Bisogna perdonare al di là della tomba?
Un contadino venne un giorno a vedermi per lamentarsi: "Sto costruendo una stalla. Ogni volta che il muro arriva ad una certa altezza cade dall'altra parte. Noi abbiamo esaminato la cosa; non ci sono difetti, deve esserci qualcosa di soprannaturale lì dentro. Che si può fare?" Gli domandai: "Hai forse un defunto che aveva qualcosa contro di te, o che era animato da sentimenti ostili nei tuoi riguardi?" Rispose: "Per questo, sì! Pensavo giustamente che non potesse essere che lui che, anche sotto terra, non mi lasciava tranquillo". "Chiede solamente - gli dico - che tu gli perdoni, null’altro". "Cosa? perdonargli? a lui che mi ha fatto tanti torti da vivo? perché possa andarsene in cielo? No, no! non ha che da espiare". Dovetti calmarlo: "Non se ne andrà subito in cielo; dovrà ben espiare questo torto, ma sopporterà più facilmente la sua pena. Non ti lascerà più riposo finché tu non gli abbia perdonato dal fondo del cuore. Non voleva saperne. Gli domandai allora: "Perché dici dunque nel Padre Nostro: «perdona le nostre offese come noi perdoniamo a coloro che ci hano offeso?» Di fatto tu dici a Dio: «non mi perdonare, perché anch'io non perdono al mio prossimo». "Solo adesso capisco veramente", confessò. Potei ancora indurlo a raccogliere tutte le sue energie per dichiarare: "Sì, in nome di Dio, voglio perdonare, affinché Dio mi perdoni".
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