrazione dell’ umanità

L’apice del movimento consacratorio fu raggiunto con la consacrazione dell’ umanità al Sacro Cuore, fatta da Leone XIII nel 1899 e da lui stesso definita come «il più importante atto del nostro Pontificato» 94.
Essa era stata prospettata già nel 1870, durante il Concilio Vaticano I, ma la sua brusca chiusura ne aveva rinviato l’esecuzione. Nel 1875 l’Apostolato della Preghiera aveva raccolto le firme di 525 vescovi e di 3 milioni di fedeli, a sostegno della richiesta di consacrare il mondo al Cuore divino, consegnata dal padre Ramière a Pio IX. Il Papa accettò la richiesta e pronunciò solennemente la consacrazione il 6 giugno 1875, invitando i vescovi e i fedeli ad imitarlo. Ma tutto si ridusse ad una serie di numerosi atti privati, per cui mancò un atto pubblico compiuto ufficialmente in nome della Chiesa. 
In quell’ epoca, una giovane nobile tedesca, Maria zu Droste Vischering, diventata religiosa e poi superiora del convento del Buon Pastore a Porto (Portogallo), ricevette rivelazioni da Gesù Cristo, che la invitava a rivolgersi al Papa affinché compisse la consacrazione dell’ umanità al Sacro Cuore. Dopo molte esitazioni, ella scrisse a Leone XIII nel giugno 1898 e poi nel gennaio 1899. Gli comunicò di aver visto il Cuore Divino come un sole che, dopo aver illuminato debolmente una piccola parte del globo, andava estendendo e intensificando la sua luce, fino ad illuminarlo completamente e splendidamente: «i popoli e le nazioni verranno illuminati da questa luce e riscaldati dal suo ardore». La suora aggiunse che Dio aveva prolungato la vita del Papa per permettergli di compiere finalmente quella consacrazione da Lui voluta. 
Dopo essersi accertato sull’ attendibilità di queste rivelazioni, Leone XIII affidò al cardinale Camillo Mazzella, noto teologo e prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, il compito di assicurarsi se un Papa può consacrare al Sacro Cuore l’intero genere umano, e non solo la Chiesa. Il cardinale rispose affermativamente, basandosi sull’ insegnamento di san Tommaso d’Aquino: «Tutto è sottomesso a Cristo quanto al potere, che ha ricevuto dal Padre, sebbene non tutto gli sia sottomesso quanto all’esercizio di questo potere» 95. Leone XIII non pose più indugi: voleva compiere l’atto prima della conclusione del secolo, per cui, il 3 aprile 1899, pubblicò l’enciclica Annum sacrum, la prima dedicata al Cuore divino, nella quale preannunciava l’imminente consacrazione ed esortava i vescovi ad imitarlo 96. L’ 11 giugno, il Papa pronunciò solennemente la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore. Subito dopo, inviò alla madre Droste zu Vischering il testo ufficiale. Ma la veggente era morta appena 3 giorni prima della consacrazione, avendo compiuto la sua missione. Fu beatificata da Paolo VI nel 1975.

Guido Vignelli

TE AL CENTRO DEL MIO CUORE


Io prenderò con Me alla fine dei giorni chi Mi è fedele.



Gesù

Chi viene a Me, proverà la Vita Eterna.
Io prenderò con Me alla fine dei giorni chi Mi è fedele.
Io mi occuperò di chi Mi ama.
Chi Mi regala il suo SÌ e ha veramente fiducia in Me, non deve preoccuparsi per se stesso; perché Io Gesù Cristo provvedo a lui.

Amen, Io vi dico questo: Io rincorrerò chi rifiuta Me, il suo Gesù, chi Mi rinnega, Mi calpesta e Mi sputa addosso, e gli regalerò la Mia luce, fino a che anche lui crederà di nuovo in Me. Perché questa scintilla di speranza, che così si accenderà nel suo cuore, può portarlo a Me.
 Se egli però non dovesse utilizzare la sua occasione, e non mi regalasse il suo SI, Io lo lascerò stare, perché allora egli ha visto la luce e non l’ha desiderata, egli si condanna da solo ed Io allora non posso fare nulla per lui.

Amen, questo vi dico. A chi non crede in Me, io ora regalo una possibilità di conoscerMi e di amarMi. 
Con la Mia luce divina illuminerò i vostri cuori e molti di voi troveranno la strada verso di Me, però chi anche allora mi rifiuterà, andrà perduto, perché allora Io non posso fare più nulla per lui.
Vi riempirò con il Mio amore, illuminerò i vostri cuori con la Mia Luce Divina. Io amerò tutti quelli che vengono a Me e li porterò con Me nel Mio Nuovo Regno. 
Chi però Mi rifiuta, anche allora, sia il proprio giudice, perché per lui Io non potrò fare più nulla.
La mano di Mio Padre si abbatterà sulla terra e getterà tutti i Miei nemici nel mare di fuoco. Svegliatevi, prima che cominci questo giorno, perché solo così potete salvare la vostra anima.

Venite tutti a Me, il vostro Gesù e vi prometto che nessuno di voi che Mi ama, andrà perduto.

LA MADONNA E’ LA MIA MAMMA



Tempio dello Spirito Santo

La bellezza della Madonna va pensata soprattutto nel suo mondo interiore; è una bellezza sovrana, più grande di quella dei cori degli angeli insieme. Dio potrebbe creare altri mondi, altri esseri intelligenti, ma non una Donna più eccelsa di lei.

« Per il dono di grazia esimia precede tutte le altre creature... ».

Il fascino spirituale della Madonna è un giardino di delizie che innamora, perché Lei è piena di Spirito Santo, ne é il tempio più augusto e più venerabile.

LEGGENDA PERUGINA



( COMPILAZIONE DI ASSISI )

NON VI PREOCCUPATE PER IL DOMANI !

In quello stesso periodo, quando Francesco viveva con il primo gruppo di fratelli, il suo spirito era meravigliosamente duttile. Infatti, dal giorno che il Signore gli ebbe rivelato di vivere, lui e i suoi fratelli, in conformità al santo Vangelo, decise e si impegnò ad osservarlo alla lettera, per tutto il tempo della sua vita. Quando, per esempio, il frate addetto alla cucina voleva servire loro dei legumi gli proibiva di metterli a mollo nell’acqua calda alla sera per l’indomani, come si usa fare, e questo per osservare quella raccomandazione del Vangelo: «Non vi preoccupate per il domani». 
Così, quel frate aspettava che fosse terminata la recita del mattutino per mettere a bagno le sue verdure.

Per lungo tempo molti frati, nei luoghi dove dimoravano e soprattutto nelle città, continuarono ad essere ligi a questo spirito; e non volevano chiedere o accettare elemosine se non nella quantità che servisse al fabbisogno del giorno.

Traduzione di VERGILIO GAMBOSO


Madre Teresa di Calcutta




MORIBONDI

A Nirmal Hriday nessuno è morto depresso, disperato, alienato, senza cibo, senza amore. Ecco perché io ritengo che sia la casa più preziosa di Calcutta. Diamo ai poveri quello che chiedono in conformità alla loro fede. Alcuni chiedono soltanto una mela, un pezzo di pane, una sigaretta. Altri vogliono solo avere qualcuno vicino.