«Continuando il mio solito stato, mi son trovata fuori di me stessa insieme con Gesù Bambino. Questa volta pareva che avesse voglia di scherzare, si stringeva al mio petto, nelle mie braccia, e mentre mi guardava con tanto amore, ora mi stringeva, ora con la sua testolina mi spingeva quasi urtandomi, ora mi baciava così forte che pareva che mi volesse chiudere ed immedesimare dentro di Sé, e mentre ciò faceva io sentivo gran dolore, tanto che mi sentivo venire meno, e Lui, ad onta che mi vedesse soffrire così non mi dava retta, anzi, se vedeva nel mio volto che mostravo di soffrire, perché io non ardivo dirgli niente, si faceva più forte, mi faceva soffrire di più.
Ora, dopo che si è sfogato ben bene, mi ha detto:
“Figlia mia, Io sono il padrone di te e posso fare di te quello che voglio. Ora sappi che, essendo tu cosa mia, non sei più padrona di te e se ti arbitri disponendo tu di qualche cosa, anche di un pensiero, di un desiderio, di un palpito, sappi che mi fai un furto”.
In questo mentre ho visto il Confessore che, non stando bene, voleva come sgravare le sue sofferenze su di me, e Gesù tutto in fretta con la mano lo respingeva e ha detto:
“Prima devo sgravarmi Io delle mie pene, che sono molte, e poi tu”.
E mentre ciò diceva si è avvicinato alla mia bocca e ha versato un liquore amarissimo; ed io poi gli ho raccomandato il Confessore, pregandolo che lo toccasse con la sua manina e che lo facesse star bene.
Lo ha toccato e ha detto:
“Sì, sì”, ed è scomparso.»
(Vol. 7°,05.10.1906)
Pablo Martín Sanguiao
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