LA “RELIGIONE”
DELLA BANCA D’ITALIA
Su questo argomento, desta veramente impressione il contenuto di un
articolo apparso su “La Repubblica” del 1° giugno 1994, dal titolo di
per se altamente significativo: “La
religione di Bankitalia”.
Questo articolo, scritto con accenti
che sembrano davvero ispirati al più
cieco fanatismo, dopo aver affermato che la continuità storica dello
Stato italiano resta affidata alla
Banca d’Italia assai più che alle altre istituzioni, rileva che “la religione della moneta” deve rimanere
integra nella sua ortodossia “al
servizio di una divinità altamente
simbolica – quel biglietto di banca
firmato dal Governatore, che personifica il potere d’acquisto del cittadino – ma altresì una divinità che, se
fedelmente servita, è dispensatrice
di beni, mentre quando viene tradita, si fa implacabilmente vendicativa”; e più oltre che “i Governatori sono i sacerdoti addetti al suo
culto”, i quali “se non fossero pienamente indipendenti, e soggiacessero a poteri esterni, la loro qualità
liturgica verrebbe meno”.
Dunque, la dottrina di Montesquieu
non è più attuale, perché accanto al
potere legislativo, al potere esecutivo ed al potere giudiziario, nei quali
fu frantumato il potere assoluto dei
sovrani dopo la Rivoluzione Francese, ce n’é un “quarto”, il potere
monetario.
Ma, mentre il potere esecutivo ed il
potere giudiziario sono in una posizione di ineliminabile subordinazione (almeno concettuale) rispetto al
potere legislativo il potere monetario, invece, non solo dev’essere autonomo, ma addirittura aspira ad
occupare e mantenere un ruolo di
tutore dello Stato in materia di politica monetaria, tanto da assumere, assecondando la mistica dell’articolo de “la Repubblica”, persino la dignità e l’intoccabilità di una religione,
con i suoi misteriosi riti ed i suoi onnipotenti sacerdoti.
Si può legittimamente dubitare che questo “quarto potere” abbia le carte in regola con la Costituzione della
Repubblica Italiana, o almeno col suo spirito informatore: la nostra Costituzione non brilla certo per sinteticità,
poiché, anzi, dopo aver trattato dettagliatamente nella prima parte della posizione del cittadino e, nella seconda, della disciplina della società politica
in tutte le sue espressioni, omette
qualsiasi accenno, anche solo indiretto, al problema della moneta ed
agli enti che ne dovrebbero regolare
la politica nell’ambito del sistema
economico dello Stato. Quale significato può, pertanto, darsi al silenzio dei costituenti italiani sulla
Banca Centrale?
Può, di fatto, il nostro Istituto di
Emissione riempire questo vuoto costituzionale, pur essendo legittimato
da una produzione di leggi soltanto
ordinarie, che però non trovano nella Carta Costituzionale alcun titolo
che possa giustificare la loro appartenenza all’attuale ordinamento giuridico nazionale, per quanto riguarda
sia la posizione di potere assoluto
della Banca d’Italia sia il contenuto stesso di quel potere che, come
si è visto, stravolge il concetto di
proprietà con riferimento alla moneta?
A queste domande è certamente difficile rispondere se non ponendo in
evidenza il carattere segreto, misterioso, iniziatico di tutto ciò che circonda il problema della moneta, e
che, riesce a far credere al popolo, in
tema di moneta, una situazione completamente opposta a quella reale.
Tutto ciò è quindi effetto di un vero
e proprio disegno, cui presta determinante ausilio, per disonestà o
ignoranza, tutto un mondo di politici, di banchieri e di opinionisti,
che ha l’unico scopo di tener nascosta la verità.
Quella verità che, fin dal 1931, aveva invece denunciato, con accorato
vigore, Pio XII con l’enciclica
“Quadragesimo anno”, in cui scrisse:
«Ciò che ferisce gli occhi è che ai
nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma anche l’accumularsi di una potenza enorme,
di una dispotica padronanza
dell’economia in mani di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del
capitale, di cui essi dispongono a loro grado e piacimento.
Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli
che, tenendo in pugno il denaro, la fanno da padroni:
onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso
di cui vive l’organismo economico, ed hanno in pugno, per
così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la
loro volontà, potrebbe respirare». “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014
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