I. - IL DISEGNO DIVINO NELLA NOSTRA PREDESTINAZIONE ADOTTIVA IN GESÙ CRISTO
Come effettua Dio questo disegno magnifico, pel quale egli vuole farci partecipi di questa vita, che eccede le proporzioni della nostra natura, che oltrepassa i suoi diritti e le sue energie, che non è reclamato da nessuna delle sue esigenze, ma che, senza distruggere questa natura, la colmerà di una felicità non sospettata dal cuore umano? Come Dio ci farà «entrare nella società ineffabile» (2) della sua vita divina per farcene condividere l'eterna beatitudine? Adottandoci come suoi figli.
Dio, per mezzo di una volontà infinitamente libera, ma piena di amore (3), ci predestina a non essere più soltanto delle creature, ma figli suoi (4), a partecipare così alla sua natura divina (5). Dio ci adotta per suoi figli. Che cosa vuol dire con ciò S. Paolo? Che cosa è l'adozione umana?
È l'ammissione di un estraneo in una famiglia. Per mezzo de ll’adozione, l'estraneo diventa membro della famiglia, ne prende il nome, ne riceve il titolo, ha diritto di appartenere alla stessa natura; per esser adottati dagli uomini, bisogna esser membri della specie umana. Ora, noi, che non siamo della natura di Dio, che siamo delle povere creature, che siamo, per natura, più lontani da Dio che non lo sia l'animale dall'uomo, che siamo infinitamente lontani da Dio, hospites et advenae (1), come possiamo essere adottati da Dio!
Questa è la meraviglia della sapienza, della potenza e della bontà divine. Dio ci dà una misteriosa partecipazione della sua natura, che chiamiamo «grazia» (2).
La grazia è una qualità interiore, prodotta in noi da Dio, inerente a ll’anima, che abbellisce l'anima e la rende piacevole a Dio. Così, come nel campo naturale la bellezza e la forza sono qualità del corpo, il genio e la scienza qualità dello spirito, la lealtà ed il coraggio qualità del cuore.
Secondo S. Tommaso, questa grazia è una «similitudine partecipata dalla natura di Dio» (3). La grazia ci rende partecipi della natura di Dio, in un modo di cui il limite ci sfugge. Per la grazia noi siamo elevati al disopra della nostra natura; diventiamo in qualche modo degli dei. Noi non diventiamo uguali, ma simili a Dio; perciò Nostro Signore diceva ai Giudei: «Non è forse scritto nei vostri libri sacri: io ho detto: Ecco, voi siete degli dei?». (4)
Dunque la nostra partecipazione a questa vita divina si effettua per mezzo della grazia, in virtù della quale Dio conosce sé stesso, di amare Dio come Dio si ama, di godere Dio come Dio. è pieno della propria beatitudine; e così di vivere della vita di Dio stesso.
Questo è l'ineffabile mistero della nostra adozione divina.
Ma c'è una profonda differenza tra l'adozione divina e l'adozione umana. Questa è soltanto esterna, fittizia, stabilita indubbiamente per mezzo di un documento legale, ma non penetra la natura di colui che è adottato. Adottandoci, dandoci la grazia, Dio invece penetra il fondo della nostra natura. Senza cambiare ciò che è essenziale nell’ordine di questa natura, egli la eleva interiormente per mezzo di questa grazia, al punto che noi siamo veramente i figli di Dio. Questo atto di adozione ha tanta efficacia che noi diventiamo realmente, per mezzo della grazia, partecipi della natura divina. E siccome la partecipazione alla vita divina costituisce la nostra santità, questa grazia è chiamata santificante.
La conseguenza di questo decreto divino della nostra adozione, di questa predestinazione così piena d'amore per la quale Dio vuol renderci suoi figli, è di dare un carattere speciale alla nostra santità. E qual è questo carattere?
Che la nostra santità è soprannaturale.
La vita alla quale Dio ci eleva è, in rapporto a noi, come in rapporto ad ogni creatura, soprannaturale, vale a dire, eccede le proporzioni e le forze, i diritti e le esigenze della nostra natura. Perciò noi non dobbiamo più essere santi come semplici creature umane; ma come figli di Dio, per mezzo di atti ispirati ed animati dalla grazia. La grazia diviene in noi il principio di una vita divina. Che cosa è vivere? Per noi, vivere è muovere sé stessi in virtù di un principio interno, sorgente di azioni che tendono alla perfezione del nostro essere. Sulla nostra vita naturale si aggancia, per così dire, un'altra vita, in cui la grazia è il principio. La grazia diventa in noi sorgente di azioni e di operazioni, che sono soprannaturali e tendono verso un fine divino: possedere Dio un giorno e godere di lui, come egli si conosce e gode delle proprie perfezioni.
Questo punto è d'una importanza capitale e desidero che non lo perdiate mai di vista. Dio avrebbe potuto accontentarsi di accettare da noi l'omaggio di una religione naturale; essa sarebbe stata la sorgente di una moralità umana, naturale, di un'unione con Dio conforme alla nostra natura di esseri ragionevoli, fondata sulle nostre relazioni di creature col nostro Creatore e le nostre relazioni coi nostri simili.
Ma Dio non ha voluto limitarsi a questa religione naturale. Noi tutti abbiamo incontrato degli uomini che non sono battezzati e che tuttavia sono retti, leali, integri, equi e giusti, compassionevoli. Ma questa non può essere che un'onestà naturale (1). Senza respingerla, tuttavia Dio non se ne accontenta. Dio domanda che la nostra unione con lui sia una unione, una santità soprannaturale, che abbia la grazia per principio, poiché egli ha deciso di farci partecipare alla sua vita infinita, alla sua beatitudine. Ciò costituisce per noi il fine soprannaturale.
All'infuori di questo disegno non c'è per noi che perdita eterna. Dio è padrone dei suoi doni, ed ha decretato da tutta l'eternità che non saremo santi davanti a lui se non vivendo, per la grazia, come figli di Dio.
O Padre Celeste, accordatemi di salvaguardare nella mia anima la grazia, che fa di me un vostro figlio! Preservatemi da ogni male che possa allontanarmi da voi!...
Beato Dom COLUMBA MARMION
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