Apparizioni a Ghiaie
Il processo canonico e la seconda negazione
Il vescovo di Bergamo mons. Adriano Bernareggi, il 28 ottobre 1944, istituì una commissione teologica per esaminare i fatti di Ghiaie.
Riporto dal periodico ufficiale per gli atti del vescovo e della Curia di Bergamo la seguente comunicazione:
"Gli avvenimenti verificatesi recentemente nella parrocchia di Ghiaie di Bonate, presentano aspetti vari ed incerti che esigono un esame attento sia per accertarne la reale consistenza come per la loro esatta interpretazione dal punto di vista teologico, - perché la pietà dei fedeli possa procedere per via sicura, - ora che gli spiriti sono tornati più sereni così da permettere che l'esame venga compiuto in più favorevoli condizioni per raggiungere lo scopo inteso, - abbiamo creduto opportuno di costituire una speciale commissione di competenti in materia, chiamati anche da fuori diocesi, i quali, sotto la nostra presidenza, procedano all'esame dei fatti suindicati.
Ne faranno parte quali membri i rev. mi:
can. Mons. Paolo dott. Merati, arcidiacono del capitolo cattedrale ed officiale del tribunale ecclesiastico diocesano; can. Mons. Giuseppe prof. Castelli arciprete del capitolo cattedrale; mons. Carlo dott. Figini, preside della facoltà teologica del seminario di Vengono (Milano); prof. Angelo dott. Meli, insegnante di sacra Scrittura e prefetto degli studi nel nostro seminario diocesano; prof. Stefano dott. Tomasoni, già insegnante di teologia dogmatica nel seminario diocesano di Brescia, prevosto di S. Giovanni Ev. nella stessa città; prof. Luigi dott. Sonzogni, insegnante di teologia dogmatica nel nostro seminario diocesano.
Fungerà da segretario della commissione il can. prof. G. Battista dott. Magoni, insegnante di diritto canonico nel nostro seminario e cancelliere della Curia diocesana.
Ci riserviamo poi di costituire, su parere della commissione suindicata, delle particolari sotto-commissioni secondo la varia natura dei fatti da indagare.
Bergamo, 28 ottobre 1944. A. Bernareggi vescovo. Can. G. Battista Magoni, cancell. Vesc. (v. La vita Diocesana, ottobre 1944, pp. 128-129).
La commissione nominata il 28 ottobre 1944, per fare luce su fatti che presentavano, secondo il vescovo, aspetti incerti ed esigevano quindi un esame attento, fino al settembre 1945, non si era mai riunita e fu subito influenzata molto dalla ritrattazione di Adelaide, avvenuta proprio in quello stesso mese, e dagli scritti di don Luigi Cortesi.
La commissione a quasi un anno dalla sua costituzione, è ancora ferma, mentre si è mosso rapidamente il Cortesi, il quale di sua iniziativa ha svolto un'inchiesta personale, che riassume nei tre libri: Storia dei fatti di Ghiaie; Le visioni della piccola Adelaide Roncalli; Il problema delle apparizioni di Ghiaie.
I tre libri sono dati come base dell'attività della commissione, di cui il Cortesi non fa parte. Così la commissione fa suo almeno in parte, il giudizio negativo del Cortesi sui fatti di Ghiaie, senza avere prima svolto un'indagine propria.
Dei tre libri del Cortesi fu preso, in particolare, il terzo, cioè: Il problema delle apparizioni di Ghiaie, come guida dei lavori della commissione e del tribunale ecclesiastico.
Padre Giuseppe Petazzi S.I., preoccupato per l'affermarsi di una minoranza di oppositori alle apparizioni, nel settembre 1945, iniziava una sua inchiesta sui fatti di Ghiaie. Di essa lasciò memoria nella lettera inviata il 5 ottobre 1945 a don Cesare Vitali, in cui scrive:
"Molto rev. sig. Parroco, l'amore alla verità e il desiderio di contribuire all'onore di Maria Santissima mi muove a scriverle la presente.
Appena giunsi la settimana scorsa a Bergamo, per un corso di Esercizi, mi fu detto che ormai tutte le cose delle Ghiaie erano finite, perché fu scoperto che non si trattò che di un inganno. Se le cose stessero in questi termini non ci sarebbe stato e non ci sarebbe più nulla da fare, perché la Madonna non ha certamente bisogno delle nostre bugie per difendere il suo onore. Ne ebbi però dispiacere, perché nelle condizioni attuali, una dichiarazione che non si tratta che di un inganno desterebbe scandalo in molte anime e turberebbe la fede di molti. Perciò ho voluto indagare le cose e andare un po' in fondo per scoprire la verità. A questo scopo ho parlato con alcuni sacerdoti bergamaschi molto seri e specialmente con don Cortesi che è il principale protagonista del dramma. Anzitutto ho chiesto a don Cortesi quale fosse il giudizio della commissione; egli candidamente mi confessò che la commissione non si era radunata neppure una volta; tutto il giudizio della commissione si riduceva a quello stesso di don Cortesi.
Gli feci allora notare che in una questione così grave e di tanta responsabilità, io non mi sarei fidato del mio giudizio, ma avrei voluto essere assistito almeno da qualche persona competente. Ma egli mi disse avere ormai raggiunto la certezza assoluta della falsità della cosa. E la soluzione era veramente la più melanconica che si potesse pensare, perché non si tratta di una suggestione della bambina, ma di un inganno perpetrato dalla medesima. E per la verità due sono le ipotesi che si possono fare per escludere la verità delle apparizioni: 1° la bambina è stata suggestionata; 2° la bambina ha ingannato.
Ora la prima ipotesi non si può ammettere, perché il giudizio unanime dei medici e degli psicologi è che la bambina non è soggetto suggestionabile.
Non rimane che l'altra ipotesi ed è appunto quella a cui si è appigliato don Cortesi: la bambina ha positivamente ingannato... Se noi dunque possiamo dimostrare che questa è più assurda della prima rimarrà provata la verità delle apparizioni...".
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Severino Bortolan
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