giovedì 31 dicembre 2020

LA CRISI CULTURALE CATTOLICA

 


 La crisi del cattolicesimo è anche "Una crisi culturale". Chi ha un complesso d’inferiorità nei confronti del mondo moderno non è degno dei "Tesori del Vangelo"! E si ricordi le parole di Gesù: "nessuno può servire due padroni"


La crisi del cattolicesimo è anche una crisi culturale

di

Francesco Lamendola


La Chiesa cattolica sta vivendo la crisi più grave di tutta la sua storia. Nemmeno al tempo delle persecuzioni degli imperatori romani, prima dell’editto di Milano del 313, regnavano una tale confusione, un tale sbandamento, una così profonda crisi d’identità. E nemmeno l’eresia ariana, che nel IV secolo prese uno sviluppo talmente impetuoso da far pensare che tutto il cristianesimo sarebbe divenuto ariano, e un numero impressionante di vescovi passavano nel campo del probabile vincitore, neppure allora si respirava l’atmosfera di crepuscolo, di disfatta, di dissoluzione che si respirano oggi nella Chiesa cattolica. Di questa crisi abbiamo parlato già moltissimo, esaminandone i singoli aspetti e cercando di risalire sempre più indietro per coglierne la prima radice, per individuare i fattori scatenanti più remoti. Ma c’è un aspetto che probabilmente non viene mai considerato abbastanza, perché siamo tutti presi da quello che fa e che dice il papa, o colui che attualmente si fa passare per tale; da quello che dicono e fanno i vescovi; da quello che dicono i teologi e da quello che fanno i sacerdoti e i religiosi. Infatti per capire l’attuale deriva e l’attuale autodemolizione della Chiesa cattolica, beninteso nelle sue strutture e manifestazioni esteriori (perché l’anima della Chiesa è di Gesù Cristo, e pertanto appartiene alla dimensione soprannaturale, ove nulla e nessuno la possono minimamente scalfire) bisogna tener conto della crisi e della deriva che hanno investito la cultura cattolica nel corso specialmente dell’ultimo secolo, intendendo la parola cultura nel significato più vasto e non in quello ristretto che riguarda solo una élite di professionisti e specialisti.


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Chi ha un complesso d’inferiorità nei confronti del mondo moderno non è degno dei tesori del Vangelo. Faccia perciò la sua scelta e si ricordi le parole di Gesù: nessuno può servire due padroni!


Per capire, ad esempio, come mai la stampa cattolica, sia quella popolare, come L’Avvenire o Famiglia Cristiana, sia quella più selezionata, come La Civiltà Cattolica, sia divenuta ex cattolica, o meglio anticattolica, veicolando idee lontanissime e spesso contrarie a quelle della vera dottrina e della vera morale cattoliche, non basta indagare su quali direttori si siano avvicendati alla guida di quei giornali, e chi abbia spianato loro la strada, e sulla base di quali ragionamenti, o di quali forze, o di quali intrighi di palazzo; no: è necessario chiedersi come mai milioni di lettori (sempre di meno, comunque: attualmente si tratta solo di alcune migliaia) abbiamo accettato una cosa del genere, continuando ad acquistare quei quotidiani o quei periodici, o rinnovandone l’abbonamento, in apparenza senza cogliere il tradimento che essi stavano, e stanno, perpetrando ai danni della verità cristiana; e come si sia arrivati a questo punto. Perché se un agricoltore o un apicoltore, che hanno sempre lavorato la terra e allevato le api, a un certo punto accettano di dare ascolto a dei sedicenti esperti che li consigliano di adottare metodi del tutto contrari alla loro esperienza; se un professore accetta di modificare radicalmente la propria impostazione didattica, in base a strampalate direttive provenienti dal Ministero dell’Istruzione, o da quello dell’Università e della Ricerca, ebbene c’è un problema da spiegare, grosso come una casa: come mai la gente smette di fidarsi del proprio sapere, di attingere alla propria saggezza, e accetta di seguire le direttive di sconosciuti i quali pretendono di rifare ogni cosa di bel nuovo, e di procedere in maniera difforme da quella di prima, anzi in maniera diametralmente opposta ad essa, lasciandosi condurre verso il baratro senza fiatare né mostrare alcun segno d’imbarazzo o inquietudine? In realtà, inquietudine e imbarazzo, a dir poco, ci sono: non sarà un caso se Famiglia Cristiana, sempre per fare un esempio, è scesa da 640.000 copie vendute nel 2005 - vendute e non stampate, cioè senza calcolare quelle distribuite gratis o tornate in resa - alle 100.000 o poco più del 2019. Complimenti vivissimi, don Antonio Rizzolo; e complimenti pure a lei, don Antonio Sciortino: i  nostri nonni si rivolterebbero nella tomba se potessero vedere quel che avete fatto e state tuttora facendo del loro giornale, come se fosse vostro e non dei cattolici; se no perché non cambiate testata? È troppo comodo pubblicare un giornale con quel titolo e attirare i lettori che si aspettano dei contenuti cattolici, e poi dar loro, invece, dei contenitori totalmente non cattolici.


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La crisi del cattolicesimo è anche "Una crisi culturale": la Chiesa cattolica sta vivendo la crisi più grave di tutta la sua storia! 


Per inquadrare il problema della crisi della cultura cattolica, abbiamo trovato dei validi spunti di riflessione in un ampio articolo del professor Danilo Castellano, filosofo del diritto e già docente presso l’Università di Udine, nel periodico Instaurare omnia in Christo (n. 3, dicembre 2020, pp. 3-4), intitolato Necesse est ut veniant scandala, del quale riportiamo un breve estratto:

IL PROBLEMA DELLA CULTURA CATTOLICA.

Già san Paolo raccomandò ai Tessalonicesi di esaminare tutto ma di ritenere solamente ciò che è buono («omnia probate, quod bonum est tenete», I Lettera di Tessalonicesi 5, 21. Inoltre, lo stesso san Paolo raccomandò ai cristiani del suo tempo di non conformarsi al mondo, alla mentalità secolare (Lettera ai Romani, 12,2). Segno che già alle origini del Cristianesimo era viva fra i cristiani la tentazione di adeguarsi alle contemporanee mode di pensiero e di vita. Nel corso dei secoli questa tentazione si è costantemente presentata. Soprattutto, però, nell’epoca moderna e contemporanea essa ha trovato largo accoglimento. Si è ritenuti e si ritiene, infatti, di fare opera pastorale buona “battezzando” sistemi di pensiero, tendenze morali largamente praticate, regimi politici. L’adeguamento ad ogni costo  offre, da una parte, l’illusione di aver conquistato al Cristianesimo i suoi avversari e, dall’altra, esso è meno faticoso e (almeno apparentemente) più vantaggioso dell’opposizione. A questo proposito esemplare è l’opera della Segreteria di Stato. Per richiamare solamente alcuni fatti, ricordiamo la politica che ha portato al “Ralliement” nei confronti della Francia laicista, massonica, anticlericale al tempo di Leone XIII; l’accoglimento del liberalismo politico(cardinale Gasparri e don Luigi Sturzo); l’illusorio tentativo di ricuperare il fascismo (padre Gemelli e Pio XI); l’abbraccio con l’americanismo (già condannato da Leone XIII) e la democrazia moderna (Montini, quale sostituto alla Segreteria di Stato e, in parte, Pio XII); la linea della Ostpolitik del cardinale Casaroli e di Paolo VI; l’apertura alla Cina del cardinale Parolin e di papa Francesco. Su un piano parzialmente diverso (meno pragmatico e più dottrinale)  ma in continuità con questa “linea”, va considerata la benedizione della “laicità” francese, rectius l’elogio (in occasione del suo centenario) della Legge della laicità (combattuta da san Pio X e considerata, invece, cristiana da Giovanni Paolo II) da parte di papa Wojtyla; la tesi secondo la quale il liberalismo sarebbe l’anima del cristianesimo (Benedetto XVI); l’erroneo insegnamento secondo il quale Lutero (confutato e giustamente considerato eretico dal Concilio di Trento) sarebbe un riformatore da apprezzare (papa Francesco). Lo scrisse apertamente Eugenio Scalfari dopo un colloquio (sollecitato direttamene da Bergoglio) pubblicato su “La Repubblica” pochi giorni prima del viaggio a Lund di papa Francesco. Soprattutto, però, va considerato, a questo proposito, l’atteggiamento metodologico del Concilio Vaticano II che tentò un “recupero” della modernità al Cristianesimo, non riuscendovi – è vero – ma presentando la Chiesa cattolica prona innanzi al mondo.

Ciò dimostra che la cultura cattolica contemporanea si pone in un rapporto di costante subordinazione rispetto alla cultura elaborata in opposizione al Vangelo. I tentativi fatti nella seconda metà del secolo XX di dimostrare che il marxismo era “recuperabile” alla dottrina cattolica (essendone, per taluni, figlio) analogamente a quanto era stato fatto da san Tommaso d’Aquino con l’aristotelismo, non considerano che Aristotele non si poneva “contro” il Cristianesimo (cosa impossibile essendo vissuto prima di Cristo) come, invece, fa Marx, sviluppando le premesse del pensiero illuministico. Emblematica, a questo proposito, è la posizione di Maritain che negli anni Trenta del Novecento sostenne la tesi del marxismo come eresia cristiana; tesi sconfessata subito da Pio XI che definì, invece, il marxismo come dottrina intrinsecamente perversa.


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Una considerazione dolorosa: tutti i papi dal Concilio in poi hanno avallato, permesso o approvato nuovi indirizzi “pastorali” i quali, di fatto, hanno distrutto la dottrina cattolica e gettato i fedeli nello sbandamento più totale!


Castellano giustamente ricorda che il magistero della Chiesa, in quest’ultimo secolo, non è stato esente da ripensamenti e oscillazioni nei suoi giudizi verso il mondo moderno, i suoi governi e le sue manifestazioni: i casi dell’americanismo, del liberalismo, del fascismo e del comunismo mostrano ad abundantiam che alcuni papi hanno ritenuto di poter dialogare, e perfino di poter stabilire delle alleanze tattiche, con ideologie che i loro predecessori avevano disapprovato e condannato. E non stiamo parlando di questioni di secondaria importanza: il liberalismo è stato solennemente condannato da Pio IX, nel Sillabo, insieme a molte altre espressioni della cultura società moderna, mentre sotto il pontificato di Pio X (che non può certo essere sospettato di simpatie moderniste) venne stretto il Patto Gentiloni che portò al sostegno, sia pure indiretto, dei cattolici ai candidati liberali in funzione antisocialista. Al tempo stesso, e altrettanto giustamente, Castellano fa notare – in altra parte del suo saggio – che una cosa è il magistero straordinario dei pontefici, infallibile e vincolante, e un’altra cosa è il magistero ordinario, il quale non implica necessariamente l’infallibilità e tuttavia impegna i fedeli, beninteso se rispetta alcune condizioni, fra le quali avere per oggetto le verità della fede ed essere in continuità con il magistero precedente, con i Concili e con la Tradizione. Ora, il problema che si pone a partire dal Vaticano II, e con tutti i pontefici che sono succeduti a Pio XII, è proprio quello della continuità del loro magistero con quello anteriore al Concilio. Come si può sostenere che la Dignitas Humanae del 7 dicembre 1965, che afferma solennemente il principio della libertà religiosa (e quindi presuppone il relativismo e il soggettivismo etico) è in continuità con il magistero perenne della Chiesa, con i Concili precedenti e con la Tradizione? Un’altra condizione evidentemente indispensabile per parlare di magistero autentico è che esso provenga da un papa vero. Questo problema non si era mai posto fino ai nostri tempi, perché perfino i peggiori papi del passato – i peggiori dal punto di vista morale – non avevano mai osato stravolgere la dottrina e macchiarsi della colpa inaudita di proclamare un magistero falso ed eretico. I rarissimi casi dubbi – papa Onorio I sulla questione del monotelismo, papa Giovanni XXII sulla visione di Dio per le anime dopo la morte – hanno un carattere episodico, assai limitato sia nelle prospettive che nei loro effetti; nessuno di essi è mai giunto a mettere in crisi la Chiesa e la fede dei cattolici sulle questioni essenziali concernenti la verità e la salvezza. Invece il caso di Bergoglio è del tutto diverso: qui ci troviamo di fronte a un attacco sistematico, capillare, subdolo e recidivo alle essenziali verità di fede, tanto che si può parlare di un vero e proprio contro-magistero, di un magistero infernale. A ciò si aggiunga la questione, non certo secondaria, anzi decisiva, della legittimità dell’elezione di Bergoglio al soglio di Pietro, questione che invece nell’articolo succitato non viene neanche presa in considerazione, perché l’autore lo chiama “papa Francesco” e lo considera legittimo pontefice.


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Bergoglio è un falso papa, ma non è uscito dal nulla: come siamo arrivati all’attuale autodemolizione della Chiesa cattolica?


Quanto a noi siamo di diverso avviso. Non solo Bergoglio è un falso papa, perché nella sua elezione i cardinali massoni della mafia di San Gallo hanno contravvenuto alle più elementari leggi canoniche (prima fra tutte, l’ineleggibilità al papato di un gesuita), ma se anche fosse papa legittimo sarebbe comunque pienamente e intenzionalmente eretico, non in questo o quell’aspetto della sua pastorale, ma pressoché in tutti, essendo un nemico della Chiesa che è stato posto sulla cattedra di Pietro al preciso scopo di distruggerla, come da moltissimo tempo la massoneria si prefigge di fare. Il problema peraltro si allarga per l’ovvia considerazione che Bergoglio non è sbucato fuori dal nulla, e che i cattolici, a partire dal clero, da decenni si sono abituati a un magistero non più ortodosso, ma eterodosso, che ha avallato, implicitamente o esplicitamente, tutta una serie di condotte e stili di vita che sono l’antitesi del Vangelo di Gesù Cristo. Se questo è stato possibile, allora bisogna ammettere che la mala pianta dell’eresia non è spuntata d’improvviso su un  terreno sano, ma che allignava da tempo; e che da tempo i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i teologi, le riviste nominalmente cattoliche stavano deragliando e stavano tradendo la purezza e l’integrità della dottrina cattolica, parlando sempre e solo di certi temi, peraltro gonfiati oltremisura e snaturandone la prospettiva, e tacendo completamente su altri, non meno importanti. È così che un poco alla volta i cattolici si sono abituati a non dedicare più neppure un pensiero al dramma dell’aborto volontario, legalizzato ed equiparato a un sacro diritto, e alla fine anche a chiudere un occhio sull’eutanasia e approvare le cosiddette famiglie arcobaleno. E tutto ciò mentre chi avrebbe dovuto vigilare taceva, al punto che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha praticamente smesso di funzionare, alla stampa è stata lasciata libertà di pubblicare qualsiasi cosa (con l’abbandono del nihil obstat) e i seminari e le facoltà cattoliche sono diventati altrettanti focolai di eresia, ove le idee più contrarie al cattolicesimo, già solennemente e più volte condannate dal magistero, hanno trovato terreno fertile per essere insegnate e propagate come delle stupende novità volute da un non meglio precisato “spirito”, che certo non ha nulla a che vedere con lo Spirito Santo. Bisogna perciò arrivare alla conclusione inevitabile, se pur dolorosa che tutti i papi dal Concilio in poi hanno avallato, permesso o approvato questi nuovi indirizzi “pastorali” i quali, di fatto, hanno distrutto la dottrina cattolica e gettato i fedeli nello sbandamento più totale. E ciò sempre per la stessa ragione: perché il clero e i fedeli hanno voluto mettersi al passo con la civiltà moderna (avevano un ritardo di due secoli da recuperare, secondo il massone e gesuita cardinale Martini), ed erano stanchi di sentirsi dei relitti sorpassati dalla storia. Scordandosi della perennità del Vangelo e facendo proprio il punto di vista del mondo moderno, secondo il quale solo le novità meritano attenzione, mentre le cose antiche sono da gettare nel cestino, quei preti e quei fedeli hanno decretato l’atto di morte del cattolicesimo. Tutto il resto è solo una conseguenza di quella resa fondamentale, di quel dire di sì al mondo per piacere allo spirito moderno e sedere a tavola con gli altri, non più relegati in una posizione marginale.


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I cattolici, a partire dal clero, da decenni si sono abituati a un magistero non più ortodosso, ma eterodosso, che ha avallato, implicitamente o esplicitamente, tutta una serie di condotte e stili di vita che sono l’antitesi del Vangelo di Gesù Cristo!


Tale è lo stato presente delle cose. Ed è da qui, da questo disastro, da queste macerie, che bisogna ricominciare, iniziando la ricostruzione della cultura cattolica: con serietà, con onestà intellettuale, con coerenza e anche con un po’ di fierezza. Chi ha un complesso d’inferiorità nei confronti del mondo moderno non è degno dei tesori del Vangelo. Faccia perciò la sua scelta e si ricordi le parole di Gesù: nessuno può servire due padroni.

Del 31 Dicembre 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


L'inferno rinserra quanto il mondo produce di corruzione e di errore, essendo di tutto questo continuazione e sviluppo e anche rivelazione totale. Ogni dannato ha sempre presente questo pensiero: che i tormenti da lui sofferti sono il frutto naturale e giusto dei suoi misfatti. Come tanto spesso sono i peccati nel mondo a produrre paurosi disastri. Conferme a questa dottrina ce ne sono tante, specie negli scritti dei SS. Padri, come S. Agostino. Ma mi piace qui riportare una testimonianza di una Santa (o candidata alla canonizzazione) dei nostri tempi, Edvige Carboni. Prima che scoppiasse la terribile seconda guerra mondiale Edvige ne fu avvertita a più riprese. Per es., la Madonna le disse: "Verrà fra pochi mesi una terribile guerra. Io sto trattenendo il braccio del mio Figlio sdegnato per le mode immodeste e altri peccati orribili, ma non riesco a placarlo". Nel settembre 1941 in una visione Gesù così disse a Edvige: "Figliola, io agli uomini ho dato la libera volontà di operare come a loro piace. Il mondo è tanto cattivo, che sono stato costretto ad abbandonarlo a se stesso. Non sono io che ho mandato la guerra, no, no. Sono i peccati degli uomini che hanno attirato il presente pagello; sono i capi, che fanno da soli. E io interverrò, quando vedrò che gli uomini non possono fare più niente. Allora salverò la mia Sposa, la Chiesa". Nell'inferno si aduna dunque tutta la sozzura del mondo. Se in cielo gli effetti dei peccati dei salvati sono stati cancellati dalla misericordia di Dio; gli effetti invece delle iniquità dei dannati sono come accumulati nell'inferno, che appare, così, come una specie di immondezzaio dove vanno a finire tutti i rifiuti non riciclati. E così si ripresenta, una volta di più, la visione di due realtà contrapposte, di due città, la città dell'odio e della discordia, della mostruosità e dell'infelicità eterna, e la città dell'amore e della bellezza e della felicità perenne. 

Questo pensiero - che è soprattutto della beata Emmerick, Suora agostiniana - richiama istintivamente alla mente La Città di Dio di S. Agostino. "Due amori - egli dice - hanno dunque fondato due città: l'amore di sé portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l'amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste". Ed è sempre S. Agostino a dirci che la sede definitiva dei cittadini della Città di Dio è il cielo, il paradiso; per gli abitanti della città terrena è l'inferno. 

Padre Antonio Maria Di Monda

Non passare il nuovo anno come un pagano!




La fine dell'anno solare è un momento in cui una certa malinconia tende a dominare le persone, poiché siamo di fronte all'inevitabile passare del tempo, che a sua volta ci avvicina alla morte. Questa momentanea consapevolezza dell'evanescenza di tutte le cose spiega, almeno in parte, perché in questo momento c'è così tanta baldoria che spesso finisce nell'ubriachezza e nello stupore. Apparentemente, niente è più facile che bere per dimenticare la mortalità - un "antidoto" efficace quasi quanto inghiottire pillole anticoagulanti durante il sanguinamento. 

San Giovanni Crisostomo, quell'intrepido predicatore della Chiesa antica, spesso ricordava ai cristiani di Antiochia che dovevano abbandonare i sentieri dei loro vicini pagani e abbracciare uno stile di vita più moderato e, per questo motivo, più gioioso (molti stoici, epicurei e gli antichi cristiani avevano in comune). Come tutti i Padri della Chiesa, conosceva il fenomeno diffuso dei credenti più o meno impegnati che cedettero alla pressione turbolenta dei loro connazionali increduli: la ricorrenza sociale per cui, anche contro la nostra coscienza e il nostro carattere, finimmo per seguire i cattivi costumi del nostro volte .

Ecco cosa ha detto l'arcivescovo "bocca d'oro":

Guai alle case che non differiscono in alcun modo dai paradisi del piacere ! Portate via, vi supplico, queste cose di mezzo a voi! Lasciate che le case dei cristiani e dei battezzati siano libere dal coro del diavolo: sia piuttosto raffinate, ospitali e santificate da una fervente preghiera. Radunatevi per cantare salmi, inni e canti spirituali . Lasciate che la parola di Cristo e il segno di Cristo siano nei vostri cuori, sulle vostre labbra e sulla vostra fronte, nel mangiare e nel bere, nelle vostre conversazioni, nei vostri bagni, nelle vostre stanze, nel nella tua venuta, nella gioia e nel dolore; sicchè, secondo l'insegnamento di san Paolo, che mangiate, bevete o qualunque cosa facciate, tutto si fa nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo (cfr 1Cor 1, 31;Col 3, 17), che ti ha chiamato alla sua grazia. Perché è Lui che ti ha perdonato delle tue precedenti offese, ed è Lui che ti promette una ricompensa per aver modificato la tua vita .

Nella sua potente lotta secolare contro l'idolatria e l'eresia, la Chiesa primitiva prese sul serio il suo obbligo di elevare preghiere al Signore nei giorni santi. Questa è un'occupazione degna di un re, cioè di ciascuno dei battezzati. In un articolo pubblicato sul sito web del Nuovo Movimento Liturgico , Gregory DiPippo rileva che i primi cristiani erano perfettamente consapevoli che il loro modo di "cambiare anno" era decisamente diverso da quello dei pagani intorno a loro, che non si lasciarono sfuggire l'occasione arrendersi alla venerazione degli idoli edonistici.

Il rito romano ha conservato alcune tracce della reazione dei primi cristiani alla celebrazione pagana del capodanno; nel rito tradizionale ambrosiano questo aspetto della giornata è molto più accentuato. Nei vespri viene cantato il Salmo 95 con l'antifona: “ Tutti gli dèi delle nazioni sono demoni ; ma il nostro Dio ha fatto i cieli ”; e il Salmo 96 con l'antifona: Siano confusi tutti coloro che adorano gli idoli, e quelli che si vantano delle loro statue". La prima preghiera dei Vespri e della Messa dice: “Dio onnipotente ed eterno, che ordina a coloro che partecipano alla tua mensa di astenersi dai banchetti del diavolo, concedi al tuo popolo, chiediamo a te, che, rifiutando il gusto della dissacrazione mortale , possa presentarti con una mente pura per la festa della salvezza eterna ”. Tutte e sette le antifone del Matine e la maggior parte delle antifone delle Lodi si riferiscono al rifiuto dell'adorazione degli idoli. Nel rito ambrosiano ci sono due letture prima del Vangelo; sulla circoncisione, la prima è l'apertura della "lettera di Geremia" (che, nella Vulgata, è in Baruc6, 1-6), in cui il profeta esorta il popolo a non inchinarsi agli idoli babilonesi. La grande antichità di questa tradizione è dimostrata dal fatto che questa lettura è conservata nel Messale Ambrosiano, nel testo dell'antica versione latina, al posto del latino della Vulgata.

Nonostante si parlasse molto dell'antichità cristiana, i riformatori della Chiesa del XX secolo hanno mostrato una notevole tendenza ad adottare il lassismo moderno al posto del rigore antico, ad abbreviare la preghiera invece di ingrandirla, ad adottare la nozione mondiale di "celebrazione" al posto della chiamata del Vangelo alla conversione e all'imitazione di Cristo.

Ti sei mai fermato a chiederti perché, per secoli e secoli, i cattolici hanno parlato di "offrire il Santo Sacrificio", mentre, dopo il Concilio, si parla solo di "celebrare la messa" o anche di "celebrare l'Eucaristia" (a barbarie linguistiche)? Nei tempi moderni, come sottolinea Josef Pieper, poche persone hanno sperimentato la vera festa: l'abbraccio festoso della vita come dono di Dio, da restituirGli "con interesse" sotto forma di culto solenne accompagnato da incontri sociali, canti e feste in compagnia l'uno dell'altro. Al contrario, i moderni conoscono solo il rilassamento del lavoro, la dissipazione delle loro "vacanze" e la determinazione un po 'cupa di sfuggire alla noia e alla depressione .

Quasi ogni psichiatra che si rispetti ha riscoperto un pezzo di saggezza ancestrale: il modo migliore per superare lo sconforto che ci affligge nella nostra mortalità è coltivare la gratitudine . Invece di mormorare su quanto siano brutte le cose (perché, senza dubbio, in questa valle di lacrime, ci sarà sempre molto di cui lamentarsi!), Perché non fermarsi a pensare alle tante cose di cui essere grati? San Paolo ci dice: In ogni circostanza, rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Gesù Cristo "1 Ts 5:18 ). Coloro che scrivono un "diario della gratitudine" scoprono che li cambia in meglio.

Facciamo un ulteriore passo avanti. Invece di ripetere il mantra "Guai a me! ...", Perché non ripetere la preghiera con calma e lentamente: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore"? Invece di bere fino all'oblio, perché non ritirarti nella tua stanza e pregare il tuo Padre celeste, che ti darà da bere da una fonte che il mondo non conosce? Quando avremo dato a Dio la "decima" del nostro tempo , ci sarà abbastanza tempo da trascorrere con amici e familiari, ma questa volta con significato e appagamento.

Dal IV secolo, la Chiesa cattolica ha cantato il grande inno ambrosiano di ringraziamento, il Te Deum , come parte dell'Ufficio divino, e in occasioni speciali come la consacrazione di un vescovo, la canonizzazione di un santo, professioni religiose e, quando re e regine governavano il paese, in incoronazioni reali. Una di quelle occasioni speciali è il capodanno, quando è consuetudine cantare o recitare il Te Deum per ringraziare Dio per le sue benedizioni nell'anno appena terminato e chiedere la sua benedizione per l'anno che è appena iniziato. La Chiesa attribuisce persino un'indulgenza plenaria a questa pratica. (Il testo dell'inno può essere trovato in molti posti online.)

Non è questo il modo migliore per uscire dal vecchio anno e nel nuovo anno?

Guardate il mondo, è arrivato alla distruzione.- Vi siete lasciati plasmare da ciò che dicono i potenti, l'èlite mondiale, senza capire cosa stesse accadendo. - Pregate per l'Italia e per il mondo tanto in pericolo.

 


Trevignano Romano 29 dicembre 2020


Cari figli, grazie per essere qui nella preghiera e per aver risposto alla mia chiamata nel vostro cuore. Figli, guardate il mondo, è arrivato alla distruzione. Vi ho chiesto e continuo a chiedervi di pregare il Santo Rosario e di affidarvi a Dio, unica vostra salvezza. State percorrendo una strada piena di pericoli eppure non credete, aprite i vostri cuori, siate uniti e siate un'unica famiglia, affinchè possiate aiutarvi l'uno con l'altro. Presto saranno tante le cose che vedrete, sarete testimoni anche della fine di questa battaglia e insieme a Gesù, sarete vincitori, non temete. Quanti credono che tutto questo passerà in fretta; vi siete lasciati plasmare da ciò che dicono i potenti, l'èlite mondiale, senza capire cosa stesse accadendo. Fate attenzione, non sempre ciò che vi diranno sarà per il vostro bene. Pregate per l'Italia e per il mondo tanto in pericolo. Il Vaticano sarà molto scosso, molti prelati sentiranno il buio nel cuore, Io mi affido alle vostre preghiere figli prediletti, affinché ciò che arriverà possa essere mitigato. Ora vi lascio con la mia benedizione materna nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

Che non ci può essere cosa migliore né più utile di quello che Dio vuole.

 


LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA REALE E BREVE PER ACQUISTAR LA PERFEZIONE 

Se tutto ciò, che abbiamo veduto, cioè che il fare, non la propria, ma la volontà di Dio, è cosa  tanto obbligatoria, tanto onorevole, tanto dolce e dilettevole, non fosse bastante a persuadere ad  alcuno il sommo bene, consideri il grande interesse ed utile, che questo porta: perché se solo  l'interesse (utilità incerta in cose che non sono di utile, ma piuttosto di pericolo e di danno), può  tanto nei cuori umani, che fa loro lasciare la pace e la quiete e la patria e i figli e le mogli, e li fa  andar volontariamente in esilio, e fa loro mettere a rischio la vita, per mari e deserti, avventurandosi  a ogni rischio, e passando per mille travagli e incomodità; l'interesse tanto grande e le utilità che  seguono dal fare la volontà di Dio, come or ora vedremo, uniti insieme con tanto gran gusto, e con  tanto onore, e con l'adempimento di tante obbligazioni, perché non ci muoveranno a lasciare almeno  i nostri desideri, restando noi con ciò in sicuro, senza avventurar la vita, né la salute temporale, anzi  acquistandone l'eterna? 

   Giunti adunque a veder i guadagni, che sono nel fare non la propria, ma la volontà divina, basta  dire, che con ciò si schivano tutte le sollecitudini e gli errori, e si accerta sempre in tutto quello che  si fa. Onde, siccome non v'è cosa, che ci sia più utile, o per dir meglio, non ve ne ha al cupa che sia  utile, se non il fare la volontà di Dio; così non ci é cosa che ci sia più dannosa che il fare la propria  volontà la quale non si adempie mai senza nostro gran danno. Quindi è, che con ragione dicono  comunemente i Santi, che la propria volontà è radice ed origine di tutti i mali. E anche Aristotele,  perché uno sia prudente e non erri nel giudicare le cose, ricerca per fondamento della prudenza una  buona volontà libera dell'amor proprio e sciolta da ogni affetto. Dimodochè, così per non errare nel  giudicare le cose, come per essere sicuri di ciò che facciamo, è necessario non fare la nostra  volontà, né lasciarci dominare dai nostri desideri; ma liberi da ogni affezione di cosa creata,  rivolgere l'affetto solo all'adempimento della divina volontà, attendendo solamente ad essa; perché è  impossibile di essere sicuri in altra maniera. 

   Si considerino anche solo i danni temporali, che ci hanno fatto i nostri desiderii e la nostra  volontà. Quante infermità ci hanno occasionato gli eccessi nel mangiare, che per sua cagione  abbiamo fatto? Quante perdite di roba ha causato a quelli, che la desiderano, una collera e un affetto  non mortificato? Quante disgrazie, quanti disgusti, quanti timori? Veramente non vi è maggior  utilità e giovamento che gettar via da noi questa spada, con la quale ci feriamo, versare questo  veleno, che ci attossica, seppellire, abbruciare questo strumento de' nostri danni, cacciare dalle  anime nostre questo demonio, che ci molesta. E però non senza ragione il santo Pamenes rispose ad  uno, che si lamentava di essere combattuto dai demoni, dicendo: Non combattono con noi i demoni,  quando facciamo le nostre volontà; perché esse ci servono di demoni, che ci tribolano e  combattono. 

   La nostra propria volontà è lo spirito più maligno, che ci fa cadere: il coltello più acuto, che ci  tronca il collo: il veleno più potente, che ci ammazza: la morte più micidiale, che ci priva della vita.  Con ragione S. Anselmo la paragonò a un'erba velenosa e mortifera, va meravigliandosi il santo,  che, dopo di aver noi veduto per esperienza la morte che cagionò a' nostri primi padri, non  tremiamo da capo a' piedi della sua malizia, la quale egli dichiara con una similitudine, così: La  volontà propria è simile a un'erba velenosa e mortifera, la quale un savio medico ha proibito che ne  mangino quelli di una certa famiglia, sotto pena di riempirsi di lebbra e di quella senza dubbio  morire. Ma essi, non facendo caso della minaccia, ne hanno mangiato, e subito si sono riempiuti di  lebbra, generando figliuoli lebbrosi, e finalmente morirono. 

   E i loro figliuoli sono sì stolti, che conoscendo il male che quel cibo ha causato a' loro genitori e a  sé stessi, tuttavia non cercano e non mangiano avidamente altro che quest' erba: e ogni lor vivanda  con questa mala erba condiscono: la mattina, subito levatisi da letto, mangiano di quella, come fosse  per loro medicina salutare, e il medesimo fanno, quando vanno a dormire. Chi è che nell'udir questo, non reputi questa gente senza giudizio? Ma è maggior sciocchezza e pazzia il dolersi della  nostra propria volontà, poiché essa è quell' erba del demonio, velenosa e pestilenziale a tutti coloro  che l'adoprano; perciò Dio la proibì a' nostri primi padri, quando vietò loro di mangiare dei frutti di  un albero. Ma essi, soddisfacendo la propria volontà, calpestarono quella di Dio, e così, fatti  peccatori e morendo nell'anima, generarono parimenti figliuoli peccatori. E con tutto ciò non si  trova cosa che gli uomini maggiormente cerchino, che la propria volontà, che vanno mescolando in  tutto ciò che fanno. Veramente non vi ha uomo più stolto e pazzo di costoro, i quali non adoprano  cosa con maggior gusto che la lor morte nascosta nella loro propria volontà. In questa maniera  dichiarò S. Anselmo qualche parte dei danni, che si trovano nel fare la nostra volontà e la grande  stoltezza nostra di non tremare. Ma ancorché non avessimo altro che temere della nostra volontà,  solo per castigare e far vendetta di chi ci ha fatto tanti mali, anche temporali, non lo dobbiamo  obbedire. 

   Che sarà poi, se considereremo i danni spirituali e la perdita dei beni eterni? Quante volte ci siamo  veduti con un piè nell'inferno, per seguire la nostra volontà? Di quanti doni divini ci siamo  malamente serviti, disprezzando infinite volte la grazia e il sangue del Figliuolo di Dio? E quale  maggiore soddisfazione dell'assicurare noi stessi di noi medesimi, che si ottiene con fare la volontà  di Dio e non la nostra? E qual maggiore utilità di essere sicuri di scegliere il meglio, guardando ad  un punto sicuro, che è la volontà divina, la quale vuole solamente quello che è bene per noi? Che  cosa è più giovevole che il ritrovare un'arte di far sempre ciò che è più utile? Poiché veramente non  possiamo desiderare cosa migliore, né più utile per noi. di quello che Dio ci desidera. Poiché il  volere e desiderare bene ad uno nasce dall'amore che gli si porta: e tanto maggiore è questa volontà  e desiderio di bene, quanto maggiore è l'amore. Ora amandoci Dio assai più incomparabilmente di  quello, che noi amiamo noi stessi, ci desidera e vuole più bene incomparabilmente, che non ci  desideriamo noi medesimi. Dall'altra parte Dio non può errare in conoscere quello che conviene per  noi; perché è sapienza infinita e la sua provvidenza non è come la nostra esposta a pericolo di  inganni. 

   Noi non sappiamo quello che è bene per noi; e però se non vogliamo errare, dobbiamo seguire il  suo gusto e la sua volontà, che sempre cerca il nostro bene, senza ingannarsi in esso: e ce lo  desidera infinitamente più di quello, che ce lo possiamo desiderare noi medesimi. Di modo che non  ci è cosa più utile per noi di quello che Dio vuole. E però se noi non vogliamo male a noi stessi, non  dobbiamo volere altra cosa. Oh come fa vergogna Epitetto filosofo a molti cristiani, mentre  riprendendoci, dice: Uomo ignorantissimo, desideri per avventura altra cosa che quello che è  meglio? E può forse esserci cosa migliore di quello che piace a Dio? E perché la volontà di Dio ha  due parti, l'una che vuole che facciamo qualche cosa, l'altra che vuole che soffriamo qualche cosa,  per questo c'invia infermità, travagli e altre cose di sentimento e di dolore: acciocché ci  persuadiamo maggiormente che questa è la cosa più utile e profittevole per noi. 

   Consideriamo che, oltre l'esser Dio infinitamente buono, per il che desidera ogni nostro bene, e  oltre l'esser infinitamente saggio, sicché non può ingannarsi in conoscerlo, è ancora infinitamente  potente, onde non è debolezza, né impotenza il non liberarci dagli incommodi, in cui ci troviamo,  essendo a lui tanto facile l'uno, quanto l'altro; ma perché sa che hanno ad essere bene per noi e  perché ce lo desidera svisceratamente, ci ritiene in quelli e ce li manda, servendosi in ciò della sua  onnipotenza.   Tutto questo è una chiara dimostrazione di quanta utilità e giovamento sia il fare e il  volere solo quello, che vuole un Signore così onnipotente, saggio e buono per noi, e non quello che  la nostra volontà desidera; la quale né sa accertarsi in quello che vuole, né può eseguirlo: né del  nostro medesimo amore, riceviamo tanto contento, quanto di quello di Dio. E questo é una grande  consolazione, che dobbiamo avere in tutte le cose: considerare, che quello, che ordina Sua Divina  Maestà, é solo quello che ci sta bene e ci è utile. Dell' altre cose dobbiamo temere, come di nemici  armati; e dobbiamo pur tremare dei nostri medesimi desiderii, se vogliamo altra cosa, che quello  che egli vuole. E se Dio ci lasciasse fare qualche cosa a nostro gusto o arbitrio, dobbiamo  intimorircene. Nelle mani di S. Francesco Borgia lasciò Dio la vita della sua moglie; ma il santo,  tremando della sua volontà, non volle valersi di questa grazia e privilegio; ma rimettendo il tutto alla divina provvidenza, pregò il Signore, che lo determinasse egli e non lo lasciasse in sua balia.  Veramente è tanto giusta, tanto ragionevole e tanto inclinata al nostro bene la volontà divina, che  non abbiamo bisogno d'altra ragione, né causa per adempirla in ogni cosa. 

   Ma oltre ciò, sono molte le utilità, che da ciò seguono. E qual maggiore interesse di quello che  risulterà a uno, il quale, come ho detto, ha realmente e rigorosamente per vero amico il medesimo  Dio; e ciò solo con adempire la Sua volontà? poiché l'amicizia di Dio non è sterile, né si ferma solo  nell'affetto; ma è efficace, e il suo amore è secondo i beneficii, e riempie di grazie e favori quello  che ama e tiene per amico. E' però, come potranno non essere grandi le utilità che si ritrovano in  questa amicizia? E tanto più che Sua Divina Maestà arriva fino ad accomodarsi alla volontà umana  con quella esattezza, che si è detto, facendo quello che i suoi servi desiderano o potrebbero  desiderare. Che se dagli uomini si stima utile un servo, perché sa fare solamente con puntualità la  volontà del suo padrone; come può non essere utilissimo per noi l'aver un Dio onnipotente, pronto a  fare quello che vogliamo con la puntualità, che dice Davide parlando con Dio, della maniera ch'Ei si  porta col giusto: Gli concedesti il desiderio dell'anima sua e non lo defraudasti della volontà delle  sue labbra (Sal. 20, 3), cioè di tutto ciò che seppe domandare. 

   Che sarà dunque, se considereremo il tesoro dei meriti, che si acquistano con questo esercizio,  facendo tutte le cose per amor di Dio e per adempire la sua santissima volontà? V'ha in ciò interesse  tanto grande quanto se uno di legni e di pietre vilissime facesse perfettissimo oro; perché le opere  che per sé stesse non sono meritorie, come sono le indifferenti, e quelle che sono necessarie per  sostentar la natura, come il mangiare e il dormire, e quelle che per sé stesse, sebbene grate a Dio,  sono di minor virtù, s'innalzano con questo esercizio ad essere preziosissime e della più eccellente  virtù che é la carità: perché con questo uno va amando Dio continuamente e senza intermissione,  perché la prova dell'amore é l'avere un medesimo volere e non volere, e questo vuole perfettamente  quello che Dio vuole. Di maniera che anche col dormire merita, non volendo quel riposo naturale se  non é di gusto di Dio. Dal che ne segue che quegli che cammina con questa avvertenza, fa molte  opere meritorie e di molto maggior merito; perché derivano dalla virtù più eccellente e di maggior  merito, che é la carità e amor di Dio, che consiste nell'avere un medesimo volere con lui, la qual  virtù non solo si esercita con questa occupazione, ma va del continuo crescendo poiché quegli che si  spropria del suo volere e affezione, è più disposto a conoscere le cose divine e a ricevere maggiori  illustrazioni dal Cielo, le quali vengono impedite dalle nostre passioni e affezioni; e dall'intendere e  conoscere Dio e dall' aver maggiore e più chiaro conosci mento di lui, si accende e si infiamma più  l'amor suo; e però le opere che procedono da questo amore, sono più eccellenti e meritorie. Oltre di  questo, l'esercizio delle virtù è più facile con questa disposizione: perché attraversandosi molte  volte cose ardue e di umiliazione nell'esercitarle, chi non bada ad altro che alla volontà di Dio, non  trova inciampo per via. 

   Finalmente da questo ne caviamo il vivere non in qualsivoglia modo, ma una vita divina che si  gode per mezzo di questa intima unione e conformità con Dio. Si consideri di quanto maggior  interesse è al corpo 1'unione dell' anima, che 1'essere signore di tutto il mondo; perché senza questa  unione non gli servirebbero nulla l'impero e le ricchezze dell'universo: per cui gli uomini stimano  più la vita che non tutti i tesori dei re. Se dunque siamo tanto interessati nell'unione e conformità del  corpo con l'anima, che farà la congiunzione e l'unione con Dio? E se a un morto non giovano tutte  le cose, perché senz'anima, di qual giovamento ci può essere l'anima senza Dio, che è l'anima  dell'anima nostra? Perché, siccome non v'ha cosa di giovamento senza la vita, così non vi è vita che  giovi, senza Dio. 

P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. 

Guai a chi scandalizza uno di questi piccoli

 


L'articolo di Plinio Maria Solimeo:

Un giorno Nostro Signore Gesù Cristo stava predicando, quando alcuni bambini furono portati a Lui per benedirli. Gli Apostoli cercarono di scacciarli, ma il Divin Maestro disse loro: “Venite a me questi piccoli fanciulli e non ostacolateli, perché il Regno dei Cieli è per quelli che sono come loro” (Mt 19, 14). E ha aggiunto: “Se non cambiate e diventate come bambini piccoli, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Voglio dire, dovremmo essere innocenti come lo sono i bambini piccoli in generale.

Dico in generale perché purtroppo un numero crescente di loro rende omaggio al male dei tempi in cui viviamo, corrompendosi presto, a differenza di quanto accaduto ai figli puri e innocenti di quei tempi biblici. Sia quelli che quelli che conservano ancora oggi la loro innocenza, attraggono e attirano l'occhio di Gesù. Questo è il motivo per cui avverte che chiunque cerchi di corromperli con parole o azioni: “Sarebbe meglio per lui se una macina da mulino fosse legata al collo e gettata in mare, piuttosto che prendere uno di questi piccoli per far del male. . Abbiate cura di voi stessi ”(Lc 17, 2).

Non c'è niente di più diabolico che usare una posizione di influenza o comando, sia essa paterna, di insegnamento o di amicizia, per soffocare il germe di pietà e innocenza nell'anima dei bambini, allontanandoli così da Dio e dagli altri. la tua Chiesa. Quanti sono i genitori che danno il cattivo esempio ai loro figli con parole, azioni o omissioni, per esempio, non curando la loro educazione religiosa, non osservando la loro buona o cattiva condotta, litigando in casa e, soprattutto, dividendo in famiglia! Questi sono scandalosi per i vostri figli ed è per questo che non possiamo non dire che meritano la maledizione di Nostro Signore.

Lo stesso si può dire degli insegnanti materialisti e degli atei che, con la loro malvagità, uccidono nell'anima degli studenti i germi buoni che possono aver ricevuto dalla famiglia.

L'innato senso del bene e del male, della verità e dell'errore

Nostro Signore Dio ha instillato nel cuore di ogni neonato la legge naturale, con la quale il bambino inizia a distinguere il bene dal male, la verità dell'errore fin dalla tenera età. Così, istintivamente, dalla culla, è portato ad essere attratto da ciò che è buono o bello, e respinto da ciò che gli è opposto.

Ciò è dimostrato dalla scienza. Paul Bloom, professore di psicologia presso la famosa Yale University negli Stati Uniti, sua moglie Karen Wynn e Kiley Hamlin, del Child Cognition Laboratory dell'Università, hanno studiato a fondo la capacità di apprezzamento morale nei ragazzi di età compresa tra i sei ei dieci mesi. E sono giunti alla conclusione che anche in giovane età i bambini distinguono tra persone buone e cattive, esprimendo attrazione per le prime e rifiuto per le seconde.

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Questi ricercatori hanno pubblicato le loro scoperte in un libro, dove affermano che le loro esperienze hanno dimostrato che i bambini non sono moralmente indifferenti, ma tendono a sorridere e ad applaudire di fronte al buono e al bello, a fare smorfie e voltare la testa di fronte a ciò che è brutto o cattivo. .

Concludono che i bambini nascono già con un istinto (la legge naturale imposta da Dio nelle loro anime) che permette loro di discernere il bene e il male, il bello e il brutto.

Il che ha come conseguenza che la moralità non è in alcun modo il risultato di condizionamenti ambientali, culturali, sociali o religiosi, ma qualcosa che deriva dalla stessa legge naturale creata da Dio [i].

È necessario preservare questa visione d'oro nei bambini

La prima, e come se dorata, visione della vita, del tutto vera, viene erosa sempre più nei bambini di oggi, a causa della cattiva educazione o di un ambiente malsano derivante da tanti fattori di corruzione e disgregazione delle famiglie.

Un bambino cresciuto in una famiglia stretta e religiosa ha la possibilità di preservare la sua innocenza per molto più tempo di uno cresciuto in una famiglia divisa e non religiosa. Allo stesso modo, in una famiglia numerosa, l'interazione tra genitori e figli è molto più intima e li aiuta a proteggersi dalla corruzione esterna.

Per parlare di alcuni dei fattori corrosivi dell'innocenza dei bambini, abbiamo soprattutto la devastazione che i programmi televisivi - amorali quando non perversamente immorali - provocano nelle loro anime, che vengono abbondantemente offerti agli spettatori.

Ciò è ulteriormente aggravato dal prodigioso sviluppo di Internet.

Un articolo pubblicato sul sito cattolico Religión en Libertad alludendo alla Spagna, ma che può essere facilmente applicato al Brasile, afferma: “Gli studiosi continuano a mettere in guardia sull'abuso del consumo televisivo - I bambini spagnoli sono in media sullo schermo più di due ore e mezza al giorno - ei rischi causati dall'uso incontrollato di Internet e dei telefoni cellulari con applicazioni Whatsapp, Youtube o Instragram. E tutto questo sta diventando un problema di prim'ordine, a cui pochi fanno di tutto per rimediare. Tuttavia, la cultura dominante va nella direzione opposta, e sempre più bambini hanno telefoni cellulari con accesso alla rete e tablet con cui possono navigare nel vasto mondo di Internet con tutto ciò che porta ”dalle occasioni di peccato.

Pertanto, l'American Academy of Pediatrics avverte: "L'AAP raccomanda ai genitori di stabilire 'zone libere dalla televisione' in casa, assicurandosi che non ci siano televisione, computer o videogiochi nelle camerette dei bambini e spegnendo la televisione durante i pasti. I bambini e gli adolescenti dovrebbero utilizzare questi mezzi per non più di due ore al giorno e sempre con contenuti di alta qualità. È importante per loro passare il tempo a giocare all'aperto, leggere, le loro inclinazioni e usare la loro immaginazione in situazioni di gioco libero ".

L'articolo continua: "Esistono anche numerosi studi scientifici che affermano che un'eccessiva esposizione alla televisione - e ora a tablet e telefoni cellulari - è associata a un'ampia varietà di effetti negativi sulla salute, che vanno dall'aumento della violenza e comportamenti aggressivi, immagini sessuali distorte, problemi di attenzione e apprendimento, immagini corporee o nutrizionali ".

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L'editorialista analizza anche uno studio del Dr. Michel Desmurguet, del National Institute of Health and Medical Research negli Stati Uniti, che scrive: "Negli ultimi anni, il tempo trascorso su vari schermi, tra cui televisione, videogiochi, smartphone e computer, è aumentato drammaticamente. Numerosi studi dimostrano, con notevole coerenza, che questa tendenza ha un forte impatto negativo sullo sviluppo cognitivo di bambini e adolescenti. Le aree colpite includono, in particolare, i risultati accademici, la lingua, l'attenzione, il sonno e l'aggressività. Riteniamo che questo problema, che di solito viene trascurato - per non dire negato - debba essere considerato un importante problema di salute pubblica. I medici di base devono informare genitori e bambini su questo problema e fornire una prevenzione efficace. "[Ii]

È più facile contenere l'uso che controllare l'abuso

La già citata Religión en Libertad afferma in un altro articolo che “il dibattito sugli effetti della tecnologia digitale su bambini e adolescenti continua ad attirare l'attenzione di genitori, educatori ed esperti. Il precoce utilizzo dei cellulari da parte dei bambini, il consumo abusivo della televisione, e l'introduzione di tablet e altre tecnologie come metodo educativo nelle scuole, sta generando grandi polemiche a causa delle conseguenze che possono avere sui più piccoli ”.

Uno degli interessati al problema è il dottor Manfredo Spitzer [foto a sinistra], laureato in medicina, psicologia e filosofia, con una cattedra in psichiatria, nonché direttore della clinica psichiatrica universitaria nella città di Ulm, in Germania.

In un'intervista al quotidiano di Barcellona “La Vanguardia”, afferma che “l'uso di questi dispositivi ritarda la maturità di bambini e adolescenti, e impedisce loro di concentrarsi e imparare. La cosa migliore per insegnare è leggere, scrivere, prendere appunti, lavorare con l'insegnante: questa è una tecnologia di insegnamento all'avanguardia! " “I bambini e gli adolescenti hanno principalmente bisogno di un buon educatore. Tutta questa tecnologia [digitale] li distrae e li ritarda. È triste vedere bambini zombie con smartphone, isolati da tutto, che guardano il proprio schermo ”.

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Quando vengono utilizzati in classe, questi dispositivi facilitano l'apprendimento? Il dottor Spitzer è irremovibile: “Se registri la lezione dell'insegnante direttamente in un file di computer, la tua mente, te lo assicuro, non impara nulla, perché non stabilisce connessioni. Se i bambini usano Google e ciò che trovano non è correlato a ciò che già sapevano, non imparano nemmeno nulla. Hanno bisogno di qualcuno che strutturi ciò che imparano ".

L'intervistato chiarisce: "Sono uno psichiatra e un neuroscienziato e non do opinioni, ma raccolgo da anni prove sugli effetti dell'introduzione della tecnologia digitale nelle classi, che dimostrano che compromettono l'apprendimento".

Questo scienziato tedesco è coerente con ciò che dice. Questo è il motivo per cui a casa sua non c'è la televisione ei suoi figli avevano un cellulare solo dopo i 18 anni. Oggetti “La Vanguardia”: “Ma da bambino non guardavi la televisione a casa?” La risposta dello scienziato è categorica: “No, nemmeno i miei figli. E loro mi ringraziano. Quando sono cresciuti, abbiamo letto insieme e commentato libri. Abbiamo parlato di mille cose. Abbiamo condiviso esperienze e ci siamo liberati di molte ore di posta indesiderata. La televisione provoca obesità, depressione, insonnia… ”. E conclude: “I miei figli sono cresciuti più sani e più intelligenti senza televisione. E anche a me ”[iii].

A morte da conversa

Una delle conseguenze più gravi dell'aggiunta di questi dispositivi elettronici oggi è la morte della conversazione, anche all'interno delle famiglie stesse. La colpa è della televisione, accesa anche durante i pasti, quando non il cellulare connesso ad internet. È un problema che fa molto male, compresi gli studenti universitari, come vedremo.

In questo senso, Sherry Turkle, professore di scienze sociali e tecnologia presso il Massachusetts Institute of Technology, afferma: “Negli ultimi vent'anni, c'è stata una diminuzione del 40% dell'empatia tra gli studenti universitari in tutti i modi in cui sappiamo misurarla. Il calo maggiore è stato nell'ultimo decennio, attribuito all'uso di dispositivi digitali. È nella conversazione faccia a faccia che nascono l'empatia e l'intimità; paghiamo un prezzo se tralasciamo questa conversazione: si passa dalla conversazione alla semplice connessione. ”[iv] In altre parole, a un rapporto più stretto con gli animali.

Ci chiediamo: la scomparsa della conversazione e della vita familiare tra marito e moglie, genitori e figli, non è forse uno dei fattori più determinanti per la fine della famiglia e il numero impressionante di divorzi?


Fonte

[I] In http://www.accionfamilia.org/formacion-catolica/el-nino-nace-con-la-percepcion-del-bien-y-el-mal/

[ii] http://www.religionenlibertad.com/los-reyes-dejan-sus-hijas-sin-television-tablet-internet-53210.htm

[iii] http://www.lavanguardia.com/lacontra/20161022/411206688578/moviles-y-ordenadores-en-las-aulas-dificultan-el-aprendizaje.html

http://www.religionenlibertad.com/psiquiatra-alerta-que-usar-tabletas-colegio-dificulta-53306.htm

[iv] http://www.religionenlibertad.com/diez-riesgos-los-nuevos-telefonos-moviles-que-pueden-destruir-49600.htm

Fonte: http://ipco.org.br  via  www.rainhamaria.com.br