venerdì 27 gennaio 2023

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA SCHIAVITU’ DEL DENARO 


Dopo il peccato l’uomo dovette sentire un abbandono interiore simile a quello di Cristo sulla croce. Non per nulla Cristo stava pagando alla giustizia divina la pena del peccato dell’uomo. Perciò quell’abbandono, che doveva indirizzare l’uomo a chiedere l’aiuto del Dio oltraggiato, avrebbe mantenuto il contatto tra il Creatore e la creatura. Ora possiamo comprendere meglio le parole di Gesù sulla Croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» . – Non dimentichiamo che sulla croce veniva crocifisso l’“uomo vecchio” dell’umanità – . L’abbandono era qual cosa come la grazia al contrario; ciò che la grazia faceva positivamente prima del peccato, cioè mantenere l’unione con Dio, l’abbandono dopo, lo fa negativamente, creando nell’anima una necessità di Dio; era, questo, qualcosa come una “grazia nera”. Questa situazione, certo, portava con sé una insicurezza dolorosa, ma non gli avrebbe fatto dimenticare mai la sua colpa e gli avrebbe fatto aspettare con ogni ansietà Colui che doveva venire. 

L’uomo non ha accettato questa insicurezza purificatrice (« II Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo») e per insinuazione del demonio cerca di costruire in questo mondo un paradiso simile a quello dal quale fu espulso. Riuscendo ad avere questa sicurezza nel mondo, l’uomo cessa di vedere la necessità di ricorrere a Dio, e di aspettare nessun Redentore che lo liberi da una colpa che si allontana sempre più nel ricordo della storia. Molte cose hanno contribuito a conferire all’uomo questa sicurezza intraumana; una di esse, e non quella di minore importanza, fu ed è il denaro. 

La paura dell’uomo per l’insicurezza non si può vincere se non con una fede viva ed operante nell’amore di un Dio, Padre e Provvidente. Le parole con le quali Gesù ci consiglia la fiducia nella bontà del Padre, non possono essere comprese in tutta la loro forza, fino a che non ci siamo spogliati di quell’“uomo vecchio”, che portiamo incrostato nel più profondo del nostro essere. “Gli uccelli e i gigli”, nutriti e adornati dalle mani amorose del Padre, sembrano a quell’“uomo vecchio”, che portiamo dentro, pura poesia, ma senza nessuna risonanza nella vita pratica. E tuttavia, le parole di Gesù sono certe: «Chiunque lasci padre e madre, fratelli... avrà il cento per uno di questa vita, e poi la vita eterna». Ai seguaci di Gesù non mancherà niente, ma Egli non toglierà loro l’insicurezza: «Il discepolo non sarà in condizione migliore del Maestro» si potrebbe dire anche qui. 

E la situazione del Maestro fu descritta da Lui stesso: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». È più santificante confessare un’incapacità naturale a seguire la parte più profonda del Vangelo, che professarci suoi seguaci quando in realtà ignoriamo le sue più elementari esigenze. Allora, chi potrà seguire sinceramente il Vangelo? Quel che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio. Ciò di cui abbiamo bisogno è confessare la nostra incapacità ed invocare l’aiuto della grazia divina. Poiché certamente questo è l’aspetto del Vangelo che rimane ancora il più ignorato: l’insicurezza che un distacco totale dalle ricchezze comporta. Da sé, questo è impossibile, senza una grazia che spinga verso un Padre che è AMORE. 

Tutto ciò non vuol dire che non si debba lavorare « perché gli uccelli del cielo non lavorano» ed esiste un Padre provvidente che guarda alle nostre necessità. Questo sarebbe un nuovo inganno del “nemico”. Gli uccelli del cielo non devono riparare una colpa come l’uomo; e un modo di riparare è il lavoro. Ma d’altra parte, né il lavoro, né, tanto meno, il denaro, devono costituire la nostra sicurezza. Perché allora la nostra fiducia starebbe nel lavoro per sé stesso; e quel che è stato un mezzo di riparazione diventerebbe un idolo: aspetteremmo tutto dal lavoro. E quando si arrivi ad una età nella quale non si possa più lavorare, in che cosa metteremo la nostra fiducia? Pertanto non nel denaro – poiché è un’invenzione del demonio – e neppure nel lavoro – perché è solo un mezzo di riparazione – si deve mettere la fiducia. La nostra fiducia si deve mettere in Dio, che ci ha creati. 

Questa fiducia in Dio non si oppone alla insicurezza di cui abbiamo parlato prima: è insicurezza umana perché non sappiamo e non possiamo contare su niente di concreto; ma nello stesso tempo è sicurezza, perché dipendiamo dal- l’Onnipotente. Orbene, per fare assegnamento su questa sicurezza da parte di Dio, dobbiamo vivere secondo le sue leggi: una di esse è il lavoro, che può essere materiale o spirituale – è la sua divina Volontà che designerà il lavoro che ci purificherà – e soprattutto l’amore di Dio, il quale ci ha imposto amorosamente ciò che esigeva la giustizia di un ordine infranto. E così, come Dio nutre gli uccelli che cantano, nutrirà anche gli uomini che lavorano e amano. Questa è la sicurezza promessa da Gesù; chi la raggiungerà avrà ottenuto di liberare la sua anima dalla schiavitù del denaro e vivere nella vera libertà dei figli di Dio. 

JOSÉ BARRIUSO 


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