(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana)
LE SOCIETÁ SEGRETE ALL'OPERA
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I. - Gli Enciclopedisti
Fin dal 1743, Voltaire fu incaricato d'una missione segreta presso il Re di Prussia, allo scopo di secolarizzare i principati ecclesiastici.
In Francia non ci erano elettori ecclesiastici da spogliare ma eranvi degli Ordini da sopprimere. I primi colpiti furono i Gesuiti. Choiseul diede la ragione di questa scelta. "Distrutta l'educazione ch'essi impartiscono, tutti gli altri corpi religiosi cadranno da se medesimi". Si sa come arrivarono alla loro soppressione.
Il terzo mezzo fu il mestiere dei merciaiuoli ambulanti. La corrispondenza dei congiurati li mostra solleciti d'informarsi reciprocamente delle opere ch'essi preparano contro il cristianesimo, del frutto che ne aspettano, dell'arte con cui si travagliano per assicurarne il successo. Essi le facevano stampare la maggior parte in Olanda, ed ogni mese ne comparivano delle nuove.
Per ottenere la facoltà di diffonderle, avevano alla corte uomini potenti, persino dei ministri che sapevano far tacere la legge e favorire questo commercio d'empietà. Per riconoscenza di questo strano abuso dell'autorità che era loro confidata, Voltaire esclamava: "Viva il ministero di Francia! Viva Choiseul!" (Lettera a Marmontel, 1767). Malesherbes, che avea la sopraintendenza della libreria, era, per questa propaganda, d'accordo con d'Alembert.
Nella loro corrispondenza, i congiurati si congratulano dei successi che ottengono in Svizzera, in Germania, in Russia, in Spagna, in Italia. Il che dimostra che nel pensiero dei congiurati, la cospirazione di annientare il cristianesimo non era limitata alla sola Francia. Brunetière lo fece osservare, alcuni giorni sono, in una delle sue conferenze: l'Enciclopedia era un'opera internazionale. Relativamente all'Inghilterra, essi non hanno alcun pensiero; essa ribocca, dicono essi, di Sociniani. Per quanto riguarda la Francia, Voltaire e d'Alembert si lamentano degli ostacoli che v'incontrano nelle altre regioni: là dove non potevano diffondere gli scritti apertamente empi o licenziosi, ne pubblicavano di quelli che aveano per scopo di mettere in voga le grandi parole di tolleranza, ragione, umanità, che la setta non ha mai cessato di usare, fedele alla raccomandazione di Condorcet che le diceva di farne il suo grido di guerra (Esquisse du Tableau historique des progrès, Epoque 9).
Bertin, cui era commessa l'amministrazione della casa particolare del Re, comprese il pericolo di questa propaganda e portò la sua attenzione sui merciaiuoli ambulanti. Egli vide quali libri si spargevano per le campagne. Interrogati da lui, dissero che questi libri non costavano loro niente, che ricevevano delle balle senza sapere d'onde venivano, avvisati solamente di venderli nelle loro scorrerie al più modico prezzo. Gli istitutori ne erano dei pari gratificati. In giorni ed ore assegnate, riunivano gli operai ed i contadini ed uno di essi leggeva ad alta voce il libro che era servito a corrompere lui stesso. E così si preparavano le vie alla Rivoluzione perfino nelle classi infime della società.
Le ricerche che fece Bertin per risalire alla sorgente di questa propaganda, lo condussero ad un ufficio d'istitutori creato e diretto da d'Alembert.
Quest'ufficio occupavasi ancora di procurare degli educatori nei villaggi e di porre dei professori nei collegi. Gli adepti, sparsi da una parte e dall'altra, s'informavano dei posti vacanti, ne davano avviso a d'Alembert ed ai suoi coadíutori e davano in pari tempo delle informazioni intorno a quelli che si presentavano per occuparli. Prima di mandarveli, si tracciava loro la regola di condotta che doveano seguire e le precauzioni che doveano prendere secondo i luoghi, le persone e le circostanze.
Per guadagnare il popolo, si fece ricorso ad altri mezzi ancora. Barruel indica particolarmente quello adoperato da coloro che si facevano chiamare "Economisti", perchè si davano per amici del popolo, solleciti dei suoi interessi, desiderosi di alleviare la sua miseria e di far osservare maggior ordine ed economia nell'amministrazione. La razza non è punto perduta. "Le loro opere - dice Barruel - sono piene di questi tratti che annunciano la risoluzione di far succedere una religione puramente naturale alla Religione rivelata". In prova riferisce l'analisi che fa di essi le Gros, prevosto di Saint-Louis du Louvre.
Questi "Economisti" aveano persuaso Luigi XV che il popolo delle campagne e gli artigiani delle città marcivano in una ignoranza fatale a se stessi ed allo Stato, e che era necessario creare delle Scuole Professionali. Luigi XV, che amava il popolo, afferrò con prontezza questo progetto e si mostrò disposto a privarsi delle proprie entrate per fondare queste scuole. Bertin lo distolse. "Era gran tempo, - egli dice - ch'io teneva d'occhio le diverse sètte dei nostri filosofi, e compresi che trattavasi assai meno di dare ai figli del contadino e dell'artigiano delle lezioni d'agricoltura che d'impedirli di ricevere le istruzioni consuete del loro catechismo o della religione. Non esitai di dichiarare al Re che le intenzioni dei filosofi erano ben differenti dalle sue".
Bertin non s'ingannava. Barruel riferisce le confessioni e i rimorsi che espresse, tre mesi prima della sua morte, un gran signore che aveva compiuto l'uffizio di segretario di questo club di "Economisti": "Noi non ammettevamo nella nostra società se non coloro dei quali eravamo ben sicuri. Le nostre assemblee si tenevano regolarmente nell'albergo del barone d'Hobach. Per tema che se ne sospettasse lo scopo, ci appellavamo economisti. Avevamo Voltaire per presidente onorario e perpetuo. I nostri membri principali erano d'Alembert, Turgot, Condorcet, Diderot, La Harpe, Lamoignon, guardasigilli, e Damilaville, a cui Voltaire dà per carattere speciale l'odio di Dio". Per finire d'illuminare il Re, Bertin gli spiegò il senso di queste mezze parole: Ecr. l'inf., (Ecrasez l'infáme. Schiacciate l'infame) colle quali Voltaire terminava moltissime delle sue lettere.
Egli aggiunse che tutti quelli che ricevevano da Voltaire lettere che terminavano con l'orribile formula erano o membri, del comitato segreto, o iniziati ai suoi misteri.
Questo club era stato fondato tra il 1763 e il 1766. Nel mornento in cui scoppiò la Rivoluzione, esso lavorava già da ventitre anni almeno a sedurre il popolo, sotto lo specioso pretesto di venire in suo aiuto e di alleviare i suoi mali.
Per raggiungere il grande scopo della loro congiura, i settari credettero non essere sufficiente di usare i mezzi generali di cui abbiamo parlato e coi quali tutti doveano concorrere mercè uno sforzo comune. Essi si attribuirono ciascuno un'opera particolare a cui si dedicarono in modo speciale. Voltaire s'era incaricato dei ministri, dei duchi, dei principi e dei re. Quando non poteva accostare il principe, lo circonveniva. Egli aveva messo presso Luigi XV un medico, Quesnay, che seppe così bene impadronirsi della direzione delle idee dei Re che questi lo chiamava il suo "pensiero".
E il mezzo scelto dal pensatore per insinuarsi nell'animo dei Re era quello usato dagli economisti: richiamare la sua attenzione su ciò che poteva fare la felicità del popolo.
D'Alembert fu incaricato o s'incaricò di reclutare giovani adepti "Procurate - gli scriveva Voltaire - procurate, dal canto vostro - d'illuminare la gioventù quanto vi sarà possibile (15 settembre 1762)". Nessuna missione fu mai compiuta coli destrezza, zelo e attività maggiore. D'Alembert si fece il protettore di tutti i giovani che vennero a Parigi forniti di talento e di mezzi di fortuna. Egli se li affezionava colle corone, coi premi, coi posti accademici onde disponeva quasi da sovrano, sia come segretario perpetuo, sia per i suoi intrighi. La sua influenza e le sue manovre in questo genere si estendevano ben più lontano di Parigi. "Io mi adopro - scriveva egli a Voltaire - a far entrare nell' Accademia di Berlino Helvetius e il cavaliere de Jaucourt". Egli si prendeva cure particolari di coloro che destinava a formare degli altri adepti facendo che loro venissero affidati gli uffici di professori o di precettori. Riuscì a collocarne in tutte le provincie dell'Europa e tutti lo tennero al giorno della loro propaganda filosofica. "Ecco, mio caro filosofo - scriveva egli a Voltaire nella gioia della sua anima perversa - ecco ciò che fu pronunciato a Cassel addì 8 aprile (1772) alla presenza del langravio di Hesse-Cassel, di sei principi dell'impero e di numerosissima assemblea da un professore di storia ch'io diedi al langravio". Lo scritto inviato era un discorso pieno d'invettive contro la Chiesa e contro il clero.
Ed ai congiurati premeva soprattutto di porre presso i giovani principi, destinati a governare i popoli, istitutori iniziati ai loro misteri.
La loro corrispondenza mostra la grande attenzione che avevano di non trascurare un mezzo così potente. Usarono tutte le astuzie per porre presso l'erede di Luigi XVI un prete disposto ad ispirare i loro principii al suo illustre alunno. Erano riusciti a porre l'ab. de Condillac presso l'Infante di Parma.
Barruel consacra i capitoli XII al XVI dei suo primo volume a far conoscere le conquiste (2) che fecero tra le teste coronate, i principi e le principesse, i ministri, i grandi signori, i magistrati, i letterati ed anche, ohimè! nel clero. Vero è che i congiurati tratti dal corpo ecclesiastico erano quasi tutti di quelli che si chiamavano gli "abati di corte". Barruel rende un omaggio ben meritato al complesso del clero di Francia alla vigilia della Rivoluzione. Egli loda particolarmente gli ecclesiastici che, coi loro scritti, si sforzano d'impedire la corruzione degli animi così ardentemente promossa dai congiurati.
Delasuss, Henri;
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