venerdì 13 dicembre 2019

Le grandezze di Gesù



Nel mistero della incarnazione Dio ha voluto raffigurare e onorare la sua unità.

Iddio, dopo una eternità di soggiorno, di occupazione e di operazione entro se stesso, volle, per così dire, uscire al di fuori con un nuovo modo di operazione. Dopo le emanazioni interne nelle quali felicemente e divinamente si esercita la sua attività nella Sua Essenza e nella sua Eternità, e che costituiscono le Persone divine nella Santissima Trinità, Egli volle operare fuori di se stesso, perché vi fossero creature capaci di conoscerlo, servirlo e adorarlo. Perciò decise di creare il mondo che noi vediamo.
E mentre dai tesori della sua potenza e sapienza Egli poteva tirare parecchi mondi, non volle produrne che uno solo, e ciò per raffigurare nell’unità della sua opera l’unità della sua Essenza. Ma ancora, contemplando se stesso è nell’amore della sua unità, Egli ha voluto rappresentarla più vivamente e consacrarla più santamente in quel medesimo mondo.
Perciò come aveva fatto un mondo in onore della sua unità, in questo mondo Egli ha voluto scegliere un soggetto, e compiere un’Opera sua speciale, che fosse unica e singolare, non avesse simile, fosse superiore a tutte le altre opere delle sue mani e nella sua eccellenza ed unità avesse una relazione perfetta con la eccellenza e la unità dell’Artefice!.
Quest’opera è il divino mistero della Incarnazione, l’opera suprema della Divinità, il capolavoro della sua potenza, della sua bontà e della sua sapienza, l’opera propria di Dio,—così la chiama il Profeta (Ab 3, 2) con quella parola, Domine opus tuum—opera incomprensibile, e che comprende Dio medesimo, opera e trionfo dell’Amore increato, nella quale l’amore trionfa gloriosamente di Dio stesso; opera e mistero unico e singolare al mondo, che la sapienza eterna ha compiuti come l’opera delle sue opere e il mistero dei suoi misteri; mistero che con la sua presenza benedice il Cielo e la terra, li regge con la sua grandezza, e li santifica con le sue influenze.
Noi vediamo l’Unità di Dio impressa nella unità di questo mistero e scolpita in quest’opera come in un diamante prezioso. In questo mondo si trovano varie creature capaci di essere elevate a tale grandezza; Dio ne sceglie una sola, e lasciando da parte la natura angelica, prende la natura umana per unirla a se stesso. Nella quantità del genere umano si trovano molti soggetti: Dio ne sceglie uno solo, e tra i figli degli uomini non vi è che un solo Figlio dell’uomo che sia Figlio di Dio.
In Dio medesimo vi è pluralità di persone nella unità di Essenza; ma una sola persona si è incarnata, benché il Padre e lo Spirito Santo siano ugualmente potenti per compiere una simile comunicazione della loro sussistenza divina.
Pertanto non vi è qui soltanto l’unità di un mondo come già nella creazione, ma la Unità stessa di una Persona divina e increata, in questo capolavoro della Incarnazione, onora l’Unità di Dio.
Parlando con maggior semplicità e per dare a questo pensiero maggior chiarezza ed ampiezza, diremo che qui non è già l’unità di un mondo terrestre e naturale, materiale e sensibile, che annuncia, loda, adora l’Unità di Dio, ma l’unità di un’opera nuova e di un nuovo mondo, di un mondo di grazia, di gloria e di grandezza, di un mondo tutto celeste, tutto glorioso, tutto divino, di un mondo che eguaglia e include nei suoi confini Dio stesso come una sua parte (se pure è lecito di così parlare).
Gesù, infatti, è un mondo, e un gran mondo, secondo il vero concetto teologico, e per tante altre ragioni che la Filosofia non ha mai avuto per chiamar l’uomo un piccolo mondo. E in Gesù noi adoriamo l’unità di una persona divina, la quale, sussistendo in due nature differenti, divinamente e ineffabilmente è applicata ad annunciare, onorare, servire l’Unità suprema della divina Essenza.

Card. Pietro de Bérulle

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