lunedì 13 aprile 2020

PIO IX



1846-1849: L'ORA DELLA SCELTA


Le riforme del 1847.

Tra le riforme del primo anno di governo dopo l'amnistia, ebbe capitale importanza il 15 marzo 1847 la concessione della libertà di stampa, che permetteva la trattazione, fino ad allora sottoposta a controllo, di temi politici e amministrativi. Nella decisione di Pio IX influirono diversi motivi, tra cui la speranza di evitare, grazie a questa, altre concessioni, e quella di riuscire in tal modo a risolvere il problema della stampa clandestina 43. Il provvedimento ebbe però l'effetto contrario: la moltiplicazione della stampa clandestina e l'aumento di rivendicazioni e di proteste contro il governo. Il quadro confuso che andò delineandosi nella primavera del 1847 è riassunto da Martina in questi termini: «Il governo titubante, la censura incapace di frenare gli eccessi, la stampa largamente in mano ai radicali» 44.

Da Londra, intanto, Giuseppe Mazzini esortava a «non far altri gridi che quelli di Viva l'Italia e Pio IX» 45. -«L'entusiasmo, il delirio del popolo è cosa buona (...) - scriveva qualche mese dopo a Federico Campanella -. Il popolo parigino gridava nel 1789: viva Luigi XVI rigeneratore della Francia!; due anni dopo, gridava: viva la Nazione! Luigi XVI al palco! Il popolo vuole il bene, non sa dove sia, spetta ai suoi educatori mostrarglielo» 46.

A Roma, come in tutta Italia, pullulavano società segrete, gruppuscoli rivoluzionari, società di pensiero dove si dibattevano idee di radicale riforma della società. I "patrioti" erano organizzati in "Circoli" ricalcati sul modello dei "clubs" parigini durante la Rivoluzione francese 47: un ruolo decisivo in particolare veniva svolto dai tre circoli "dei commercianti", "romano", "popolare" che presentavano una forte analogia con i clubs dei foglianti, dei girondini, dei giacobini. Tra gli "educatori del popolo" a cui faceva appello Mazzini, si distinguevano in particolare il medico Pietro Sterbini 48 detto il "Marat romano", amnistiato politico dal 1831, direttore del giornale radicale «Il contemporaneo» e capo del "Circolo Popolare"; Carlo Luciano Bonaparte principe di Canino 49; l'avvocato bolognese Giuseppe Galletti 50, amnistiato nel 1846, che diverrà ministro di Pio IX e poi presidente dell'Assemblea Costituente; i due barnabiti Alessandro Gavazzi, predicatore mazziniano, e Ugo Bassi, "cappellano" delle legioni di Garibaldi 51 poi fucilato dagli austriaci nel 1849. La maggior popolarità arrideva però al capopopolo Angelo Brunetti 52, negoziante di fieno e di vino, detto "Ciceruacchio", per la sua corporatura robusta 53. «Nuovo Golia per statura e dotato di forza erculea - così lo descrive Pelczar ­egli era agile al ballo ed ai festini come nel maneggio del pugnale, e sotto maschera di giovialità e bonarietà nascondeva un'astuzia singolare e uno smisurato orgoglio» 54.

Altrettanto popolare il padre Gioacchino Ventura 55, che seguì un itinerario analogo a quello di Lamennais: da un tradizionalismo fideista ad un altrettanto fideista democratismo. Nell'Elogio funebre di Daniele O'Connell, recitato il 28 e il 30 giugno a Sant'Andrea della Valle, l'oratore teatino esaltava in questi termini l'alleanza fra cristianesimo e libertà: «La Chiesa saprà fare ameno (dei sovrani assoluti), si rivolgerà forse alla democrazia, battezzerà questa matrona selvaggia, la farà cristiana, come già fece cristiana la barbarie; ... imprimerà in fronte il sigillo della consacrazione divina, ... dirà: Regna, e ... regnerà» 56. Con Gioberti e Rosmini, Ventura rappresentava il trio dei sacerdoti riformatori verso i quali Pio IX non nascondeva le sue simpatie 57

Questa atmosfera di sovreccitazione durò in Roma dal giugno 1846 fino all'aprile del '48. In questo periodo gli avvenimenti videro di fronte, secondo Martina, «da una parte la massa del popolo romano, succube dei caporioni, dall'altra, la personalità di Pio IX: fra i due, idillio, contrasti, lotta, incomprensione, riappacificazione, promesse, dialoghi, benedizioni ...» 58.

Il 17 giugno 1847, nell'anniversario dell'elezione del Pontefice, un corteo tumultuante si snodò dal Foro Romano al Quirinale e di lì per Quattro Fontane, piazza del Popolo e il Corso, fino al Campidoglio, tra lo sventolio delle bandiere e il risuonare di canti come «Scuoti o Roma, la polvere indegna ...» 59, la "Marsigliese romana", composta dallo Sterbini. I liberali romani reclamavano la costituzione di una Guardia Civica, con l'evidente intento di creare una propria milizia armata, secondo lo schema sperimentato con la Guardia Nazionale durante la Rivoluzione francese. Istituita il 5 luglio, la Guardia Civica ebbe il suo statuto il 30 luglio: essa era composta da cittadini italiani residenti a Roma dal ventunesimo al sessantesimo anno di età, divisi in quattordici battaglioni, corrispondenti ai quattordici rioni. Nello stemma, adottato su proposta del padre Ventura, si vedono la Religione e la Libertà darsi la mano e con l'altra reggere la Croce 60.

Il cardinal Gizzi, rendendosi conto della piega che stavano prendendo gli avvenimenti, si oppose al progetto della Guardia Civica e presentò le sue dimissioni da segretario di Stato. «Se Vostra Santità metterà le armi nelle mani del popolo - protestò in un drammatico colloquio con il Pontefice - diverrà certamente il trastullo della moltitudine e quando Vostra Santità, stanca del soverchio chiedere di questo popolo, vorrà opporgli resistenza, sarà cacciato da Roma con quei medesimi fucili che ora Lei gli concede per sua difesa. Quanto a me non voglio essere responsabile delle conseguenze di tale atto e preferisco quindi ritirarmi» 61.


Le dimissioni del segretario di Stato, suscitarono una vasta eco in tutta Europa. Il principe di Metternich, in una lettera confidenziale del 18 luglio 1847, le commentò con queste parole: «La dimissione offerta e accettata dal cardinale Gizzi non può essere riguardata che come una fase del dramma che ogni giorno tende a svolgersi nello Stato della Chiesa, dramma eminentemente serio, e di cui solo la Provvidenza saprà decidere la conclusione. Ciò che si è prodotto in questo Stato è una Rivoluzione che si copre della maschera delle riforme ...» 62

Roberto De Mattei

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