giovedì 7 novembre 2019

L’UOMO NEL DISEGNO DI DIO



2a MEDITAZIONE

“Il canto notturno del pastore errante per lʼAsia” di Leopardi mi interessa per quella descrizione della condizione umana che ha molto di verità da un certo punto di vista. La vita è una condizione di fatica, di sofferenza; addirittura la nascita con il rischio di morte è accompagnata dal pianto, tanto che il genitore come prima sua attività esplica la consolazione. Cerca di consolare il bambino che piange e, dice Leopardi, i genitori non possono fare niente di più grande che consolare, per permettere al bambino che cresce, che si fa grande, di accettare positivamente o con meno sofferenza la sua condizione umana. 
Il traguardo di questo itinerario di sofferenza, sempre in questo cantico, è la morte come abisso orrido, immenso dove tutto si oblia, che cancella definitivamente il ricordo, la consapevolezza della vita.
Lʼuomo non sa a chi dire questo. Il pastore lo dice alla luna: parla con la luna alla quale non interessa la condizione umana e nemmeno la sofferenza della condizione umana, per cui lʼuomo viene a trovarsi radicalmente solo, senza la possibilità di lamentarsi con qualcuno che gli spieghi questa condizione faticosa dellʼuomo, della vita umana.
Al cantico vorrei mettere in parallelo la preghiera del salmo che abbiamo pregato questa mattina alle Lodi, il Salmo 8:

O Signore, nostro Dio, 
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. 
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, 
per ridurre al silenzio nemici e ribelli. 

Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, 
la luna e le stelle che tu hai fissate, 
che cosa è lʼuomo perché te ne ricordi
e il figlio dellʼuomo perché te ne curi? 

Eppure lʼhai fatto poco meno degli angeli, 
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, 
tutto hai posto sotto i suoi piedi; 
tutti i greggi e gli armenti, 
tutte le bestie della campagna; 
gli uccelli del cielo e i pesci del mare, 
che percorrono le vie del mare. 

O Signore, nostro Dio, 
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.  (Sal 8)

La chiave di interpretazione del salmo è lʼinterrogativo che sta a metà: “che cosʼè lʼuomo perché te ne ricordi, il figlio dellʼuomo perché te ne curi?”.  Lʼuomo è questo grande interrogativo che si erge sullʼorizzonte piatto di questa terra, la creatura cui Dio ha usato una grande generosità da farlo poco meno degli Angeli (Angeli è una traduzione di Eloim che è il nome di Dio e quindi si potrebbe tradurre come esseri divini).
È interessante che descrivendo lʼuomo lo si paragoni a ciò che sta sopra non a ciò che sta sotto. È vero che lʼuomo è un animale politico ragionevole, ma il salmo dice che è poco meno di Eloim (essere divino). Quel Dio che ha fissato il sole e le stelle, e come un abile artigiano infinitamente potente e capace, ha usato nei confronti dellʼuomo una generosità sorprendente. Ci sono sei verbi che descrivono lʼatteggiamento di Dio nei confronti dellʼuomo: “te ne ricordi, te ne  curi”, è un ricordo accompagnato da affetto, come se Dio  si sentisse responsabile di quella creatura. Poi ci sono altri 4 verbi: “lo hai fatto poco meno degli angeli, lo hai coronato di gloria e di onore, gli hai dato potere nelle opere delle mani, hai posto tutto sotto i suoi piedi”. 
Lʼuomo  viene posto in una specie di cerimoniale che colloca lʼuomo re sopra la natura e sopra tutti gli animali e i greggi e gli armenti, per cui sgorga la conclusione: “O Signore nostro Dio quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.” È una riflessione rivolta alla grandezza dellʼuomo stesso, interessante in modo particolare perchè unisce la proclamazione della grandezza di Dio e della gloria dellʼuomo: lo hai coronato di gloria e di onore. La gloria di per sé è un attributo di Dio, eppure Dio ha dato allʼuomo gloria. 
Questo discorso è interessante perché una delle radici dellʼateismo contemporaneo è quella che vede in contrasto la libertà dellʼuomo e la presenza di Dio. Se vogliamo che lʼuomo sia libero bisogna che Dio non esista, perché la presenza di Dio è una presenza che occupa troppo spazio, che soffoca lʼuomo e la sua responsabilità e la sua capacità di crescere. Bisogna in qualche modo che Dio muoia perché lʼuomo possa vivere; questa è una delle radici dellʼateismo contemporaneo.
Il nostro Salmo fa un ragionamento opposto: la grandezza di Dio sta proprio nella grandezza che ha dato allʼuomo e la grandezza dellʼuomo sta proprio nellʼaverla ricevuta da Dio. Non cʼè nessun contrasto, non cʼè nessuna contrapposizione, non cʼè nessuna limitazione di vita che venga allʼuomo dalla presenza di Dio, anzi è proprio il contrario: la grandezza dellʼuomo è ricevuta, donata, comunicata senza invidia da Dio stesso.

Ritorniamo quindi al tema che abbiamo visto stamattina, al tema della creazione, come fondamentale, per riuscire a collocare lʼuomo di fronte al cosmo, al mondo e al mistero della nostra vita. Se torniamo al capitolo primo del libro della Genesi al versetto 26 troviamo il racconto della creazione dellʼuomo. È il sesto giorno della creazione, dopo aver fatto gli altri animali, le bestie selvatiche, Dio vede che è una cosa buona:

 E Dio disse: «Facciamo lʼuomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini 
sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche 
e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 

Dio creò lʼuomo a sua immagine; 
a immagine di Dio lo creò; 
maschio e femmina li creò. 

Dio li benedisse e disse loro:

«Siate fecondi e moltiplicatevi, 
riempite la terra; 
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente, 
che striscia sulla terra».

Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra 
e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le 
bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla 
terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio 
vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto 
giorno.

Si capisce che siamo di fronte a qualche cosa di straordinariamente importante, lʼultima delle opere di Dio, non solo in senso cronologico, ma nel senso che porta a perfezione la creazione di Dio, se manca questo lʼopera di Dio è incompleta, perde qualche cosa di essenziale per capire. Anche il resto è incomprensibile senza la creazione dellʼuomo. È per questo che il libro della Genesi fa precedere allʼazione di Dio una deliberazione. Quando Dio dice: “ facciamo lʼuomo a nostra immagine secondo la nostra somiglianza”  sembra una riflessione che Dio fa con se stesso prima di prendere la decisione, perché  la decisione è ricca di conseguenze e quindi ci pensa bene. La valuta, arriva  ad una decisione consapevole che riguarda lʼuomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, che vuol dire: primo, lʼessere dellʼuomo è essenzialmente relativo. Lo si può capire non isolandolo e facendo unʼanalisi chimicamente pura di quello che è, ma mettendo noi in relazione non con il mondo, ma con Dio. A immagine e somiglianza di Dio il chè evidentemente vuol dire che cʼè nellʼuomo una realtà misteriosa che va oltre ogni possibilità di definizione. Potete definire lʼuomo come vi pare, potete definirlo come una scimmia nuda (Morris), potete definirlo con animale politico (Aristotele) come un animale ragionevole, in tutti i modi che volete, però ogni definizione si rivelerà insufficiente perché la dimensione dellʼuomo  è una dimensione aperta a Dio quindi allʼinfinito e ogni definizione può solo alludere a quello che lʼuomo è nella realtà.
Quando SantʼAgostino racconta la sua sofferenza di fronte alla morte di un amico e tutta quella riflessione che ha fatto con se stesso, dice di essere diventato lui, per se stesso, un grande interrogativo. 
Si è interrogato su chi sia lʼuomo e che cosa sia lʼuomo e Agostino si rende conto di non poter rispondere in un modo esauriente, perché lʼuomo è più grande di se stesso, la sua misura non è una misura fissa e definibile, è una misura aperta di cui lʼunico riferimento esaustivo è Dio, che evidentemente non possiamo comprendere, che non può, che non possiamo mettere dentro i confini.
Nessun uomo comprende del tutto se stesso, perché lʼatto con cui si comprende è in qualche modo fuori dalla comprensione, quindi non è in grado di apprezzare completamente il suo mistero. Lʼuomo può avere qualche volta  lʼillusione di abbracciare tutto il senso della sua vita, e che non ci siano più veli né maschere quando ha lʼimpressione di potersi fondere con unʼaltra persona; ma anche questa è illusione e questa fusione non riesce mai del tutto: lʼalterità rimane, la diversità rimane.
Lʼ uomo non è mai definibile, posso mettere insieme tutte le azioni della mia vita, descriverne le motivazioni, nelle loro conseguenze (non tutte le conseguenze sono  comprensibili del tutto), ma anche questa descrizione è incompleta. Lʼuomo è aperto  a un futuro  creativo: può avere compiuta una serie di decisioni di un certo tipo e compierne una di tipo completamente diverso, completamente nuova, creativa. Così lʼuomo non è riducibile  ai suoi consumi, a quello che usa, non solo dal punto di vista materiale, ma anche psicologico. 
Per questo per accostarsi alla realtà dellʼuomo cʼè bisogno della poesia, dellʼarte, della musica, cioè tutte quelle realtà che ci aiutano ad alludere al mistero, senza la pretesa di esaurirlo, di comprenderlo del tutto. Quello che hanno di caratteristico tutte queste forme di espressione umana è di alludere a qualche cosa di infinitamente più grande.
La parola in poesia ha questo significato: essa dice molto di più di quello che il dizionario spiega nella definizione, la forma in arte lo stesso. Cʼè sempre unʼallusione che apre alla comprensione dellʼuomo, senza volerla bloccare in nessun aspetto.

Credo che il libro della Genesi vada in questa direzione. Lʼuomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, è un mistero per gli altri e per se stesso, anche per lo psicanalista, anche per colui che tenta di fare  lʼanalisi del profondo, del subconscio e dellʼinconscio. Nemmeno lui riesce a cogliere del tutto il senso dellʼesistenza umana. Che cosa vuol dire immagine e somiglianza di Dio, a che cosa allude?
Allude alla presenza dellʼuomo nel mondo come rappresentante di Dio, come vicario di Dio. Potete immaginare la creazione come la costruzione di un immenso tempio che Dio edifica con tutte le creature del cosmo e in questo tempio, il luogo della presenza di Dio è lʼuomo, lʼuomo con quello che vive, con quello che spera, con quello che compie e opera in nome di Dio, come vicario di Dio.
Provo a spiegarmi: con quello che lʼuomo vive, con le sue libertà e responsabilità con le sue scelte introduce dentro la realtà del cosmo, dentro la costruzione della storia, tutta una serie di realtà che riflettono il mistero di Dio, a cominciare dal lavoro. Ricordate che nel capitolo secondo della Genesi si dice:

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò lʼuomo che 
aveva plasmato…
 Il Signore Dio prese lʼuomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo 
custodisse. (Gen 2,8-15)

Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che Dio ha fatto il mondo grezzo, come unʼopera non finita e ha fatto lʼuomo come un creatore, che porta a compimento questa opera che ha delle realizzazioni inedite e creative. Non è vero che lʼarte è una riproduzione della natura, è creazione della natura e lʼuomo, con la sua arte, crea delle cose inedite in nome di Dio, fa quello che appartiene di per sé a Dio solo. Lʼuomo prende delle pietre, del legname, dei metalli e fa una cattedrale. Fare una cattedrale vuol dire mettere dentro questo mondo qualche cosa di inedito, qualcosa che porta in sé la realtà del mistero; è allusione a Dio. La cattedrale è opera dellʼuomo, dal progettista a colui che ha costruito il muro, ma non cʼè dubbio che in una cattedrale ci sia il mistero del divino che comincia ad incarnarsi in pietre e legname mondano. Il cosmo assume una forma dove Dio ha messo lʼimpronta.
La casa e il lavoro vanno in quella direzione, trasformano il cosmo dandogli una forma inedita, una forma umana. Una casa vuol dire realtà di relazioni, legami, e tutto questo vuol dire lavoro. Ma non solo lavoro. Lʼuomo ha creato istituzioni politiche, e ciò vuol dire creare un ordine che garantisca a ciascuno il rispetto dei suoi diritti fondamentali, che garantisca quella che noi diciamo giustizia. È vero che le nostre realizzazioni sono povere, fragili, per cui le nostre istituzioni politiche sono segnate da tanti egoismi e cose del genere, ma dentro la politica cʼè anche la dimensione di giustizia come aspirazione, come realizzazione incompleta, come sono tutte le realizzazioni umane, ma autentica e vera.
Dove cʼè la giustizia cʼè qualche cosa che partecipa del mistero di Dio. La vita economica  è vero che è fatta di tanti egoismi, ma economia vuol dire anche produzione di ricchezza con cui si possano sostenere gli anziani, i bambini, i bisognosi. Cʼè anche questa dimensione di assistenza che è resa possibile dal benessere economico. Quindi anche lì ci sono piccoli frammenti. 
Lʼuomo non è Dio, è solo immagine di Dio. Lʼuomo non ha la bellezza dellʼamore di Dio, ha però delle immagini, delle scintille che alludono allʼamore di Dio. Credo che sarebbe bello vedere come in tutte queste attività dellʼuomo, questa dimensione del lavoro che trasforma il mondo e ci mette una forma di intelligenza, una forma di amore, una forma di giustizia si manifesti nellʼarte, nel lavoro e anche nella moda.
Sarebbe interessante vedere che cosa cʼè di positivo e di negativo, di incompleto: il mondo riceve dallʼattività dellʼuomo una forma nuova e intelligente e buona, come dicevo, con tutti limiti, perchè ci sono anche le cattiverie e gli egoismi e tutto il resto. Il problema è proprio quello: verificare dentro alla nostra attività quanto è immagine di Dio e quanto invece nasconde Dio perché è opaco e quindi non manifesta la verità di Dio stesso. Naturalmente al di là del lavoro bisogna guardare soprattutto allʼamore. 

Lʼuomo è posto nel mondo come una sorgente di amore, ma è sorgente derivata, si intende, la sorgente prima e unica dellʼamore è Dio stesso, ma lʼuomo è capace di amare, Dio lo rende capace! 
Nella prima lettera di San Giovanni al capitolo 4, ai versetti 11 e 12 cʼè scritto:

Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno 
mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e lʼamore di lui è 
perfetto in noi. (1Gv 4,11-12)

È una cosa grossa. Dio non lʼha mai visto nessuno: è un mistero insondabile e non possiamo raggiungerlo con tutte le nostre immaginazioni, nemmeno con le nostre speculazioni filosofiche e psicologiche. 
Nemmeno con le nostre ascesi spirituali noi riusciamo a raggiungere Dio con le nostre forze. Dio è oltre, al di là, se ci amiamo gli uni gli altri Dio rimane in noi. Lʼamore ha come origine Dio stesso: 
lʼamore con cui ci amiamo, se è autentico, è amore dove Dio è presente, dove Dio diventa visibile perché incarnato. Dio in sé è invisibile, ma se è incarnato diventa visibile. Lʼamore umano è incarnazione dellʼamore di Dio, “Dio rimane in noi e il suo amore è perfetto in noi”. Vuol dire che quando Dio ci ha amato aveva il desiderio di mettere noi dentro la dinamica del suo amore. Con quellʼamore con cui lui ama, amiamo anche noi e quando questo avviene lʼuomo è immagine e somiglianza di Dio in modo straordinario. Forse non cʼè una presenza così viva di Dio se non nellʼamore umano.

Ce nʼè unʼaltra ed è quella dellʼuomo che prega, che loda e che supplica. Nella lettera ai Romani al capitolo 8, al versetto 26 San Paolo scrive:

 Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nem-
meno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede 
con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali 
sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni 
di Dio. (Rom 8,26-27)

E vuole dire: preghiamo, chiediamo al Signore, presentiamo i nostri desideri, i nostri sogni, le nostre speranze  che sono espressione della nostra condizione umana. Però se la preghiera è autentica, piano piano i miei desideri assumono la forma dei desideri di Dio, i miei desideri diventano: “Padre allontana da me questo calice, ma non la mia ma la tua volontà si compia!”. I miei desideri diventano che il regno di Dio venga, che il nome di Dio sia santificato, che la volontà di Dio sia compiuta sulla terra, come è compiuta in cielo. Questi diventano i miei desideri.
Dove ci sono questi desideri, cʼè qualche cosa che ha ricevuto forma da Dio. Se posso desiderare il compimento della volontà di Dio è perché questa volontà di Dio si è impressa nella mia coscienza e nei miei desideri, ha dato forma ai miei desideri, che non sono più desideri  egoistici, ma diventano desideri che hanno un colore divino, hanno sapore e armonia divina. In tutti questi modi lʼuomo è immagine e somiglianza di Dio: con la sua preghiera, con il suo amore, con il suo lavoro lʼuomo  mostra il mistero di Dio dentro un mondo, che assume pian piano una forma non più semplicemente materiale, ma una forma spirituale. Lʼuomo è spirito incarnato. Bene, in qualche modo questa incarnazione è presente nelle pietre della cattedrale che diventano spirituali, perché portano dentro una intuizione, una esperienza del mistero di Dio.
La realizzazione è dellʼuomo in quanto essere, realizzazione dellʼuomo autentico, e vuol dire non dellʼuomo stupido, perché quando lʼuomo è tale, evidentemente non può manifestare Dio e non dellʼuomo cattivo, perché uno  cattivo non può manifestare Dio. Quando lʼuomo ha nella sua vita qualcosa di saggezza e qualcosa di amore realizza  quello che sta nel progetto creativo di Dio: “facciamo lʼuomo nostra immagine secondo la nostra somiglianza”.
Da quello che abbiamo detto è chiaro  che è un dono e nello stesso tempo una consegna. Sono fatto a immagine e somiglianza di Dio e questo vuol dire che debbo operare e manifestare a immagine e somiglianza di Dio; debbo diventare quello che sono, sono solo uomo, ma lo debbo diventare perché lʼuomo vero è quello maturo, e maturo ancora non lo sono. Sono immagine e somiglianza di Dio, ma lo devo diventare; sono immagine e somiglianza di Dio, perché ho dentro la capacità di rappresentare Dio nel mondo, ma non lo rappresento sempre! E tutto il senso della mia vita è quel cammino di trasformazione di me stesso, perché la mia vita diventi una vita non più opaca, ma luminosa nella quale si scorge, si manifesta qualche cosa del mistero di Dio.

Naturalmente tutto questo discorso va collegato a quello che dice il libro della Genesi:

Dio creò lʼuomo a sua immagine; 
a immagine di Dio lo creò; 
maschio e femmina li creò. 
Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi, 
riempite la terra; 
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente, 
che striscia sulla terra». (Gen 1,27-28)

Dove il discorso diventa quello della procreazione. La procreazione è la continuazione della creazione di Dio e anche questo rende visibile il mistero di Dio nel mondo e nella storia. Per rendere visibile questo, perché il progetto di Dio è che la famiglia umana riempia la terra, allora la procreazione allarga la presenza dellʼumanità sulla terra e rientra in questo progetto. Ma evidentemente cʼè di più!
Nella procreazione lʼuomo opera un dono che non è mai restituibile del tutto. Dio, mediante la vita che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, ci ha dato una responsabilità: dobbiamo rispondere a questo dono con la fedeltà alla vita, con il sì alla vita, con la generosità nei confronti degli altri, trasmettendo a nostra volta la vita che abbiamo ricevuto dai genitori. Ma evidentemente non è mai possibile restituire del tutto il dono della vita che abbiamo ricevuto dei nostri genitori. Questo vuol dire che nella procreazione cʼè una specie di eccesso di dono che va nella direzione in cui lo scambio non è più possibile, quello che si fa alla pari. Se vado al supermercato compro 27 prodotti e io pago 512 euro; abbiamo fatto uno scambio e non cʼè più nessun legame tra di noi, questo vale per il supermercato, vale per le transazioni economiche, ma per la procreazione no: nella procreazione cʼè un dono ricevuto che non posso restituire e rimango sempre in qualche modo debitore. Posso pagare questo debito non ai genitori, ma agli altri: ai figli e nipoti a quelli che vengono dopo, non ai genitori.
Questo fa sì che il dono della procreazione dica qualche cosa del mistero di Dio, come sorgente infinita di dono e di un dono che non può essere restituito del tutto. Non si può restituire a Dio del tutto quello che abbiamo ricevuto come non lo si può restituire ai genitori. Quando si mette al mondo un figlio si compie una scelta che va dentro la logica del mistero di Dio, proprio perché è scelta di dono; dopo ci sono tutte le nostre fragilità umane e uno può alterare questo dono con elementi di egoismo che stanno nelle cose umane, ma il senso della procreazione, del dono, va nella direzione dellʼamore.

Il secondo libro della Genesi dice la vera immagine di Dio nel mondo, quella vera, perché ce ne sono anche delle false come  gli idoli che vorrebbero essere immagine di Dio, ma in realtà si rivelano un nulla, una menzogna. Uno dei termini che la Bibbia usa per definire gli idoli è dire che sono il nulla. Il Salmo 115  dice: 

Il nostro Dio è nei cieli,
egli opera tutto ciò che vuole.

Gli idoli delle genti sono argento e oro, 
opera delle mani dellʼuomo. 
Hanno bocca e non parlano, 
hanno occhi e non vedono, 
hanno orecchi e non odono, 
hanno narici e non odorano. 
Hanno mani e non palpano, 
hanno piedi e non camminano; 
dalla gola non emettono suoni. 
Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida. 

Israele confida nel Signore:
egli è loro aiuto e loro scudo. (Sal 115, 3-9) 

Gli idoli si vorrebbe assomigliassero a Dio, ma sono menzogna perché non hanno vita; lʼuomo vede, odora, parla, cammina e in questa realtà dellʼuomo cʼè la vera somiglianza con Dio. In questa realtà della creatura che vive il suo rapporto con Dio nella fiducia, che non adora gli idoli, perché quando adora gli idoli diventa menzogna anche lui, quando mantiene il suo rapporto di fiducia in Dio, lʼuomo diventa Eloim, immagine e somiglianza di Dio e sta nel Suo progetto originario. Questo progetto è così forte che nemmeno il peccato con tutta la sua negatività riesce a toglierlo.
Il peccato di Adamo ha rovinato la felicità dellʼuomo ma non ha tolto la somiglianza con Dio e quando si parla della continuazione della vita sulla terra dopo il peccato di Adamo, il capitolo 5 della Genesi dice:

 Quando Dio creò lʼuomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, 
li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati. Adamo aveva centotrenta anni 
quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set. Dopo 
aver generato Set, Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. Lʼintera 
vita di Adamo fu di novecentotrenta anni; poi morì. 
  (Gen 5,1-5)

Dunque immagine e somiglianza continuano, cʼè un cammino che il peccato non è stato capace di bloccare, perché la benedizione di Dio originaria è una benedizione creativa e forte (ricordate il senso della benedizione che è “potenza che fa vivere”). 
Ci sono nella Bibbia due concetti complementari che parlano dellʼazione di vita che viene da Dio e che si rivolge allʼuomo. Uno è il tema della salvezza e lʼaltro è quello della benedizione. Quello della  salvezza parla di quegli interventi di salvezza di Dio che avvengono una tantum, ad esempio lʼuscita dallʼEgitto. Dio è intervenuto e ha aperto il mare davanti agli Israeliti; oppure lʼingresso nella terra promessa  con un intervento che si colloca in un certo  periodo storico. Col termine salvezza si intende una azione unica di Dio compiuta nella storia, ma questa non è lʼunica attività di Dio, lʼunica energia vitale di Dio.
Cʼè quella che va sotto il nome di benedizione, che è quella potenza di vita che accompagna normalmente lʼesistenza dellʼuomo, quotidianamente, giorno dopo giorno, che non si manifesta in miracoli, nel  senso di avvenimenti straordinari, ma si manifesta  nel concorso usuale delle circostanze, dove non cʼè niente di straordinario, ma dove cʼè la potenza di vita di Dio che ci sostiene: il campo che continua a produrre il grano, le viti che continuano a dare uva, non sono miracoli ma sono certamente benedizione di Dio. Cʼè una azione di Dio che passa attraverso questo complesso di realtà mondana e che sostiene lʼesistenza dellʼuomo, della persona e della società umana, quella che in fondo noi chiamiamo essenzialmente provvidenza, non idea miracolistica, ma di assistenza continua che entra nel succedersi delle cause.

Il discorso riguardava stamattina; oggi la creazione dellʼuomo prevede lʼatteggiamento di fiducia che deve andare al di là di ogni paura, di ogni attaccamento seduttivo nei confronti della realtà, la creazione dellʼuomo deve portare lʼuomo a vivere ad immagine e somiglianza di Dio, a trovare dentro la sua vita il riflesso di Dio, con il suo lavoro, con il suo amore, la sua preghiera. Tutto questo discorso si lega in maniera molto forte, nella Genesi,  con il discorso della famiglia umana e della procreazione, come luogo di amore e di prolungamento del dono che ha la sua origine in Dio e che deve animare i rapporti umani. 

Lʼesercizio da fare sarebbe questo: 
1) Provate a rivedere le tracce della presenza di Dio, dellʼazione di Dio, nella vostra vita, in quello che siete, in quello che fate, in quello che desiderate. Notate che paradossalmente cʼè una traccia di Dio anche nellʼesperienza del peccato, quando la riconosciamo come esperienza di peccato. Quando il peccato è riconosciuto come tale, cʼè una dimensione di verità che entra nel riconoscimento del peccato; cʼè una presenza, una testimonianza di Dio.
2) Forse ricordate la preghiera: “Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere. Cristo non ha più piedi, ha soltanto i nostri piedi per andare oggi incontro agli altri uomini. 
Cristo non ha più voce ha soltanto la nostra voce per parlare agli uomini. Cristo non ha più forza, ha soltanto le nostre forze per guidare gli uomini a sé. Cristo non ha più Vangeli che essi leggano ancora, ma ciò che noi facciamo in parole e opere è lʼEvangelo che lo Spirito sta scrivendo”. Questa è più o meno la preghiera: provate a scriverne una voi, che non deve diventare un capolavoro letterario, però può esprimere quello che vivete o quello che sognate, quello che desiderate vivere. Una preghiera che faccia venir fuori il desiderio e che gli dia forma.
3) Per ultima cosa eventualmente, potete riprendere il Salmo 8 che è quello dellʼimmagine dellʼuomo creato da Dio, e provate a rileggerlo come fa il Nuovo Testamento e cioè in riferimento a Gesù Cristo. In fondo per noi lʼuomo è Gesù Cristo, nel senso che la realizzazione del sogno di Dio, dellʼuomo fatto a Sua immagine e somiglianza, è compiuto in modo perfetto in Gesù Cristo. Vederlo dentro la creazione dellʼuomo vuol dire ritrovare la nostra vocazione e quindi il cammino che siamo chiamati a percorrere.

S.E. Mons. LUCIANO MONARI

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