lunedì 13 gennaio 2020

VITA DI CRISTO



2. VITA GIOVANILE DI CRISTO  


L'Annunciazione  

Non v'è civiltà che, nella sua tradizione, non vanti un periodo aureo. Un testo ebraico parla, più precisamente, di un decadimento da uno stato d'innocenza e di felicità per causa di una donna che aveva indotto un uomo in tentazione. Ora, se una donna aveva rappresentato una parte così importante nella decadenza del genere umano, perché mai una donna non avrebbe potuto rappresentare una parte importantissima nella restaurazione dell'umanità? Se c'era stato un Paradiso perduto in cui s'erano celebrate le prime nozze dell'uomo con la donna, perché mai non si sarebbe potuto dare un nuovo Paradiso nel quale si celebrassero le nozze di Dio con l'uomo?  
Nella pienezza del tempo, un Angelo di Luce, disceso dal gran Trono di Luce, si recò a una Vergine inginocchiata in preghiera, per chiederle se fosse disposta a dare a Dio natura umana. Al che, ella rispose che «non conosceva uomo» e che, pertanto, non sarebbe potuta essere la madre dell'«Atteso delle Genti».  

Ove manchi l'amore, qualsiasi nascita è impossibile: in questo, la fanciulla era nel giusto. Per procreare una nuova vita occorrono i fuochi dell'amore. Sennonché, oltre all'umana passione generatrice di vita, esiste la «spassionata passione e la tempestosa tranquillità» dello Spirito Santo; e fu appunto lo Spirito a coprire con la sua ombra la donna e a generare in lei Emanuele, ossia «Dio con noi». Allorché Maria pronunziò il suo Fiat («Sia fatto»), un più grande avvenimento si produsse che non quello prodottosi in conseguenza del Fiat lux («La luce sia fatta») pronunziato nell'atto della creazione, poiché la luce che ora si faceva non era il sole, ma il Figlio di Dio nella carne. Pronunziando il suo Fiat, Maria assolveva nella sua pienezza il compito proprio alla condizione di donna, quello cioè di recare agli uomini i doni di Dio. Abbiamo dunque una ricettività passiva nella quale la donna dice Fiat al cosmo nel senso che ne condivide il ritmo, e Fiat all'amore dell'uomo nel senso che lo accoglie, e Fiat a Dio nel senso che ne riceve lo Spirito.  

Non sempre i figli vengono al mondo come il risultato di un ben definito atto di amore tra l'uomo e la donna. Pur se l'amore tra essi è stato voluto, il frutto del loro amore, che è il figlio, non è voluto allo stesso modo del loro amore reciproco. C'è, nell'amore umano, un elemento indeterminato. I genitori, per esempio, non sanno se il figlio sarà un maschio oppure una femmina, né conoscono con precisione il momento in cui nascerà, perché la concezione si perde in un’ormai sconosciuta notte d'amore. In séguito i genitori accetteranno e ameranno i figli, ma non ne avranno mai voluto direttamente la nascita. Nell'Annunciazione, invece, l'accettazione del Figlio non fu la conseguenza di un fatto imprevisto: il Figlio, al contrario, fu voluto. Si verificò pertanto una collaborazione tra la donna e lo Spirito del Divino Amore: il consenso fu volontario, e sta a provarlo quel Fiat; la cooperazione fisica fu liberamente offerta in virtù di quella medesima parola. Le altre madri acquistano la consapevolezza della propria maternità a séguito dei mutamenti fisici che hanno luogo in ciascuna di esse; Maria, per contro, acquistò la consapevolezza della propria maternità a séguito di un mutamento spirituale operato dallo Spirito Santo: probabilmente fu invasa da un 'estasi spirituale di gran lunga più intensa di quella che vien concessa all'uomo e alla donna nell'atto unificatore del loro amore.  

Come era stata libera la caduta dell'uomo, così doveva essere libera anche la Redenzione. Ciò cui si dà il nome di Annunciazione fu in realtà la richiesta, da parte di Dio, del libero consenso di una creatura che Lo aiutasse a incorporarLo nell'umanità.  

E ora supponiamo che un orchestrale emetta una nota stonata: capace è il direttore, correttamente concertata la musica e facile a eseguirsi, ma l'orchestrale di cui si è detto non esita a esercitare la propria libertà introducendo una discordanza che immediatamente percorre lo spazio. Talché al direttore non rimane altra scelta che questa: o ordinare che il brano venga eseguito daccapo, o ignorare la discordanza. Si noti però che tra i due atteggiamenti non esiste una differenza fondamentale, giacché la nota falsa sta già viaggiando attraverso lo spazio alla velocità di novanta metri al secondo, e, finché durerà il tempo, nell'universo ci sarà sempre una discordanza.  

C'è modo di rendere l'armonia al mondo? Ciò può avvenire solamente per il tramite di qualcuno che venga quaggiù dall'eternità ad arrestare la nota nel suo volo impetuoso. Ma quella nota sarà pur sempre falsa? No, perché l'armonia può venir distrutta ad una sola condizione: cioè, se tale nota diventerà la prima nota di una nuova melodia, allora diventerà armoniosa.  

Ciò appunto accadde alla nascita di Cristo. Il primo uomo aveva introdotto una nota falsa producendo una discordanza morale che aveva contagiato l'umanità tutta. E questo, Dio avrebbe potuto ignorarlo, violando però in tal modo la giustizia, il che, si capisce, non è a pensarsi. Chiese quindi a una donna, nella quale si riassumeva il genere umano, se liberamente volesse darGli una natura umana con la quale Egli avrebbe dato principio a un 'umanità nuova. Come ad Adamo aveva fatto capo una vecchia umanità, così una nuova umanità avrebbe fatto capo a Cristo, cioè a Dio incarnato in un uomo per virtù della libera azione di una madre umana. Quando l'angelo apparve a Maria, Dio si accingeva ad annunziare codesto amore per l'umanità nuova. Fu quello il principio di una nuova terra, e Maria divenne «un Paradiso cinto di carne, che il nuovo Adorno avrebbe coltivato». Come Eva aveva portato la distruzione nel primo giardino, così nel giardino del proprio seno Maria si apprestava adesso a portare la Redenzione.  

Per i nove mesi ch'Egli rimase recinto in lei, tutto il cibo e il grano e l'uva ch'ella consumava tenne luogo di una sorta di Eucarestia, in quanto passava in Lui, che in séguito avrebbe dichiarato d'essere il Pane e il Vino di Vita. Trascorsi che furono quei nove mesi, era giusto ch'Egli nascesse in Gerusalemme, che significa «Casa del Pane». Più tardi avrebbe detto:  

«Perché pane di Dio è Colui che discende dal Cielo e dà la vita al mondo» (Giov. 6: 33);  

«Io sono il pane di vita! Chi viene a me non avrà più fame» (Giov. 6: 35)  

Nel concepire il Divino Infante, Maria Gli diede mani e piedi, occhi e orecchie, e un corpo con cui soffrire. Come, dopo una rugiada, i petali di una rosa si chiudono sulla rugiada quasi ad assorbirne le energie, cosi Maria, nella sua qualità di Rosa Mistica, si chiuse su Colui che l'Antico Testamento aveva descritto come una rugiada nell’atto di scendere sulla terra. E quando infine Lo ebbe messo al mondo, fu come se un gran ciborio si fosse aperto, ed ella reggeva tra le mani l'Ospite che sarebbe stato anche l'Ostia del mondo, come a dire: «Guardate, è questo l'Agnello di Dio; guardate, ecco Colui che toglie i peccati del mondo». 

Mons. FULTON J. SHEEN 

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